il blog di chiarafarigu

giovedì 4 febbraio 2021

Giuseppe Conte esce di scena. Da Signore

 Un commiato sobrio quello dell’ormai ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Un discorso breve e conciso, rotto solo da una punta di commozione nella voce durante l’ultima conferenza davanti  a Palazzo Chigi.

Dapprima un sentito ringraziamento al Capo dello Stato quale  prezioso interlocutore  durante i suoi due mandati ‘sia per quanto riguarda i rapporti istituzionali che per quanto riguarda i rapporti personali’ e poi i ringraziamenti alla coalizione di maggioranza che lo ha sostenuto lealmente e proficuamente.

Ha poi accennato al colloquio avuto col Presidente incaricato Draghi sottolineando come, contrariamente a come viene descritto  da chi evidentemente ‘non lo conosce o parla in mala fede’ non sia e non voglia essere in alcun modo di intralcio alla formazione di una nuova esperienza di governo ‘i sabotatori cerchiamoli altrove’, ha chiosato.

In quanto al nuovo governo auspica che sia politico e non meramente tecnico perché le urgenze del Paese richiedono scelte politiche possibilmente ampiamente condivise.

Infine un pensiero ‘agli amici del Movimento’, con quella che è sembrata a tutti una promessa: io ci sono e ci sarò, includendo in questo suo esserci anche gli amici del PD e LeU, per realizzare quel progetto politico di modernizzazione lungamente accarezzato ma allo stato attuale ancora in fase embrionale.

Non un addio ma un arrivederci per Giuseppe Conte, che oggi, comunque la si pensi,  esce di scena da Signore. Lasciando ai professionisti della politica (e ai detrattori che in queste ore spuntano come funghi) armi e bagagli tipici  del teatrino  che da sempre li caratterizza.

Per quanto riguarda il suo  operato, nel primo e nel secondo mandato,  ci penserà il tempo e la storia a valutare gli inevitabili errori commessi e i punti a favori. Lui ‘premier per caso’, avvocato e professore universitario prestato alla politica, non si è risparmiato, lavorando sempre e solo, come ha ribadito ai giornalisti presenti,  per il bene del Paese 

Chiara Farigu

 

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  • martedì 2 febbraio 2021

    La Sardegna resta arancione: il Tar respinge il ricorso della Regione

     Dante D’Alessio, giudice monocratico del Tar Sardegna ha respinto il ricorso della Regione contro l’ordinanza del Ministero della Salute del 22 gennaio scorso che inseriva l’isola tra le aree arancioni.

    Il presidente Solinas  fin da subito aveva auspicato una immediata rettifica da parte del ministro Speranza  forte del fatto che proprio in quei giorni (immediatamente successivi  al periodo di rilevazione) si stava inaugurando un nuovo reparto di terapia intensiva con 30 posti letto a Sassari per far fronte alle nuove necessità. Un cambio di colore ingiusto e immotivato, un vero paradosso, lo definì, minacciando di tutelare ‘in altre sedi’ le ragioni dell’Isola.

    Per il tribunale amministrativo però non vi è stata nessuna valutazione discrezionale ed immotivata alla base dell’assegnazione del colore, quanto l’applicazione dei numerosi criteri scelti per monitorare l’andamento dell’epidemia.  Questi riguardano diversi ambiti e vanno  dalla capacità di raccolta dati delle singole regioni di testare i casi sospetti alla possibilità di garantire adeguate risorse per contact tracing, isolamento e quarantena nonché la tenuta dei servizi sanitari.

    E come se non bastasse,  nella sentenza odierna si legge che ‘nel periodo di rilevazione, erano risultati peggiorati quattro indicatori importanti’ atti a determinare il rischio di contagiosità: la percentuale di occupazione dei posti letto nelle terapie intensive, l’incidenza dei casi attivi ogni 100.000 abitanti, l’andamento dei focolai e la completezza e la velocità di trasmissione dei dati.

    Da qui la conseguente permanenza nell’isola in zona arancione  sino a nuova rilevazione. E il perdurare delle norme restrittive anti-covid, con  bar e ristoranti chiusi, consentiti solo  l’asporto e la consegna a domicilio.  Divieto di spostamento tra Comuni, eccezion fatta per quelli con meno di 5mila abitanti e comunque nel raggio di 30 chilometri e non verso i capoluoghi di provincia.

     Chiara Farigu

    *Immagine tratta dal web

    sabato 30 gennaio 2021

    Ricucire la maggioranza. L’ardua impresa del ‘mediatore’ Roberto Fico

     Potrà essere ricucita questa maggioranza tenuta sotto scacco da un partitino che elettoralmente vale il 2% o giù di lì e che è percepito come il fumo negli occhi?  E’ quanto si appresta a verificare il presidente della Camera Roberto Fico. Il Capo dello Stato, concluso il primo giro di consultazioni, e già prima di affidargli il mandato esplorativo è stato perentorio: siamo in mezzo ad una pandemia sanitaria, sociale ed economica e abbiamo il dovere di trovare soluzioni e dare risposte immediate.

    In poche parole, basta perdere tempo. E soprattutto basta personalismi. Fico, al quale tutti riconoscono grandi capacità di mediatore, ha tempo sino a martedi per verificare se ci sono o meno le condizioni per ricomporre il governo capace di portare avanti un programma condiviso per rimettere in carreggiata un Paese allo stremo com’è appunto l’Italia.

    I diretti interessati si dicono pronti alla collaborazione, a cominciare da chi questa crisi l’ha innescata, facendo venire meno la maggioranza con le dimissioni delle ministre Bonetti e Bellanova. ‘La decisione del presidente Mattarella è una scelta saggia che IV onorerà lavorando sui contenuti: vaccini, scuola, lavoro e ovviamente Recory Plan sono le priorità su cui il Paese si gioca il futuro. Diciamo no alla caccia di parlamentari, diciamo sì alle idee e ai contenuti. No al populismo, sì alla politica’scrive su FB Matteo Renzi. Pronto, si evince, a rientrare nella maggioranza basta che ‘ci dicano se ci vogliono’.

    Ancora è da chiarire se il punto dolente  per una eventuale ‘ricucitura’ ruoti intorno alla persona del Presidente del Consiglio del quale l’ex rottamatore  chiedeva la testa,  poiché ‘vulnus democratico’ ma anche decisamente in ritardo con la tabella di marcia delle riforme.

    Il PD conferma la disponibilità a sostenere un governo a guida Conte, sì ad una maggioranza più coesa e rafforzata fondata anche sulla convergenza delle forze europeiste presenti in Parlamento, recita una nota del partito. In linea, almeno dalla dichiarazioni ufficiali, con i pentastellati che si dicono pronti a collaborare con Fico per porre fine a questa crisi che non sarebbe mai dovuta cominciare: ‘Concentriamoci sui temi che ci accomunano e togliamo tutti i temi divisivi’.

    Ma con o senza Renzi? Il groviglio della matassa è ancora tutta lì e per Fico sarà impresa davvero ardua trovare il bandolo e ricomporre il gomitolo.

    Perché fare a  meno di IV,  ormai è appurato,  è impossibile. La ricerca dei cosiddetti  costruttori   si è rivelata un fiasco e i due contendenti dovranno scendere a più miti giudizi. Sempre se riescano, s’intende, perché la loro resterà, comunque vada, una tregua armata.

    Così dopo giorni di ‘mai più con Renzi’, al mediatore incaricato  spetta uno dei  compiti più difficili in assoluto:  ricomporre una maggioranza. Che comunque la si veda sarà costretta costantemente  a guardarsi le spalle. Gli stessi elettori  sono divisi. Tra chi augura a Fico di riuscire nell’intento e chi sostiene ‘meglio il voto che Renzi’.

    L’opposizione, manco a dirlo, gufa per la rottura sperando così in un governo di ‘larghe intese’. Le urne, tanto evocate davanti ai microfoni, in piena pandemia, non sono all’ordine del giorno. Almeno per adesso.

    Chiara Farigu 

    venerdì 29 gennaio 2021

    I giorni della merla tra storia leggende e scienza

     Sono davvero i più freddi dell’anno, quelli che la tradizione chiama ‘i giorni della merla’? Secondo gli esperti, tale convinzione si basa più su fondamenta folkloristiche che scientifiche.

    Nonostante ciò il 29/30/31 di gennaio rimangono giorni che tra leggende, storie e tradizione, suscitano ancora un certo interesse. Al punto che periodicamente, alle storie già esistenti, se ne aggiungono di nuove che intrigano e affascinano. A cominciare dalla stessa definizione che li caratterizza.

    Alcune di queste storie ruotano intorno al fiume Po, quando in alcuni giorni d’inverno particolarmente freddi le acque ghiacciano ed è decisamente più semplice attraversare il letto del fiume camminandoci sopra stando attenti a non scivolare. Fu così, stando ad alcuni racconti che si tramandano, che si riuscì a trascinare da una riva all’altra un cannone chiamato ‘Merla’ per utilizzi bellici. Altri ancora sono soliti narrare l’impresa di nobildonna di nome De Merli che, sprezzante del pericolo, fece la traversata per raggiungere il marito che stazionava al di là dell’altra sponda.

    Ad intrigare i più piccoli resistono altre storie legate ai merli, un tempo,  stando sempre alla leggenda, volatili dal piumaggio bianco come la neve. Sul finire di gennaio, una famigliola di merli, per proteggersi dal freddo intenso di quei giorni, si rifugiò presso la canna fumaria di un comignolo. La fuliggine si depositò sulle loro piume che da bianche qual erano divennero da allora nere o grigio scuro.

    Racconto quest’ultimo che ho fatto mio con i bambini della scuola per diversi decenni. Era meraviglioso vedere le loro facce a tratti stupite a tratti intenerite per le sorti dei volatili e i disegni che venivano realizzati a correlo della storia.

    Che sia più folklore che dato scientifico quello che ruota intorno a questi tre giorni di fine gennaio poco importa.

    A dispetto dei meteorologi, che classificano questi del 2021 tra quelli con le temperature meno rigide, i giorni della merla mantengono immutato il loro fascino. A conferma che leggenda folklore e tradizione  resistono nel tempo e mantengono viva la voglia di sognare

    Chiara Farigu 

    *Immagine tratta dal web

    mercoledì 27 gennaio 2021

    Accadde oggi. Cinque anni fa il rapimento di Giulio Regeni

     Sono passati cinque anni dal rapimento di Giulio Regeni,  il ricercatore 28enne friulano sparito il 25 gennaio 2016 al Cairo e trovato cadavere nove giorni dopo, il 3 febbraio, lungo la strada che dalla capitale porta ad Alessandria.

    Cinque anni di misteri, di verità non rivelate, di silenzi.

    Cinque anni di sofferenza per la famiglia che chiede e pretende verità e giustizia.

    Cinque anni di indagini per scoprire le cause di quella morte ancora oggi senza un perché e  per la quale ‘non ci stancheremo mai di chiedere giustizia’, ha twittato Davide Sassoli, presidente del parlamento Europeo.

    Cinque anni di silenzi da parte del governo egiziano e di vergognosi depistaggi che hanno provocato tensioni diplomatiche senza precedenti tra il nostro Paese e l’Egitto.

    Le indagini locali che dapprima portano ad incriminare una banda di malviventi, poi uccisi dalla polizia in un conflitto a fuoco, si sgretola in men che non si dica. Alla pari del castello accusatorio teso a dimostrare che droga e sesso fossero le sole piste da seguire.

    La magistratura italiana, di contro, arriva a ben altre conclusioni, rinviando a giudizio quattro ufficiali dei servizi segreti egiziani con l’accusa di   sequestro di persona, lesioni gravissime e omicidio.

    La collaborazione con gli inquirenti italiani si fa sempre più tesa, vengono negati persino i tabulati telefonici. Medici italiani ed egiziani procedono a due diverse autopsie. Drammatico il referto a conferma delle torture ricevute: innumerevoli i tagli e le ecchimosi riscontrate, così come le ossa spezzate. Irriconoscibile il corpo quando fu ritrovato quel 3 febbraio dopo nove giorni dalla scomparsa. La madre riuscirà a identificarlo da un tratto caratteristico della punta del naso.

    Cinque anni di verità nascoste e trafugate. Nei giorni scorsi la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per i quattro ufficiali dei servizi segreti egiziani coinvolti nell’inchiesta,  l’udienza preliminare  è stata fissata per il 29 aprile.

    Il crimine non resti impunito, l’Egitto dia adeguata risposta per la verità -sollecita il Capo dello Stato-  vicini ai genitori che si battono per ottenere giustizia’.

    Oggi il caso sarà discusso nel Consiglio Esteri Ue, e i ministri europei potrebbero decidere di muovere altri passi. Verso quella verità ancora fitta di mistero e purtroppo ancora lontana.

    Chiara Farigu

    Torino, Chiara Appendino, condannata a 18 mesi per la tragedia di piazza San Carlo

     ‘Rispetto la decisione ma non nascondo l’amarezza’,  è il commento di Chiara Appendino  per la condanna a un anno e sei mesi nel processo con rito abbreviato per i fatti di Piazza San Carlo risalenti al 3 giugno del 2017.  Si giocava la finale di Champions League tra Juventus e Real Madrid e per l’occasione furono installati dei maxi-schermi  per consentire ai tifosi la visione della partita.

    L’evento richiamò in piazza migliaia di giovani. Improvvisamente il caos. Quattro ragazzi (che verranno condannati in via definitiva a oltre dieci anni di carcere) spruzzarono dello spray urticante per rubare degli effetti personali. Durante la calca che si creò per il fuggi fuggi che ne scaturì persero la vita due persone. Oltre 1600 i feriti.

    ‘Pago per un gesto folle di alcuni ragazzi già condannati. Quello che è accaduto quel giorno è un dolore che porto con me e lo porterò sempre, lo porto io e lo porta la città’, scrive la sindaca nel suo profilo Facebook.

    Secondo il pm  Chiara Appendino, in qualità di primo cittadino, avrebbe dovuto ‘prevedere’ quanto poi è accaduto e di conseguenza annullare la proiezione dell’evento sportivo. ‘Attendiamo le motivazioni della sentenza -aggiunge il legale della sindaca –ma sicuramente procederemo con l’Appello’. Insieme ad Appendino sono stati condannati, sempre a diciotto mesi, anche gli altri quattro imputati. Le accuse erano di omicidio, lesioni e disastro colposi.

    Amarezza e dolore  per la condanna. Che pone anche una riflessione ‘sul difficile ruolo dei sindaci, sui rischi e sulle responsabilità a cui sono esposti, forse andrebbe aperta una sana discussione’, conclude Chiara Appendino che, appresa la sentenza, si è autosospesa dal Movimento 5 Stelle

    Chiara Farigu 

    domenica 24 gennaio 2021

    Covid19. La Sardegna si colora di arancione. Ed è subito polemica

     Bar e ristoranti chiusi, consentiti solo  l'asporto e la consegna a domicilio.  Divieto di spostamento tra Comuni, eccezion fatta per quelli con meno di 5mila abitanti e comunque nel raggio di 30 chilometri e non verso i capoluoghi di provincia: sono queste le nuove restrizioni anti-covid vigenti da oggi in Sardegna che da zona gialla qual era passa ufficialmente in zona arancione. E questo nonostante abbia l'indice Rt a 0,95, più basso della media nazione (0,97).

    Ed è subito polemica. Non ci sta il presidente Solinas che auspica una immediata rettifica da parte del ministro Speranza, in caso contrario, ammonisce ‘tuteleremo la Sardegna in altre sedi’.

    Il riferimento è relativo all’occupazione delle  terapie intensive che secondo i parametri del governo e dell’Istituto Superiore della Sanità nell’isola sarebbe ancora stimato oltre il 30%.

    ‘Un vero paradosso-puntualizza Solinas- siamo qui a inaugurare un nuovo reparto di terapia intensiva con 30 posti a Sassari, e altri 14 saranno disponibili tra qualche giorno al Binaghi’.

    Cambio di colore ingiusto e incomprensibile  per il governatore sardo: ‘Dietro quei colori ci sono persone, attività economiche e produttive. Oggi tutti gli indicatori consentono di mantenere la l’isola in zona gialla, permettendo al nostro sistema economico e produttivo, già duramente provato dal perdurare della pandemia, di continuare il proprio lavoro’.

    Chiara Farigu

    sabato 23 gennaio 2021

    ‘Un nemico del popolo’, potere e corruzione: ieri come oggi. Teatro, quanto ci manchi!

     Sembra una vita fa. Eppure è passato solamente un anno dal quel pomeriggio del 23 gennaio scorso. Del maledetto virus, che sarebbe arrivato da lì a poco a stravolgere le nostre vite non sapevamo ancora nulla. Ero davvero raggiante quel pomeriggio. Andavo a teatro, con un’amica, ‘a fare un pieno di cultura’.

    La pièce teatrale, tratta dal dramma di Ibsen ‘Un nemico del popolo’ , si rivelò al di sopra di ogni aspettativa. Non solo per l’intensità della recitazione, per i costumi e le luci, ma per la modernità che trasudava dalle scene messe in atto. Dove potere e  corruzione erano fittamente intrecciati nell’eterno conflitto tra bene e  male che da sempre attanaglia l’essere umano.

    Chissà se lo scrittore norvegese, nel 1882, quando metteva in scena l’opera avrebbe anche lontanamente immaginato che i dubbi di ieri sarebbero stati ancora oggi di una sconvolgente attualità. Vista la corruzione dilagante in ogni settore della nostra società, politica in primis.  Avvallata da una  rassegnazione dei cittadini che sottostà impotente a ogni tipo di sopruso, di sopraffazione e violazione dei diritti. Che siano pubblici o privati.

    La vicenda racconta la storia di due fratelli. Che hanno due visioni opposte della realtà. E naturalmente dell’etica da seguire. Dove nell’una prevale la ricerca della verità, nell’altra l’intrigo per la convenienza personale.

    Uno fa il medico, l’altro il sindaco di una cittadina che economicamente si regge grazie agli introiti delle acque termali. Acque che però dopo accurate analisi risultano inquinate da batteri nocivi alla salute della collettività. Il dottore non ha dubbi: denunciare il fatto è sinonimo di etica e responsabilità. La verità prima di tutto. Per tutelare l’interesse pubblico.

    Il sindaco però, dopo averne preso atto dichiara inammissibile la scoperta del fratello medico e, in nome di un ipotetico ‘benessere collettivo’, si attiva per insabbiare qualunque notizia a riguardo. Le conseguenze sarebbero devastanti.  Gli azionisti coinvolti, la stessa classe politica e la media borghesia da una tale rivelazione ne uscirebbero, come si suol dire,  con le pezze al sedere.

    Il ‘popolo’, come sempre o quasi accade, è soggiogato da quella ‘maggioranza’ che conta, mentre lui, il dottore con  la sua verità  viene additato come un nemico, anzi ‘il nemico’. Da tenere a debita distanza. In perfetta e totale solitudine.

    Potere, corruzione, conflitto politico e morale, oggi come e più di ieri. Tutto questo e molto altro ancora nel dramma di Ibsen.

    Un ricordo riaffiorato oggi, con la speranza e l’auspicio che i teatri ritrovino il loro splendore e ci consentano di farci fare quanto prima nuovamente quel ‘pieno di cultura’ che ci manca davvero tanto.

    Chiara Farigu 

    mercoledì 20 gennaio 2021

    Joe Biden ha giurato. L’America volta pagina

     L’America è tornata, dice Joe Biden nel suo discorso subito dopo il giuramento che lo proclama il 46° presidente degli Stati Uniti. ‘Ha prevalso la democrazia, e ora chiedo a tutti gli americani di aiutarmi nell’unire il Paese’.

    Un discorso a braccio, sentito e privo di ogni retorica per ritrovare quell’unità che è stata fagocitata da anni di sovranismo trumpiano e più recentemente dalla pandemia che ha ulteriormente contribuito a differenziare, dividere, emarginare.

    Il Covid ha fatto più vittime di quanti americani sono morti nella Seconda Guerra Mondiale, possiamo battere il virus– ha aggiunto Biden- sarò il presidente di tutti gli americani, mi batterò anche per coloro che non mi hanno sostenuto’Unità, ricostruzione, democrazia, queste le parole più volte utilizzate dal 78enne  neo-presidente nella cerimonia d’insediamento. Celebrata nello stesso luogo dove la democrazia, appena due settimane fa, è stata messa a dura prova.

    Una cerimonia super blindata tra uno sfavillio di bandiere e un momento di raccoglimento per ricordare le cinque vittime dell’assalto al Capitol-Hill.

    Cerimonia impreziosita dalla presenza di tre artisti straordinari a cominciare da una superlativa Lady Gaga che intona l’inno americano, seguono  Jennifer Lopez e Garth Brooks, artisti scelti non a caso ma tutti portatori di valori di pacificazione, integrazione, unificazione, gli stessi valori che Joe Biden intende perseguire durante il suo mandato.

    Alle 17,40, ora italiana, gli occhi del mondo sono puntati su Kamala Harris, prima donna vicepresidente e prima donna di colore figlia di immigrati. Una donna che è già entrata a pieno titolo nella Storia, una donna che rappresenta il riscatto per milioni di donne americane e non solo.

    Una donna soldato traduce con la lingua dei segni il discorso del neopresidente e della sua vice. Da domani l’America volta pagina.

    Un programma ambizioso attende ora  Joe Biden.  Dalla sanità pubblica da estendere ulteriormente alla fasce della popolazione che ancora non ne usufruiscono alla proposta di rendere gratuiti i college per gli studenti meno abbienti.

    E poi ambiente, immigrazione, sconfitta del virus, controllo delle armi e politica estera sono gli altri punti del fittissimo programma che ‘il presidente di tutti’ è intenzionato a realizzare nei prossimi quattro anni di permanenza alla casa Bianca.

    ‘Saremo giudicati da come affronteremo queste sfide’, ha chiosato Biden.

    Lui, le sfide, le ha fatte già proprie. Domani ha inizio un nuovo corso

    Chiara Farigu

    *Immagine tratta da Il Messaggero

    martedì 19 gennaio 2021

    Senza vincolo di mandato: smettiamola di indignarci a convenienza

     Pensavamo di aver visto tutto in fatto maleducazione e comportamenti scorretti nelle Aule del Parlamento. Non era così. In questi due giorni in cui si è discussa (e per ora risolta) la crisi di governo, i politici hanno dato uno spettacolo indegno come mai prima d’ora. Gesti osceni, risate di scherno indirizzate all’avversario di turno,  accuse e insulti di ogni tipo, persino auspici di morte verso i senatori a vita ‘colpevoli’ di essere presenti per esprimere la volontà di voto. E tutto questo mentre si affannano a ripetere che vogliono il bene del Paese che indegnamente rappresentano. Uno schifo assoluto.

    La parola più ricorrente in questa due giorni al cardiopalma: poltrona. Intesa sia come  ‘mercato’ per accaparrarsene una  o mantenere stretta quella già conquistata. Paradossale poi che ad accusare i cosiddetti ‘poltronari’ siano quelli che da decenni non schiodano manco con le bombe.

    E qui si torna al punto dolente che ruota intorno al poltronificio tanto evocato e vituperato, ovvero al famigerato ‘senza vincolo di mandato’.

    D’accordo. L’assenza di vincolo di mandato è contemplato dalla Costituzione (Art.67) e garantisce agli eletti di svolgere in totale ‘libertà’ la loro funzione parlamentare senza obblighi nei confronti di partiti, programmi elettorali e anche dei cittadini stessi. Senza vincolo di mandato, appunto. Un principio alla base della democrazia, secondo i padri costituenti. Istituito affinché i nostri delegati potessero e possano svolgere le loro funzioni secondo i loro convincimenti, ideali, battaglie politiche senza pressioni o ricatti sempre presenti dietro l’angolo.

    Tutto giusto ed encomiabile, però… ‘ogni limite ha una pazienza’, diceva Totò.

    Quando i cambi di casacca, guarda caso, sono decine, se non centinaia ad ogni legislatura, difficile credere ad una ‘evoluzione’ politica del parlamentare di turno piuttosto che al sempre presente trasformismo politico, vizietto presente in ogni schieramento politico, di destra sinistra centro e pentastellato che si voglia.

    Difficile credere alla buona fede. Impossibile poi se questo cambio è motivato, come sostengono,  per senso di responsabilità o per il bene degli italiani.
    Quando mai?

    Si riuscirà mai a porre fine a quest’andazzo? A dire:  non ti trovi più a tuo agio nel partito o movimento nel quale sei stato eletto? Bene, tanti saluti e torni a casa. Non entri in un altro gruppo né siedi su un’altra poltrona. Ritorni a casa e chiedi pure scusa per il danno arrecato. Con la testa china. Perché hai deluso chi ha creduto in te.
    Invece no. Da bianco diventi nero, da nero verde giallo o rosso o viceversa. Rosso di vergogna, mai.

    Ieri, dopo l’accorato appello del premier Conte, si sono palesati i cosiddetti ‘costruttori’ che hanno salvato in extremis il governo. A parti invertite avremmo assistito allo stesso spettacolo. E avremmo ascoltato le stesse accuse, visti gli stessi visi schifati, letto gli stessi commenti ilari sui social.

    Delle due l’una: o si elimina l’assenza di vincolo di mandato, modificando la Costituzione (e sarebbe cosa buona e giusta), o la smettiamo di fingerci schifati se poi, chi è stato delegato dai cittadini, vi fa legittimamente ricorso.  Non ci si può indignare a convenienza. Né delegittimare il governo che poi ottiene la fiducia per colpa o grazie al soccorso dei voltagabbana trasformisti responsabili o costruttori che dir si voglia.  Com’è successo nelle legislature passate e come è accaduto ieri al Senato.

    Tutto il resto è fuffa

    Chiara Farigu 

    La nonna paterna? Una nonna a metà (con poche eccezioni)

      Essere nonne è un dono meraviglioso che la vita riserva a chi ha avuto la gioia di essere prima mamma. E’ come diventare madri una seconda...