Una giornata per riflettere su un fenomeno molto diffuso, soprattutto nel mondo della scuola secondaria di primo e secondo grado. Secondo il report Istat riferito al 2014, il 19,8% dei ragazzi e ragazze tra gli 11 e i 17 anni subisce atti di bullismo più volte nell’arco di un mese.
Un fenomeno in continua crescita, sostengono gli studiosi del settore. Che nell’anno del Covid è ulteriormente aumentato. A Paderno Dugnano (Mi), uno degli ultimi fatti di cronaca: nove minorenni sono stati denunciati per aver pestato un loro compagno ‘colpevole’ di aver rimproverato un bullo che durante una lezione a distanza aveva impedito alla classe di seguire la lezione. Un atto di coraggio che andava punito.
La diffusione della tecnologia e dei social network tra i più giovani ha inoltre alimentato il fenomeno del cyberbullismo che, al contrario del bullismo, non trova un limite negli ambienti sociali ed è capace di invadere anche la sfera privata e familiare. Come riportano periodicamente le cronache e i mass-media.
‘Cosa c’è dentro di noi che ci porta a disprezzare, a maltrattare, a farci beffa dei più deboli’, si domandano sociologi, pedagogisti e studiosi di questo fenomeno così difficile da estirpare. Che non risparmia neppure i bambini delle scuole elementari. E perché a pagare pegno sono sempre i più svantaggiati, sia intellettualmente che fisamente?
Il bullo, ovvero colui che viene percepito il ‘più forte’ ma che tale si sente solo se in compagnia, in realtà è il più vile. Capace di agire solo se nel branco. Quando accerchia, umilia, denigra chi non può difendersi per farsene beffe, ancora più se con qualche disabilità, a volte per gioco altre per noia altre ancora per puro divertimento.
Individuata la preda passa ai fatti. Dapprima con piccoli soprusi per studiarne le reazioni. Reazioni che non arrivano se non quelle di paura e di accettazione in chi li subisce. Si tace con gli insegnanti, si tace con i genitori perché altrimenti quelle violenze aumentano di numero e di intensità. Che spesso vanno avanti per anni, sino a non poterne più. Sino a desiderare la morte. Qualcuno l’ha fatta finita, altri ci hanno provato, come quel dodicenne di Corfù che si è dato fuoco in classe per dire basta a quegli atti violenti.
Comunque sia lasciano il segno nel corpo e ancor di più nell’anima.
Atti di violenza spesso ignorate dagli adulti o, peggio ancora, giustificate o semplicemente viste come bravate, ragazzate, cose di poco di conto su cui soprassedere.
Gli istituti di statica più volte ci hanno fornito dati impietosi: più del 50% degli 11/17enni è stata vittima di un episodio offensivo, irrispettoso e/o violento da parte di coetanei. Dati che tendono a salire al pari dei soprusi messi in atto. Forse perché troppo spesso rimangono impuniti.
Un fenomeno da non sottovalutare questo del bullismo perché potrebbe sfuggire di mano.
Al quale siamo chiamati tutti come genitori, docenti, educatori a vari titolo, a porvi fine. Con la trasmissione di valori positivi, con il dialogo, l’informazione.
Gli strumenti non mancano. Usiamoli
Chiara Farigu
*Immagine tratta dal web
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