Scendono nuovamente in piazza i ciclofattorini, meglio noti come rider. Le motivazioni, sempre le stesse: essere assunti come lavoratori subordinati, superare il cottimo ottenendo una paga oraria garantita e vedere riconosciuti i propri diritti e tutele come ferie, maternità, malattia e l’accesso agli ammortizzatori sociali.
Per poi arrivare, finalmente, ad ottenere un contratto collettivo nazionale.
E come i loro colleghi Amazon, che hanno incrociato le braccia qualche giorno fa, chiedono agli abituali acquirenti di pasti online di non fare ordinazioni sulle piattaforme digitali. In segno di solidarietà per una battaglia civile: ‘uniti possiamo fare la storia contro un regime di sfruttamento ottocentesco’, recita uno dei tanti loro appelli in questa giornata di sciopero.
Un’ anomalia da correggere quanto prima, sostengono i sindacati del settore, questa che caratterizza i rider: pur essendo ritenuti ‘essenziali’ per le mansioni svolte, soprattutto in questo periodo di pandemia (al classico cibo ordinato via click, è la spesa quotidiana e sempre più spesso quella di farmaci e dispositivi medici l’oggetto delle loro consegne), sono allo stesso tempo ‘invisibili’ dal punto di vista giuridico.
Lavoratori autonomi senza diritti. Che oggi dicono ‘Basta allo sfruttamento’ in 30 città italiane. Insieme ai rider, in piazza anche i lavoratori dello spettacolo e della logistica, per portare avanti le loro rivendicazioni e convergenze in una battaglia comune.
Chiara Farigu
*Immagine web
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