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sabato 30 ottobre 2021

Torna l’ora solare: avremo un’ora in più di sonno e un'ora in meno di luce

 Il passaggio dall’ora legale a quella solare avverrà stanotte 30 ottobre quando le lancette del nostro orologio torneranno indietro regalandoci un’ora in più di sonno. Il nuovo orario resterà in vigore sino all’ultima settimana di marzo 2022: l’ora legale tornerà nella notte tra sabato 26 e domenica 27 marzo 2022.

Ancora tu, ma non dovevamo vederci più? si domandano molti alla vigilia dell’ennesimo cambiamento. Che fine ha fatto la proposta dell’Unione Europea di mantenere l’ora legale 365 giorni l’anno per tutti gli Stati membri a partire dal 2021?

Il dibattito che ne scaturì non trovò tutti d’accordo. Anzi. Si verificò una vera e propria spaccatura tra i Paesi cosiddetti mediterranei, favorevoli al mantenimento dell’ora legale, e i Paesi del Nord, per nulla entusiasti della proposta europea vista la differente alternanza luce-buio che li caratterizza.

L’arrivo della pandemia ha fatto il resto, mettendo in soffitta la tematica di non facile soluzione. Optare per la libertà di scelta nei Paesi membri significherebbe avere due orari ufficiali applicati a macchia di leopardo con tutto il caos che ne verrebbe fuori.

In attesa di ulteriori e definitive modifiche dell’Unione europea, da domani si torna alla ‘normalità’. Si dorme un’ora in più ma al contempo si perde un’ora in più di luce.

Secondo i dati degli esperti del settore, nei sette mesi di ora legale abbiamo risparmiato 450 milioni di kWh in termini di minori consumi, con un risparmio economico di circa 105 milioni di euro.

Un gioco che vale la candela, sostengono.

Non solo. Risparmiare energia significa anche “risparmiare” l’ambiente dal momento che  l’ora legale evita di immettere nell’atmosfera italiana, nel tempo della sua durata, almeno 300mila tonnellate di anidride carbonica.

Ideata da Benjamin Franklin nel 1784,  inizialmente l’idea di approfittare della luce solare per allungare la giornata non piacque. E non se riparlò sino al 1907. Quando il britannico Willet propose e attuò I “British  Summur Time” a partire dal 1916.

Poi seguirono a ruota altri paesi europei, già entrati nell’ottica del risparmio energetico.

 In Italia fu introdotta nel 1916.  Per essere nuovamente abbandonata, dopo qualche breve esperienza,  per oltre un cinquantennio.  Occorrerà infatti aspettare il 1966, anno in cui entrerà in vigore definitamente.

Inizialmente, per quasi due decenni per il periodo   maggio-settembre, poi dal 1996 con la modalità odierna. In linea col calendario comune adottato in tutta Europa.

Rimane però l’incognita: sarà davvero l’ultima volta?

Chiara Farigu

martedì 5 ottobre 2021

5 ottobre, giornata mondiale degli insegnanti: 24 ore per riflettere sulla professione più nobile e difficile che ci sia

 Anche quest’anno Google  dedica il suo ‘doodle’ alla giornata mondiale degli insegnanti. Uno ‘scarabocchio’ con uno degli ‘attrezzi’ del mestiere per eccellenza: il libro. Una splendida ape regina intenta a sfogliare pagine illustrate dispensatrici di saperi ad una scolaresca vogliosa di apprendere.

Più che un messaggio, un augurio.

Perché dopo quasi due anni trascorsi incollati ad uno schermo, il ritorno al libro, e soprattutto in presenza, non è poi così scontato.

Istituita nel 1994 dall’Unesco, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di conoscenza e patrimonio culturale, la ricorrenza  vuole essere un invito alla riflessione sull’insegnamento, la professione più bella e nobile che ci sia.  Sulle sfide quotidiane e sulle difficoltà, le tante ancora che per diverse ragioni non si riescono o forse non si vogliono abbattere.

Soprattutto ora. Dopo la difficile e delicata ripartenza dopo quasi due anni di chiusura per pandemia da coronavirus. Mai come adesso c’è bisogno di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle difficoltà che gli insegnanti di tutto il mondo hanno dovuto e dovranno affrontare ancora affinché la didattica sia garantita definitivamente  in presenza e non si torni allo spauracchio dell’insegnamento da remoto. Con tutti i pochi pro e tanti contro che abbiamo avuto modo di verificare.

Mai come adesso si avverte la necessità di ristabilire quell’alleanza tra scuola e famiglie. E tra scuola e istituzioni.

Troppo spesso gli insegnanti vengono lasciati soli, ingabbiati nelle strettoie burocratico/amministrative che rubano spazi e tempi alle discipline che sono chiamati a condividere coi loro studenti. In aule spesso fatiscenti e a rischio crolli, con carenza di attrezzature e materiali didattici. Con retribuzioni da terzo mondo e, in barba al futuro che rappresentano, obbligati a stare in cattedra oltre ogni limite.

I più vecchi d’Europa, quelli italiani. E i meno remunerati. Maglia nera da anni il nostro Paese, a ricordarcelo, qualora ce ne fosse bisogno, gli istituti di statistica nei loro report annuali.

Ma sempre prima la scuola, insieme alla sanità, nella hit per le sforbiciate previste dalle revisioni di spesa del bilancio pubblico. Scuola e investimenti. Un ossimoro da sempre. L’incubo di ogni governo. Che promette ma poi non mantiene.

E se mantiene, mai nella giusta direzione.

Basta vedere quanto è stato fatto, o meglio non fatto, in questi due anni di pandemia. Tanti, troppi i bla bla bla, pochissimi i fatti.  Anche il  nuovo anno scolastico è iniziato coi vecchi stramaledetti  problemi di sempre.

Perché la scuola, e tanto meno il benessere degli insegnanti, non è mai la priorità. Se non a parole,  in campagna elettorale o nelle promesse dei governi quando si insediano. Ma puntualmente, il nulla di fatto.

Per poi scoprirne nuovamente il valore, l’essenza,  come è successo nel periodo dell’emergenza pandemica. Quando ad occuparsi di alunni e studenti sono state chiamate in causa le famiglie. E’ stato allora, dopo decenni di assoluta indifferenza che si è riscoperto il valore della scuola. Inteso come luogo di formazione e ancor più di socializzazione.

Punto di riferimento indispensabile per la società intera.

Sono stati mesi difficili. Nei quali i docenti si sono dovuti inventare una nuova modalità di insegnamento servendosi della tecnologia per non lasciare indietro e abbandonati a se stessi alunni e studenti di ogni ordine e grado. Non dimentichiamo che per molti di loro, quando i bollettini medici contavano giornalmente migliaia di morti, l’unica voce amica arrivava da quello schermo.

Ma ora, fortunatamente, il peggio è passato e si guarda al presente. Con le tante, troppe difficoltà ancora presenti e da risolvere. Come la presenza in cattedra degli insegnanti.

C’è carenza di insegnanti. In Italia e nel mondo. Soprattutto nelle zone periferiche, in quelle disagiate e nelle aree rurali o remote. E nelle zone di guerra. Secondo le Nazioni Unite sarebbe necessario reperire circa 70 milioni di nuovi insegnanti entro il 2030 per ‘colmare il bisogno di educatori e garantire a tutti l’accesso alla conoscenza, uno dei diritti fondamentali dell’uomo’. Nel mondo, stima l’Onu sono oltre 264 milioni i bambini e i ragazzi non scolarizzati, soprattutto in Africa.

E’ emergenza. Già da adesso. E lo sarà sempre più, se non si corre a ripari.

Abbiamo ventiquattro ore per riflettere. Ma soprattutto per fare.

Insegnanti al centro della ripresa della formazione ‘, è questo il tema che l’Unesco dedica alla giornata di oggi, 5 ottobre. Per realizzarlo c’è bisogno di tutti. Nessuno escluso

Chiara Farigu


mercoledì 4 agosto 2021

4 Agosto2014: quel pasticciaccio chiamato #quota96scuola. Per non dimenticare

 Torna puntuale, come ogni anno, il racconto di uno dei tanti tradimenti della politica italiana verso i suoi cittadini. Nella fattispecie verso 4000 insegnanti noti all’epoca come ‘Docenti Quota96’.

Tradimento, se non il più grave, di certo il più meschino. Perché voluto e scientemente reiterato.

Esattamente sette anni fa. Ero in Sardegna. Preparavo le valigie per far rientro a casa dopo un breve periodo di vacanza.  Ero felice perché stava per finire la mia ‘prigionia lavorativa’.

In #Senato si stava votando l’approvazione del decreto Madia relativo alla Pubblica Amministrazione al cui interno  era stato inserito l’emendamento “Quota96” atto a risolvere l’ingiusta vicenda venutasi a creatare con la riforma previdenziale Fornero che di fatto bloccava la messa in quiescenza di circa 4000 docenti aventi diritto.

Lo stesso provvedimento che cinque giorni prima  era stato  approvato alla #Camera, all’unanimità.

Era quel che si dice ‘cosa fatta’, ‘l’errore fornero’ dopo essere stato riconosciuto come tale, veniva finalmente emendato, sanato. Definitivamente corretto.

Non andò così.

Dopo ore di spasmodica attesa nel primo pomeriggio mi giunge un messaggio che non avrei mai voluto ricevere. In Senato, per mano e per voce della ministra Madia, il governo, con un emendamento soppressivo, stralciava dal decreto quanto era stato approvato qualche giorno prima alla Camera. Ripeto, all’unanimità.

*Immagine emendamento soppressivo firmato Madia

E’ stata, che io ricordi,  la prima e unica volta nella storia d’Italia che un’intera Camera approvasse all’unanimità un emendamento e si rimangiasse il voto dopo pochi giorni con il secondo passaggio dopo la modifica del Senato.

Una vergogna immensa per i quota96 e per il Parlamento.

Una retromarcia inaccettabile. Il governo che sconfessava se stesso. E sempre con la medesima e pretestuosa motivazione che fa fatto da refrain negli anni precedenti:  mancanza di copertura finanziaria.  Niente bollinatura del Mef.

La verità era però un’altra. E noi, quotisti gabbati dal governo, la conosciamo molto bene.

Ci fu allora un vero e proprio regolamento di conti tra l’allora  presidente della Commissione Bilancio Francesco Boccia (che approvò  le risorse necessarie  a copertura del provvedimento) ed il PdC, Renzi, che di fatto si sentì sfidato.

A farne le spese 4.000 disgraziati più le rispettive famiglie, che dopo aver vissuto per cinque giorni  in paradiso,  vennero nuovamente catapultati tra le fiamme dell’inferno.

C’è da dire, a onor del vero, che il carico da 90, oltre a Cottarelli,  lo mise pure Tito Boeri  con diversi articoli su La Repubblica, coi quali dipingeva gli insegnanti come una categoria di privilegiati, sottolineando a ogni piè sospinto che la riforma fornero non ‘s’ha da toccare’. Una crociata la sua che lo porterà dritto dritto a ricoprire la carica di presidente dell’Inps.

Quel 4 agosto il nostro diritto acquisito si  trasformò, tout court, e per volere di #MatteoRenzi in ‘aspettativa di un diritto. Le nostre speranze, di colpo, finite. Volatilizzate. Una pugnalata in mezzo al cuore sarebbe stata meno dolorosa.

Renzi, quella stessa sera  al Tg, cercò di minimizzare l’accaduto sostenendo che l’emendamento stralciato non aveva nulla a che fare con la P.A. e che non c’era da preoccuparsi perché il governo avrebbe fatto un decreto ad hoc per la salvaguardia dei docenti Quota96 entro il mese agosto.
Dimenticò di aggiungere l’anno visto che quel decreto non vide mai la luce.
Nè spiegò in quel tg perché, fatto fuori il pensionamento degli insegnanti (loro sì dipendenti della P.A.)  nel decreto Madia fosse stata inserita ed approdata la norma relativa al pensionamento anticipato dei giornalisti. Passata senza colpo ferire nel silenzio e col favore di quanti avevano così duramente osteggiato l’emendamento salva-Q96.

Quel giorno ho pianto tutte le mie lacrime. Un pianto irrefrenabile, convulso, a singhiozzi. Il mio cellulare squillava all’impazzata.

Improvvisamente mi cercavano tutti. Giornalisti, tivù da me rincorsi a vuoto per due anni, chiedevano un commento a caldo su questo assurdo dietrofront del governo. Ricordo di aver risposto, ancora col groppo in gola, ad una giornalista dell’ Huffington Post e al caporedattore della trasmissione Agorà che mi voleva in studio per la diretta del giorno dopo. Ci andò la mia amica Marta, io avevo il traghetto da prendere.

Indimenticabile quella traversata.

Ho continuato a imprecare, a piangere, a dare pugni sulla parete della cabina fino allo sfinimento.

Mio marito era seriamente preoccupato per me e per la mia salute e malediceva gli autori di tanta sofferenza.

Son passati sette anni da allora. Il dolore si è attenuato, certo, ma non dimentico.

Non voglio dimenticare.

Ricordare questa vergogna del governo Renzi è diventato per me un dovere, un impegno al quale non voglio rinunciare.

Denuncio come e quando posso quel governo che non ha saputo né voluto onorare gli impegni presi. La scuola, e quindi gli insegnanti, ancora una volta venivano trattati come l’ultima ruota del carrozzone P.A. Sebbene la narrativa politica si affannasse a sostenere che fosse la priorità.

Quel che accadde quel 4 agosto fu solo un assaggio del successivo “trattamento ”  riservato dalla politica alla classe docente più vecchia e meno remunerata d’Europa.  Ancora una volta si capì perfettamente quale fosse la concezione per la  scuola ed il rispetto che nutriva per gli insegnanti.

Avvisaglie chiare e pericolose sin d’allora che poi si sono concretizzate con la  #buonascuola, buona sóla per noi che l’abbiamo e la dovremo subire.

Noi Q96 abbiamo combattuto con coraggio e con la forza che ci veniva dalla giustezza della battaglia. Non abbiamo niente da rimproverarci.

Abbiamo lottato con onore.

E stavamo vincendo. A ricacciarci indietro quella la pugnalata alle spalle, a tradimento.

Noi abbiamo conservato intatto l’onore, il #governo no.

No, non voglio dimenticare. E come me i miei 4000 compagni di lotta.

4 agosto 2021

#quota96scuola   #Senato #governo


giovedì 22 luglio 2021

Scuola: riaprire in sicurezza. Vaccinazione unica soluzione?

 È il mantra di questi ultimi mesi: #riapriretutto MA in #sicurezza. In quel MA c’è tutto, o meglio niente, se poi parliamo di scuola.

Perché a parte il rinnovo di qualche arredo scolastico, come i chiacchieratissimi banchi monoposto, nulla è stato fatto.

I docenti continuano ad essere i più vecchi e i meno remunerati d’Europa, chi era ‘precario’ continuerà ad esserlo, ogni speranza di assunzione/stabilizzazione si è sciolta come neve al sole.

Le classi ‘pollaio’ non saranno più tali tra 10/15 anni in virtù della denatalità, spiegano gli analisti del settore, quindi perché sprecare tempo e risorse per anticipare un fenomeno che sarà fisiologico?  La messa in sicurezza di migliaia di edifici fatiscenti, ormai è chiaro a tutti, è e rimane una chimera.

In quanto all’efficientamento dei trasporti pubblici, da dove tutto dovrebbe cominciare, è solo una questione semantica.

Cambiamo i governi, si alternano i ministri, ma, alla fine della fiera, la scuola rimane l’ultima ruota del carro della P.A.

 Una palla al piede. Sebbene nell’agenda politica di qualunque schieramento, di maggioranza o di opposizione, venga inserita come priorità.

Non fa eccezione neppure il cosiddetto #governodeimigliori.

Che da quando si è insediato, ormai da cinque mesi, predica bene ma razzola male. E quel che è peggio, sulla riapertura, ancora oggi, è nebbia fitta. Un giorno sì e l’altro pure, il politico di turno rilascia dichiarazioni seguendo l’onda del momento, o più precisamente, del consenso.

Ma guarda caso è sempre concorde quando c’è da puntare il dito davanti ai risultati negativi di qualche studio o statistica che la riguardi.

Gli studenti italiani riscontrano difficoltà nella comprensione di un testo o negli esercizi di matematica? E’ colpa degli insegnanti che non li preparano adeguatamente.  Ed è colpa della Dad se, ai dati già preoccupanti degli anni scorsi, c’è stato un ulteriore peggioramento.

Poco importa se la Didattica a Distanza è stata uno strumento emergenziale (ma di fondamentale importanza), messo in atto dai docenti che doveva consentire, per un breve lasso di tempo, di mantenere vivo quel legame umano oltre che formativo con gli studenti in balia di se stessi nel pieno della pandemia. E ancor meno importa che a farsi carico di un lavoro straordinario, senza limiti di orario e senza alcun ritorno economico, siano stati i docenti.

E a nulla vale che le discutibili e costosissime prove Invalsi siano standardizzate e pertanto lontane anni luce dalle didattiche ‘personalizzate’ che invece devono tener conto di modalità e tempi di apprendimento di ciascun alunno/studente.

Più semplice e sbrigativo è puntare il dito sui docenti o sulla didattica da remoto se le carenze formative si dilatano e la dispersione scolastica aumenta.  Piuttosto complicato, e soprattutto costoso, è intervenire sui tanti provvedimenti che da almeno tre decenni stanno smantellando la scuola pubblica.

Non farà eccezione neanche la #riaperturainsicurezza del prossimo anno scolastico, spina nel fianco in questo periodo periodo di politici e tecnici e con settembre alle porte.

Puntare sul provvedimento più semplice e sbrigativo e naturalmente meno costoso, ovvero la vaccinazione per tutti, docenti  studenti e personale Ata, sembra l’opzione più accreditata.

E, purtroppo, anche l’unica.

Con l’obbligo per i primi. Come vorrebbe il disegno di legge presentato ieri dalla senatrice di FI, Licia Ronzulli,  presidente della Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza,  che chiama in causa il Governo e invoca il coinvolgimento dei ministri, in particolare quello all’Istruzione Patrizio Bianchi, affinché venga approvato in un arco di tempo brevissimo.  Il docente che non si vaccina o non ha completato l’iter vaccinale, sarà sospeso dal servizio e non potrà essere impiegato in altre mansioni, come le biblioteche. Nè percepirà alcuna retribuzione, recita il ddl su citato. Previste deroghe solo in caso di patologie che sconsigliano la vaccinazione.

Le polemiche, manco a dirlo, impazzano tra chi è a favore e chi da sempre è contrario a qualsiasi forma di obbligatorietà.

Vaccinazione, dunque. Fortemente raccomandata, sarebbe questo l’orientamento del CtS, o resa obbligatoria, se il ddl a firma Ronzulli venisse convertito in legge, è la via maestra al vaglio del governo. La sola ed unica soluzione per una #riaperturainsicurezza.

Con buona pace di quel che sarebbe potuto essere, ovvero una straordinaria opportunità per un radicale rinnovamento della più importante agenzia di formazione.

Un’occasione persa. L’ennesima.

#scuola  #riaprireinsicurezza

Chiara Farigu

giovedì 7 gennaio 2021

Si torna a scuola e ‘Che Dio ci aiuti’

 ‘Che Dio ci aiuti’ direbbe la suora della tv ad alunni studenti e docenti che oggi siedono nuovamente sui banchi di scuola. Il rientro dopo la pausa  per le festività per i bambini/e della scuola dell’infanzia e primaria di primo grado e per il 50% degli studenti delle superiori (il restante 50% seguirà, a rotazione, da remoto)dopo il lockdown autunnale. Ma non per tutti visto che i presidenti di regione hanno deciso la riapertura in ordine sparso.

Un rientro voluto fortemente dalla ministra Azzolina a dispetto della curva dei contagi costantemente in picchiata e nonostante il parere contrario della stragrande maggioranza dei docenti che vedono quelle aule tutt’altro che ‘sicure’.

Diciamolo chiaramente. A parte l’acquisto dei banchi monoposto, su cui è stato detto di tutto e di più, e qualche altro strumento per la didattica, nient’altro, o poco o niente è stato fatto in quasi un anno dal primo lockdown nazionale.

Un’occasione sprecata per eliminare le classi pollaio, ristrutturare gli edifici scolastici pericolanti e quelli non ancora a norma. Per assumere in pianta stabile i precari e restituire un minimo di dignità ai docenti partendo da una retribuzione adeguata per il ruolo ricoperto.

Un’occasione sprecata per ridare lustro all’istituzione scolastica vista da sempre, da tutti i governi che si sono succeduti, la palla al piede della Pubblica Amministrazione.

Un’occasione sprecata per riconoscere finalmente alla Scuola e all’Istruzione, coi fatti e non a parole, il ruolo fondamentale a cui è preposta per la formazione dei futuri cittadini.

La scuola è sicura, sostengono, e tanto basta per riaprire i battenti.  Nonostante diversi dati dicano il contrario. Nonostante il ‘prima’ e il ‘dopo’, legato ai trasporti su cui non si è intervenuto se non poco e male, e agli assembramenti davanti ai cancelli d’ingresso e d’uscita.

Non rimane che sperare  che il maledetto virus, se malauguratamente dovesse far capolino dalla porta d’ingresso avanzi dritto, senza colpo ferire, sino alla finestra lasciata semiaperta per la salutare aerazione anti-covid  per poi dissolversi all’aperto.

‘Che Dio ci aiuti’appunto. O se proprio non vogliamo scomodare l’Onnipotente per queste piccole faccende terrene, affidiamoci pure alla sorte o al fattore C. Perché è proprio di gran botta di culo che abbiamo bisogno per mantenere aperte le nostre scuole. Covid permettendo, s’intende.

Rimane l’amarezza nel constatare che ancora una volta abbiamo fallito. Un Paese che non si cura del futuro, non ha futuro. E il futuro sono i giovani a doverlo costruire, se messi però in condizione di farlo. Cominciando proprio dalla Scuola.

Ma questo rimane un sogno. Una chimera

Chiara Farigu

martedì 22 dicembre 2020

Piero Angela, 92 anni e non sentirli

‘Se sei curioso, creativo e ti interessi di diversi argomenti, allora stai bene. Funziono meglio adesso, rispetto a trenta anni fa’, risponde Piero Angela a chi gli domanda come ci si sente dinanzi a un compleanno così importante come quello che festeggia oggi: 92 anni.

Curiosità, creatività, conoscenza e interesse che mette a disposizione dei giovani nel nuovo programma ‘Prepararsi al futuro’ in onda su Rai Premium dal 17 dicembre. Una sorta di dialogo intergenerazionale tra studenti e grandi personaggi di ogni campo: scienziati, economisti, storici, demografi, tecnologi, filosofi coi quali affrontare temi del mondo moderno pensando al futuro. L’Ambiente e la Sostenibilità sono il filo rosso di questa prima serie, una sorta di ‘manuale di sopravvivenza’, così l’ha presentata il divulgatore scientifico agli studenti, temi di fondamentale importanza per affrontare al meglio tutte le sfide che stiamo vivendo e le nuove che si presenteranno.

Responsabilità preparazione e conoscenza sono stati sempre i pilastri del suo lavoro, ieri e ancor più oggi. Non si può essere approssimativi o superficiali quando si quando si parla di scienza, sottolinea Angela, invitando i giovani alla lettura e allo studio coi quali abbattere ignoranza e pregiudizi.

Su quale sia il segreto della sua longevità fisica e mentale non ha dubbi: buoni geni e tanti interessi. Il cervello è un serbatoio che più lo riempi, più il suo spazio aumenta, è fondamentale mantenerlo costantemente  attivo, così come avere degli hobby e non stancarsi di essere curiosi.

E lui che della curiosità ne ha fatto la ragione stessa della sua vita e della sua lunga e invidiabile carriera,  gli anni non li conta più. Li vive con la leggerezza di sempre, sebbene non manchi qualche acciacco. ‘Penso a me stesso come a un giovanotto, almeno interiormente’, sostiene.

Qualcuno forse osa dubitarne?

Auguri, Maestro!

*Immagine ANSA/GIUSEPPE LAMI

martedì 15 dicembre 2020

Sanzione annullata per la prof Dell’Aria accusata di aver criticato Salvini: restituito anche lo stipendio

 Tutto è bene quel che finisce bene, recita il proverbio, anche se ‘quel’ che segue  in verità non sarebbe dovuto proprio iniziare. Ma tant’è.

Siamo a maggio del 2019, venti mesi fa. Alcuni studenti di un liceo di Palermo, in occasione della Giornata della Memoria realizzano un video. In una diapositiva  accostano le leggi razziali introdotte da Mussolini nel 1938 a una foto scattata durante la conferenza stampa di presentazione del Decreto sicurezza del ministro dell’Interno Matteo Salvini.

Quella slide accese diverse polemiche (e fece infuriare gli esponenti del centrodestra che chiesero sanzioni  pesanti) e  si ritorse come un boomerang sulla prof di italiano Rosa Maria Dell’Aria che venne sospesa per 15 giorni dall’Ufficio scolastico provinciale di Palermo. E il suo stipendio, per la durata della sanzione, dimezzato.  

Colpevole dunque la docente, ufficiosamente per aver criticato Salvini, all’epoca dei fatti ministro e fautore del decreto legge sicurezza,  ufficialmente per ‘essere  venuta meno ai doveri di controllo della funzione di docente’.

L’immagine della prof rimbalzò su tutti i media.  Capelli corti e grigi, fisico minuto, in tutte le interviste che si susseguirono non indietreggiò  di un millimetro: ‘Il lavoro non aveva alcuna finalità politica né tendeva a indottrinale gli studenti che hanno lavorato in modo libero, come loro stessi hanno dichiarato agli ispettori arrivati in istituto a fine gennaio, sottolineando la mia imparzialità, la mia integrità e la mia dedizione al lavoro’.

Una via crucis lunga e sofferta quella dell’insegnante palermitana ‘la più grande ferita della mia vota professionale’, così l’ha definita più volte, che si è conclusa ieri.

Il giudice del lavoro, al quale era ricorsa per ottenere giustizia, ha dichiarato illegittima la sanzione disciplinare e il decurtamento dello stipendio per quei 15 giorni di sospensione che le verrà restituito.  Il ricorso era stato presentato dai legali Fabrizio La Rosa e Alessandro Luna: ‘Il giudice ha riconosciuto tutte le ragioni del nostro ricorso. Non solo la docente ha esercitato la libertà di insegnamento nel fornire il materiale didattico, ma non sussiste nemmeno la ‘culpa in vigilando’ sull’operato dei suoi alunni, perché se avesse controllato il contenuto dei loro lavori avrebbe violato la loro libertà di pensiero tutelata dalla Costituzione’.

Una vittoria di civiltà e non solo per  Rosa Maria Dell’Aria. Una vittoria di tutti i docenti. La libertà di insegnamento, ricordiamolo ancora una volta,  è  garantito dalla Costituzione.

Chiara Farigu 

mercoledì 9 dicembre 2020

Scuola. Lezioni sino a luglio per ‘recuperare’? No, grazie. Abbiamo già Da(to)D

 Spararla grossa sulla scuola è senza dubbio il nuovo sport nazionale. Genitori, politici, economisti, psicologi e imprenditori un giorno si e l’altro pure hanno la ricetta pronta su come gestire la didattica in presenza e a distanza, su come valutare studenti e alunni e sempre più spesso su quando e come riaprire e soprattutto, udite udite, sino a quando prolungare l’anno scolastico per far ‘recuperare le lezioni perse’.

Quali sarebbero, di grazia, le lezioni perse, si domandano i docenti se, alla chiusura delle scuole imposta dal DPCM del 3 novembre scorso hanno attivato immediatamente la didattica a distanza? Chi chiede il recupero addirittura fino a luglio e nei giorni comandati, come ha fatto qualche ‘governatore’ o la ministra Micheli o qualche noto economista che ha sempre la ricetta giusta per salvare l’Italia quando però non tocca a lui, non conosce le problematiche della scuola.

Non sa come si svolga la Dad, quale impegno richieda e come  sia stato stravolto l’orario di servizio dei docenti peraltro perennemente connessi tra lezioni, collegi, consigli e riunioni. Questi tuttologi della scuola,  non sanno o meglio fingono di non sapere che il loro orario di lavoro è addirittura raddoppiato e in molti casi triplicato.

Non sanno o fingono di non sapere che non c’è nulla da recuperare se non la credibilità. La loro.  Perché, tolti gli arredi scolastici, e anche su questo ci sarebbe da discutere, poco o nulla è stato fatto per mettere veramente in sicurezza le scuole e garantire la didattica in presenza agli studenti di ogni ordine e grado.

Non sanno o fingono di non sapere che andava fatto quel che gli insegnanti, inascoltati, chiedono da sempre: mettere in sicurezza gli edifici scolastici (nel 53% dei casi manca persino l’agibilità, denuncia il Codacons),  dimezzare il numero di alunni e studenti e raddoppiare quello degli insegnanti.  Con il contemporaneo incremento di autobus, treni e scuolabus  per evitare assembramenti e pericoli di contagi.

Non sanno o fingono di non sapere e, quel è peggio non ascoltano chi la scuola la vive giorno dopo giorno, ovvero insegnanti e studenti.  I primi eternamente esclusi da ogni tavolo di discussione che li riguardi, i secondi mandati allo sbaraglio. Sui quali però poi scaricare manchevolezze e inadeguatezze che vanno rispedite a chi  di dovere.

Come appunto la proposta di prolungare le attività didattiche fino al 30 giugno (la scuola dell’infanzia peraltro opera fino a tale data) e perché no fino alla prima settimana di luglio, come ventilato dalla stessa ministra dell’Istruzione Azzolina. ‘Una proposta che offende la professionalità di tutti gli insegnanti impegnati ormai da mesi nella Didattica a distanza’,  replicano i sindacati del comparto scuola.

Per affrontare situazioni eccezionali, com’è appunto questa pandemia, servono strumenti eccezionali. E non ricette estemporanee  buttate con nonchalance dal tuttologo di turno. Strumenti  da concordare con tutte le parti interessate. Nessuno escluso. Strumenti che al momento però sono solo chimere

Chiara Farigu

lunedì 3 agosto 2020

4 AGOSTO 2014: GIORNO DELLA MEMORIA PER I DOCENTI #QUOTA96SCUOLA

Esattamente sei anni fa. Ero in Sardegna. Preparavo le valigie per il rientro a casa mia, ad Anzio, città dove risiedo e insegnavo. Ero felice perché stava per finire la mia prigionia lavorativa. In Senato si stava votando l’approvazione del decreto Madia relativo alla P.A. e, all’interno dello stesso, vi era l’emendamento “Q.96” atto a risolvere l’ingiusta vicenda approvata alla Camera, all'unanimità, appena cinque giorni prima. 

Poi, subito dopo pranzo, mi giunge un messaggio che mi blocca la digestione. In Senato, per mano e per voce della ministra Madia, il governo, con un emendamento soppressivo, stralcia dal decreto quanto approvato qualche giorno prima alla Camera. 

Una retromarcia inaccettabile. Il governo che sconfessa se stesso. E sempre con la medesima e pretestuosa motivazione della mancanza di copertura finanziaria imposta dal Mef. La verità è un’altra. E noi, quotisti gabbati, la conosciamo molto bene. C’è stato un vero regolamento di conti tra l’allora lettiano Francesco Boccia (che ha approvato e imposto le risorse a copertura) ed il PdC, Renzi, che si è sentito sfidato. 

A farne le spese 4.000 disgraziati più le rispettive famiglie, che per cinque giorni hanno vissuto in paradiso, poi, con un calcio inaspettato ma ben piantato nel didietro, sono stati nuovamente catapultati tra le fiamme dell’inferno. 

C’è da dire, a onor del vero, che il carico da 90 lo ha messo pure Tito Boeri (divenuto poi presidente dell’Inps), con alcuni articoli su La Repubblica, nei quali dipingeva gli insegnanti come dei privilegiati, sottolineando a ogni piè sospinto che la riforma fornero non ‘s’ha da toccare’

 Quel 4 agosto il nostro diritto acquisito si è trasformato, tout court, in ‘aspettativa di un diritto’. Le nostre speranze, di colpo, finite. Volatilizzate.Una pugnalata in mezzo al cuore sarebbe stata meno dolorosa.

Quel giorno ho pianto tutte le mie lacrime. Un pianto irrefrenabile, convulso, a singhiozzi. Il mio cellulare squillava all'impazzata.

Improvvisamente mi cercavano tutti. Giornalisti, tivú da me rincorsi a vuoto per due anni, volevano un commento a caldo su questo assurdo dietrofront del governo. Ricordo di aver risposto, ancora col groppo in gola, ad una giornalista dell’ Huffington Post e al caporedattore della trasmissione Agorà che mi voleva in studio per la diretta del giorno dopo. Ci andò la mia amica Marta, io avevo il traghetto da prendere. Indimenticabile quella traversata. Ho continuato a imprecare, a piangere, a dare pugni sulla parete della cabina fino allo sfinimento.

Mio marito era seriamente preoccupato per me e per la mia salute e malediceva gli autori di tanta sofferenza. Son passati sei anni da allora. Il dolore si è attenuato, certo, ma non dimentico. Non voglio dimenticare. Ricordare questa vergogna del governo Renzi è diventato per me un dovere, un impegno al quale non voglio rinunciare.

Denuncio come e quando posso un governo che non ha onorato gli impegni presi.

Anche perché, l’avremmo dovuto capire da quel giorno, dal 4 agosto scorso, dal “trattamento ” riservato alla classe docente più vecchia e meno remunerata d’Europa, qual era la sua concezione della scuola ed il rispetto che nutriva per gli insegnanti. Avvisaglie chiare e pericolose sin d’allora che poi si sono concretizzate con la sua buona scuola, buona sóla per noi che l’abbiamo e la dovremo subire.

Noi abbiamo combattuto con coraggio e con la forza che ci veniva dalla giustezza della battaglia. Non abbiamo niente da rimproverarci. Abbiamo lottato con onore.
E stavamo vincendo. A ricacciarci indietro quella la pugnalata alle spalle, a tradimento.

Noi abbiamo conservato intatto l’onore, il governo no.

No, non voglio dimenticare. E come me i miei 4000 compagni di lotta.

 4 agosto 2020

Chiara Farigu


http://www.huffingtonpost.it/…/pensioni-quota96-manifestazi…

http://www.meetale.com/…/il_pasticciaccio_br…/14120938353300

domenica 28 giugno 2020

SCUOLA. INSIEME MA DISTANTI DALLE 'RIME BUCCALI'

 

S


l'imperativo nella cosiddetta ‘fase 2’ per la riapertura di negozi, ristoranti, uffici, stabilimenti balneari e attività aperte al pubblico era assicurare il distanziamento sociale tra tavoli sedie scrivanie ombrelloni, nella ‘fase 3’ per la riapertura della scuola si cambia.

Accantonato il distanziamento dei banchi, peraltro quasi mai singoli, il Miur, dopo le rimostranze dei capi d'istituto del ‘banchetto dove lo metto’ sforna quello delle ‘rime buccali’. Diventata dopo pochi minuti la parola più cliccata su google. Seconda solo a 'congiunti' che tutt'ora non schioda dalla prima posizione.

Dire ‘bocca’ sarebbe stato troppo prosaico, soprattutto se riferito al distanziamento dei luoghi di cultura per eccellenza come la scuola. Decisamente più in carattere e soprattutto più cult chiamare ‘rime buccali’ quelle fessure tra le due guance che oltre al linguaggio verbale la dicono lunga su quello emozionale.


Se poi aggiungiamo che distanziare le ‘rime buccali’ (per le mascherine, si vedrà...) consente di risparmiare spazio rispetto alla divisione di banchi e studenti, ben venga la citazione aulica. Del resto il CtS è lì anche per questo, o no?

Vuoi vedere che zitti zitti hanno trovato il modo di eliminare, si fa per dire, le ‘classi pollaio’, spostando, smistando dieci studenti qui, dieci là all'insegna di ‘Insieme ma distanti dalle rime buccali?

A pensar male….

venerdì 26 giugno 2020

LA FASE 3 DEI BAMBINI: AL MARE IN LIBERTÀ. E POI?

 
Li vedo saltare correre fare castelli di sabbia. Sono allegri spensierati pieni di vita. Com'è giusto che sia. I bambini e le bambine dopo la forzata reclusione covidiana si stanno riprendendo i loro spazi. I loro momenti di socialità. Indispensabili per una sana e armoniosa crescita al pari del cibo. E dell'istruzione. Non può esserci l'uno senza l'altra.
Osservarli mentre si riappropriano del sacrosanto diritto al movimento, all'aria aperta, all'attività ludica, alla compagnia dei loro pari è un piacere indescrivibile. Li osservo con gli occhi dell'insegnante che c'è in me. Che ha condiviso con loro sensazioni ed emozioni irripetibili.
Ricordi indelebili.
Pronti a riaffiorare ogni qualvolta il cassetto dei ricordi viene sollecitato.
Il loro vociare è un sound melodioso. Non c'è niente di più bello che vedere Mattia Alberto Marianna Valentina Ciccio e Camilla, tanto per citare i nomi che rimbalzano da un ombrellone all'altro, dare libero sfogo alla loro creatività. In questo habitat naturale che di per sé è sinonimo di libertà. Da orari imposizioni e limitazioni di ogni sorta.
Mi domando che ne sarà di loro quando tutto questo sarà solo un ricordo. Quando, col rientro a scuola, dovranno guardare di nuovo con 'sospetto' quel compagno che si avvicina più del dovuto e tenere a distanza ogni slancio di socialità.
Mi domando quanto possa influire negativamente sul loro delicato equilibrio psico-fisico dover reprimere emozioni da condividere come abbracciare un amichetto o dare un bacio alla loro maestra.
Ricordo che tra i desideri reconditi di molti bambini durante la pandemia c'era appunto quello di poter riabbracciare la loro insegnante appena fosse tutto finito. Sono stati proprio loro, coi loro disegni e i loro racconti, a mettere in evidenza, e a confermare una volta per tutte che non c'è didattica a distanza che tenga. Che nessun software, per quanto utile,  potrà mai sostituire il calore di un abbraccio.
E mentre continuo ad osservarli smetto di farmi domande. Le risposte sono nei loro occhi
Chiara Farigu
Anzio, La Scialuppa. Foto Chiara Farigu
 


 


 

 


La nonna paterna? Una nonna a metà (con poche eccezioni)

  Essere nonne è un dono meraviglioso che la vita riserva a chi ha avuto la gioia di essere prima mamma. E’ come diventare madri una seconda...