il blog di chiarafarigu

venerdì 10 dicembre 2021

10 dicembre: giornata universale dei diritti umani. Quanti bla bla bla, ancora

Oggi è una di quelle giornate in cui sembriamo essere tutti più buoni, più altruisti, più solidali.

Una delle innumerevoli giornate dedicate a qualcosa o qualcuno, questa del 10 dicembre che ha per tema ‘i diritti umani’. 

Quelli inalienabili, come la libertà, il diritto alla vita, all’istruzione, all’uguaglianza davanti alla legge, alla libertà di movimento e di pensiero, di religione, sicurezza, lavoro.

Diritti che devono essere riconosciuti ad ogni persona per il solo fatto di appartenere al genere umano, indipendentemente dalle origini, appartenenze o luoghi ove la persona stessa si trova. Cosi recita la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 atta a rimuovere appunto qualunque tipo di discriminazione in nome dell’uguaglianza e della fratellanza fra i popoli.

Nobili intenti. Nulla da eccepire. Che tali però sono rimasti nella maggior parte dei casi. Ecco perché anche questa odierna rischia di essere un’altra giornata in cui a trionfare è la retorica. Quando non è l’ipocrisia.

Basta leggere qualunque rapporto Eurostat, Ocse, Censis per comprendere quanto la strada sia lunga e accidentata nella rimozione di certe diseguaglianze dure a morire. Molte delle quali aumentate a dismisura in questi due anni di emergenza sanitaria.

La più cocente (e fallimentare) è contenuta nell’ultimo Rapporto Unicef: ‘Il Covid ha colpito i bambini in una misura senza precedenti, diventando la peggiore crisi per i più piccoli che l’Unicef abbia visto nei suoi 75 anni di storia’, recita il rapporto dell’associazione dedicato proprio ai danni provocati dalla pandemia. ‘Serviranno almeno sette-otto anni per recuperare e tornare ai livelli di povertà dei bambini pre-pandemia’, si legge ancora.

Dati agghiaccianti. Proprio perché toccano la parte più debole e fragile di quel genere umano che dovrebbe essere maggiormente salvaguardato tutelato e protetto.

Volendo restare a casa nostra, la situazione non cambia: nell’anno della pandemia i poveri sono aumentati del 44%, sono quasi due milioni quelli sostenuti dalla Caritas, di questi oltre la metà sono minori. Ancora una volta sono loro, i bambini, a pagare il prezzo più alto.

Quando a mancare è ancora uno dei diritti primari, il cibo, di cosa stiamo parlando?

Chiara Farigu

giovedì 9 dicembre 2021

Lutto nel mondo del cinema: addio a Lina Wertmüller

 Se n’è andata all’età di 93 anni Lina Wertmüller.

Regista iconica della commedia all’italiana e icona di stile. Capelli bianchi cortissimi a fare da cornice ad un viso sbarazzino, rimasto tale anche col passare degli anni, occhi curiosi che amava proteggere da sguardi indiscreti coi suoi inconfondibili occhiali dalla montatura rigorosamente bianca.

Un modo tutto suo per scrutare le mille sfaccettature di un mondo in continua evoluzione, coi pregi e i difetti dei suoi simili per farne poi dei racconti, divenuti nel tempo veri e propri cult del cinema italiano.

Un vezzo divertente quello degli occhiali.

Una montatura ed un colore che ‘fanno parte del mio armamentario – amava ripetere durante le interviste – sono solari, balneari, regalano subito un clima festa’.

Per il resto era una persona sobria, raccontano quanti hanno avuto il privilegio di lavorare con lei. Sobria nei modi, sobria nell’abbigliamento, sobria nei rapporti interpersonali.

Esattamente il contrario dei titoli dei suoi film: pomposi, smisuratamente lunghi, esagerati. Ma estremamente belli, significativi, originalissimi. Una miscellanea di grottesco e di miserie umane, di sentimenti esasperati, di valori inespressi, di ironia divertente e pungente allo stesso tempo.

Regista, scrittrice e sceneggiatrice, è stata la prima donna ad essere candidata all’ Oscar come miglior regista per il film Pasqualino Settebellezze nel 1973.

Nel 2020 le è stato assegnato l’Oscar onorario alla carriera. Tanti i premi e i riconoscimenti ricevuti, il Globo d’oro alla carriera nel 2009, il David di Donatello alla carriera nel 2010, il cavalierato di gran croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

Questi alcuni titoli dei suoi film più famosi: Mimì metallurgico ferito nell’orecchio;

Film d’amore e d’anarchia-Ovvero stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota di tolleranza…;

Tutto a posto e niente in ordine;

Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto;

Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici;

Notte d’estate con profilo greco, occhi a mandorla e odore di basilico.

Una vita ricca di incontri e di amicizie la sua. Come quella con Fellini ai suoi esordi e poi con Giancarlo Giannini e Mariangela Melato coi quali ha instaurato un sodalizio artistico perfetto.

La radio e la televisione, due altre grandi passioni. Indimenticabile la regia a Il giornalino di Gian Burrasca con Rita Pavone nei panni del protagonista maschile.

‘Lavoro e scrivo sempre, ogni giorno, perché la chiave di tutto è sempre lì, nelle storie’, aveva raccontato in una delle sue interviste. E le sue, bellissime, ci faranno compagnia ancora a lungo.

Chiara Farigu 

*Immagine web

mercoledì 8 dicembre 2021

Un anno fa il V-Day: somministrato il primo vaccino anti-covid nel Regno Unito

 E’ passato un anno da quell’evento immortalato in una foto che nel suo piccolo ha fatto la storia in quello che venne ribattezzato ‘il V-Day’.

La foto, la più cliccata e condivisa del 2020, ritrae  Margaret Keenan, la novantenne inglese, prima cittadina al mondo a ricevere il vaccino contro il coronarivus.

L’arzilla signora, con maglietta natalizia e mascherina d’ordinanza, dopo la somministrata della prima dose Pfizer, si disse emozionata e privilegiata per aver fatto da apripista in quella che si preannunciava come la più importante e massiccia campagna vaccinale di tutti i tempi.

Il miglior regalo di compleanno, lo definì Margaret che dopo qualche giorno si apprestava a compiere 91 anni, ‘potrò finalmente trascorrere del tempo con familiari ed amici nel prossimo anno dopo aver passato gran parte del  2020 in solitudine’, raccontò raggiante dopo la prima puntura. ‘E se posso vaccinarmi io a 90 anni, potete farlo anche voi’ aggiunse la Keenan, invitando gli inglesi a seguire il suo esempio per sconfiggere  definitivamente il virus e tornare alla vita il prima possibile.

 

Tutto il mondo quel giorno guardò con trepidazione e forse con una punta di invidia il  Regno Unito che riusciva ad aggiudicarsi il primato mondiale per la somministrazione del vaccino, al quale si affidavano speranze e aspettative per il ritorno alla normalità.

Quello stesso giorno in Italia si contavano 14.842 nuovi casi e ben 634 decessi.

Nel resto d’ Europa la situazione non era molto diversa, tra numero di morti, ospedali al collasso e lockdown più o meno estesi a quasi tutti gli stati membri.

Sembra un secolo fa.

Tanta acqua è passata sotto i ponti da allora. Tante le aspettative riposte,  molte le contraddizioni degli stessi studiosi, innumerevoli  gli  errori commessi. Di comunicazioni ma anche dei provvedimenti presi.

Molte le novità e i cambiamenti. Un nuovo governo, un nuovo commissario straordinario per l’emergenza sanitaria in divisa, milioni di vaccini somministrati in una prima seconda e terza dose. Con un occhio sempre attento alla curva dei contagi.

Ma il virus è ancora qua. Pare non abbia intenzione di lasciarci tanto presto. Così sostengono gli studi dei virologi più accreditati. Intanto cresce il malcontento, basta restrizioni, urlano nelle piazze ‘vogliamo la nostra libertà’.

Stando all’ultimo report del Censis, oltre tre milioni di italiani non crede all’esistenza del virus. Uno zoccolo duro che difficilmente si farà vaccinare. Una spina nel fianco per il governo che ha introdotto nel certificato verde ulteriori limitazioni alla vita sociale sperando in un loro ravvedimento. Un modo ‘surrettizio’ per obbligare i recalcitranti a vaccinarsi, visto che introdurre l’obbligo non fa parte dell’agenda politica, sia nazionale che europea, almeno per il momento.

Un anno di cambiamenti. Di  ritorno quasi alla normalità. Mentre in pentola bolle molto altro ancora.

Chiara Farigu 

 

Scarcerato Patrick Zaki. L’abbraccio con la madre e la sorella. A febbraio nuova udienza del processo

 AGGIORNAMENTO 8/12/2021

Patrick è finalmente libero! Commovente l’abbraccio con la madre e la sorella appena uscito dal commissariato. ‘Un abbraccio che vale più di tante parole. Bentornato, Patrick’, ha twittato Luigi Di Maio.

‘Ora che abbiamo visto questo abbraccio aspettiamo che questa libertà non sia provvisoria ma permanente’ questo l’auspicio di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Internazionale Italia alla notizia del rilascio di Zaki.

*************************

7/12/2021

Dopo quasi due anni di rinvii, di proroghe di 45 giorni per volta, il tribunale di Mansura ha ordinato la scarcerazione per Patrick Zaki.

Lo studente egiziano sarà dunque libero, in attesa della prossima  udienza del processo a suo carico, fissata a febbraio.

La notizia era nell’aria ma si è temuto, visti i precedenti, per qualche intoppo dell’ultimo minuto.

‘Un primo obiettivo è stato raggiunto, Patrick non è più in carcere-ha commentato il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio-adesso però continuiamo a lavorare silenziosamente, con costanza e impegno’.

Impegnato nella difesa dei diritti delle minoranze oppresse del suo Paese, Patrick, dal 2019 vive a Bologna dove frequenta l’Erasmus.

Il 7 febbraio del 2020, mentre andava a trovare la sua famiglia a Mansura, venne arrestato.

Sotto accusa ci sono alcuni post che lo studente ha pubblicato su Facebook e che secondo il regime egiziano avrebbero avuto lo scopo di disturbare la pace sociale. Zaki, secondo il Governo del Cairo, avrebbe pubblicato notizie false sui social con l’obiettivo di incoraggiare le proteste contro il Governo stesso.

Accuse per quali rischia sino a 25 anni di carcere.

Ma oggi è un giorno di gioia ‘speriamo di poterlo riabbracciare quanto prima’, dichiara il sindaco di Bologna alla notizia della scarcerazione.

Per Patrick si apre oggi un nuovo capitolo. Sebbene la strada verso l’assoluzione  completa appaia  ancora lunga e impervia, un primo importante punto oggi è stato messo a segno.

Chiara Farigu

lunedì 6 dicembre 2021

Il presepe per dare un senso al natale che un senso non ce l’ha (più)

 Ho sempre fatto il presepe. Sia a casa che a scuola coi bambini.

Negli ultimi 20 anni ho avuto alunni di diverse nazionalità, rumeni, croati, russi, albanesi, colombiani e naturalmente africani di religione musulmana. Mai, nessun genitore si è permesso di protestare o di lamentarsi per uno dei simboli della nostra tradizione, forse il più importante, come il presepe. E alle drammatizzazioni natalizie, benché fossero esonerati dell’insegnamento RCI hanno sempre voluto partecipare. Perché volevano essere come gli altri, fare quello che facevano gli altri. Stare insieme agli altri.

Mi è sempre piaciuto farlo, a volte grande altre piccolo come quest’anno. Dà un senso a questa festività che ha perso il valore intrinseco della sua essenza.
Soprattutto di questi tempi, dove la parola chiave è ‘pandemia’. E con essa tutto l’armamentario che ne consegue, dai vaccini ai greenpass di base e rafforzati, dalle zone colorate alle mascherine anche all’aperto e ai distanziamenti sempre raccomandati.

Parole e atti divenuti nel tempo sempre più divisivi.

Tra chi li accetta seguendo i dettami della scienza per tornare a quella ‘normalità’ tanto agognata e chi li osteggia e rifiuta in quanto percepiti come strumenti atti a limitare in parte o in toto la libertà personale di scelta e di azione.

Il presepe, dunque, per recuperare, almeno in parte, quello spirito natalizio di altri tempi. Di pace. Con se stessi e con gli altri. Di solidarietà verso chi non ha e non può. Di amore universale. Di raccoglimento. Con i propri sogni, le aspettative i progetti da realizzare. Di condivisione e partecipazione. Di pausa. Dalle corse frenetiche fuori e dentro casa. Di relax mentale e spirituale. Di calore, di famiglia, di amicizia.

È questo il Natale, in fondo. Staccare la spina dagli affanni quotidiani per tornare ad essere un po’ più umani.

Per ricordarci chi siamo e dove andiamo.

Per rimediare a qualche errore, dire ti voglio bene a chi sopporta la nostra superficialità e tracotanza.

Certo, son tutte cose che si possono fare sempre ma chissà perché non si ha mai il tempo o la voglia. Che male c’è se ne approfittiamo a Natale con la complicità di quell’atmosfera magicamente creata per sospendere ogni belligeranza con noi stessi e con gli altri?

Quel presepe vuole ricordarci questo e tanto altro.
Indipendentemente dalla fede religiosa che ognuno vive come meglio crede.

Basterebbe lasciarsi andare, ascoltare il proprio cuore anche solo per un giorno.

Basterebbe essere meno cinici e credere che in fondo siamo migliori di quel che pensiamo o vogliamo apparire.

Basterebbe … basterebbe parlare di meno e ascoltare di più.

Chiara Farigu

*Scatto personale

venerdì 3 dicembre 2021

Rapporto Censis: italiani sempre più ansiosi, insicuri, diffidenti, irrazionali. Per 3milioni il covid non esiste

 Estremamente preoccupante quanto realistica l’istantanea scattata dal Censis nel 55° ‘Rapporto sulla situazione sociale del Paese/2021’.

Quei dati, quelle percentuali scritte nero su bianco ci danno la conferma di quanto percepiamo quotidianamente.

Di quello che siamo e stiamo diventando, dopo due anni buoni di pandemia: sempre più ansiosi, insicuri, diffidenti, irrazionali.

Un Paese prigioniero delle sue fragilità, delle sue paure.

 Un Paese dal respiro corto, incapace di fare progetti a lungo termine perché preoccupato di una quotidianità dove l’emergenza sanitaria continua a farla da padrone.

Un Paese deluso dalle istituzioni e sempre più distante dalla politica. Non si reca più alle urne quasi il 30% degli aventi diritto. Una percentuale elevatissima, mai così prima d’ora.

Un Paese dominato dall’irrazionalità, la pandemia, recita il report, ha accentuato il senso di vulnerabilità.

A sentirsi insicuro dal punto di vista di vista sanitario, inteso come assistenza e prestazioni mediche oltre il 40,3% degli italiani, mentre il 33,9% non si sente sicuro rispetto a un’eventuale condizione di non autosufficienza.

Lo spettro della perdita del lavoro è sempre dietro l’angolo, mentre la mancanza di un impiego spinge sempre più i giovani a valicare i confini in cerca di nuove prospettive. Soprattutto al Sud dove la crisi economica morde più forte che altrove. Tanti i piccoli borghi a rischio spopolamento nelle regioni più provate come Sardegna, Basilicata, Calabria.

Stressati, delusi estremamente ansiosi. E anche incattiviti. E diffidenti.

Quasi 3 milioni di persone non credono all’esistenza del Covid, per il 10,9% il vaccino è inutile e inefficace.  Per il 31,4% è un farmaco sperimentale e le persone che si vaccinano fanno da cavie. Per il 12,7% la scienza produce più danni che benefici, per il 19,9% il 5G è uno strumento sofisticato per controllare le persone.

Un capitolo a parte meriterebbero le varie teorie complottiste che proliferano sul web oltre a quelle negazioniste storico-scientifiche: il 5,8% è convinto che la Terra sia piatta e il 10% che l’uomo non sia mai sbarcato sulla Luna.

La teoria dei complotti spesso si intreccia con quella cospirazionista che, secondo il Rapporto, avrebbe contagiato una ben nutrita percentuale di italiani, il 39,9%, incentrata sulla cosiddetta ‘sostituzione etnica’: saranno gli immigrati nel tempo, per volontà di potentati più o meno misteriosi, a sostituire identità e cultura nazionali.

Dati che fanno riflettere. Che sconcertano. Preoccupano.

In quanto conseguenza logica di aspettative soggettive insoddisfatte. Di sogni traditi. Di progetti di vita rimandati sine die. Di speranze, illusioni, auspici andati in fumo. Affossati da una crisi sanitaria ed economica che perdura da troppo tempo sulla cui fine a breve termine  in pochi scommettono.

Dati che ci rimandano un’immagine inquietante del Paese nel quale viviamo.  Inquietante (e pericolosa) forse più della stessa pandemia.

Chiara Farigu

*Immagine web

giovedì 2 dicembre 2021

Covid19. Da Cuba una grande lezione di solidarietà e umanità

 ‘A Cuba si sta scrivendo la storia’. È  quanto sostiene Nicola Fratoianni in un post pubblicato sul suo profilo Fb, dedicato alla pandemia e in particolare ai vaccini Sars-Covid19.

‘Grazie a decenni di investimenti in sanità e ricerca -scrive-  hanno sviluppato 5 vaccini contro il covid: efficaci, sicuri e completamente finanziati con fondi pubblici. E nonostante l’embargo economico.

Le vaccinazioni sono iniziate in estate e oggi circa il 90% della popolazione ha ricevuto la prima dose. I contagi sono in forte calo e i morti tendono a zero.

E sta anche iniziando la produzione e distribuzione in altri paesi che ne hanno chiesto l’utilizzo.

Una grande lezione di solidarietà e umanità. La dimostrazione che è possibile mettere il bene pubblico e la salute collettiva di fronte al profitto dei privati.

Noi invece siamo ancora qui a discutere di terze dosi, mentre di sospendere i brevetti non se ne parla nemmeno’, conclude il leader di Sinistra Italiana. Domandandosi,  speranzoso: E se provassimo ad imparare qualcosa da questo meraviglioso esempio?

Un auspicio più che una domanda. Perché sappiamo bene che da questo ‘meraviglioso esempio’ non impareremo niente così come dalla pandemia non ne stiamo uscendo migliori.

Che il cuore di Cuba fosse grande lo abbiamo toccato con mano  quando nel pieno della crisi sanitaria, decine di medici cubani, esperti in malattie infettive,  vennero in soccorso dei colleghi italiani allora alle prese con i reparti  di terapie intensive al collasso e  sfiancati dalle complicanze di un virus di cui si sapeva poco e niente. Ma  che mieteva vittime a più non posso.

Furono i primi ad arrivare e a portare solidarietà nelle zone più colpite dal virus. Crema, Bergamo e altre città del Nord Italia.

La parte più bersagliata a inizio pandemia.

Un gesto non solo umanitario ma anche  professionale che fin da allora ci fece capire che dalla pandemia, così come dalla crisi economica che ne è conseguita,  si esce solo se stiamo tutti insieme. In caso contrario non ne usciremo mai, ammonisce spesso Papa Giovanni. L’unico, tra i potenti della terra, a rivendicare l’esigenza di un’economia dal volto umano e a chiedere ai colossi della finanza di condonare i debiti contratti dagli Stati contro l’interesse dei loro popoli, così come l’unico, o quasi a chiedere seppur ‘in nome di Dio’ di liberalizzare i brevetti. Così che possano essere a disposizione di tutti i popoli, in special modo di quelli più poveri.

La liberalizzazione dei brevetti a Cuba  va in questa direzione.  Che ancora un volta fa da apripista. 

La variante Omicron sudafricana (e le prossime che prepotentemente cercheranno di ‘bucare’ le terze, quarte, quinte e chissà quante altre dosi iniettate nel cosiddetto mondo opulento) ne sono la prova provata.

Domandarsi cosa aspettiamo ancora non necessita risposte. Ma atti concreti. In caso contrario, non ne usciremo mai.

Chiara Farigu

*Immagine web

mercoledì 10 novembre 2021

L’unica parte del Paese che continua a crescere? Gli italiani nel mondo: il 3% in più nell’ultimo anno

 Che l’Italia non sia un paese per giovani lo si scrive e lo si denuncia da tempo. Basta guardarsi attorno. Non servono dati e statistiche per confermare quanto è evidente nelle nostre case, nelle nostre città da nord a sud, isole comprese: si espatria sempre più.

Non c’è Regione che possa dirsi fuori da questa inarrestabile emorragia che sta decimando la nostra gioventù. E non solo.

L’impennata si è avuta soprattutto al Sud, ma neppure il Centronord è stato risparmiato da quel che viene definito ‘inverno demografico’.

Oltre due milioni di residenti hanno lasciato l’Italia in poco meno di 20 anni, per trasferirsi altrove. La metà sono giovani fino ai 34 anni, quasi un quinto i laureati.

Neanche la pandemia è riuscita a fermare il flusso oltreconfine: sono infatti più di 109mila i connazionali che hanno privilegiato altre nuove destinazioni europee. ‘Una presenza di valore inestimabile’ ha sottolineato il presidente Mattarella alla sedicesima edizione del ‘Rapporto italiani nel mondo della Fondazione Migrantes’, presentato ieri a Roma.

Un flusso ininterrotto di cervelli ma anche di manodopera sia maschile che femminile, molte le coppie con figli al seguito,  che si va ad aggiungere al triste primato delle ‘culle vuote’ che anno dopo anno registra numeri in continua crescita.

Una perdita inestimabile per il nostro Paese.

Secondo gli ultimi dati Istat per ogni 100 residenti che muoiono ne nascono solo 67. Dieci anni fa erano 96: il ricambio naturale più basso in oltre un secolo.

Dati questi che sommati all’inarrestabile flusso migratorio mettono a repentaglio il futuro del nostro Paese.

Molti, troppi i borghi sparsi nella penisola, ma più numerosi al Sud, a rischio spopolamento.

L’unica Italia che cresce, stando al report della Fondazione Migrantes, sembra essere quella che mette radici oltre confine, senza fare più ritorno in terra natia.

Le motivazioni sempre le stesse.

Mancanza di lavoro in primis. Ma non solo. Carenza di servizi, collegamenti insufficienti e a prezzi esorbitanti tra Nord e Sud e soprattutto tra isole e resto d’Italia,  degrado socio-culturale, abbandono scolastico, criminalità, fanno dire sempre più spesso ai nostri giovani ‘Italia mia ti lascio, io vado via’.

Via, in cerca di nuove opportunità. Per vivere un presente ma soprattutto un futuro più sostenibile. Quello che a casa loro non trovano.

Per miopia politica o incompetenza. O tutte e due.

Chiara Farigu

*Immagine Pixabay

domenica 7 novembre 2021

Valeria Fabrizi, stella delle stelle di ‘Ballando’: elegante, raffinata, infinitamente brava

 È la prima a stupirsi per questa ritrovata notorietà e per l’affetto che il pubblico le sta tributando. Notorietà e affetto che, diciamolo subito, si merita tutto. Perché lei, Valeria Fabrizi, 85 anni portati divinamente, sa ancora regalare emozioni e far breccia nel cuore di chi guarda.

Chi segue il programma ‘Ballando con le stelle’ aspetta con trepidazione che Carolyn Smith annunci il suo nome e quello di Giordano Filippo, il suo maestro e coreografo, per godersi alcuni minuti di vero spettacolo. Elegante, raffinata, infinitamente brava. Una gran bella persona.

Le sue performance raccontano ogni volta momenti della sua vita, fatti di grandi gioie ma anche di sofferenza, di solitudine e di assenze ‘da consumare giorno dopo giorno’, sottolinea con gli occhi lucidi.

L’assenza più grande, suo marito Tata Giacobetti, che le manca come l’aria. Un vuoto incolmabile per quell’uomo che riuscì a conquistarla con la sua innata eleganza da gentiluomo. ‘E pensare che all’inizio mi era pure antipatico’, ha ricordato.

Poi successe un fatto che le fece capire che era quello giusto.

Facevano entrambi teatro. Una sera lui le dette un passaggio per raggiungere la località nella quale dovevano esibirsi. Si fece molto tardi,  decisero pertanto di pernottare. Nell’hotel però c’era una sola camera disponibile e per giunta un letto matrimoniale. ‘Tranquilla, io dormo sul divano’, la rassicurò Tata. Il giorno dopo lei chiese come avesse dormito quasi scusandosi per aver avuto la meglio su quel letto. ‘Non ho chiuso occhio, ti ho guardata dormire, eri bellissima’.

Da allora non si sono più lasciati, sino al 1988, quando Tata morì in seguito ad un infarto.

Un ricordo struggente che l’accompagna in tutto quel fa. Comprese le sue esibizioni nel palco più luccicante della tv fatte di passi di danza ma soprattutto di forti emozioni.

Il pubblico la ripaga con altrettanto calore, catapultandola al primo posto tra i concorrenti, a dispetto di qualche passo incerto e qualche titubanza che solo un occhio esperto più cogliere.

Una carriera artistica di tutto rispetto la sua anche se, sottolinea con orgoglio, il ruolo più bello e più intenso che abbia avuto l’onore di interpretare è quello di mamma.

Chiara Farigu 

*Immagine Ansa

sabato 30 ottobre 2021

Torna l’ora solare: avremo un’ora in più di sonno e un'ora in meno di luce

 Il passaggio dall’ora legale a quella solare avverrà stanotte 30 ottobre quando le lancette del nostro orologio torneranno indietro regalandoci un’ora in più di sonno. Il nuovo orario resterà in vigore sino all’ultima settimana di marzo 2022: l’ora legale tornerà nella notte tra sabato 26 e domenica 27 marzo 2022.

Ancora tu, ma non dovevamo vederci più? si domandano molti alla vigilia dell’ennesimo cambiamento. Che fine ha fatto la proposta dell’Unione Europea di mantenere l’ora legale 365 giorni l’anno per tutti gli Stati membri a partire dal 2021?

Il dibattito che ne scaturì non trovò tutti d’accordo. Anzi. Si verificò una vera e propria spaccatura tra i Paesi cosiddetti mediterranei, favorevoli al mantenimento dell’ora legale, e i Paesi del Nord, per nulla entusiasti della proposta europea vista la differente alternanza luce-buio che li caratterizza.

L’arrivo della pandemia ha fatto il resto, mettendo in soffitta la tematica di non facile soluzione. Optare per la libertà di scelta nei Paesi membri significherebbe avere due orari ufficiali applicati a macchia di leopardo con tutto il caos che ne verrebbe fuori.

In attesa di ulteriori e definitive modifiche dell’Unione europea, da domani si torna alla ‘normalità’. Si dorme un’ora in più ma al contempo si perde un’ora in più di luce.

Secondo i dati degli esperti del settore, nei sette mesi di ora legale abbiamo risparmiato 450 milioni di kWh in termini di minori consumi, con un risparmio economico di circa 105 milioni di euro.

Un gioco che vale la candela, sostengono.

Non solo. Risparmiare energia significa anche “risparmiare” l’ambiente dal momento che  l’ora legale evita di immettere nell’atmosfera italiana, nel tempo della sua durata, almeno 300mila tonnellate di anidride carbonica.

Ideata da Benjamin Franklin nel 1784,  inizialmente l’idea di approfittare della luce solare per allungare la giornata non piacque. E non se riparlò sino al 1907. Quando il britannico Willet propose e attuò I “British  Summur Time” a partire dal 1916.

Poi seguirono a ruota altri paesi europei, già entrati nell’ottica del risparmio energetico.

 In Italia fu introdotta nel 1916.  Per essere nuovamente abbandonata, dopo qualche breve esperienza,  per oltre un cinquantennio.  Occorrerà infatti aspettare il 1966, anno in cui entrerà in vigore definitamente.

Inizialmente, per quasi due decenni per il periodo   maggio-settembre, poi dal 1996 con la modalità odierna. In linea col calendario comune adottato in tutta Europa.

Rimane però l’incognita: sarà davvero l’ultima volta?

Chiara Farigu

La nonna paterna? Una nonna a metà (con poche eccezioni)

  Essere nonne è un dono meraviglioso che la vita riserva a chi ha avuto la gioia di essere prima mamma. E’ come diventare madri una seconda...