il blog di chiarafarigu

mercoledì 15 luglio 2020

AUTOSTRADE, PASSO INDIETRO DEI BENETTON. PASSA LA LINEA DEL GOVERNO CONTE



 

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etrattori opinionisti e perditempo che rimbalzano da un talk all'altro in tv scommettevano che anche l’ultimo CdM (chissà perché questo governo predilige l’orario notturno si domandava ieri un esterrefatto Paolo Mieli a #Cartabianca), avrebbe optato per l’ennesimo rinvio riguardo  alla spinosa questione Autostrade. Un po’ per vedere l’effetto che fa e molto per continuare a tirare a campare.

Gli stessi, che oggi, ad accordo raggiunto tacciono o continuano a sbraitare, in primis la Meloni dalla pagine di Libero. ‘Niente revoca col favore delle tenebre. Con il PD i Benetton dormono tranquilli’, tuona la leader di FdI. Aggiungendo che con Autostrade è finita a tarallucci e vino visto che da qui a un anno è facile che il governo non sia più lo stesso.

Come sarà tra un anno, e molto probabilmente anche prima, solo gli eventi e gli scossoni politici potranno dirlo.

Oggi invece sappiamo quanto è stato deciso stanotte in CdM. Dopo un negoziato snervante durato oltre sei ore, Aspi diventerà di fatto pubblica con l’ingresso di Cassa Depositi e Prestiti, socia al 51% e la progressiva fuoriuscita di Atlantia.

Accolta praticamente la linea del governo Conte che ha tenuto duro sulla trattativa e anche sui mal di pancia all’interno della stessa maggioranza. 
La famiglia Benetton fa un passo indietro e rinuncia a qualunque possibilità di eventuali ricorsi ai danni dello Stato, compresa una revisione complessiva della concessione e anche alla possibilità di potersi pagare dei dividenti.  Sì invece ai risarcimenti da 3,4 miliardi di euro come penale per il crollo del ponte Morandi e sì anche al calo dei pedaggi in linea con le indicazioni dell’Autorità dei Trasporti.

Cdp ha ricevuto mandato per avviare entro il 27 luglio il percorso che porterà all'uscita progressiva dei Benetton da Autostrade.

Si conclude così, o meglio si avvia a conclusione quel lungo e tormentato tira e molla iniziato con Autostrade all'indomani del crollo Morandi dove persero la vita 43 persone. Per la famiglia Benetton che fa non uno ma diversi passi indietro un’unica certezza: se non rispetterà l’accordo sarà revoca immediata. Con tutto quel ne segue.

‘Senza il M5S al governo tutto questo non sarebbe mai avvenuto’, esulta l’ex ministro dei Trasporti Toninelli. ‘Torna agli italiani ciò che era sempre stato loro’, commenta Patuanelli, in buona compagnia con Franceschini che riconosce alla fermezza di Conte il raggiungimento dell’insperato accordo

Chiara Farigu
Presidente Conte. Immagine commons.wikimedia.org


lunedì 13 luglio 2020

ISTAT: CULLE SEMPRE PIÙ VUOTE. MINIMO STORICO NASCITE DALL'UNITA’




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olo 10 anni fa per ogni 100 residenti morti i neonati erano 96. Oggi se ne contano a malapena 67.

Si tratta ‘del più basso livello di ricambio naturale mai espresso dal Paese dal 1918’, recita l’ultimo report dell’Istat  sugli indicatori demografici.

Calano le nascite e di conseguenza calano i residenti, al primo gennaio del 2020 si contano 60 milioni 317mila italiani: oltre 180mila in meno su base annua. Non solo.

Stiamo diventando un Paese di vecchi e per vecchi.

Le cause? Più o meno le stesse che ci portiamo appresso da oltre un decennio: una crisi dura a morire e politiche insufficienti a favore dei giovani i quali, sempre più spesso,  mettono in valigia sogni e aspettative e oltrepassano i confini in cerca di nuove e più redditizie opportunità lavorative.
Difficile metter su famiglia in assenza di lavoro o con lavori precari e per di più sottopagati.  Ancora più difficile poi per le donne riuscire a conciliare lavoro e famiglia. Pochi e insufficienti gli investimenti sulle famiglie, quasi inesistente la flessibilità sul lavoro.
 E questo per molte di loro comporta  dover scegliere tra un figlio o il lavoro. Una scelta sofferta. Che porta a rimandare il desiderio di maternità, è di 32,1 anni l’età media della prima gravidanza, e a contenere il numero dei figli, sempre più spesso unico.
Le conseguenze, come evidenzia l’odierno ‘Bilancio demografico nazionale 2019’ dell’Istat è l’inevitabile fenomeno delle ‘culle vuote’. Vuote di speranze, vuote di  ricambio generazionale, vuote di linfa vitale, ‘un problema per l’esistenza stessa del Paese’ come ebbe a dire tempo addietro anche il Capo dello Stato.
La diminuzione delle nascite è di -4,5%, ovvero di oltre 19mila unità in meno rispetto al 2018. 
Calo che si registra ovunque nella penisola con una percentuale  più elevata al centro. 
Aumentano anche i cittadini che scelgono di stabilirsi all'estero: nel 2019 le cancellazioni dall'anagrafe hanno avuto un picco di un +16,1, pari a oltre 180mila unità. 
In cinque anni, sottolinea il report dell’Istat, si è perso l’equivalente di una città come Genova o Venezia. Il Molise risulta essere la regione a maggior rischio spopolamento, seguito da Calabria e Basilicata.
Chiara Farigu
Immagine Pexel




domenica 12 luglio 2020

MIA MADRE E QUEL MALE INVISIBILE CHIAMATO 'CEFALEA CRONICA'

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e la ricordo mia madre in balia delle sue cefalee. Gli attacchi erano improvvisi. Dolorosissimi. A volte incolpava il vento che spirava forte, altre il caldo eccessivo, altre ancora la stanchezza, il termine stress a quei tempi non si usava, ma il più delle volte il fattore scatenante era un mistero.

Quando il dardo arrivava la vedevi correre in bagno dove rimetteva anche l'anima benché non avesse neppure mangiato per poi fasciarsi la testa con un foulard che stringeva forte sulle tempie prima di sdraiarsi al buio. In quei momenti non c'era per nessuno. Neanche per se stessa.

Immancabile nelle tasche dei suoi vestiti una confezione di Aspro, l'analgesico che a quei tempi era il farmaco buono per tutti mali o ritenuto tale. Ne ingurgitava di continuo, una due tre pillole, a seconda dell'intensità della crisi. Riusciva a mandarle giù anche senza acqua convinta che prese a secco facessero più effetto.

Quando durante la pubertà ho conosciuto i miei primi mal di testa ho temuto di aver avuto in dote una dolorosa eredità. Che poi si è rivelata di tutt'altra natura e altra intensità. Per fortuna.

Intorno ai 50 anni per mamma si rese necessario un ricovero in ospedale. Durante gli accertamenti di protocollo le venne diagnosticato un solo rene per giunta a forma di ferro di cavallo. Il cui funzionamento non andava oltre il 20-25% (con gli anni si sarebbe ridotto ancora e poi ancora). Quelle terribili emicranie è quasi certo che fossero causate da quell'insufficienza renale mai curata, in quanto sconosciuta, per ben cinque decenni.

Come fosse riuscita a mettere al mondo cinque figli con quella ‘anomalia’ era un mistero per i medici che l’ebbero in cura. Il suo divenne ‘un caso’. Da studiare e analizzare per gli stessi medici e ancor più per i tirocinanti che la mattina erano al seguito del primario durante le visite.

Anni dopo, nei primi anni di insegnamento, conobbi una collega in preda a terribili emicranie. Anche lei vittima della stessa patologia ritenuta invisibile fino a ieri. Come loro, circa otto milioni in Italia. La gran parte, donne.

Con la legge approvata ieri che riconosce la cefalea cronica come malattia sociale in quanto invalidante, un doveroso, anche se tardivo, riconoscimento.

Chiara Farigu

Cefalea-Immagine Freepik



sabato 11 luglio 2020

CEFALEA: E’ MALATTIA SOCIALE. SENATO APPROVA DDL

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n Italia sono circa 7/8 milioni di persone, pari al 12% della popolazione a soffrire di cefalea cronica.

 C'è voluta una legge per definire, una volta per tutte, che la cefalea cronica è una malattia sociale, invalidante. 

 

Con la normativa, approvata definitivamente l'otto luglio scorso a Palazzo Madama con 235 voti favorevoli, 2 contrari e nessuna astensione, la malattia che colpisce in particolare il sesso femminile, e fino a ieri invisibile, 'esce da quel cono d’ombra in cui è sempre stata'.  Come sostengono Arianna Lazzarini (Lega) e Giuditta Pini (PD), le due firmatarie del ddl fresco di approvazione.

Per assurgere a patologia da contrastare e curare con metodi innovativi dopo certificata diagnosi. Rilasciata al paziente che ne soffre da almeno un anno da un centro diagnostico accreditato nel settore.

 

L’Italia fa da apripista essendo  il primo Paese dell’Unione Europea ad adottare il provvedimento che permetterà di individuare metodi innovativi per contrastare la malattia. Che, come ricordano gli specialisti, non fa morire ma di sicuro fa vivere molto male, con dieci e anche venti crisi al mese in chi ne va soggetto.

 

Sono molti e diversificati i fattori scatenanti il mal di testa che possono essere riconducibili dal comune stress emozionale/fisico allo scarso riposo dell’organismo a causa di sonno insufficiente o disturbato che alterano il normale ritmo sonno/sveglia. Ma anche le fluttuazioni dei livelli ormonali nella donna legati al ciclo mestruale, la mal nutrizione, la disidratazione e il consumo di alimenti specifici. Così come la carenza di vitamine e sali minerali. A volte i fattori scatenanti sono riconducibili ad altre patologie conclamate e disturbi infiammatori.

 

Da qui la difficoltà e le lungaggini per diagnosticare la malattia. Della quale se ne conoscono di diversi tipi, almeno sei:  1) l’emicrania cronica e ad alta frequenza; 2) la cefalea cronica quotidiana con o senza uso eccessivo di farmaci analgesici; 3) la cefalea a grappolo cronica; 4) l’emicrania parossistica cronica; 5) la cefalea nevralgiforme unilaterale di breve durata con arrossamento oculare e lacrimazione; 6) l’emicrania continua. Tutte comprese nel disegno di legge appena varato al Senato.

 

Un riconoscimento doveroso. Che consentirà ai pazienti che ne soffrono, previa diagnosi certificata, di accedere alle cure necessarie, e senza il pagamento di alcun ticket, di intraprendere una vita sociale soddisfacente. ‘Ci sentiamo più compresi, non più persone sbagliate che non riescono a gestire la loro vita. Con l’approvazione della normativa, noi esistiamo. E’ come rinascere, avere un certificato che dica che adesso esistiamo, questo il commento dell’associazione pazienti Al.Ce (Alleanza cefalalgici) dopo il sì del Senato che riconosce la cefalea come malattia sociale, vale a dire invalidante.


Chiara Farigu

CEFALEA-IMMAGINE PIXABAY

 

 

 

 

 

 


venerdì 10 luglio 2020

DIARIO ESTIVO. LA CELLULITE E' FEMMINA

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n spiaggia, poco distanti da me, due ragazze. Avranno sì e no 17/18 anni, un fisichetto niente male ma sono terrorizzate da eventuali cuscinetti di cellulite. Il mio occhio scrutatore, sebbene a debita distante, non ne intravede neanche l'ombra. Ma loro, sì. L'una guarda l'altra e l'altra fa un' attenta radiografia all'una: lo vedi, questo è un cuscinetto, e pure questo. E giù a strizzarsi le cosce in cerca dell'odiato buchino.

Sorrido e torno indietro nel tempo. A qualche decennio fa.

Ero in campeggio a Costa Rey, una delle spiagge più belle della mia isola. Dopo un'abbuffata di mare e sole decidiamo per un'abbuffata vera: antipasti vari, pizza, birra fresca e una coppa di gelato per chiudere in bellezza.

'Con questa pizzata, cellulite assicurata', profetizza Patrizia.

Ci rabbuiamo ma giusto per un attimo. 'Io è che faccio troppa vita sedentaria' azzarda Pinella. 'A me hanno detto che devo bere più acqua', le risponde Anna. 'È tutta colpa delle gravidanze ... da allora è iniziata la devastazione', aggiunge Graziella, che tutto sommato era la più magra del gruppo.

'Non c'è niente da fare: la cellulite è femmina. Prima o poi tutte noi dovremo scontrarci con l'odiata pelle a buccia d'arancia. Non c'è scampo', stavo concludendo, quando incrocio lo sguardo della cameriera che sembra volermi dire: si, parla parla..a me col cavolo che mi viene!

Ci guardiamo e la guardiamo: era perfetta. Sopra un gonnellino che le fasciava, beata lei, un lato B da paura, due gambe toniche e ben tornite, di cellulite, manco col binocolo. Piccoletta ma disegnata da abili mani d'artista.

E che cavolo! Giovane bella e pure senza neanche l'ombra di un buchino piccolo piccolo.

Non so perché le intravedo un sorriso beffardo.

'Tranquilla, se c'è giustizia divina, l'avrai anche tu! La cellulite è femmina, non perdona'!
E giù a ridere. Tra un boccone e l'altro e, davanti agli occhi, uno dei tramonti più belli che abbia mai visto.

'Serata con pizzata allegria assicurata': domani è un altro giorno. 
        Cellulite- Immagine Freepick

mercoledì 8 luglio 2020

RITORNO A SCUOLA? MEGLIO L'EDUCAZIONE PARENTALE. LA SCELTA SOFFERTA DI UNA MADRE



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uongiorno maestra, come sta? Intenta com'ero a leggere la lista della spesa, non mi ero accorta della presenza della signora che mi salutava. Anni addietro è stata la mamma di un mio alunno, ora in quarta elementare.

Dopo i convenevoli di rito, accenna alle difficoltà che la famiglia sta vivendo a causa della pandemia. Il marito, gestore di una palestra, è al limite della chiusura. Le nuove regole imposte mal si adattano agli sportivi e ancor più ai luoghi in cui si praticano gli allenamenti. 

Il distanziamento, mi riferisce la donna, ha di fatto imposto che molti macchinari, come tapis roulant presse panche e quant'altro, venissero sigillati e spostati in depositi (con altri affitti da pagare) in attesa di tempi migliori. Gli stessi sportivi, dapprima numerosi, ora si contano sulla dita di una mano. Molti, durante il confinamento, si sono organizzati acquistando macchinari usati da utilizzare in casa, altri si sono dati al jogging, mentre la gran parte si è proprio ‘data’. Se ne riparlerà, dicono, quando quest’incubo finirà. Sempre ammesso che finirà.

Ascoltavo in silenzio le sue preoccupazioni. Non ho potuto fare a meno di notare le piccole rughe attorno ai lati suoi occhi, segno evidente delle tanti notti insonni di questi ultimi mesi.

A tenerli svegli, lei e suo marito, il lavoro, sempre più scarso e il futuro del loro unico figlio. ‘Sa, maestra, il ritorno a scuola, a settembre, così come lo stanno progettando, ci preoccupa molto’.

Stanno seguendo con molta trepidazione la vicenda ‘riapertura’. La confusione è tanta, sostiene, e i genitori sono disorientati da tanta superficialità al limite dell’incompetenza.

Difficile darle torto. Ogni giorno viene prospettato un nuovo scenario che si aggiunge alla lista delle già traballanti ‘linee guida’ stilate dai cosiddetti tecnici che affollano il ministero dell’istruzione.

‘Vede, mi rivela prima di accomiatarsi, stiamo pensando di non far frequentare la scuola ad Andrea quest’anno. Ci stiamo informando per la cosiddetta ‘educazione parentale’, quella per la quale sono le famiglie a decidere come educare i propri figli e non lo Stato’.

Rimango di stucco. Da maestra fin dentro il midollo, che ha sempre creduto e continua a credere, nonostante i limiti e le carenze da sempre presenti nella scuola pubblica, che questa, se non per gravissimi e comprovati motivi,  possa essere una scelta radicale e molto discutibile. Per quanto sofferta e ragionata.

‘La terrò presente perché avrò bisogno non di una ma di molte mani  se optiamo per il fai da noi’, mi dice andando via, senza darmi il tempo di replicare.

Chiara Farigu



martedì 7 luglio 2020

DIARIO ESTIVO. LA PLAYA, TRE BAMBINI TRE RICORDI

  


   

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n gruppetto di bambini attira la mia attenzione. Giocano a lanciarsi 'polpette' di sabbia, poi si buttano in acqua per sciacquarsi e ricominciare daccapo. Sono belli da vedere, si divertono con poco, ridono, finalmente liberi dopo mesi di quarantena.


Tre di loro mi riportano indietro nel tempo, nelle fattezze mi ricordano tre piccoli alunni che mi sono rimasti nel cuore. Quello più moretto ha lo stesso sorriso di Osama, un simpaticissimo bambino marocchino dallo sguardo vivo, molto intelligente. Arrivava puntualissimo la mattina accompagnato dalla mamma vestita secondo la sua tradizione. Sulla porta, immancabilmente le raccomandazioni di rito, comportati bene, ascolta la maestra, non litigare coi compagni... un botta e risposta tutto rigorosamente in arabo. Certe volte chiedevo 'che ti dice la mamma'? e lui traduceva guardando me e lei che annuiva. Era esonerato dall'insegnamento dell'educazione religiosa, ma usciva malvolentieri dalla classe per fare l'attività alternativa. Al punto che a Natale volle fare la recita insieme ai compagni, vestì i panni di un re magio e cantò tutte le canzoni senza alcun problema, suo e dei genitori che acconsentirono. Ma il primo giorno di mensa fu divertentissimo. Per lui fu chiesto un menù che escludesse gli insaccati e la carne di maiale. Qualcosa però non funzionò e quel pasto alternativo non arrivò. Lui con gli occhi lucidi guardava il piatto, quel prosciutto cotto gli era vietato. 'Mamma ha detto NO prosciutto' ripeteva mentre ne trangugiava un boccone. E pezzo dopo pezzo quel prosciutto sparì dal piatto. Fu l'unica debolezza. In seguito rifiutò sempre anche le polpette di pesce sospettando che fossero simili a quelle dei compagni, fatte, chissà, magari col macinato misto. Ah, Osama!

Quell'altro con gli occhialini alla Harry Potter sembra proprio Francesco, uno scricciolo di bambino con un vocabolario da adulto. Lui non si ammalava come gli altri. Il suo mal di pancia era dovuto ad un virus intestinale, il suo mal di gola era causato dallo streptococco. Due spanne sopra i compagni nella rielaborazione di storie e attività motoria per lui, figlio di una collaboratrice scientifica, una di quelle, per intenderci, che ti scavalcano quando, dopo ore di attesa, è arrivato il tuo turno per entrare dal medico.

Il terzo, con quel ciuffo ribelle, mi ricorda Marco. Un genietto. Non semplice da gestire, un artista in erba. Il primo o il secondo giorno di scuola disegnò un bambino completo in tutte le sue parti, con un lungo collo. “Ho fatto il collo alla Modigliani” mi disse prima che ponessi qualche domanda, lasciandomi senza parole. Ricordo il mio disappunto il primo giorno di scuola alla primaria quando le docenti dell’infanzia passano il testimone alle colleghe delle elementari. Ero lì a “raccontare” i miei piccoli alunni alle nuove maestre che nel frattempo avevano assegnato loro il primo elaborato: disegna te stesso. Mentre gli altri si limitarono a disegnare uno schema corporeo che in qualche modo li raffigurasse, lui il “se stesso” lo mise in quel nuovo insieme. I nuovi compagni, le maestre, la lavagna, gli addobbi di 'benvenuto in prima'. Una ricchezza di dettagli, meravigliosi, che però infastidì la nuova maestra che lo riprese perché non si era attenuto a quanto richiesto. Che miopia didattica: come si può imbrigliare la creatività tarpando le ali a chi ha il dono di saperla esprimere?

Basta una parola, un gesto, un sorriso e dal cassetto dei ricordi spuntano Antonio, Elettra, Alice, Francesca, Valerio … tutti unici e irripetibili, come gli anni trascorsi con loro

Chiara Farigu

Anzio, La Playa. Scatto di Chiara Farigu

lunedì 6 luglio 2020

LUGLIO-AGOSTO, COVID MIO NON TI CONOSCO




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e non fosse per Zaia che ha ripreso a tuonare contro i trasgressori delle regole anti-contagio (visto la nuova impennata di positivi nella sua regione), o qualche bollettino medico che ancora sforna dati e previsioni, si potrebbe dire che la stragrande maggioranza degli italiani del 'bastardo' non ne voglia più sapere. Nonostante giri ancora indisturbato, come un giorno sì e l’altro pure ci ricordano gli esperti.

E se poco più di un mese fa stavamo tutti a domandarci se avremmo potuto fare o meno le vacanze, andare al mare e in che modo, oggi sembra tutto dimenticato. Almeno così sembra. In città e ancor più nei luoghi di villeggiatura.

Dov'è finita quella sfilza di regole che avremmo dovuto rispettare senza se e senza ma secondo i dettami del CtS? Il distanziamento tra un ombrellone e l’altro, tra lettini e sdraio, tra gli stessi bagnanti se non legalmente congiunti o perlomeno conviventi? L’uso di mascherine, gel disinfettanti e accorgimenti vari per scongiurare ogni possibile pericolo?

Che ne è stato degli ingressi contingentati, della sanificazione continua di lettini sedie e armamentari vari?

Dopo i primi pallidi tentativi di metterli in atto, molti di questi sono stati dimenticati. Archiviati. Gettati alle ortiche. La voglia di vivere, di riappropriarsi della proprie abitudini, della quotidianità fatta anche di piccole cose ha preso, viva iddio il sopravvento.

Il sole, l’aria aperta, il mare hanno fatto il resto.

Lasciando le tante domande senza una risposta. Che forse non c’è. O forse si se prendiamo per buona questa impressa da un bagnante  sulla sabbia che l’acqua del mare non ha ancora cancellato: ‘luglio-agosto, covid mio non ti conosco’.

Ed eccoci qui, tutti insieme appassionatamente assembrati per goderci questa meritata estate. O almeno una parte di essa.  Per il covid, o meglio ‘la covid’, per dirla con l’Accademia della Crusca, se ne riparlerà da settembre in poi, ma anche no, Dio permettendo. O chi per lui

Anzio- Scatto di Chiara Farigu 


sabato 4 luglio 2020

GRAZIANO MESINA IRREPERIBILE DOPO LA CONDANNA DEFINITIVA

 

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 giugno dello scorso anno Grazianeddu, ex Primula Rossa del banditismo sardo, veniva rimesso in libertà. Dopo sei anni di carcere nel penitenziario di massima sicurezza di Bad’ e Carros. Con l’accusa di essere a capo di un'organizzazione di traffico internazionale di droga.

Un colpo di scena, la sua scarcerazione. Uno dei tanti che hanno caratterizzato la sua lunga e travagliata vita di 'balente'  che lo aveva di colpo riportato agli onori della cronaca. Scarcerato per decorrenza dei termini. Poiché i giudici della Corte di Appello di Cagliari non avevano mai depositato le motivazioni della sentenza.

Tornava a casa, a Orgoloso. In libertà vigilata con l'obbligo di firma presso la caserma dei CC. e di dimora dalle 22 alle 6 del mattino.

Ieri l’ennesimo colpo di scena. La Corte di Cassazione respinge il ricorso presentato  dai suoi legali contro la condanna in appello a 30 anni di carcere per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti. La condanna pertanto diviene definitiva e Mesina deve tornare in carcere.

L’ex ‘balente’ però, a differenza di un anno dalla condotta irreprensibile, non si presenta in caserma dove ha l’obbligo di deporre la firma. E quando i carabinieri bussano alla sua abitazione con l’ordine di arresto non trovano nessuno. L’ex bandito è tutt'ora irreperibile.
Avrebbe lasciato la sua dimora diverse ore prima che la Cassazione si pronunciasse. Ne presagiva probabilmente l’esito della sentenza che lo avrebbe riportato in carcere. Carcere che conosce fin troppo bene. Dei suoi 78 anni ne ha trascorso quasi 40 dietro le sbarre. Uno dei pochi, forse l'unico, ad essere stato in carcere per 4 lunghi decenni. Nel 2004, l’allora Presidente della Repubblica Ciampi gli concesse la grazia. Anche allora fece ritorno nella sua Orgoloso.  Deciso a intraprendere una vita di riscatto umano e sociale dopo aver pagato il conto con la ‘giustizia’.

Passano pochi anni e tutto precipita di nuovo. Su  l’ex ‘balente’ pendono accuse ben più terribili e infamanti di quelle che avevano fatto di lui il bandito sardo (e non solo) più famoso.  Macchiandosi di reati riconducibili a vendette/regolamenti di conti per torti subiti, o ritenute tali, tipiche del codice barbaricino di cui era stato figlio e testimone. Stavolta l’accusa era di essere invischiato in un traffico di droga internazionale ed essere addirittura il capo dell'organizzazione.

Una macchia indelebile. Inaccettabile anche per quanti, nonostante i reati commessi, avevano guardato con una certa indulgenza alla sua travagliata esistenza.

Ora è ufficialmente ricercato dalle forze dell’ordine. ‘Non ha soldi né passaporto: mai avrei pensato potesse sparire.  Sono stata con lui fino alle 16 di giovedi- racconta il suo legale, Luisa Venir. Era tranquillo, di buon umore  e pieno di speranze. Nulla poteva farmi pensare che volesse sparire  dalla scena e deve dire che saperlo mi preoccupa’.
‘Non so dove possa essere’, afferma la sorella.

Di Mesina nessuna traccia. C’è chi sostiene che abbia addirittura lasciato l’isola. Nascondersi nel Supramonte, come ai tempi d’oro quando era il latitante più ricercato d’Italia, sostengono, non è compatibile con i suoi quasi 80 anni. E il fisico non più agile di  un tempo.

Una latitanza disperata. Un triste epilogo di una vita che non ha saputo e forse voluto riscattare. Per viverne serenamente almeno l’ultimo scorcio. Nella sua Orgoloso che lo ha sempre accolto come un figlio da proteggere. Anche da se stesso

Chiara Farigu 

 
ORGOSOLO- By Roberto Mura - https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=85024319


venerdì 3 luglio 2020

C'ERA UNA VOLTA IL COMPAGNO DI BANCO


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ariella  abitava a 100 metri da casa mia eppure la vidi per la prima volta quel primo giorno di scuola. Fu quando la maestra, dopo aver fatto l’appello, ci mise vicine nello stesso banco. Ci piacemmo subito. Diverse e complementari. Suo padre era il sindaco del paese a quei tempi, il suo cognome era preceduto da ‘Cavaliere’, cosa incomprensibile per una bambina come me che mai lo aveva visto andare a cavallo.
A casa sua c’era già la televisione, a casa mia sarebbe arrivata qualche anno più tardi. La tv dei ragazzi la vedevo da Mariella, con lei facevo i compiti e la merenda. La mattina bussavo al suo portone e insieme andavamo a scuola.
Strada facendo si aggiungevano altre compagne, avevamo il grembiule nero e il fiocco che cambiava colore in base alla classe frequentata. Le più vezzose sfoggiavano colletti bianchi lavorati all'uncinetto, altre colletti impreziositi dalle iniziali ricamate da mani sapienti.
Dopo Mariella ci sono state Maura, Bruna, Cristina, Enza. Mariella però è stata speciale. E’ stata l’amica del cuore. A lei confidavo ansie aspettative e momenti felici. Lei faceva lo stesso. Dopo essere state insieme interi pomeriggi a raccontarci di tutto e di più, la sera riempivamo fogli di quaderno di dettagli che ci erano sfuggiti o che volevamo approfondire.
Chissà, senza quel banco forse le nostre anime non si sarebbero mai incontrate. Dobbiamo molto a quello scrittoio a due posti che odorava di legno, quello vero, io e Mariella. Gli dobbiamo la nostra amicizia. Gli anni più belli. Quelli dell’ingenuità, della spensieratezza, del futuro da disegnare.
Banco che oggi potrebbe sparire. Per far posto a uno pseudo seggiolone-scrittoio con le rotelle adatto a mantenere le distanze tra uno studente e l’altro. O, per dirla col CtS che detta le regole, per distanziare le cosiddette ‘rime buccali’, principali vettori di contagio. Come le misure anti-covid impongono. Conditio sine qua non per la riapertura delle scuole in sicurezza.
Distanziamento che di per sé manda in soffitta la figura mitica del compagno di banco. Ovvero di colui o colei che poi finiva per diventare se non proprio il migliore amico di certo il migliore alleato/supporter durante le interrogazioni o i compiti in classe. Ma anche il complice ideale di scorribande scolastiche e bravate tipiche dell’età.
Logica vorrebbe che il numero degli alunni per classe venisse dimezzato e quello dei docenti raddoppiato. In quanto agli spazi, lo ribadisce a più riprese la ministra, ci sarebbero gli istituti dismessi per accogliere tutti in sicurezza. La logica però si scontra con altre logiche. Il vil denaro, in primis. Che per la scuola, sebbene se ne stanzino, sono sempre dannatamente insufficienti.
Molto più comodo affidarsi a soluzioni di emergenza piuttosto che risolvere il problema una volta per tutte. Come l’edilizia scolastica leggera (ovvero installare pannelli divisori nei corridoi, giardini, palestre e ovunque si possano ‘creare’ nuove aule a dispetto di altri spazi altrettanto fondamentali per le attività didattiche e la socializzazione, o i seggioloni monoposto per scongiurare assembramenti.
Io e come tante generazioni di studenti la mia Mariella l’ho avuta. E ringrazio quel banco e il buon Dio per avermela data. Quanti d'ora in poi potranno dire lo stesso?
C’era una volta il compagno di banco. Potrebbe essere questo l'incipit di una futura storia da raccontare ai bambini del post-covid
Chiara Farigu

La nonna paterna? Una nonna a metà (con poche eccezioni)

  Essere nonne è un dono meraviglioso che la vita riserva a chi ha avuto la gioia di essere prima mamma. E’ come diventare madri una seconda...