il blog di chiarafarigu

lunedì 5 ottobre 2020

5 ottobre, giornata mondiale dell'insegnante: un'occasione per riflettere. Ma soprattutto per fare

Anche  Google  ha dedicato il suo 'doodle' alla giornata mondiale dell'insegnante. Uno 'scarabocchio' con gli 'attrezzi' del mestiere, passando dal righello al libro di testo, dalla matita alla tavolozza dei colori, per arrivare  al computer, strumento ormai indispensabile per la didattica interattiva.

Ventiquattr'ore per indurre alla riflessione sull'insegnamento, la professione più bella e nobile che ci sia.  Sulle sfide quotidiane e sulle difficoltà, le tante ancora che per diverse ragioni non si riescono o forse non si vogliono abbattere.



Soprattutto ora. Dopo la difficile e delicata ripartenza in seguito ai mesi di chiusura a causa della pandemia da coronavirus. Mai come adesso c'è bisogno di sensibilizzare l'opinione pubblica sulle difficoltà che gli insegnanti di tutto il mondo hanno dovuto e dovranno affrontare ancora affinché la didattica si faccia in presenza e non si torni allo spauracchio dell'insegnamento da remoto. Con tutti i pochi pro e tanti contro che abbiamo avuto modo di verificare.

Mai come adesso si avverte la necessità di ristabilire quell'alleanza tra scuola e famiglie. E tra scuola e istituzioni.


Troppo spesso gli insegnanti vengono lasciati soli, ingabbiati nelle strettoie burocratiche/amministrative che rubano spazi e tempi alle discipline che sono chiamati a condividere coi loro studenti. In aule spesso fatiscenti e a rischio crolli, con carenza di attrezzature e materiali didattici. Con retribuzioni da terzo mondo e, in barba al futuro che rappresentano, obbligati a stare in cattedra oltre ogni limite.

I più vecchi d’Europa, quelli italiani. E i meno remunerati. Maglia nera da anni il nostro Paese, a ricordarcelo, qualora ce ne fosse bisogno, gli istituti di statistica nei loro report annuali.

Ma sempre prima la scuola, insieme alla sanità, nella hit per le sforbiciate previste dalle revisioni di spesa del bilancio pubblico. Scuola e investimenti. Un ossimoro da sempre. L’incubo di ogni governo. Che promette ma poi non mantiene. Perché la scuola, e tanto meno il benessere degli insegnanti, non è mai la priorità. Se non a parole, o in campagna elettorale. Per poi scoprirne nuovamente il valore, l'essenza,  come successo nel periodo dell'emergenza pandemica. Quando ad occuparsi di alunni e studenti sono state chiamate in causa le famiglie.

A dare supporto ai docenti che da remoto nel frattempo si inventavano la 'dad', la didattica a distanza per restare vicini a bambini e giovani che, in quel terribile frangente, stavano perdendo il loro punto di riferimento. Il più importante in assoluto: la scuola. Luogo di formazione e ancor più di socializzazione. Mesi difficili. Fatti di solitudine e di bollettini medici quotidiani in cui si contavano i decessi. Mesi di privazioni, di regole da rispettare. Mesi in cui per molti l'unica voce amica arrivava da quello schermo.

Il peggio è passato e si guarda al presente. Con le tante, troppe difficoltà ancora presenti e da risolvere. Come la presenza in cattedra degli insegnanti.

C’è carenza di insegnanti. In Italia e nel mondo. Soprattutto nelle zone periferiche, in quelle disagiate e nelle aree rurali o remote. E nelle zone di guerra. Secondo le Nazioni Unite sarebbe necessario reperire circa 70 milioni di nuovi insegnanti entro il 2030 per ‘colmare il bisogno di educatori e garantire a tutti l’accesso alla conoscenza, uno dei diritti fondamentali dell’uomo’. Nel mondo, stima l’Onu sono oltre 264 milioni i bambini e i ragazzi non scolarizzati, soprattutto in Africa.

E’ emergenza. Già da adesso. E lo sarà sempre più, se non si corre a ripari.

Ventiquattro ore per riflettere. Ma soprattutto per fare.

'Insegnanti: gestire una crisi e immaginare un altro futuro', è questo il tema che l'Unesco dedica alla giornata di oggi, 5 ottobre. Per realizzarlo c'è bisogno di tutti. Nessuno escluso.

La scuola, lo sappiamo da sempre, appartiene a tutti noi. 

Chiara Farigu 



sabato 3 ottobre 2020

Al mio Nonno speciale. Ovunque egli sia


Come tutti i bambini anche io ho avuto i miei nonni. Quello materno è stato davvero speciale. Almeno io l’ho vissuto come tale. A cominciare dal suo nome, Federico Barbarossa.


Lo ricordo perfettamente. Baffetti alla Hitler come si usava allora, basco sulla testa per coprire la calvizie anteriore, artigiano a tutto tondo. Calzolaio, nello specifico.

Ai suoi tempi il calzolaio non si limitava a risuolare, sostituire tacchi o ricucire qualche strappo.


Lui le faceva le scarpe, nel vero senso del termine. Da cima a fondo. Scarponi per il lavoro nei campi, scarpe per la casa, per uomo  donna e bambini, scarpe eleganti per cerimonia.

La ricordo molto bene la sua bottega, nel cortile della sua casa.

Sulle pareti suole di tutte le misure, tomaie, spago e fili per cucire. E quel banco, al centro, pieno zeppo di attrezzi. Lesine, aghi, punteruoli, martelli, trincetti, raspe, vernici, colle e il piede di ferro sul quale battere, provare, mettere in forma le scarpe da costruire ex novo, da allargare o da sistemare, ancora una volta.



La società del consumismo, dell’usa e getta, non aveva ancora fatto capolino, disfarsi di un paio di scarpe era fuori da ogni immaginazione, allora.

La sua bottega, un luogo di incontro. Per fare quattro chiacchiere, farsi leggere o scrivere la lettera di un figlio partito per fare il militare, chiedere informazioni di ogni tipo.

E chi non poteva pagare, pagava in natura. Coi prodotti dell’orto o animali da allevamento.

Lo ricordo intento a lavorare nella sua bottega.

Mi insegnava i nomi degli attrezzi in italiano e in sardo e rideva quando ne sbagliavo la pronuncia o non ricordavo a cosa servissero.

Si divertiva a inventare storie. Le sue scarpe erano appartenute a principesse regine e principi azzurri. Uno dei quali sarebbe venuto un giorno a chiedere in sposa la sua nipotina, me, che negli ultimi tempi chiamava ‘Mercedina’, il diminutivo di Mercedes, mia madre.

Ricordo la sua mano. Calda e forte quando stringeva la mia.
Sì. E’ stato davvero un nonno speciale.
Il mio pensiero ieri, oggi e ancora domani è per lui. Ovunque egli sia

Chiara Farigu 



*Immagine Pixabay




venerdì 2 ottobre 2020

Catania città blindata per il processo a Salvini

Sabato 3 ottobre è il gran giorno di Matteo Salvini. Quello che lo vedrà comparire dinanzi al tribunale di Catania dinanzi al gup Nunzio Sarpietro per rispondere  dell’accusa di  sequestro di persona, arresto illegale  e abuso d’ufficio.

Ad attenderlo una città blindata e uno spiegamento di forze dell’ordine di oltre 500 uomini tra carabinieri, poliziotti e guardia di finanza. Chiuse strade e piazze adiacenti ai punti nevralgici della città e nelle vicinanze del tribunale, previste manifestazioni a favore dell’ex ministro e contro-cortei della rete ‘Mai con Salvini’.

Duecento tra giornalisti e troupe televisive arrivati anche dall'estero per avere in tempo reale notizie di un processo che molti definiscono ‘farsa’ poiché l’esito è pressoché scontato e tutto finirà in una bolla di sapone. L’udienza, preliminare e a carattere interlocutorio, si svolgerà a porte chiuse.

Lui, il segretario leghista, si concede ai microfoni con la baldanza e la tracotanza di sempre. Forte anche del sostegno dei suoi alleati, Giorgia Meloni e Antonio Tajani che sabato saranno al suo fianco.

I fatti contestati all'ex ministro, com'è noto, risalgono al luglio scorso, esattamente al giorno 25, quando la nave della Marina militare Gregoretti prese a bordo 131 migranti salpati da alcuni gommoni dalla Libia e poi portati in salvo dalle autorità maltesi. Dopo alcune tappe a Lampedusa e Catania, la Gregoretti finì poi  ormeggiata al porto  di Augustain provincia di Siracusa.

La vicenda fu lunga e tormentata. Dopo diversi tira e molla furono fatti sbarcare una donna in stato di gravidanza e 16 minori. Tutti gli altri migranti furono trattenuti a bordo in attesa, questa la motivazione addotta, che l’Unione europea decidesse sulla distribuzione degli altri 116. Solo quando Germania, Francia, Irlanda, Lussemburgo e Portogallo si dichiararono disponibili ad accoglierli furono fatti scendere. Era esattamente il 31 luglio.

Il resto è altrettanto noto. Il tribunale dei ministri di Catania ha chiesto l’autorizzazione a procedere contro Salvini per sequestro di persona, arresto illegale e abuso d’ufficio. Successivamente la Giunta per le Immunità del Senato ha approvato l’autorizzazione al processo che è stata poi confermata dal Senato. Questi i fatti. Questo l’iter seguito che ha portato al processo che avrà inizio domani.

‘Se dovrò andare al processo per difendere il mio Paese, non sarò il primo né l'ultimo e lo farò serenamente’, ha affermato più volte Salvini. ‘Non ritengo che ci sia stato alcun errore, men che meno nessun reato. Ho agito con Conte e con tutto il governo, era nel programma’.

Questa da sempre la linea difensiva dell’ex numero uno del Viminale.

Chiara Farigu 

CHI VIVE AL MARE NON PUÒ SENTIRSI MAI SOLO

Sono sola oggi al mare. Eppure non mi sento sola. Lo sciabordio delle onde sbobina ricordi e immagini catturate durante le passeggiate nei lunghi pomeriggi estivi.


Risento gli echi dei bambini della colonia e la musica degli stabilimenti suonata a tutta palla. Rivedo gli ambulanti fare la siesta nelle ore più calde e i grattachecca fischiare per annunciare il loro arrivo.


Rivedo, sugli scogli, immancabili, i pescatori alle prese con le loro esche. E sulla battigia, giovani super tatuati e ragazze strizzate in bikini che non lasciano nulla all'immaginazione. Gli uni e le altre, in cerca di sguardi e di conferme sulla loro avvenenza, vanno su e giù con nonchalance.


Sono sola ma non mi sento sola. Passeggio a piedi nudi sulla sabbia calda di questo primo ottobre. Il salmastro intenso dopo la pioggia dei giorni scorsi sprigiona profumi meravigliosi. La brezza marina scompiglia capelli e ricordi. Sono frammenti di un’estate ormai finita tornati a galla prepotenti per essere rivissuti con gli occhi socchiusi.


Un'estate anomala. Segnata da vincoli e restrizioni dovuti al covid. Un'estate che giovani e bambini, e non solo, hanno vissuto all'insegna della libertà e spesso della trasgressione.



Due gabbiani beccano qualcosa nell'arenile poi spiccano nuovamente il volo. Mi avvio in compagnia dei miei pensieri. E comprendo perché chi vive al mare non può sentirsi mai solo


Chiara Farigu







Scatto di Chiara Farigu



giovedì 1 ottobre 2020

Ottobre, è arrivato un bastimento carico … rincari e novità

Archiviate le vacanze (beato chi ci è andato) all'insegna della libertà dopo il confinamento per covid-19, ecco in arrivo una serie di rincari scadenze e novità a cui noi cittadini andremo incontro fin da oggi primo ottobre.

Un vero bastimento carico di obblighi che non possiamo né dobbiamo ignorare.

Vediamo di che si tratta.

  • Aumentano le bollette di luce e gas. Del +15,6/ la prima, di oltre l’11% la seconda. A prima vista sembrerebbe una vera e propria stangata, in realtà i prezzi tornano vicini a quelli del pre-covid con le famiglie che potranno contare, a fine anno 2020, su un risparmio complessivo di circa 270 per la luce rispetto al 2019, e di circa 133 per il gas. Un rialzo, comunque sia, sostiene Coldiretti avrà comunque un impatto sulle famiglie, soprattutto su quelle meno abbienti.


  • Aumentano i costi per baby–sitter e collaboratori domestici. Nelle loro buste paga infatti i datori di lavoro dovranno aggiungere due nuove indennità mensili: 115 euro per chi si occupa dei bambini al di sotto dei sei anni e 100 euro per chi assiste anziani non autosufficienti. Aumenti che andranno corrisposti direttamente dal portale Inps tramite, e questa è una delle prime novità, il cosiddetto ‘Spid’, ovvero l’identità digitale per accedere ai servizi forniti dall'ente come assunzioni, variazioni contrattuali, cessazioni attività lavorativa.


  • Archiviato il vecchio pin, fin da oggi per accedere al portale Inps sarà necessario attivare appunto lo SPLID, acronimo di Sistema Pubblico di Identità Digitale. Passaggio questo che comporterà un periodo di transizione per consentire soprattutto agli anziani e alle persone meno in confidenza con l’informatica di adeguarsi alle nuove tecnologie. ‘Passaggio epocale’, lo ha definito il presidente Tridico, che consentirà un accesso più veloce e sicuro. Un passo in avanti verso la semplificazione e la digitalizzazione del Paese.

  • Obbligatoria, fin da oggi, per tutte le aziende iscritte al registro delle imprese, l’utilizzo della pec, ovvero della posta elettronica certificata. La quale, a differenza della comune email, avrà valenza legale e data certa delle comunicazioni. Previste sanzioni per i trasgressori.


E, dulcis in fundo, è in arrivo la campagna vaccinazione antinfluenzale. In leggero anticipo rispetto agli altri anni per poter affrontare meglio, sostengono gli addetti ai lavori, la concomitante epidemia da coronavirus, i cui sintomi, soprattutto iniziali, possono essere confusi. Il vaccino antinfluenzale sarà gratuito per i soggetti cosiddetti ‘fragili’, ovvero gli anziani (quest’anno è stata abbassata la fascia d’età a partire dai 60 anni), adulti con patologie croniche, bambini e donne in stato di gravidanza.

Chi non rientra in queste categorie dovrà provvedere alla vaccinazione a proprie spese.

Chiara Farigu 

domenica 27 settembre 2020

Nasceva oggi GRAZIA DELEDDA. Unica donna italiana ad aver vinto il Nobel per la Letteratura

Il 27 settembre del 1871, nasceva, a Nuoro, Grazia Deledda, scrittrice che ha indubbiamente lasciato il segno nel mondo della letteratura. Autodidatta, esordisce su un periodico di moda. Influenzata sia da Verga che da D’Annunzio, in tutta la letteratura italiana la scrittrice sarda fa storia a sé, restando estranea a ogni corrente.

I suoi romanzi (Elias Portolu, Cenere, Marianna Sirca, La madre) sono tutti ambientati in Sardegna, regione che nelle sue pagine diventa un luogo mitico, barbarico e primitivo. Una terra ancestrale governata da leggi eterne e immutabili.

Nel 1913 pubblica Canne al vento, il suo capolavoro.

Nel 1926 vince il Premio Nobel per la Letteratura con la seguente motivazione: “Per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano”.

A tutt'oggi è l’unica donna italiana ad aver vinto un Nobel per la letteratura.

Questo il video del discorso tenuto a Stoccolma   https://www.youtube.com/watch?v=Y8XBNigpMss

Suoi questi due aforismi, tra i più celebri e ancora oggi di grande attualità:
1) “Tutti siamo impastati di bene e di male, ma quest’ ultimo bisogna vincerlo.” Analisi attenta e precisa dell’essenza umana ed una esortazione a sconfiggere il Male facendo prevalere le forze del Bene. Attualissimo per i nostri tempi in cui malaffare, corruzione, interesse personale e di casta sono all'ordine del giorno.
2) “Possibile che non si possa vivere senza far male agli innocenti?” Domanda che potrebbe sembrare retorica ma non lo è, poiché rispecchia una realtà sotto gli occhi di tutti. Basta guardare il fenomeno dei migranti, le cause che lo hanno provocato e il disinteresse col quale (non) si cerca di risolverlo.
Sono piccina piccina, sa, anche in confronto alle donne sarde che sono piccolissime, ma sono ardita e coraggiosa come un gigante e non temo le battaglie intellettuali”, scriveva di se stessa.
A perdere è stata la battaglia contro un tumore al seno, dieci anni dopo il suo Nobel

Chiara Farigu





venerdì 25 settembre 2020

Covid-19- Sardegna: ‘il caso’ Orune

Orune è uno di quei bellissimi borghi situato nel cuore della Barbagia che i turisti più avveduti non mancano di visitare.

‘È un paese antico e chiuso, dove permangono (…) gli usi, le abitudini, i costumi, le tradizioni popolari più lontane, e l’intelligenza e il valore di una vita tanto più energica quanto più limitata, piena di capacità espressiva, di potenza individuale e di solitudine’, così veniva descritto dallo scrittore Carlo Levi in ‘Tutto il miele è finito’, nel 1964.

Un borgo ricco di storia per la straordinaria concentrazione di siti archeologici, famoso in tutta l’isola e non solo per la tradizione dell’artigianato e per la cultura enogastronomica che si tramanda di generazione in generazione.

Un borgo di appena 2300 anime che qualche giorno fa è rimbalzato agli ‘onori’ della cronaca a causa della preoccupante impennata di contagi da covid-19: ben 52 positivi e oltre 150 persone in quarantena fiduciaria. Numeri che hanno  indotto la Prefettura di Nuoro e l’amministrazione comunale a prendere misure drastiche atte a contenere la diffusione del virus: un ‘lockdown’ parziale e il rinvio dell’apertura delle scuole a dopo il 5 ottobre. Con bar e ristoranti chiusi, in via precauzionale, per tutto il giorno, mentre i cittadini sono invitati ad uscire da casa e ancor più dal paese solo in caso di comprovate necessità. Allevatori e agricoltori potranno spostarsi per lavoro nelle loro aziende, ma in numero non superiore a uno.

Sono queste alcune prescrizioni previste dall'ordinanza del sindaco Pietro Deiana che, per scongiurare nuove e più gravi impennate ha disposto anche tamponi a tappetto su tutta la popolazione.

I primi risultati sono incoraggianti: su 1000 tamponi effettuati, 800 sono risultati negativi, l’esito degli altri 200 è atteso per domani.

‘Lo screening proseguirà fino a domani, in modo da arrivare a testare tutta la popolazione’, commenta uno degli assessori di Orune, dopo il picco registrato negli ultimi giorni, era la cosa più giusta da fare’.

Un borgo che vuol tornare alla normalità quanto prima. In totale sicurezza per la quotidianità degli abitanti tutti e per i turisti che anche in autunno non mancano di visitare le bellezze passate e presenti di cui testimone e custode attento.

Chiara Farigu

giovedì 24 settembre 2020

Nuovo Patto Migranti UE: Rischi e Aspettative


Non è affatto soddisfatta l’Italia che si aspettava ben altro dal Nuovo Patto Europeo su immigrazione e asilo. Presentato in pompa magna ieri dal commissario Ylva Johansson, da Margaritis Schinas e dalla presiedente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, il documento programmatico più che alleviare le sofferenze dei paesi di primo sbarco potrebbe addirittura aumentarle, qualora non venisse superato completamente e definitivamente il famigerato patto di Dublino, come l’Italia chiede da tempo.


A ribadirlo la stessa ministra Lamorgese, come riportato dall'Ansa, che parla si di discontinuità rispetto alle proposte del passato ma non ancora sufficiente ‘a quel netto superamento del sistema di Dublino da noi auspicato per fare fronte con ambizione ed efficacia alle complesse sfide che la politica migratoria europea richiede’.

Un punto di partenza sicuramente interessante da cui riprendere il negoziato ma non certo di arrivo.È in quella sede che l’Italia continuerà a portare avanti le sue richieste, chiedendo il pieno superamento dell’attuale sistema che ruota attorno alla responsabilità dello Stato di primo ingresso che non può essere ulteriormente gravato’, chiosa la ministra.


Va ricordato che il piano presentato ieri non ha ancora forza di legge e che dovrà ottenere il via libera dal Consiglio europeo e dal Parlamento. Un negoziato che si preannuncia alquanto insidioso viste le tristemente note resistenze dei cosiddetti Paesi di Visegrad in materia di accoglienza e ricollocamento migranti.


A parte le dichiarazioni di rito sulla migrazione che ‘è sempre stata e sempre sarà parte delle nostre società’ e che pertanto ‘tutti gli stati dovranno mostrare solidarietà verso i Paesi sotto pressione’, come sottolineato dai vertici europei, le grandi novità sembrano essere essenzialmente due:

1) Controlli approfonditi, biometrici e obbligatori alle frontiere dei paesi d’ingresso (identità, salute e sicurezza) da effettuarsi entro 3/5 giorni al massimo. Entro 12 settimane invece la decisione di rimpatrio o di protezione internazionale.

2) Solidarietà obbligatoria, due le forme: a) accettazione del ricollocamento di migranti dai paesi di frontiera come l’Italia o la Grecia, b) rimpatri sponsorizzati. Una formula che sembra studiata per i Paesi più restii ad ogni forma di accoglimento i quali dovranno aiutare gli altri Paesi Ue ad agevolare i rimpatri.

Inizialmente , questo prevede attualmente il Patto, i migranti resteranno nel Paese di primo arrivo, ma se entro otto mesi i Paesi ‘sponsor’, ovvero quelli dei ‘rimpatri sponsorizzati’ non saranno riusciti a organizzare il loro rientro in patria, dovranno trasferirli sul proprio territorio in attesa della chiusura della procedura di ritorno.


I Paesi restii o sponsor o dei confini chiusi sono già sul piede di guerra. Chiusi a riccio nelle loro posizioni.


Diversi esperti di politiche migratorie avvertono che il nuovo piano presentato ieri, al di là delle buone intenzioni di partenza, potrebbe addirittura aumentare anziché alleviare la pressione di per sé già alta sull’Italia, da sempre primo paese di sbarco.

Vuoi perché ancora una volta tutto si basa sulla fiducia tra stati membri e non sull'obbligatorietà di fatto delle responsabilità sulla gestione migranti. E vuoi perché i soliti noti potrebbero, come già appare evidente dalle dichiarazioni rilasciate e dalle politiche messe in campo, che potrebbero giocare al ribasso, optando per quella forma di solidarietà obbligatoria più conveniente, lasciando di fatto la patata bollente ai Paesi di frontiera, in primis proprio l’Italia.


Perché il piano funzioni, tutti gli Stati devono fare la loro parte, in caso contrario, basteranno pochi Paesi che non rispetteranno il loro impegni per far entrare in crisi l’intero sistema’.


E’ un importante passo verso una politica migratoria davvero europea. Ora però il Consiglio europeo coniughi solidarietà e responsabilità. Serve certezza su rimpatri e redistribuzione: i Paesi di arrivo non possono gestire da soli i flussi a nome dell’Europa’ twitta il premier Conte. Consapevole, ancora una volta quanto la strada da percorrere sia ancora molta lunga e insidiosa


*Immagine Pixabay

lunedì 21 settembre 2020

21 Settembre. Giornata Mondiale dell’Alzheimer, il morbo invisibile che distrugge la memoria

Le avevo preparato il tè, lo prendeva sempre volentieri prima di dedicarsi alle sue preghiere pomeridiane. Mi sedetti vicino a lei. Osservavo i lineamenti del suo viso, ancora delicato, ma coi segni evidenti del tempo. Improvvisamente mi prese la mano e, guardandomi con gli occhi velati da una leggera malinconia, mi chiese: “Ma io ti sono mamma o figlia”? Una stretta al cuore. Era la conferma di ciò che sospettavo. Quel morbo subdolo e maledetto si stava insinuando nel suo cervello. Stava distruggendo inesorabilmente i suoi ricordi. “Sono tua figlia ma se ti fa piacere, posso essere anche la tua mamma”, le risposi sperando di non ferirla. Gli occhi le si inumidirono. Mi sorrise. La sua stretta si allentò e tornò alle sue preghiere. La vidi piccola, indifesa e per la prima volta lontana. Un’inversione di ruoli che annichilisce, a cui non si è preparati. Lei, la quercia della famiglia, costretta a dipendere dai figli, o chi per loro, come una bambina.

Un morbo maledetto quello dell’Alzheimer, la malattia della terza età che prende il nome dal neurologo tedesco che nel 1907 ne descrisse i sintomi e gli aspetti neuropatologici.

Arriva quando meno te l’aspetti. Piccoli segnali che attribuiamo a stanchezza o allo stress e che pertanto sottovalutiamo. Chi non dimentica le chiavi o la lista della spesa preparata poco prima? E quante volte conserviamo degli oggetti nei posti sbagliati? Chi non ricorda il viso di una persona che magari non incontriamo da tempo? Capita a tutti, anche ai più giovani, perché preoccuparsi? I periodi di stanca sono dovuti alla routine frenetica che conduciamo. Ma quando le piccole dimenticanze diventano dei veri e propri vuoti di memoria è il segnale inequivocabile che qualcosa non va. Che il morbo si è già insinuato e si diverte a sparigliare le capacità mnemonico/attentive per arrivare, nelle forme più gravi, fino al punto in cui si dimenticano sempre più cose e persone, persino i familiari più stretti.


L’Alzheimer, chiamato comunemente demenza senile, colpisce circa il 5% delle persone con più di 60 anni, in Italia se ne contano oltre 1 milione. Nel mondo sono circa 50 milioni e ogni 3 secondi una persona ne riceve la diagnosi. Dopo gli 80 anni ne è affetto un anziano su 4. La malattia aggredisce la memoria e le funzioni cognitive provocando nei pazienti una serie di difficoltà a cominciare dall'autonomia. Ai vuoti di memoria sempre più insistenti si associano stati confusionali e conseguenti disorientamenti spazio-temporali. Ci si chiude in se stessi, vittime di insicurezze e paure. Poco alla volta si è dipendenti come bambini. Anche il linguaggio dapprima fluido e vivace si fa lento, confuso e incerto, si perdono le parole, si ripetono le stesse domande. O si sta zitti a lungo perché i pensieri non affiorano, i ricordi si affievoliscono, fino a morire del tutto.

 

Come diagnosticare il morbo di Alzheimer?

Attraverso esami clinici: del sangue, delle urine o del liquido spinale. Ai quali associare una Tac cerebrale per identificare ogni possibile segno di anormalità, e test neurologici per misurare la memoria, la capacità di risolvere problemi, il grado di attenzione, la capacità di contare e di dialogare.
Fondamentale come in altre malattie neuro-degenerative è la diagnosi precoce sia perché offre la possibilità di trattare alcuni sintomi della malattia, sia perché permette al paziente di pianificare il suo futuro, quando ancora è in grado di prendere decisioni.

Quali le terapie, se ci sono?

Purtroppo non esistono farmaci in grado di fermare e far regredire la malattia e tutti i trattamenti disponibili puntano a contenerne i sintomi, quali gli stati d’ansia, l’insonnia o la depressione. Questo perché, ancora oggi, gli scienziati stanno cercando di comprendere appieno la causa o le cause di questa patologia. Di certo c’è che il morbo è caratterizzato da un accumulo di proteine nel cervello, la “beta-amiloide e la “tau” che rilasciano placche e grovigli che si vanno a depositare negli spazi delle cellule nervose.

Nuove e incoraggianti prospettive di cura per l’Alzheimer sono concentrate proprio su un farmaco, Aducanumag, che ha attraversato già tutte le fasi sperimentazione,  atto non solo a ridurre la formazione di queste proteine, ma anche a rallentarne il declino cognitivo dei pazienti. Entro marzo 2021 si saprà se il farmaco otterrà l’approvazione dalla FDA americana per poi arrivare finalmente anche in Italia.

Tra i vari trattamenti non farmacologici, la terapia di orientamento alla realtà, ROT, che si basa su stimoli di tipo verbale, visivo, scritto e musicale, sembra dare qualche aiuto ai malati di Alzheimer. Aiuti, appunto, solo per alleviare alcuni sintomi ma che non risolvono né tanto meno arrestano lo stato degenerativo conclamato della malattia.

Bisogna avere cura del cervello, si sostiene. Mantenendolo in efficienza ma senza sovraccaricarlo, in modo da favorire la sua plasticità, cioè la sua capacità di rigenerazione.

Una malattia per molti versi ancora tutta da scoprire e soprattutto da curare. Ma le speranze, lo abbiamo detto vengono riposte nella prevenzione. Una malattia, divenuta una sfida sanitaria irrinunciabile, visti anche i numeri, già consistenti, e destinati a crescere per il progressivo aumento della vita.

Oggi, 21 settembre 2020, in occasione della ventunesima giornata mondiale tante le iniziative messe in campo.

Diverse le città che hanno attivato screening gratuiti, convegni e presentazione di libri. Informare per mantenere desta l’attenzione.
Anche se, passare dalle speranze alla realtà concreta di cura rimane un obiettivo irrinunciabile per questo morbo invisibile, subdolo e altamente invalidante.   Patologia, sottolineano gli esperti,  che sebbene colpisca soprattutto persone in età avanzata, non esclude anche forme giovanili (40/50 anni). Con percorsi assistenziali, per questi ultimi, ancora tutti da costruire

Chiara Farigu 

La Slovenia ha un nuovo eroe: TADEJ POGACAR, il più giovane vincitore del Tour de France


E’ in festa la Slovenia, e non potrebbe essere altrimenti, per essere salita agli onori della ribalta grazie a Tadej Pogacar, fresco vincitore della Grande Boucle 2020 e primo sloveno nella storia, oltre che seconda maglia gialla più giovane di sempre.


Un Tour anomalo, contrassegnato dalle restrizioni imposte dalle norme anti-covid ma che ha entusiasmato ugualmente il cuore dei tifosi della due ruote.


Un Tour che ha visto fin dagli esordi brillare il giovanissimo Tadej che a soli 22 anni, compiuti oggi, tappa dopo tappa, ha fatto incetta di maglie. Oltre alla gialla infatti si è aggiudicato anche la bianca della classifica giovani e quella a pois degli scalatori. Sul podio, al secondo posto, un altro sloveno, Primoz Roglic, al quale Tadej ha strappato la maglia giallo dopo averlo battuto su una cronometro.

Non male per un Paese di appena due milioni di abitanti, che meritatamente stringe da ieri in un abbraccio virtuale i due campioni del ciclismo.


Un nome, quello di Tadej, che abbiamo cominciato a sentire sin da quando nel ’19 è diventato ciclista professionista per la squadra Uae Team Emirates. Una stagione fortunata il 2019 per l’allora ventunenne sloveno. Durante la quale ha infatti vinto il Tour of California e tre tappe alla Vuelta a España, concludendo terzo e miglior giovane della corsa e vincendo una tappa al Tour de France.

Un nome di cui sentiremo parlare ancora e a lungo. La sua stella ha appena iniziato a brillare.


Grande rammarico per l’Italia, l’abbandono di Fabio Aru, dopo appena otto tappe. Il ciclista villacidrese, sebbene non ancora in forma dopo l’ intervento di angioplastica all'arteria iliaca dello scorso anno, aveva comunque deciso di mettersi alla prova e soprattutto al servizio del capitano della sua squadra, lo sloveno vincitore del Tour. Un ritiro, quello del #cavalieredeiquattromori, come lo chiamano quelli della tivvù, che manda in soffitta ogni speranza su una ipotetica ripresa e spegne ogni illusione nei suoi tifosi che ora si domandano se per Fabio ci sia ancora un futuro come ciclista professionista.

Ma oggi il tripudio è per lui, l’eroe sloveno della due ruote, Tadej Pogacar

Chiara Farigu



*Immagine tratta da Il Giornale d'Italia

La nonna paterna? Una nonna a metà (con poche eccezioni)

  Essere nonne è un dono meraviglioso che la vita riserva a chi ha avuto la gioia di essere prima mamma. E’ come diventare madri una seconda...