Ventiquattr'ore per indurre alla riflessione sull'insegnamento, la professione più bella e nobile che ci sia. Sulle sfide quotidiane e sulle difficoltà, le tante ancora che per diverse ragioni non si riescono o forse non si vogliono abbattere.
Soprattutto ora. Dopo la difficile e delicata ripartenza in seguito ai mesi di chiusura a causa della pandemia da coronavirus. Mai come adesso c'è bisogno di sensibilizzare l'opinione pubblica sulle difficoltà che gli insegnanti di tutto il mondo hanno dovuto e dovranno affrontare ancora affinché la didattica si faccia in presenza e non si torni allo spauracchio dell'insegnamento da remoto. Con tutti i pochi pro e tanti contro che abbiamo avuto modo di verificare.
Mai come adesso si avverte la necessità di ristabilire quell'alleanza tra scuola e famiglie. E tra scuola e istituzioni.
Troppo spesso gli insegnanti vengono lasciati soli, ingabbiati nelle strettoie burocratiche/amministrative che rubano spazi e tempi alle discipline che sono chiamati a condividere coi loro studenti. In aule spesso fatiscenti e a rischio crolli, con carenza di attrezzature e materiali didattici. Con retribuzioni da terzo mondo e, in barba al futuro che rappresentano, obbligati a stare in cattedra oltre ogni limite.
I più vecchi d’Europa, quelli italiani. E i meno remunerati. Maglia nera da anni il nostro Paese, a ricordarcelo, qualora ce ne fosse bisogno, gli istituti di statistica nei loro report annuali.
Ma sempre prima la scuola, insieme alla sanità, nella hit per le sforbiciate previste dalle revisioni di spesa del bilancio pubblico. Scuola e investimenti. Un ossimoro da sempre. L’incubo di ogni governo. Che promette ma poi non mantiene. Perché la scuola, e tanto meno il benessere degli insegnanti, non è mai la priorità. Se non a parole, o in campagna elettorale. Per poi scoprirne nuovamente il valore, l'essenza, come successo nel periodo dell'emergenza pandemica. Quando ad occuparsi di alunni e studenti sono state chiamate in causa le famiglie.
A dare supporto ai docenti che da remoto nel frattempo si inventavano la 'dad', la didattica a distanza per restare vicini a bambini e giovani che, in quel terribile frangente, stavano perdendo il loro punto di riferimento. Il più importante in assoluto: la scuola. Luogo di formazione e ancor più di socializzazione. Mesi difficili. Fatti di solitudine e di bollettini medici quotidiani in cui si contavano i decessi. Mesi di privazioni, di regole da rispettare. Mesi in cui per molti l'unica voce amica arrivava da quello schermo.
Il peggio è passato e si guarda al presente. Con le tante, troppe difficoltà ancora presenti e da risolvere. Come la presenza in cattedra degli insegnanti.
C’è carenza di insegnanti. In Italia e nel mondo. Soprattutto nelle zone periferiche, in quelle disagiate e nelle aree rurali o remote. E nelle zone di guerra. Secondo le Nazioni Unite sarebbe necessario reperire circa 70 milioni di nuovi insegnanti entro il 2030 per ‘colmare il bisogno di educatori e garantire a tutti l’accesso alla conoscenza, uno dei diritti fondamentali dell’uomo’. Nel mondo, stima l’Onu sono oltre 264 milioni i bambini e i ragazzi non scolarizzati, soprattutto in Africa.
E’ emergenza. Già da adesso. E lo sarà sempre più, se non si corre a ripari.
Ventiquattro ore per riflettere. Ma soprattutto per fare.
'Insegnanti: gestire una crisi e immaginare un altro futuro', è questo il tema che l'Unesco dedica alla giornata di oggi, 5 ottobre. Per realizzarlo c'è bisogno di tutti. Nessuno escluso.
La scuola, lo sappiamo da sempre, appartiene a tutti noi.
Chiara Farigu