il blog di chiarafarigu

venerdì 25 settembre 2020

Covid-19- Sardegna: ‘il caso’ Orune

Orune è uno di quei bellissimi borghi situato nel cuore della Barbagia che i turisti più avveduti non mancano di visitare.

‘È un paese antico e chiuso, dove permangono (…) gli usi, le abitudini, i costumi, le tradizioni popolari più lontane, e l’intelligenza e il valore di una vita tanto più energica quanto più limitata, piena di capacità espressiva, di potenza individuale e di solitudine’, così veniva descritto dallo scrittore Carlo Levi in ‘Tutto il miele è finito’, nel 1964.

Un borgo ricco di storia per la straordinaria concentrazione di siti archeologici, famoso in tutta l’isola e non solo per la tradizione dell’artigianato e per la cultura enogastronomica che si tramanda di generazione in generazione.

Un borgo di appena 2300 anime che qualche giorno fa è rimbalzato agli ‘onori’ della cronaca a causa della preoccupante impennata di contagi da covid-19: ben 52 positivi e oltre 150 persone in quarantena fiduciaria. Numeri che hanno  indotto la Prefettura di Nuoro e l’amministrazione comunale a prendere misure drastiche atte a contenere la diffusione del virus: un ‘lockdown’ parziale e il rinvio dell’apertura delle scuole a dopo il 5 ottobre. Con bar e ristoranti chiusi, in via precauzionale, per tutto il giorno, mentre i cittadini sono invitati ad uscire da casa e ancor più dal paese solo in caso di comprovate necessità. Allevatori e agricoltori potranno spostarsi per lavoro nelle loro aziende, ma in numero non superiore a uno.

Sono queste alcune prescrizioni previste dall'ordinanza del sindaco Pietro Deiana che, per scongiurare nuove e più gravi impennate ha disposto anche tamponi a tappetto su tutta la popolazione.

I primi risultati sono incoraggianti: su 1000 tamponi effettuati, 800 sono risultati negativi, l’esito degli altri 200 è atteso per domani.

‘Lo screening proseguirà fino a domani, in modo da arrivare a testare tutta la popolazione’, commenta uno degli assessori di Orune, dopo il picco registrato negli ultimi giorni, era la cosa più giusta da fare’.

Un borgo che vuol tornare alla normalità quanto prima. In totale sicurezza per la quotidianità degli abitanti tutti e per i turisti che anche in autunno non mancano di visitare le bellezze passate e presenti di cui testimone e custode attento.

Chiara Farigu

giovedì 24 settembre 2020

Nuovo Patto Migranti UE: Rischi e Aspettative


Non è affatto soddisfatta l’Italia che si aspettava ben altro dal Nuovo Patto Europeo su immigrazione e asilo. Presentato in pompa magna ieri dal commissario Ylva Johansson, da Margaritis Schinas e dalla presiedente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, il documento programmatico più che alleviare le sofferenze dei paesi di primo sbarco potrebbe addirittura aumentarle, qualora non venisse superato completamente e definitivamente il famigerato patto di Dublino, come l’Italia chiede da tempo.


A ribadirlo la stessa ministra Lamorgese, come riportato dall'Ansa, che parla si di discontinuità rispetto alle proposte del passato ma non ancora sufficiente ‘a quel netto superamento del sistema di Dublino da noi auspicato per fare fronte con ambizione ed efficacia alle complesse sfide che la politica migratoria europea richiede’.

Un punto di partenza sicuramente interessante da cui riprendere il negoziato ma non certo di arrivo.È in quella sede che l’Italia continuerà a portare avanti le sue richieste, chiedendo il pieno superamento dell’attuale sistema che ruota attorno alla responsabilità dello Stato di primo ingresso che non può essere ulteriormente gravato’, chiosa la ministra.


Va ricordato che il piano presentato ieri non ha ancora forza di legge e che dovrà ottenere il via libera dal Consiglio europeo e dal Parlamento. Un negoziato che si preannuncia alquanto insidioso viste le tristemente note resistenze dei cosiddetti Paesi di Visegrad in materia di accoglienza e ricollocamento migranti.


A parte le dichiarazioni di rito sulla migrazione che ‘è sempre stata e sempre sarà parte delle nostre società’ e che pertanto ‘tutti gli stati dovranno mostrare solidarietà verso i Paesi sotto pressione’, come sottolineato dai vertici europei, le grandi novità sembrano essere essenzialmente due:

1) Controlli approfonditi, biometrici e obbligatori alle frontiere dei paesi d’ingresso (identità, salute e sicurezza) da effettuarsi entro 3/5 giorni al massimo. Entro 12 settimane invece la decisione di rimpatrio o di protezione internazionale.

2) Solidarietà obbligatoria, due le forme: a) accettazione del ricollocamento di migranti dai paesi di frontiera come l’Italia o la Grecia, b) rimpatri sponsorizzati. Una formula che sembra studiata per i Paesi più restii ad ogni forma di accoglimento i quali dovranno aiutare gli altri Paesi Ue ad agevolare i rimpatri.

Inizialmente , questo prevede attualmente il Patto, i migranti resteranno nel Paese di primo arrivo, ma se entro otto mesi i Paesi ‘sponsor’, ovvero quelli dei ‘rimpatri sponsorizzati’ non saranno riusciti a organizzare il loro rientro in patria, dovranno trasferirli sul proprio territorio in attesa della chiusura della procedura di ritorno.


I Paesi restii o sponsor o dei confini chiusi sono già sul piede di guerra. Chiusi a riccio nelle loro posizioni.


Diversi esperti di politiche migratorie avvertono che il nuovo piano presentato ieri, al di là delle buone intenzioni di partenza, potrebbe addirittura aumentare anziché alleviare la pressione di per sé già alta sull’Italia, da sempre primo paese di sbarco.

Vuoi perché ancora una volta tutto si basa sulla fiducia tra stati membri e non sull'obbligatorietà di fatto delle responsabilità sulla gestione migranti. E vuoi perché i soliti noti potrebbero, come già appare evidente dalle dichiarazioni rilasciate e dalle politiche messe in campo, che potrebbero giocare al ribasso, optando per quella forma di solidarietà obbligatoria più conveniente, lasciando di fatto la patata bollente ai Paesi di frontiera, in primis proprio l’Italia.


Perché il piano funzioni, tutti gli Stati devono fare la loro parte, in caso contrario, basteranno pochi Paesi che non rispetteranno il loro impegni per far entrare in crisi l’intero sistema’.


E’ un importante passo verso una politica migratoria davvero europea. Ora però il Consiglio europeo coniughi solidarietà e responsabilità. Serve certezza su rimpatri e redistribuzione: i Paesi di arrivo non possono gestire da soli i flussi a nome dell’Europa’ twitta il premier Conte. Consapevole, ancora una volta quanto la strada da percorrere sia ancora molta lunga e insidiosa


*Immagine Pixabay

lunedì 21 settembre 2020

21 Settembre. Giornata Mondiale dell’Alzheimer, il morbo invisibile che distrugge la memoria

Le avevo preparato il tè, lo prendeva sempre volentieri prima di dedicarsi alle sue preghiere pomeridiane. Mi sedetti vicino a lei. Osservavo i lineamenti del suo viso, ancora delicato, ma coi segni evidenti del tempo. Improvvisamente mi prese la mano e, guardandomi con gli occhi velati da una leggera malinconia, mi chiese: “Ma io ti sono mamma o figlia”? Una stretta al cuore. Era la conferma di ciò che sospettavo. Quel morbo subdolo e maledetto si stava insinuando nel suo cervello. Stava distruggendo inesorabilmente i suoi ricordi. “Sono tua figlia ma se ti fa piacere, posso essere anche la tua mamma”, le risposi sperando di non ferirla. Gli occhi le si inumidirono. Mi sorrise. La sua stretta si allentò e tornò alle sue preghiere. La vidi piccola, indifesa e per la prima volta lontana. Un’inversione di ruoli che annichilisce, a cui non si è preparati. Lei, la quercia della famiglia, costretta a dipendere dai figli, o chi per loro, come una bambina.

Un morbo maledetto quello dell’Alzheimer, la malattia della terza età che prende il nome dal neurologo tedesco che nel 1907 ne descrisse i sintomi e gli aspetti neuropatologici.

Arriva quando meno te l’aspetti. Piccoli segnali che attribuiamo a stanchezza o allo stress e che pertanto sottovalutiamo. Chi non dimentica le chiavi o la lista della spesa preparata poco prima? E quante volte conserviamo degli oggetti nei posti sbagliati? Chi non ricorda il viso di una persona che magari non incontriamo da tempo? Capita a tutti, anche ai più giovani, perché preoccuparsi? I periodi di stanca sono dovuti alla routine frenetica che conduciamo. Ma quando le piccole dimenticanze diventano dei veri e propri vuoti di memoria è il segnale inequivocabile che qualcosa non va. Che il morbo si è già insinuato e si diverte a sparigliare le capacità mnemonico/attentive per arrivare, nelle forme più gravi, fino al punto in cui si dimenticano sempre più cose e persone, persino i familiari più stretti.


L’Alzheimer, chiamato comunemente demenza senile, colpisce circa il 5% delle persone con più di 60 anni, in Italia se ne contano oltre 1 milione. Nel mondo sono circa 50 milioni e ogni 3 secondi una persona ne riceve la diagnosi. Dopo gli 80 anni ne è affetto un anziano su 4. La malattia aggredisce la memoria e le funzioni cognitive provocando nei pazienti una serie di difficoltà a cominciare dall'autonomia. Ai vuoti di memoria sempre più insistenti si associano stati confusionali e conseguenti disorientamenti spazio-temporali. Ci si chiude in se stessi, vittime di insicurezze e paure. Poco alla volta si è dipendenti come bambini. Anche il linguaggio dapprima fluido e vivace si fa lento, confuso e incerto, si perdono le parole, si ripetono le stesse domande. O si sta zitti a lungo perché i pensieri non affiorano, i ricordi si affievoliscono, fino a morire del tutto.

 

Come diagnosticare il morbo di Alzheimer?

Attraverso esami clinici: del sangue, delle urine o del liquido spinale. Ai quali associare una Tac cerebrale per identificare ogni possibile segno di anormalità, e test neurologici per misurare la memoria, la capacità di risolvere problemi, il grado di attenzione, la capacità di contare e di dialogare.
Fondamentale come in altre malattie neuro-degenerative è la diagnosi precoce sia perché offre la possibilità di trattare alcuni sintomi della malattia, sia perché permette al paziente di pianificare il suo futuro, quando ancora è in grado di prendere decisioni.

Quali le terapie, se ci sono?

Purtroppo non esistono farmaci in grado di fermare e far regredire la malattia e tutti i trattamenti disponibili puntano a contenerne i sintomi, quali gli stati d’ansia, l’insonnia o la depressione. Questo perché, ancora oggi, gli scienziati stanno cercando di comprendere appieno la causa o le cause di questa patologia. Di certo c’è che il morbo è caratterizzato da un accumulo di proteine nel cervello, la “beta-amiloide e la “tau” che rilasciano placche e grovigli che si vanno a depositare negli spazi delle cellule nervose.

Nuove e incoraggianti prospettive di cura per l’Alzheimer sono concentrate proprio su un farmaco, Aducanumag, che ha attraversato già tutte le fasi sperimentazione,  atto non solo a ridurre la formazione di queste proteine, ma anche a rallentarne il declino cognitivo dei pazienti. Entro marzo 2021 si saprà se il farmaco otterrà l’approvazione dalla FDA americana per poi arrivare finalmente anche in Italia.

Tra i vari trattamenti non farmacologici, la terapia di orientamento alla realtà, ROT, che si basa su stimoli di tipo verbale, visivo, scritto e musicale, sembra dare qualche aiuto ai malati di Alzheimer. Aiuti, appunto, solo per alleviare alcuni sintomi ma che non risolvono né tanto meno arrestano lo stato degenerativo conclamato della malattia.

Bisogna avere cura del cervello, si sostiene. Mantenendolo in efficienza ma senza sovraccaricarlo, in modo da favorire la sua plasticità, cioè la sua capacità di rigenerazione.

Una malattia per molti versi ancora tutta da scoprire e soprattutto da curare. Ma le speranze, lo abbiamo detto vengono riposte nella prevenzione. Una malattia, divenuta una sfida sanitaria irrinunciabile, visti anche i numeri, già consistenti, e destinati a crescere per il progressivo aumento della vita.

Oggi, 21 settembre 2020, in occasione della ventunesima giornata mondiale tante le iniziative messe in campo.

Diverse le città che hanno attivato screening gratuiti, convegni e presentazione di libri. Informare per mantenere desta l’attenzione.
Anche se, passare dalle speranze alla realtà concreta di cura rimane un obiettivo irrinunciabile per questo morbo invisibile, subdolo e altamente invalidante.   Patologia, sottolineano gli esperti,  che sebbene colpisca soprattutto persone in età avanzata, non esclude anche forme giovanili (40/50 anni). Con percorsi assistenziali, per questi ultimi, ancora tutti da costruire

Chiara Farigu 

La Slovenia ha un nuovo eroe: TADEJ POGACAR, il più giovane vincitore del Tour de France


E’ in festa la Slovenia, e non potrebbe essere altrimenti, per essere salita agli onori della ribalta grazie a Tadej Pogacar, fresco vincitore della Grande Boucle 2020 e primo sloveno nella storia, oltre che seconda maglia gialla più giovane di sempre.


Un Tour anomalo, contrassegnato dalle restrizioni imposte dalle norme anti-covid ma che ha entusiasmato ugualmente il cuore dei tifosi della due ruote.


Un Tour che ha visto fin dagli esordi brillare il giovanissimo Tadej che a soli 22 anni, compiuti oggi, tappa dopo tappa, ha fatto incetta di maglie. Oltre alla gialla infatti si è aggiudicato anche la bianca della classifica giovani e quella a pois degli scalatori. Sul podio, al secondo posto, un altro sloveno, Primoz Roglic, al quale Tadej ha strappato la maglia giallo dopo averlo battuto su una cronometro.

Non male per un Paese di appena due milioni di abitanti, che meritatamente stringe da ieri in un abbraccio virtuale i due campioni del ciclismo.


Un nome, quello di Tadej, che abbiamo cominciato a sentire sin da quando nel ’19 è diventato ciclista professionista per la squadra Uae Team Emirates. Una stagione fortunata il 2019 per l’allora ventunenne sloveno. Durante la quale ha infatti vinto il Tour of California e tre tappe alla Vuelta a España, concludendo terzo e miglior giovane della corsa e vincendo una tappa al Tour de France.

Un nome di cui sentiremo parlare ancora e a lungo. La sua stella ha appena iniziato a brillare.


Grande rammarico per l’Italia, l’abbandono di Fabio Aru, dopo appena otto tappe. Il ciclista villacidrese, sebbene non ancora in forma dopo l’ intervento di angioplastica all'arteria iliaca dello scorso anno, aveva comunque deciso di mettersi alla prova e soprattutto al servizio del capitano della sua squadra, lo sloveno vincitore del Tour. Un ritiro, quello del #cavalieredeiquattromori, come lo chiamano quelli della tivvù, che manda in soffitta ogni speranza su una ipotetica ripresa e spegne ogni illusione nei suoi tifosi che ora si domandano se per Fabio ci sia ancora un futuro come ciclista professionista.

Ma oggi il tripudio è per lui, l’eroe sloveno della due ruote, Tadej Pogacar

Chiara Farigu



*Immagine tratta da Il Giornale d'Italia

domenica 20 settembre 2020

Addio a ROSSANA ROSSANDA, ‘La ragazza del secolo scorso’ che fondò il Manifesto

E’ morta nella sua casa romana Rossana Rossanda. Aveva 96 anni. Nata a Pola il 23 aprile 1924 è stata una giornalista, scrittrice, traduttrice, dirigente del PCI a cavallo degli anni ‘50/60 e cofondatrice de Il Manifesto.

Una passione, la politica, maturata durante gli anni della Resistenza, alla quale partecipò come partigiana. Terminata la guerra si iscrive al Partito Comunista, rivestendo la carica di responsabile della politica culturale. Di temperamento sanguigno e poco incline alla disciplina di partito, al quale non lesinava aspre critiche, nel ’69 con Luigi Pintor, Valentino Parlato e Lucio Magri fonda Il Manifesto, giornale che dirige sino al 2012 e che poi lascia per divergenze con il gruppo redazionale.

Un’altra grande passione, la scrittura. Diversi i libri che portano la sua firma, da La ragazza del secolo scorso al Viaggio Inutile, da Quando si pensava in grande sino all’ultimo del 2018, Questo corpo che mi abita, solo per citarne alcuni tra i più noti. Numerosi poi gli articoli e i saggi pubblicati in giornali e riviste dove trovare testimonianza del suo pensiero di donna, intellettuale e politica e le battaglie a favore dei diritti delle donne.

Arduo per chiunque voglia cimentarsi tratteggiarne un profilo senza incorrere in dimenticanze e grossolane sviste.  La vastità dei ruoli rivestiti, i numerosi  interessi e gli impegni pubblici a cui non si è sottratta sino alla fine ne fanno un personaggio variegato e complesso.

Determinata quanto schiva nella vita privata non amava essere definita un ‘mito’. ‘I miti sono una proiezione altrui, io non c'entro. Mi imbarazza. Non sono onorevolmente inchiodata in una lapide, fuori del mondo e del tempo. Resto alle prese con tutti e due’, replicava a quanti periodicamente la indicavano come tale.

Lei, la ragazza del secolo scorso, continuava a porsi domande. Sulla vita, sul genere umano sui cambiamenti. Per stare al passo coi tempi. Quello passato, vivo nei ricordi e quello attuale. Pieno di contraddizioni e tutto in divenire.

La sua scomparsa, oggi, lascia un grande vuoto nel mondo politico e culturale

Chiara Farigu 

 
*Immagine tratta dal Fatto Quotidiano

sabato 19 settembre 2020

ADDIO A RUTH BADER GINSBURG, LA GIURISTA DI FERRO DELLA SUPREMA CORTE AMERICANA

Era malata da tempo Ruth Bader Ginsburg, la giudice della Suprema Corte Usa deceduta oggi all'età di 87 anni. Un cancro al pancreas che l’aveva portata varie volte in ospedale ma non impedito di continuare la sua attività di giurista e l’impegno a favore dei diritti delle donne. Impegno che ne ha fatto un’icona della sinistra americana.

Era sta nominata alla Suprema Corte da Bill Clinton nel lontano ’93, seconda donna giudice dopo Sandra Day O’Connor, nominata da Ronald Reagan.

Considerata uno dei pilastri dell’ala progressista fra i nove membri, la sua scomparsa, a meno di due mesi dalle elezioni presidenziali apre uno scenario che si preannuncia piuttosto acceso sulla candidatura del nuovo giudice. Trump infatti potrebbe nominare un conservatore come suo successore, spostando in tal modo l’equilibrio della Corte in favore dei conservatori. Eventualità, questa, fonte di preoccupazione per la stessa giurista che prima di morire aveva dettato le sue volontà a una delle sue nipoti: ‘il desiderio maggiore è che non venga sostituita fino a quando non sarà insediato un nuovo presidente’.

‘Era una donna straordinaria, che uno fosse d’accordo  o no con lei, era una donna straordinaria che ha avuto una vita straordinaria. Un titano del diritto’, così ha commentato Trump la notizia della sua scomparsa.

Lascia un grande vuoto la sua morte. Di lei resteranno vive le grandi battaglie a favore dei diritti delle donne. E delle minoranze tutte. I suoi valori e  gli insegnamenti, ispirati sempre al ‘diritto’ da perseguire sempre e comunque.

Chiara Farigu  



*Immagine Ansa

venerdì 18 settembre 2020

LUCA BARBAROSSA, DA CANTAUTORE A SHOWMAN TELEVISIVO

Sarà per quel suo cognome così familiare (lo stesso di mia madre) ma a me Luca Barbarossa come cantautore è sempre piaciuto.

Ne apprezzo il sound, i testi freschi e all'apparenza semplici, mi piace il suo timbro vocale.
Insomma, mi sta simpatico.

Da qualche giorno ho ripreso a sorseggiare il caffè mattutino in sua compagnia. Mi sintonizzo su Rai Radio2 Social Club (il live radiofonico approdato già lo scorso anno in tv) e mi rilasso per qualche minuto.

Però ci sa proprio fare, penso tra la brioche e il cappuccino.  Conduce a braccio, duetta con gli ospiti, sceglie i brani da mandare in onda. Divertente, spigliato, mai banale. E, musicalmente parlando, molto competente.

Simpaticissimi poi i siparietti comici del suo compagno di scorribande musicali Andrea Perrone. Soprattutto quando veste i panni del premier Conte e strascica quelle parole fino a renderle incomprensibili.

Un programma fresco simpatico, molto divertente. Cucito su misura sul conduttore che ne è anche l’autore. E non potrebbe essere altrimenti perché ‘la radio è stato il suo primo amore’, racconta Luca, oggi nelle vesti dello showman televisivo.

Un Barbarossa inedito. Per me una piacevole conferma, per tanti, forse, una scoperta.

Radio2 Social Club è in diretta streaming audio su RaiPlayRadio, sugli account social di Rai Radio2, Facebook, Instagram, Twitter e Telegram (con extra e contenuti speciali) e presto in videostreaming anche su RaiPlay.

In tivù, su Rai2, ogni mattina, dal lunedi al venerdi dalle 8,45 in poi. Tra le voci che si alterneranno ai microfoni nel corso della nuova stagione, Neri Marcorè, Lodo Guenzi de ‘Lo Stato Sociale’ e Martina Catuzzi.

Gli ascoltatori possono interagire direttamente con il programma attraverso Sms e WhatsApp vocali per raccontare storie o semplicemente per giocare con i conduttori e indovinare il titolo della Canzone Spogliata.

Insomma, un programma da non perdere

Chiara Farigu



*Immagine Raiplay

mercoledì 5 agosto 2020

ADDIO A SERGIO ZAVOLI, MAESTRO DELLA COMUNICAZIONE RADIOFONICA E TELEVISIVA

E’ lutto nel mondo del giornalismo per la scomparsa di Sergio Zavoli. Aveva 96 anni. Ravennese di nascita ma cresciuto a Rimini, la sua è una lunga carriera contrassegnata da una molteplicità di incarichi portati avanti con grande professionalità e lungimiranza. Un vero cronista di razza. Un maestro della comunicazione radiofonica e televisiva, così viene ricordato da quanti hanno avuto il privilegio di lavorare al suo fianco.

L’esordio vero e proprio nel 1947 a Radio Rai. Nel ’62 passa alla Rai dove crea e conduce diverse trasmissioni di successo. Porta la sua firma ‘Processo alla tappa’, programma incentrato sul Giro d’Italia.
Inconfondibile la sua voce calda e rassicurante che fa da sottofondo alle immagini sportive e alle inchieste di approfondimento che ama curare nei minimi dettagli. Come ‘Nascita di una dittatura’, inchiesta storica del ’72 divenuta poi un cult.

Molteplici e tutti di prestigio gli incarichi svolti nella sua carriera: condirettore del Telegiornale, direttore del GR1, direttore de ‘Il Mattino’ di Napoli e unico giornalista ad aver vinto per ben due volte il ‘Prix Italia’.

Diviene poi presidente della Rai, carica che riveste dal 1980 al 1986. Giornalista, autore di programmi e scrittore. Nel 1981 pubblica il suo primo libro ‘Socialista di Dio,’ che vince il Premio Bancarella.

Personalità poliedrica, la politica un’altra grande passione. Col partito dei Democratici di Sinistra, viene eletto senatore prima nel 2001, poi nel 2006.

Ma il giornalista che è in lui lo riporta alla conduzione di programma di successo: ‘Viaggio intorno al mondo’; ‘La notte della Repubblica’; ‘Viaggio nel Sud’. Passione che alterna alla scrittura, ‘Romanza’ nel 1987 vince il Premio Basilicata e la prima edizione del Premio dei Premi.

Indimenticabili i suoi reportage, ‘Viaggio nella scuola’, solo uno dei tanti.
Impossibile tenere il passo di tutte le attività svolte. Autore, conduttore, scrittore, dirigente Rai, politico e molto altro ancora. Nel marzo del 2007 l’Università di Tor Vergata gli conferisce la laurea specialistica honoris causa in ‘Editoria comunicazione multimediale e giornalismo“, per lo “straordinario contributo apportato alla causa del giornalismo italiano“.

Nel 2017 fecero scalpore le sue nozze con la giornalista Alessandra Chello di 42 anni più giovane dell’allora 93enne Zavoli. Nozze celebrate nel massimo riserbo, era gelosissimo della sua vita privata, rese pubbliche da alcuni noti siti di gossip.

Oggi la sua scomparsa che lascia un grande vuoto nel mondo del giornalismo. E non solo

Chiara Farigu 
immagine tratta da AdnKronos

lunedì 3 agosto 2020

4 AGOSTO 2014: GIORNO DELLA MEMORIA PER I DOCENTI #QUOTA96SCUOLA

Esattamente sei anni fa. Ero in Sardegna. Preparavo le valigie per il rientro a casa mia, ad Anzio, città dove risiedo e insegnavo. Ero felice perché stava per finire la mia prigionia lavorativa. In Senato si stava votando l’approvazione del decreto Madia relativo alla P.A. e, all’interno dello stesso, vi era l’emendamento “Q.96” atto a risolvere l’ingiusta vicenda approvata alla Camera, all'unanimità, appena cinque giorni prima. 

Poi, subito dopo pranzo, mi giunge un messaggio che mi blocca la digestione. In Senato, per mano e per voce della ministra Madia, il governo, con un emendamento soppressivo, stralcia dal decreto quanto approvato qualche giorno prima alla Camera. 

Una retromarcia inaccettabile. Il governo che sconfessa se stesso. E sempre con la medesima e pretestuosa motivazione della mancanza di copertura finanziaria imposta dal Mef. La verità è un’altra. E noi, quotisti gabbati, la conosciamo molto bene. C’è stato un vero regolamento di conti tra l’allora lettiano Francesco Boccia (che ha approvato e imposto le risorse a copertura) ed il PdC, Renzi, che si è sentito sfidato. 

A farne le spese 4.000 disgraziati più le rispettive famiglie, che per cinque giorni hanno vissuto in paradiso, poi, con un calcio inaspettato ma ben piantato nel didietro, sono stati nuovamente catapultati tra le fiamme dell’inferno. 

C’è da dire, a onor del vero, che il carico da 90 lo ha messo pure Tito Boeri (divenuto poi presidente dell’Inps), con alcuni articoli su La Repubblica, nei quali dipingeva gli insegnanti come dei privilegiati, sottolineando a ogni piè sospinto che la riforma fornero non ‘s’ha da toccare’

 Quel 4 agosto il nostro diritto acquisito si è trasformato, tout court, in ‘aspettativa di un diritto’. Le nostre speranze, di colpo, finite. Volatilizzate.Una pugnalata in mezzo al cuore sarebbe stata meno dolorosa.

Quel giorno ho pianto tutte le mie lacrime. Un pianto irrefrenabile, convulso, a singhiozzi. Il mio cellulare squillava all'impazzata.

Improvvisamente mi cercavano tutti. Giornalisti, tivú da me rincorsi a vuoto per due anni, volevano un commento a caldo su questo assurdo dietrofront del governo. Ricordo di aver risposto, ancora col groppo in gola, ad una giornalista dell’ Huffington Post e al caporedattore della trasmissione Agorà che mi voleva in studio per la diretta del giorno dopo. Ci andò la mia amica Marta, io avevo il traghetto da prendere. Indimenticabile quella traversata. Ho continuato a imprecare, a piangere, a dare pugni sulla parete della cabina fino allo sfinimento.

Mio marito era seriamente preoccupato per me e per la mia salute e malediceva gli autori di tanta sofferenza. Son passati sei anni da allora. Il dolore si è attenuato, certo, ma non dimentico. Non voglio dimenticare. Ricordare questa vergogna del governo Renzi è diventato per me un dovere, un impegno al quale non voglio rinunciare.

Denuncio come e quando posso un governo che non ha onorato gli impegni presi.

Anche perché, l’avremmo dovuto capire da quel giorno, dal 4 agosto scorso, dal “trattamento ” riservato alla classe docente più vecchia e meno remunerata d’Europa, qual era la sua concezione della scuola ed il rispetto che nutriva per gli insegnanti. Avvisaglie chiare e pericolose sin d’allora che poi si sono concretizzate con la sua buona scuola, buona sóla per noi che l’abbiamo e la dovremo subire.

Noi abbiamo combattuto con coraggio e con la forza che ci veniva dalla giustezza della battaglia. Non abbiamo niente da rimproverarci. Abbiamo lottato con onore.
E stavamo vincendo. A ricacciarci indietro quella la pugnalata alle spalle, a tradimento.

Noi abbiamo conservato intatto l’onore, il governo no.

No, non voglio dimenticare. E come me i miei 4000 compagni di lotta.

 4 agosto 2020

Chiara Farigu


http://www.huffingtonpost.it/…/pensioni-quota96-manifestazi…

http://www.meetale.com/…/il_pasticciaccio_br…/14120938353300

C’ERA UNA VOLTA IL PONTE MORANDI. OGGI L’INAUGURAZIONE DEL ‘GENOVA SAN GIORGIO’

Oggi, dopo due anni di lavori no-stop, l’inaugurazione del nuovo ponte ‘Genova San Giorgio’, il viadotto che torna a unire la città da ponente a levante.
 
Due anni fa …
 
C’era una volta il ponte o viadotto Polcevera, meglio noto come ponte Morandi, dal nome dell’ingegnere che lo progettò. Per oltre 60 anni è stato il simbolo di Genova e nodo strategico per il collegamento fra il nord-Italia e il sud della Francia.
 
Quasi due anni fa, esattamente il 14 agosto del 2018, come un fulmine a ciel sereno, il crollo parziale della struttura. Una tragedia immane: 43 morti e quasi 600 sfollati.
 
Una ferita profonda non solo per Genova ma per l’Italia tutta. Le immagini fecero il giro del mondo. Quel camion che si arrestò un secondo prima di precipitare nel vuoto divenne il simbolo della tragedia tra il prima e il dopo.
Sessanta anni di storia e di storie. Sessanta anni di viaggi di piacere e di lavoro. Sessanta anni di unione, di incontri di vita di milioni di italiani. Poi il crollo, il dolore, la morte.

 
La ricerca delle responsabilità, le accuse a chi doveva e non ha fatto i necessari controlli, gli scaricabarile come sempre avviene dinanzi alle tragedie. Le promesse della politica di ricostruire quanto e meglio di prima. Ma soprattutto la determinazione dei genovesi di voltare pagina e guardare al futuro.
 
Poi il nuovo progetto dell’archistar Renzo Piano e i fondi per la ricostruzione. E nello sfondo la magistratura per appurare responsabilità e responsabili.
 
Una lunga storia che fatto e farà parlare ancora molto a lungo.
 
Un anno fa, alle 9,37 la totale demolizione di quel che ne restava. In soli sei secondi l’implosione di sessanta anni di storia, ridotti a ventimila metri cubi di detriti. Centinaia i genovesi appostati fin dal mattino per dare l’ultimo addio a quel simbolo che ora non c’è più.
Da adesso comincia il futuro, titolarono i giornali.
 
Oggi, dopo due anni di lavori no-stop, alle ore 18,30, l’inaugurazione del nuovo ponte ‘Genova San Giorgio’. Alla cerimonia saranno presenti le più alte cariche dello Stato, da Mattarella al premier Conte, dal presidente della regione Toti al sindaco Bucci che è stato anche il commissario delegato alla ricostruzione. Saranno assenti i familiari delle vittime, per loro è previsto un incontro privato col Capo dello stato.
 
La cerimonia inizierà con l’inno nazionale e la lettura dei 43 nomi delle vittime cui seguiranno tre minuti di silenzio. Dopo il taglio del nastro, la benedizione del viadotto da parte del nuovo vescovo monsignor Tacca.
Le frecce tricolori porteranno nel cielo di Genova il vessillo di San Giorgio, la croce rossa in campo bianco simbolo della città. Il tutto, si spera, maltempo permettendo.

Chiara Farigu

Immagine tratta da ligurianotizie.it

La nonna paterna? Una nonna a metà (con poche eccezioni)

  Essere nonne è un dono meraviglioso che la vita riserva a chi ha avuto la gioia di essere prima mamma. E’ come diventare madri una seconda...