Compie oggi 85 anni Jorge Mario Bergoglio, il papa argentino con sangue piemontese nelle vene, che conquistò tutti , fin dal primo momento, con quel “buonasera” quando, appena eletto, si affacciò per la prima volta dalla Loggia delle benedizioni per salutare la folla che aspettava di conoscere il nuovo Pontefice, dopo l’inusuale abdicazione di Ratzinger.
il Pontefice che ama stare tra la gente come un “sacerdote” per sentirsi più in sintonia coi loro bisogni e le loro sofferenze.
Francesco non ama i momenti celebrativi, men che mai quelli che riguardano la sua persona. Ci ha abituati da fin da subito alla semplicità dei gesti e delle parole. Per lui parlano le opere volte al cambiamento “rivoluzionario” di una Chiesa arroccata in regole stantie che fatica ad adeguarsi ai cambiamenti di usi e costumi di una società in costante evoluzione e inevitabilmente anche delle istituzioni che la compongono.
Ha spalancato porte e finestre per far circolare aria fresca, anche se dopo otto anni, di polvere sotto i tappeti ne rimane un bel po’. Le rivoluzioni, quelle durature, d’altronde richiedono tempo, impegno e volontà e quella coltre polverosa è dura da sradicare. Ma Bergoglio non demorde, tira dritto. Conosce la strada. Sa come arrivare ai cuori della gente. Sempre dalla parte di chi soffre, degli invisibili, degli “scartati”. La sua prima uscita da papa fu a Lampedusa per accogliere con un abbraccio quanti scappano da miserie e povertà in cerca di nuove opportunità. E di speranza in un futuro migliore.
Lui, convinto assertore e praticante della misericordia è sulla misericordia che ha improntato un anno di Giubileo volto a “riscoprire il volto giovane e bello della Chiesa, che risplende quando è accogliente, libera, fedele, povera nei mezzi e ricca nell’amore, missionaria”. Misericordia e pace, questi i cardini su cui tracciare la via da percorrere. Con grinta, determinazione e molte volte in solitudine.
“Rivoluzionario” perché sincero, coraggioso. Le sue parole, spesso, colpiscono come una clava. Con la quale abbattere tabù e definire certi fenomeni per quello che sono. Storico quel suo scandire in sillabe la parola GE-NO-CI-DIO ricordando lo sterminio degli armeni che fece tanto infuriare Erdogan. E storici rimangono i tanti momenti in cui ha chiesto perdono per gli errori commessi dalla Chiesa e dagli uomini. Fece il giro del mondo l’immagine che lo immortalava mentre faceva il suo ingresso ad Auschwitz, altro luogo di sterminio, in perfetta solitudine. A ricordarci che il perdono non richiede clamore, ma silenzio. Silenzio per riflettere e interrogarsi dov’era finito Dio nei cuori di quegli uomini artefici di tanto orrore.
E senza fanfare si recò nelle zone terremotate quando il silenzio, dopo il clamore iniziale e le passerelle dei politici, cominciava a farla da padrone su quei borghi che gridavano e gridano ancora oggi interventi urgenti atti a riportare la vita di quelle popolazioni giunte ormai allo sfinimento. E ancora in silenzio ama recarsi nelle periferie a portare conforto e beni di prima necessità per i tanti indigenti che vivono ai margini. Porte aperte in molti luoghi del Vaticano adibite a dormitori per i senzatetto e pasti caldi per chi non può permettersi neanche di come sopravvivere.
Dopo Giovanni XXIII, spetta di diritto a Francesco la definizione di “Papa buono”, “Papa della gente”. Talmente popolare da essere amato trasversalmente, anche da chi non è avvezzo a seguire i dettami della Chiesa. Perché in un mondo in cui si parla a vanvera “il Papa dice cose di buon senso, talmente di buon senso che la sua solitudine comincia a essere palpabile”, hanno scritto gli editori di “Rolling Stones” nel dedicargli una copertina della loro rivista.
Forse l’ultimo rimasto a farlo.
‘Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme’ ha detto di recente riferendosi alla pandemia sanitaria che ha messo in ginocchio il mondo intero. ‘Nella tempesta nessuno si salva da solo’, ha ammonito il Papa puntando il dito contro chi sottovaluta, o peggio si ostina a negare, la tragedia che stiamo vivendo.
Auguri Francesco. Grazie per tutti gli insegnamenti
Chiara Farigu