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uongiorno maestra,
come sta? Intenta com'ero a leggere la lista della spesa, non mi ero accorta
della presenza della signora che mi salutava. Anni addietro è stata la mamma di
un mio alunno, ora in quarta elementare.
Dopo i
convenevoli di rito, accenna alle difficoltà che la famiglia sta vivendo a
causa della pandemia. Il marito, gestore di una palestra, è al limite della
chiusura. Le nuove regole imposte mal si adattano agli sportivi e ancor più ai
luoghi in cui si praticano gli allenamenti.
Il distanziamento, mi riferisce la
donna, ha di fatto imposto che molti macchinari, come tapis roulant presse
panche e quant'altro, venissero sigillati e spostati in depositi (con altri
affitti da pagare) in attesa di tempi migliori. Gli stessi sportivi, dapprima
numerosi, ora si contano sulla dita di una mano. Molti, durante il
confinamento, si sono organizzati acquistando macchinari usati da utilizzare in
casa, altri si sono dati al jogging, mentre la gran parte si è proprio ‘data’.
Se ne riparlerà, dicono, quando quest’incubo finirà. Sempre ammesso che finirà.
Ascoltavo in
silenzio le sue preoccupazioni. Non ho potuto fare a meno di notare le piccole
rughe attorno ai lati suoi occhi, segno evidente delle tanti notti insonni di
questi ultimi mesi.
A tenerli
svegli, lei e suo marito, il lavoro, sempre più scarso e il futuro del loro unico
figlio. ‘Sa, maestra, il ritorno a scuola, a settembre, così come lo stanno
progettando, ci preoccupa molto’.
Stanno
seguendo con molta trepidazione la vicenda ‘riapertura’. La confusione è tanta,
sostiene, e i genitori sono disorientati da tanta superficialità al limite dell’incompetenza.
Difficile
darle torto. Ogni giorno viene prospettato un nuovo scenario che si aggiunge
alla lista delle già traballanti ‘linee guida’ stilate dai cosiddetti tecnici
che affollano il ministero dell’istruzione.
‘Vede, mi
rivela prima di accomiatarsi, stiamo pensando di non far frequentare la scuola
ad Andrea quest’anno. Ci stiamo informando per la cosiddetta ‘educazione
parentale’, quella per la quale sono le famiglie a decidere come educare i
propri figli e non lo Stato’.
Rimango di
stucco. Da maestra fin dentro il midollo, che ha sempre creduto e continua a
credere, nonostante i limiti e le carenze da sempre presenti nella scuola
pubblica, che questa, se non per gravissimi e comprovati motivi, possa essere una scelta radicale e molto discutibile. Per quanto sofferta e ragionata.
‘La terrò
presente perché avrò bisogno non di una ma di molte mani se optiamo per il fai da noi’, mi dice
andando via, senza darmi il tempo di replicare.
Chiara Farigu
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