Non è affatto soddisfatta l’Italia che si aspettava ben altro dal Nuovo Patto Europeo su immigrazione e asilo. Presentato in pompa magna ieri dal commissario Ylva Johansson, da Margaritis Schinas e dalla presiedente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, il documento programmatico più che alleviare le sofferenze dei paesi di primo sbarco potrebbe addirittura aumentarle, qualora non venisse superato completamente e definitivamente il famigerato patto di Dublino, come l’Italia chiede da tempo.
A ribadirlo la stessa ministra Lamorgese, come riportato dall'Ansa, che parla si di discontinuità rispetto alle proposte del passato ma non ancora sufficiente ‘a quel netto superamento del sistema di Dublino da noi auspicato per fare fronte con ambizione ed efficacia alle complesse sfide che la politica migratoria europea richiede’.
Un punto di partenza sicuramente interessante da cui riprendere il negoziato ma non certo di arrivo. ‘È in quella sede che l’Italia continuerà a portare avanti le sue richieste, chiedendo il pieno superamento dell’attuale sistema che ruota attorno alla responsabilità dello Stato di primo ingresso che non può essere ulteriormente gravato’, chiosa la ministra.
Va ricordato che il piano presentato ieri non ha ancora forza di legge e che dovrà ottenere il via libera dal Consiglio europeo e dal Parlamento. Un negoziato che si preannuncia alquanto insidioso viste le tristemente note resistenze dei cosiddetti Paesi di Visegrad in materia di accoglienza e ricollocamento migranti.
A parte le dichiarazioni di rito sulla migrazione che ‘è sempre stata e sempre sarà parte delle nostre società’ e che pertanto ‘tutti gli stati dovranno mostrare solidarietà verso i Paesi sotto pressione’, come sottolineato dai vertici europei, le grandi novità sembrano essere essenzialmente due:
1) Controlli approfonditi, biometrici e obbligatori alle frontiere dei paesi d’ingresso (identità, salute e sicurezza) da effettuarsi entro 3/5 giorni al massimo. Entro 12 settimane invece la decisione di rimpatrio o di protezione internazionale.
2) Solidarietà obbligatoria, due le forme: a) accettazione del ricollocamento di migranti dai paesi di frontiera come l’Italia o la Grecia, b) rimpatri sponsorizzati. Una formula che sembra studiata per i Paesi più restii ad ogni forma di accoglimento i quali dovranno aiutare gli altri Paesi Ue ad agevolare i rimpatri.
Inizialmente , questo prevede attualmente il Patto, i migranti resteranno nel Paese di primo arrivo, ma se entro otto mesi i Paesi ‘sponsor’, ovvero quelli dei ‘rimpatri sponsorizzati’ non saranno riusciti a organizzare il loro rientro in patria, dovranno trasferirli sul proprio territorio in attesa della chiusura della procedura di ritorno.
I Paesi restii o sponsor o dei confini chiusi sono già sul piede di guerra. Chiusi a riccio nelle loro posizioni.
Diversi esperti di politiche migratorie avvertono che il nuovo piano presentato ieri, al di là delle buone intenzioni di partenza, potrebbe addirittura aumentare anziché alleviare la pressione di per sé già alta sull’Italia, da sempre primo paese di sbarco.
Vuoi perché ancora una volta tutto si basa sulla fiducia tra stati membri e non sull'obbligatorietà di fatto delle responsabilità sulla gestione migranti. E vuoi perché i soliti noti potrebbero, come già appare evidente dalle dichiarazioni rilasciate e dalle politiche messe in campo, che potrebbero giocare al ribasso, optando per quella forma di solidarietà obbligatoria più conveniente, lasciando di fatto la patata bollente ai Paesi di frontiera, in primis proprio l’Italia.
‘Perché il piano funzioni, tutti gli Stati devono fare la loro parte, in caso contrario, basteranno pochi Paesi che non rispetteranno il loro impegni per far entrare in crisi l’intero sistema’.
‘E’ un importante passo verso una politica migratoria davvero europea. Ora però il Consiglio europeo coniughi solidarietà e responsabilità. Serve certezza su rimpatri e redistribuzione: i Paesi di arrivo non possono gestire da soli i flussi a nome dell’Europa’ twitta il premier Conte. Consapevole, ancora una volta quanto la strada da percorrere sia ancora molta lunga e insidiosa
*Immagine Pixabay
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