il blog di chiarafarigu

martedì 23 marzo 2021

Papa Francesco ai docenti: ‘amate gli studenti più difficili’

 Papa Francesco, durante l’omelia dello scorso venerdi, si è soffermato su un tema a lui molto caro: la scuola e gli studenti, che stanno pagando un duro prezzo a causa della pandemia: ‘siate artefici del vostro futuro’, ha ribadito a più riprese.

Un invito a non abbattersi ancor più quando tutto sembra remare contro. E alle istituzioni affinché favoriscano la riaperture delle scuole perché ‘In una società che fatica a trovare punti di riferimento – avverte Bergoglio – è necessario che i giovani trovino nella scuola un riferimento positivo’.

Ma è soprattutto agli insegnati che rivolge un appello accorato, i quali mai come oggi sono chiamati a raccogliere le sfide sempre più difficili che concorrono alla formazione. “Vi chiedo di amare di più gli studenti ‘difficili’, quelli che non vogliono studiare, quelli che si trovano in condizioni di disagio, i disabili e gli stranieri, che oggi sono una grande sfida per la scuola. E ce ne sono di quelli che fanno perdere la pazienza.

Gesù direbbe: se amate solo quelli che studiano, che sono ben educati, che merito avete’?

Fare gli insegnanti, ha detto il Pontefice, è un po’ come essere genitori, almeno spiritualmente in quanto ‘consente di veder crescere giorno dopo giorno le persone che sono affidate alla nostra cura. Per trasmettere contenuti è sufficiente un computer, per capire come si ama, quali sono i valori, e quali le abitudini che creano armonia nella società ci vuole un buon insegnante’.

L’insegnamento è un lavoro bellissimo ma ‘sottopagato’, ha ribadito più volte il Papa durante i periodici  incontri con studenti e docenti. Una anomalia tutta italiana  che va corretta quanto prima. Poiché uno dei tanti problemi che attanagliano la scuola italiana passa proprio dalla scarsa remunerazione dei docenti. La funzione degli insegnanti  ‘deve essere riconosciuta e sostenuta con tutti i mezzi possibili. È necessario che abbiano a disposizione risorse nazionali, internazionali provate e adeguate’.

Parole sante, verrebbe da dire. Che nessuno, purtroppo, farà proprie. Perché la Scuola (e gli Insegnanti) costituiscono la Priorità solo in campagna elettorale o  appena si dà vita a un nuovo esecutivo per poi passare inesorabilmente in fondo all’agenda di governo. Il rinnovo del Contratto, le classi pollaio, la stabilizzazione dei precari, l’assunzione del personale docente e non, la messa in sicurezza degli edifici (la maggior parte fatiscenti e pericolanti), sono solo alcuni dei tanti problemi arcinoti che però giacciono lì in attesa di una Politica lungimirante con P maiuscola.

Chiara Farigu 

lunedì 22 marzo 2021

Amazon si ferma. Oggi niente consegne in tutta Italia

 E’ l’intera filiera, da chi smista i pacchi a chi è incaricato a consegnarli a domicilio,  a scioperare oggi tutta in Italia. Un fermo che coinvolge più di 40.000 lavoratori voluto dai sindacati del settore dei trasposti compresi quelli del settore interinale della logistica.

Un fermo che in qualche modo è già stato definito ‘storico’.   Vuoi per le motivazioni che vanno dai turni massacranti ai carichi di lavoro spesso insostenibili che, oltre a ledere la dignità dei lavoratori, spesso ne mettono a repentaglio la sicurezza stessa e vuoi per la massiccia adesione in tutto il territorio nazionale.

Un fermo che sindacati e dipendenti si augurano possa trasformarsi anche in sciopero degli acquisti. Dai qui l’appello rivolto ai cittadini per motivare lo stop del servizio per 24 ore: ‘Per vincere questa battaglia di giustizia e civiltà,  abbiamo bisogno della solidarietà di tutte le clienti e di tutti i clienti di Amazon. Per un giorno ci vogliamo fermare, ci dobbiamo fermare’.

Dietro a quegli acquisti fatti con pochi clic e a quelle consegne rapide e veloci ci sono orari di servizi al limite dell’insostenibilità, come periodicamente denunciano i dipendenti,  44 ore settimanali per gli addetti ai trasporti,  8 ore con pausa di mezz’ora per il pranzo per gli addetti allo smistamento. ‘Nessuna contrattazione, nessun confronto con le organizzazioni di rappresentanza sui ritmi di lavoro imposti e per il riconoscimento dei diritti sindacali. Nessuna clausola sociale né continuità occupazionale, per i driver, in caso di cambio fornitore. Nessuna indennità contrattata per covid-19, in costanza di pandemia’denunciano sindacati e lavoratori.

Accuse che Amazon respinge ai mittenti rivendicando, di contro, salari competitivi, sicurezza sul lavoro, garantite anche dalle più avanzate tecnologie,  benefit e ‘ottime opportunità di crescita professionale’.

E come se bastasse nuove assunzioni. Con l’apertura di un nuovo grande centro di smistamento in provincia di Bergamo atto a garantire nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato che di questi tempi, buttali via. Un annuncio strumentale, commentano i sindacati, guarda caso fatto in concomitanza con il primo sciopero che interessa tutta la filiera Amazon.

Chiara Farigu

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sabato 20 marzo 2021

Approvato il Decreto Sostegni per imprese e famiglie, Draghi: ‘è il massimo che si è potuto fare’

 E’ stato approvato ieri dal CdM il cosiddetto ‘Decreto Sostegni’ che, come sottolineato dallo stesso premier Draghi in conferenza stampa, si avvale del fondo dei 32 miliardi già stanziato nel gennaio scorso dal governo Conte II.

‘Un decreto in risposta alle povertà, il massimo che si è potuto fare– ha ribadito il Presidente del Consiglio- un primo passo, ce ne sarà un secondo assolutamente necessario’.  Già ad aprile, infatti, ha aggiunto il Presidente, occorrerà varare nuovo deficit per altri aiuti, i cui numeri saranno da calibrare in base all’andamento dell’epidemia, della campagna vaccinale e conseguentemente delle previsioni sulla crisi economica.

Queste in sintesi i punti principali del Decreto per ristorare  imprese e famiglie:

  • 11 miliardi  per le imprese che hanno perso più del 30% del fatturato nel 2020;
  • 8 miliardi per lavoro e lotta alla povertà, compreso il rifinanziamento del Reddito di cittadinanza per un miliardo ed il rinnovo del Rem per tre mesi;
  • 5 miliardi per vaccini e logistica (di cui 2,8 per l’acquisto di vaccini e farmaci);
  • Enti decentrati: fondi finalizzati a compensare comuni, province ed enti territoriali per la perdita di gettito e per sostenere il trasporto pubblico locale (a cui vanno 800 milioni)
  • Istruzione (300 milioni, di cui 150 milioni per garantire da adesso fino a giugno la continuità in sicurezza dell’attività didattica in presenza, ed altri 150 milioni per consentire attività di potenziamento delle competenze ed il recupero della socialità dei ragazzi nel periodo successivo alla fine dell’anno scolastico.), cultura, sostegno alle filiere agricole, e altri settori con crisi particolari.

Ristori, o come si preferisce chiamarli ora ‘sostegni’, che  arrivano dopo mesi di ritardi dovuti prima alla crisi di governo innescata da Italia Viva e successivamente alla formazione del governo attuale.

Un ritardo che quindi ora si dovrà recuperare perché la crisi avanza a passo spedito, ‘dare più soldi possibile il più velocemente possibile’ è l’obiettivo che il governo intende mettere in atto: abbandonando i cosiddetti ‘codici Ateco’ che avevano lasciato fuori tante partite iva e garantendo una velocità nei pagamenti.

Per velocizzare i tempi di erogazione dei contributi, l’Agenzia delle Entrate ha messo a disposizione una piattaforma telematica, e i pagamenti inizieranno già dall’8 aprile prossimo.

In quanto al ‘condono fiscale’, tema di scontro all’interno del CdM e conseguente motivo della ritardata conferenza stampa, Draghi, nel rispondere ad una domanda della stampa ha precisato che in realtà si tratta di una misura che annulla crediti che lo Stato non è riuscito finora a recuperare. Ovvero delle cartelle esattoriali fino a 5 mila Euro  relative al periodo 2000-2010 che saranno cancellate per quanti hanno un reddito inferiore alle 30 mila Euro annue. Aggiungendo che per evitare  che in futuro continuino ad accumularsi milioni di cartelle per crediti fiscali dello Stato che non possono essere incassati, occorre una riforma del meccanismo di riscossione.

Naturalmente non è mancata la domanda relativa al MES, oggetto di accese diatribe nei mesi precedenti tra i partiti dei diversi schieramenti politici e causa principale anche della stessa caduta del governo precedente. Lapidaria la risposta: al momento il livello dei tassi di interesse è tale per cui non conviene prenderlo.

Perfettamente in linea, è bene ribadirlo, con quanto affermato più volte dallo stesso ex premier Conte, che stando alle parole di Draghi, pare avesse ragione a ritenerla una misura da valutare ma non necessaria in questo momento di pandemia.

Certo, considerate le diverse analogie tra le (insufficienti) misure messe in campo per ‘ristorare’ famiglie e imprese, ci si domanda che senso abbia avuto istituire un Governo tecnico per giunta detto ‘dei migliori’ quando il precedente esecutivo stava già facendo tutto ciò che era possibile fare, vista la pandemia?

Chiara Farigu

*Immagine pixabay

venerdì 19 marzo 2021

Eutanasia. ‘Poder elegir el morir sin sufrir’: in Spagna si può

 Con 202 voti a favore, 141 contrari e due astenuti la Spagna approva la legge sull’eutanasia attiva, che si avvale della somministrazione da parte di un medico di farmaci che inducono la morte.

La Spagna diviene così, dopo Canada, Colombia, Olanda, Belgio e Lussemburgo, il sesto Paese a consentire a chiunque abbia una malattia grave e incurabile o una condizione cronica e invalidante di chiedere aiuto per morire ed evitare così una sofferenza che non si riesce a sopportare.

‘Poder elegir el morir sin sufrir’, ovvero poter scegliere di morir senza soffrire, ha visto la luce dopo un iter parlamentare durato oltre un anno a causa della pandemia.

È un giorno importante per tutti i cittadini – ha detto il ministro per la Salute Carolina Darias – perché si va verso una società più umana e giusta. Ma soprattutto è un giorno importante per quanti si trovano in una situazione di grave sofferenza, così come per le loro famiglie e i loro cari’.

La normativa che entrerà in vigore tra tre mesi, prevede che il paziente dovrà essere pienamente informato delle alternative e delle cure palliative disponibili, e bisognerà accertarsi che la richiesta non sia frutto di pressioni esterne, prima che possa confermare, fino a 4 volte se ritenuto necessario, la volontà di morire.

La richiesta dovrà quindi essere approvata da due medici e una Commissione valutatrice: un iter che si stima dovrebbe durare attorno alle 5 settimane.

L’eutanasia sarà praticata in qualsiasi centro sanitario o a casa del paziente. Ogni operatore sanitario potrà inoltre invocare l’obiezione di coscienza e rifiutarsi di partecipare alla procedura.

‘Provo tristezza e non solo per la cattolicissima Spagna’– ha commentato l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della pontificia Accademia per la Vita- aggiungendo che la normativa non è altro che ‘una resa alla morte’. E che la sfida è essere davvero umani stando, in tutti i modi possibili, accanto alle persone malate, non anticipando la fine naturale della vita.

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giovedì 18 marzo 2021

18 Marzo: prima giornata nazionale in memoria di tutte le vittime del Covid19

 Un anno di pandemia sanitaria. Un anno di crisi economica senza precedenti. Un anno scandito da lockdown e zone cromatiche differenti. Un anno di chiusure e parziali riaperture. Un anno di paure, incertezze e sorrisi spenti.

Un anno di morti dal numero impressionante: oltre centomila. Mai così tanti  in Italia dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi, evidenzia il quinto Rapporto sui decessi Istat-Iss.

Il 18 Marzo scorso, l’immagine più drammatica che segnerà per sempre il primo e il dopo pandemia: i camion dell’Esercito che trasportano via da Bergamo le bare delle vittime. Immagini che sconvolsero il mondo intero e che ci mise di fronte alla pericolosità di quel mostro invisibile di cui si sapeva poco o niente se non che stava mettendo a dura prova l’esistenza stessa della specie umana.

E’ passato un anno da allora ma la pandemia continua a farla da padrone. Con gli ospedali in affanno, le varianti che impazzano e il numero delle vittime che non accenna a diminuire.

A un anno da quella tragica data si celebra oggi ‘La prima Giornata Nazionale per le vittime del Covid’, in ricordo di chi ha perso la vita e non ha neppure ricevuto l’ultimo saluto dei familiari, come previsto dalle restrizioni anti-contagio messe in atto.

Bandiere a mezz’asta in tutta Italia e visita di Mario Draghi a Bergamo, divenuta suo malgrado città simbolo della provincia più funestata nel corso della prima ondata: ‘Lo Stato c’è e ci sarà. Siamo qui per celebrare il ricordo perché la memoria di ciò che è accaduto nella primavera dello scorso anno non si appanni’, ha detto il premier.

Grazie al comune sentire dei partiti rappresentati in Parlamento– ha sottolineato Giorgio Mulè- sottosegretario alla Difesa e primo firmatario del provvedimento, approvato ieri dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato- l’Italia ricorderà ogni anno chi non ce l’ha fatta. Sarà un giorno simbolico per il Paese che attraverserà i confini del tempo e della memoria’.

‘Uniti ce la faremo’, ribadisce il Capo dello Stato, invitando i cittadini a non demordere, a non smettere mai di sperare, soprattutto adesso che i vaccini sono una realtà e anche l’unica via per riappropriarci delle nostre vite.

Chiara Farigu

martedì 16 marzo 2021

Aldo Moro: ricordando quel 16 marzo di 43 anni fa

 Decidemmo di fare shopping quel 16 marzo di 43 anni fa. Di buon mattino ci mettemmo in macchina, destinazione Cagliari. Avevo due bambini piccoli, uno di 6 anni, l’altro quasi di due. Si accodò pure mamma, le piaceva fare acquisti insieme a noi. Si respirava già aria di primavera, la natura era rigogliosa lungo il tragitto.

Prima tappa La Rinascente. Lì ci trovavi di tutto, ci potevi trascorrere l’intera mattinata girando da un piano all’altro. Insomma niente lasciava presagire quel che stava succedendo nella capitale. Improvvisamente l’annuncio: “Siete pregati di lasciare al più presto il negozio. Le saracinesche tra 15 minuti verranno chiuse. E’ stato rapito il presidente Aldo Moro. Si prega di mantenere la calma”.

Già, vai a sapere come. In men che non si dica, il panico. Un fuggi fuggi generale e la gara a chi scendeva prima le scale. Poi la vetrata d’uscita e, finalmente in strada. Caos totale: sirene di polizia spiegate, elicotteri in perlustrazione, gente che correva in cerca di un riparo. 

La paura era palpabile.

Arrivammo in macchina tra spintoni, urla e i bambini in lacrime che non riuscivano a capire tutto quello scompiglio improvviso dopo aver assaporato aria di festa fino a qualche minuto prima. Non avevamo i cellulari a quei tempi. E l’autoradio in macchina faceva le bizze. Tornati a casa quelle immagini in tv, quella macchina crivellata di colpi, gli uomini della scorta uccisi, tante le ipotesi del rapimento e dei suoi risvolti fatte da analisti e politologi che si susseguivano senza sosta.

 La rivendicazione del rapimento da parte delle Brigate Rosse, la lunga attesa dei comunicati. Le foto dalla prigionia e la trattativa con lo Stato.

Il dolore della famiglia, l’ambiguità della politica. Tra chi optava per l’intransigenza a prescindere e chi per trattare per la liberazione dello statista. Prevalse la linea dura, nessun accordo coi brigatisti, nessuno scambio con i terroristi prigionieri come chiesto.

Lungaggini errori caos: cinquantacinque giorni di terrore. Durante i quali Moro fu sottoposto a un processo da un improvvisato ‘tribunale del popolo’ istituto dai suoi rapitori. Processato e condannato a morte.

Infine il ritrovamento del corpo nel bagagliaio di quella Renault 4 in via Caetani. La fine di una tragedia. Ma non dei suoi misteri. Molti dei quali, oscuri ancora oggi. La verità forse non la sapremo mai.

A distanza di 43 anni, oggi lo stesso groppo in gola

Chiara Farigu 

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domenica 14 marzo 2021

Enrico Letta nuovo segretario del Pd: “Serve nuovo partito, non nuovo segretario”

 Con 860 voti a favore, 2 contrari e 4 astenuti, l’Assemblea Nazionale  ‘incorona’ Enrico Letta come nuovo Segretario del PD. L’ex presidente del Consiglio era l’unico candidato alla segreteria dopo le improvvise e inaspettate dimissioni di Nicola Zingaretti la scorsa settimana. ‘Mi vergogno del Pd, da giorni si parla solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata di Covid e tanto c’è da fare per i giovani, il lavoro e l’economia tutta’, scrisse su FB.

Il suo, un j’accuse senza precedenti contro un partito senza più identità né forza propulsiva atte ad accettare le sfide che la crisi pandemica e l’Europa mettono in campo.

‘Se il problema sono io, mi faccio da parte’, aggiunse. Detto fatto. E siamo a oggi con Letta nuovo Segretario, la cui missione è rimettere insieme i cocci di un partito piuttosto malandato e imprimere una svolta con nuovi programmi nuovi valori e forse nuove alleanze.

Una missione ardua certamente, al limite dell’impossibile che Letta però accetta anche se, sostiene, che più di un nuovo Segretario  ‘serve un nuovo PD’.

Dell’ex premier si sa tutto o quasi. La sua attività politica, cominciata in giovanissima età e la sua  celere scalata fino a ricoprire il ruolo di Presidente del Consiglio su incarico di Napolitano,  è arcinota a tutti.  Altrettanto nota è la sua repentina ridiscesa  a seguito del famigerato #enricostaisereno dell’ex rottamatore che ne prese il posto.

Una carriera politica ricca, senza soluzione di continuità (ad eccezione degli ultimi sette anni trascorsi a Parigi come docente universitario) che oggi, in occasione della sua nomina  viene ampiamente ricordata.

Tutte le biografie che lo riguardano  lo ritraggono come un toscano doc essendo nato, cresciuto ed essersi  laureato  a Pisa. Pochi sanno invece che per metà  è sardo. Sua madre infatti, la sig.ra Anna Bianchi, è sassarese e sua nonna nativa di Porto Torres. Chi lo conosce bene sostiene che Enrico dei sardi si porta dietro  la tenacia e l’affidabilità e quel pizzico di diffidenza che non guasta mai.  E che lui, delle sue radici, ne va molto fiero.

Anna  andò a studiare a Pisa dove conobbe Giorgio Letta, abruzzese  di Avezzano, fratello del  più celebre Gianni,  col quale  poco dopo si sposò.  Il 20 agosto del 1966 nacque Enrico che , prima con la famiglia, e in seguito autonomamente ha mantenuto sempre un rapporto privilegiato con la Sardegna  dove vi trascorre  periodi di relax quando gli impegni glielo consentono.

Un altro punto su cui concordano quanti lo conoscono a fondo è la puntigliosità, vale a dire la fermezza  mista a calma con la quale intraprende qualunque obiettivo da raggiungere, consapevole che la fretta sia sempre una cattiva consigliera. Una qualità, sostengono sempre i beni informati, ereditata dal nonno sardo,  agronomo,  che per mestiere doveva misurare i confini degli stazzi per riportarli poi su carta. Al quale, quando metteva fretta ai contadini nella costruzione delle recinzioni, gli veniva risposto che “i muretti a secco” richiedono calma, tempo e precisione  se si vuole che resistano nel tempo.  Una tecnica che Enrico aveva mutuato in politica e che potrebbe tornargli nuovamente utile per rimettere insieme i cocci del suo PD.

L’uomo giusto al posto dunque?  Sarà il tempo a dirlo. La voglia di riscatto c’è tutta. Così come la volontà di rivoltare da cima a fondo un partito sempre più ‘in cerca di un centro di gravità permanente’.

Rilanciare lo ius soli e il voto ai 16enni, elaborare nuove sfide in economia, rilanciare il dialogo con lavoratori, sindacati, imprenditori, affrontare le amministrative per battere le destre, sono solo alcuni punti dell’ambizioso programma da realizzare entro il 2023.

Immediate le reazioni dell’opposizione che vanno subito all’attacco. ‘Parte subito male, cavolate quelle sullo ius soli’, lo apostrofa Salvini, mentre la Meloni commenta che ‘a volte sono meglio i cervelli in fuga’.  Auguri di buon lavoro dai vertici del M5S : ‘insieme possiamo raggiungere obiettivi importanti per il Paese’ e da Renato Brunetta che auspica una proficua collaborazione ‘ per una Pubblica Amministrazione moderna ed efficiente’.

Chiara Farigu

*Immagine Huffingtonpost

sabato 13 marzo 2021

Ciao, Raoul, ci mancherai

 Prima che iniziasse questo periodo di divieti, dovuto alla pandemia,  il venerdi sera ero solita uscire con gli amici per fare i classici ‘quattro salti’.

Un modo per evadere dalla routine quotidiana, stando in allegria. Dopo la pizzata, a farla da padrone era la musica. Le band si alternavano, c’era quella che piaceva di più, che sapeva coinvolgere maggiormente ma tutte, dopo i tormentoni del momento, dedicavano uno spazio ai balli di coppia.
Il bello veniva quando nella sala giungevano le prime note di ‘Ciao Mare’ o di ‘Romagna mia’era un tripudio di allegria. Ci si alzava e si cominciava a cantare a squarciagola. Quella musica era contagiosa, era adrenalina pura. Era spensieratezza, divertimento. Era voglia di vivere.
In quei momenti capivi la grandezza di Raoul Casadei. Poteva piacere o non piacere ma di certo la sua musica non lasciava indifferenti.
Il re del liscio se n’è andato. Ennesima vittima delle complicanze del maledetto virus.
Ciao Raoul, ci mancherai.
Ci mancherà il tuo stile, la tua eleganza, la tua semplicità. Ci mancherà quel tuo saper in mettere in musica i valori di una volta. Di quando ci bastava poco per essere felici. Come fare ‘quattro salti’ dopo una pizza in compagnia di amici. Era la musica a fare il resto.
Chiara Farigu
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mercoledì 10 marzo 2021

Storia di Laura, pallavolista incinta, citata per danni dalla società

 Lo abbiamo detto e ribadito appena due giorni fa, in occasione dell’otto marzo, che essere donne non è facile e che c’era ben poco da festeggiare.

A conferma di quanto la strada per conseguire la parità dei diritti sia ancora lunga e impervia, la vicenda di Laura Lugli, pallavolista del Volley Pordenone che denuncia: ‘Io, incinta, citata per danni dal mio club e criminalizzata come se mi fossi dopata’.

E’ la stessa giocatrice, in raccontare la sua storia nel suo profilo Facebook. I fatti risalgono al campionato 2018/2019.

A marzo 2019 comunica al suo club l’impossibilità di proseguire la stagione perché incinta. E la società, come da prassi  per queste situazioni, rescinde il contratto. Quando, dopo l’aborto spontaneo, chiede il pagamento dell’ultimo stipendio pendente, si vede recapitare una citazione per danni. Le accuse sono alquanto pesanti: aver mentito sulla sua intenzione di avere figli e di aver perso, a causa della sua assenza, posizioni in classifica e di conseguenza sponsor per l’anno successivo.

‘E’ incredibile che nel 2021 essere incinta debba essere considerata come una mancanza di professionalità, criminalizzata come l’assunzione di cocaina e la conseguente positività a un controllo antidoping. È incredibile che una donna venga umiliata in questo modo e anche i suoi dolori e dettagli molto privati della sua vicenda personale vengano usati. Il tutto per 2500 euro’.

E’ incredibile sì, ma soprattutto è inaccettabile che al giorno d’oggi una donna debba essere ancora messa nella condizione di dover scegliere se essere madre o lavoratrice. Alla faccia delle cosiddette pari opportunità con le quali  ci si continua a riempire la bocca ma mai però a mettere veramente in pratica.

Il club sportivo non ci sta ‘verità ribaltata’, replica dopo il clamore suscitato. ‘Di fronte alla maternità ci siamo limitati a interrompere consensualmente il rapporto mantenendoci in costante contatto con la giocatrice anche nel doloroso momento che ha affrontato poche settimane dopo. Solo quando ci è arrivata l’ingiunzione di pagamento ci siamo opposti e abbiamo attivato le clausole del contratto’.

Qualunque sia la verità, la parola passa ora ai giudici.

Intanto l’Associazione Nazionale Atlete chiama in causa il premier Draghi e il presidente del Coni, Malagò per chiedere ‘cosa intendano fare “per mettere fine alla vergognosa situazione per la quale le donne italiane, non avendo di fatto accesso alla legge 91 del 1981 sul professionismo sportivo, vengono esposte a casi clamorosi come quello dell’atleta Lara Lugli’.

No, non è facile essere donne. Se poi si è costrette, previo licenziamento, ancora oggi, nel 2021, a dover scegliere tra essere madri o lavoratrici è maledettamente sbagliato. Ma forse non ci indigniamo ancora abbastanza.

Chiara Farigu

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lunedì 8 marzo 2021

8 marzo: non chiamiamola ‘festa della donna’

 Non chiamiamola festa della donna. Sarebbe maledettamente riduttivo e oltremodo sbagliato. Quel che si commemora oggi è ‘la giornata internazionale della donna’. Che nulla ha a che vedere con l’uscita a cena in locali addobbati per l’occasione  per sole donne nei quali poi fare bisboccia.

E’ un evento per riflettere e per dibattere su quanto la politica e le istituzioni tutte possono e devono ancora fare per abbattere tabù, pregiudizi e retaggi culturali ancora oggi duri a morire.

Ventiquattro ore per ricordare le sofferenze, le discriminazioni ma anche le tante battaglie messe in campo, nel corso dei decenni, per conquistare autonomia, indipendenza economica, emancipazione, parità di diritti e doveri.

Ventiquattro ore per sottolineare non tanto quanto è stato fatto finora ma quanto rimane da fare.

Essere donne non è facile. Non lo è  stato nel passato e tantomeno lo è oggi. Dove si è chiamate ad accettare sfide sempre più dure e totalizzanti. E se da un lato occorre farsi trovare pronte, dall’altro le istituzioni tutte devono agevolare il cambiamento in atto garantendo le pari opportunità.

Perché mai come adesso il mondo ha bisogno dell’intelligenza, dell’intuito, della sensibilità, della creatività  e delle competenze specifiche del genere femminile.

Prima se ne prende atto, meglio è. A cominciare dalle stesse donne. Che devono ‘tenere botta’ e solidarizzare tra loro. 

Non chiamiamola festa, dunque. Perché,  solo quando la parità e il rispetto che si deve all’altra metà dell’universo verrà riconosciuto a prescindere, si potrà festeggiare.

Solo quando non sentiremo più parlare di ‘femminicidi’, uno ogni cinque giorni e in drammatico aumento nel periodo della pandemia,  di centri antiviolenza, di discriminazioni  e di maltrattamenti di qualsiasi intensità e grado,  si potrà allentare la guardia.

Solo quando, prima ancora di una qualsiasi normativa ad hoc, saranno l’educazione, la corretta alfabetizzazione di genere, l’acquisizione di valori positivi  a riequilibrare le tante, troppe storture ancora presenti,  si potrà fare a meno di una giornata commemorativa.

Strano, quanti ricordi riaffiorano oggi nella mia mente.  Quando, mio padre, uomo dai mille mestieri, si adoperava per  rendere più gradevole ma soprattutto meno gravoso il lavoro domestico di mia madre.

Mi piace immaginare fosse un 8 marzo quando, contro la ritrosia di mia madre, che considerava quasi un lusso sperperare quei risparmi costati sudore e fatica, fece installare, fu tra i primi in paese, erano gli anni ’50,  l’acqua potabile. E sicuramente fu ancora un 8 marzo quando dotò la cucina di un frigorifero e la camera da pranzo di un televisore. E successivamente il bagno della lavatrice.

Mio padre, uomo di grande intelligenza sebbene di poca cultura, se avesse potuto, e a suo modo lo ha fatto, della madre dei suoi figli ne avrebbe fatto una regina.  A lui non piaceva imporre ma condividere e prevenire i desideri prima ancora che venissero espressi.

In quei gesti vi era tutta la gratitudine e il riconoscimento di un lavoro faticoso che solo l’occhio attento di un marito premuroso sapeva apprezzare.

Vi era rispetto e  riconoscenza infinita.  Vi era condivisione di un progetto comune.

Vi era sostegno reciproco e solidarietà. E senso di protezione sconfinato. Quello che ogni uomo che si rispetti, che sia il padre il compagno di vita o il datore di lavoro deve assicurare.

Valori per quei tempi non certo scontati. Quando le donne pagavano pegno dovuto a tradizioni arcaiche che le relegava ai margini della società. Pegno che in qualche modo continuano a pagare ancora oggi. Quando, a parità di mansione e di orario, percepiscono salari inferiori rispetto ai loro colleghi uomini. O come quando, in periodi di crisi, come l’ultimo  che stiamo vivendo, a perdere il posto di lavoro per prima sono ancora loro, le donne.

Da qui le battaglie portate avanti e le tante altre da combattere. La parità, a tutt’oggi, è una chimera. La strada è ancora è lunga e piuttosto impervia, ma non per questo bisogna demordere. Anzi.

E se, per prenderne atto (donne comprese) e agire di conseguenza servono eventi commemorativi, ben venga l’ennesima giornata a tema.

Con l’auspicio però che i buoni proponimenti, che oggi abbondano, non si esauriscono nell’arco delle 24 ore come bolle di sapone.

Chiara Farigu

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La nonna paterna? Una nonna a metà (con poche eccezioni)

  Essere nonne è un dono meraviglioso che la vita riserva a chi ha avuto la gioia di essere prima mamma. E’ come diventare madri una seconda...