il blog di chiarafarigu

domenica 14 marzo 2021

Enrico Letta nuovo segretario del Pd: “Serve nuovo partito, non nuovo segretario”

 Con 860 voti a favore, 2 contrari e 4 astenuti, l’Assemblea Nazionale  ‘incorona’ Enrico Letta come nuovo Segretario del PD. L’ex presidente del Consiglio era l’unico candidato alla segreteria dopo le improvvise e inaspettate dimissioni di Nicola Zingaretti la scorsa settimana. ‘Mi vergogno del Pd, da giorni si parla solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata di Covid e tanto c’è da fare per i giovani, il lavoro e l’economia tutta’, scrisse su FB.

Il suo, un j’accuse senza precedenti contro un partito senza più identità né forza propulsiva atte ad accettare le sfide che la crisi pandemica e l’Europa mettono in campo.

‘Se il problema sono io, mi faccio da parte’, aggiunse. Detto fatto. E siamo a oggi con Letta nuovo Segretario, la cui missione è rimettere insieme i cocci di un partito piuttosto malandato e imprimere una svolta con nuovi programmi nuovi valori e forse nuove alleanze.

Una missione ardua certamente, al limite dell’impossibile che Letta però accetta anche se, sostiene, che più di un nuovo Segretario  ‘serve un nuovo PD’.

Dell’ex premier si sa tutto o quasi. La sua attività politica, cominciata in giovanissima età e la sua  celere scalata fino a ricoprire il ruolo di Presidente del Consiglio su incarico di Napolitano,  è arcinota a tutti.  Altrettanto nota è la sua repentina ridiscesa  a seguito del famigerato #enricostaisereno dell’ex rottamatore che ne prese il posto.

Una carriera politica ricca, senza soluzione di continuità (ad eccezione degli ultimi sette anni trascorsi a Parigi come docente universitario) che oggi, in occasione della sua nomina  viene ampiamente ricordata.

Tutte le biografie che lo riguardano  lo ritraggono come un toscano doc essendo nato, cresciuto ed essersi  laureato  a Pisa. Pochi sanno invece che per metà  è sardo. Sua madre infatti, la sig.ra Anna Bianchi, è sassarese e sua nonna nativa di Porto Torres. Chi lo conosce bene sostiene che Enrico dei sardi si porta dietro  la tenacia e l’affidabilità e quel pizzico di diffidenza che non guasta mai.  E che lui, delle sue radici, ne va molto fiero.

Anna  andò a studiare a Pisa dove conobbe Giorgio Letta, abruzzese  di Avezzano, fratello del  più celebre Gianni,  col quale  poco dopo si sposò.  Il 20 agosto del 1966 nacque Enrico che , prima con la famiglia, e in seguito autonomamente ha mantenuto sempre un rapporto privilegiato con la Sardegna  dove vi trascorre  periodi di relax quando gli impegni glielo consentono.

Un altro punto su cui concordano quanti lo conoscono a fondo è la puntigliosità, vale a dire la fermezza  mista a calma con la quale intraprende qualunque obiettivo da raggiungere, consapevole che la fretta sia sempre una cattiva consigliera. Una qualità, sostengono sempre i beni informati, ereditata dal nonno sardo,  agronomo,  che per mestiere doveva misurare i confini degli stazzi per riportarli poi su carta. Al quale, quando metteva fretta ai contadini nella costruzione delle recinzioni, gli veniva risposto che “i muretti a secco” richiedono calma, tempo e precisione  se si vuole che resistano nel tempo.  Una tecnica che Enrico aveva mutuato in politica e che potrebbe tornargli nuovamente utile per rimettere insieme i cocci del suo PD.

L’uomo giusto al posto dunque?  Sarà il tempo a dirlo. La voglia di riscatto c’è tutta. Così come la volontà di rivoltare da cima a fondo un partito sempre più ‘in cerca di un centro di gravità permanente’.

Rilanciare lo ius soli e il voto ai 16enni, elaborare nuove sfide in economia, rilanciare il dialogo con lavoratori, sindacati, imprenditori, affrontare le amministrative per battere le destre, sono solo alcuni punti dell’ambizioso programma da realizzare entro il 2023.

Immediate le reazioni dell’opposizione che vanno subito all’attacco. ‘Parte subito male, cavolate quelle sullo ius soli’, lo apostrofa Salvini, mentre la Meloni commenta che ‘a volte sono meglio i cervelli in fuga’.  Auguri di buon lavoro dai vertici del M5S : ‘insieme possiamo raggiungere obiettivi importanti per il Paese’ e da Renato Brunetta che auspica una proficua collaborazione ‘ per una Pubblica Amministrazione moderna ed efficiente’.

Chiara Farigu

*Immagine Huffingtonpost

sabato 13 marzo 2021

Ciao, Raoul, ci mancherai

 Prima che iniziasse questo periodo di divieti, dovuto alla pandemia,  il venerdi sera ero solita uscire con gli amici per fare i classici ‘quattro salti’.

Un modo per evadere dalla routine quotidiana, stando in allegria. Dopo la pizzata, a farla da padrone era la musica. Le band si alternavano, c’era quella che piaceva di più, che sapeva coinvolgere maggiormente ma tutte, dopo i tormentoni del momento, dedicavano uno spazio ai balli di coppia.
Il bello veniva quando nella sala giungevano le prime note di ‘Ciao Mare’ o di ‘Romagna mia’era un tripudio di allegria. Ci si alzava e si cominciava a cantare a squarciagola. Quella musica era contagiosa, era adrenalina pura. Era spensieratezza, divertimento. Era voglia di vivere.
In quei momenti capivi la grandezza di Raoul Casadei. Poteva piacere o non piacere ma di certo la sua musica non lasciava indifferenti.
Il re del liscio se n’è andato. Ennesima vittima delle complicanze del maledetto virus.
Ciao Raoul, ci mancherai.
Ci mancherà il tuo stile, la tua eleganza, la tua semplicità. Ci mancherà quel tuo saper in mettere in musica i valori di una volta. Di quando ci bastava poco per essere felici. Come fare ‘quattro salti’ dopo una pizza in compagnia di amici. Era la musica a fare il resto.
Chiara Farigu
Potrebbe essere un'immagine raffigurante 1 persona e in piedi

mercoledì 10 marzo 2021

Storia di Laura, pallavolista incinta, citata per danni dalla società

 Lo abbiamo detto e ribadito appena due giorni fa, in occasione dell’otto marzo, che essere donne non è facile e che c’era ben poco da festeggiare.

A conferma di quanto la strada per conseguire la parità dei diritti sia ancora lunga e impervia, la vicenda di Laura Lugli, pallavolista del Volley Pordenone che denuncia: ‘Io, incinta, citata per danni dal mio club e criminalizzata come se mi fossi dopata’.

E’ la stessa giocatrice, in raccontare la sua storia nel suo profilo Facebook. I fatti risalgono al campionato 2018/2019.

A marzo 2019 comunica al suo club l’impossibilità di proseguire la stagione perché incinta. E la società, come da prassi  per queste situazioni, rescinde il contratto. Quando, dopo l’aborto spontaneo, chiede il pagamento dell’ultimo stipendio pendente, si vede recapitare una citazione per danni. Le accuse sono alquanto pesanti: aver mentito sulla sua intenzione di avere figli e di aver perso, a causa della sua assenza, posizioni in classifica e di conseguenza sponsor per l’anno successivo.

‘E’ incredibile che nel 2021 essere incinta debba essere considerata come una mancanza di professionalità, criminalizzata come l’assunzione di cocaina e la conseguente positività a un controllo antidoping. È incredibile che una donna venga umiliata in questo modo e anche i suoi dolori e dettagli molto privati della sua vicenda personale vengano usati. Il tutto per 2500 euro’.

E’ incredibile sì, ma soprattutto è inaccettabile che al giorno d’oggi una donna debba essere ancora messa nella condizione di dover scegliere se essere madre o lavoratrice. Alla faccia delle cosiddette pari opportunità con le quali  ci si continua a riempire la bocca ma mai però a mettere veramente in pratica.

Il club sportivo non ci sta ‘verità ribaltata’, replica dopo il clamore suscitato. ‘Di fronte alla maternità ci siamo limitati a interrompere consensualmente il rapporto mantenendoci in costante contatto con la giocatrice anche nel doloroso momento che ha affrontato poche settimane dopo. Solo quando ci è arrivata l’ingiunzione di pagamento ci siamo opposti e abbiamo attivato le clausole del contratto’.

Qualunque sia la verità, la parola passa ora ai giudici.

Intanto l’Associazione Nazionale Atlete chiama in causa il premier Draghi e il presidente del Coni, Malagò per chiedere ‘cosa intendano fare “per mettere fine alla vergognosa situazione per la quale le donne italiane, non avendo di fatto accesso alla legge 91 del 1981 sul professionismo sportivo, vengono esposte a casi clamorosi come quello dell’atleta Lara Lugli’.

No, non è facile essere donne. Se poi si è costrette, previo licenziamento, ancora oggi, nel 2021, a dover scegliere tra essere madri o lavoratrici è maledettamente sbagliato. Ma forse non ci indigniamo ancora abbastanza.

Chiara Farigu

*Immagine web

lunedì 8 marzo 2021

8 marzo: non chiamiamola ‘festa della donna’

 Non chiamiamola festa della donna. Sarebbe maledettamente riduttivo e oltremodo sbagliato. Quel che si commemora oggi è ‘la giornata internazionale della donna’. Che nulla ha a che vedere con l’uscita a cena in locali addobbati per l’occasione  per sole donne nei quali poi fare bisboccia.

E’ un evento per riflettere e per dibattere su quanto la politica e le istituzioni tutte possono e devono ancora fare per abbattere tabù, pregiudizi e retaggi culturali ancora oggi duri a morire.

Ventiquattro ore per ricordare le sofferenze, le discriminazioni ma anche le tante battaglie messe in campo, nel corso dei decenni, per conquistare autonomia, indipendenza economica, emancipazione, parità di diritti e doveri.

Ventiquattro ore per sottolineare non tanto quanto è stato fatto finora ma quanto rimane da fare.

Essere donne non è facile. Non lo è  stato nel passato e tantomeno lo è oggi. Dove si è chiamate ad accettare sfide sempre più dure e totalizzanti. E se da un lato occorre farsi trovare pronte, dall’altro le istituzioni tutte devono agevolare il cambiamento in atto garantendo le pari opportunità.

Perché mai come adesso il mondo ha bisogno dell’intelligenza, dell’intuito, della sensibilità, della creatività  e delle competenze specifiche del genere femminile.

Prima se ne prende atto, meglio è. A cominciare dalle stesse donne. Che devono ‘tenere botta’ e solidarizzare tra loro. 

Non chiamiamola festa, dunque. Perché,  solo quando la parità e il rispetto che si deve all’altra metà dell’universo verrà riconosciuto a prescindere, si potrà festeggiare.

Solo quando non sentiremo più parlare di ‘femminicidi’, uno ogni cinque giorni e in drammatico aumento nel periodo della pandemia,  di centri antiviolenza, di discriminazioni  e di maltrattamenti di qualsiasi intensità e grado,  si potrà allentare la guardia.

Solo quando, prima ancora di una qualsiasi normativa ad hoc, saranno l’educazione, la corretta alfabetizzazione di genere, l’acquisizione di valori positivi  a riequilibrare le tante, troppe storture ancora presenti,  si potrà fare a meno di una giornata commemorativa.

Strano, quanti ricordi riaffiorano oggi nella mia mente.  Quando, mio padre, uomo dai mille mestieri, si adoperava per  rendere più gradevole ma soprattutto meno gravoso il lavoro domestico di mia madre.

Mi piace immaginare fosse un 8 marzo quando, contro la ritrosia di mia madre, che considerava quasi un lusso sperperare quei risparmi costati sudore e fatica, fece installare, fu tra i primi in paese, erano gli anni ’50,  l’acqua potabile. E sicuramente fu ancora un 8 marzo quando dotò la cucina di un frigorifero e la camera da pranzo di un televisore. E successivamente il bagno della lavatrice.

Mio padre, uomo di grande intelligenza sebbene di poca cultura, se avesse potuto, e a suo modo lo ha fatto, della madre dei suoi figli ne avrebbe fatto una regina.  A lui non piaceva imporre ma condividere e prevenire i desideri prima ancora che venissero espressi.

In quei gesti vi era tutta la gratitudine e il riconoscimento di un lavoro faticoso che solo l’occhio attento di un marito premuroso sapeva apprezzare.

Vi era rispetto e  riconoscenza infinita.  Vi era condivisione di un progetto comune.

Vi era sostegno reciproco e solidarietà. E senso di protezione sconfinato. Quello che ogni uomo che si rispetti, che sia il padre il compagno di vita o il datore di lavoro deve assicurare.

Valori per quei tempi non certo scontati. Quando le donne pagavano pegno dovuto a tradizioni arcaiche che le relegava ai margini della società. Pegno che in qualche modo continuano a pagare ancora oggi. Quando, a parità di mansione e di orario, percepiscono salari inferiori rispetto ai loro colleghi uomini. O come quando, in periodi di crisi, come l’ultimo  che stiamo vivendo, a perdere il posto di lavoro per prima sono ancora loro, le donne.

Da qui le battaglie portate avanti e le tante altre da combattere. La parità, a tutt’oggi, è una chimera. La strada è ancora è lunga e piuttosto impervia, ma non per questo bisogna demordere. Anzi.

E se, per prenderne atto (donne comprese) e agire di conseguenza servono eventi commemorativi, ben venga l’ennesima giornata a tema.

Con l’auspicio però che i buoni proponimenti, che oggi abbondano, non si esauriscono nell’arco delle 24 ore come bolle di sapone.

Chiara Farigu

*Immagine web

venerdì 5 marzo 2021

Pd, Zingaretti si dimette da segretario: ‘Ora tutti dovranno assumersi le proprie responsabilità’

 Nicola Zingaretti getta la spugna. Dopo settimane di estenuanti lotte lotte interne fra correnti,  ha deciso di lasciare la guida del PD, partito del quale ‘si vergogna’ profondamente, scrive senza mezzi termini.

Sempre più crescenti i malumori sulla sua linea politica e sulle scelte che da tempo vengono messe in campo dalla sua segreteria.  La minoranza interna, nell’Assemblea nazionale, programmata per il 13 marzo prossimo,  ha messo all’ordine del giorno oltre ai programmi  anche la leadership del partito.

Zingaretti, dinanzi ‘allo stillicidio senza fine’ affida a  Facebook  l’ annuncio delle sue dimissioni da segretario del Partito Democratico. Con un post duro, un vero e proprio j’accuse contro chi, anziché preoccuparsi e occuparsi dei problemi reali del Paesi, perde tempo a curare il proprio orticello.

Questo il testo del lungo post pubblicato sul suo profilo Facebook:

‘Lo stillicidio non finisce. Mi vergogno che nel Pd, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid, c’è il problema del lavoro, degli investimenti e la necessità di ricostruire una speranza soprattutto per le nuove generazioni.

Sono stato eletto proprio due anni fa. Abbiamo salvato il Pd e ora ce l’ho messa tutta per spingere il gruppo dirigente verso una fase nuova. Ho chiesto franchezza, collaborazione e solidarietà per fare subito un congresso politico sull’Italia, le nostre idee, la nostra visione. Dovremmo discutere di come sostenere il Governo Draghi, una sfida positiva che la buona politica deve cogliere.

Non è bastato. Anzi, mi ha colpito invece il rilancio di attacchi anche di chi in questi due anni ha condiviso tutte le scelte fondamentali che abbiamo compiuto. Non ci si ascolta più e si fanno le caricature delle posizioni.

Ma il Pd non può rimanere fermo, impantanato per mesi a causa in una guerriglia quotidiana. Questo, sì, ucciderebbe il Pd.

Visto che il bersaglio sono io, per amore dell’Italia e del partito, non mi resta che fare l’ennesimo atto per sbloccare la situazione. Ora tutti dovranno assumersi le proprie responsabilità. Nelle prossime ore scriverò alla Presidente del partito per dimettermi formalmente. L’Assemblea Nazionale farà le scelte più opportune e utili.

Io ho fatto la mia parte, spero che ora il Pd torni a parlare dei problemi del Paese e a impegnarsi per risolverli. A tutte e tutti, militanti, iscritti ed elettori un immenso abbraccio e grazie.

Ciao a tutte e tutti, a presto. Nicola

Immediate le reazioni. Sia da parte di molti esponenti del PD che auspicano in un ripensamento del Segretario, e sia dai  leader dall’ex maggioranza che di Zingaretti, sostengono, hanno potuto apprezzarne la correttezza e la leale collaborazione.

Chiara Farigu 

*Immagine AdnKronos

giovedì 4 marzo 2021

4 Marzo: Giornata Mondiale dell’Obesità. In aumento anche a causa del covid

 Nel mondo sono 800 milioni gli adulti affetti da obesità, in Italia se ne contano 18 milioni, ovvero una persona su dieci. Tre bambini su dieci inoltre sono in sovrappeso, di cui uno è obeso.

I dati, secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, sono stime per difetto poiché i numeri sono in continuo aumento.

Anche a causa del forzato confinamento domestico dovuto alla pandemia che ha costretto adulti e bambini a un rallentamento delle attività pre-covid.

La didattica a distanza, il lavoro da remoto, la chiusura di palestre e centri sportivi ha contribuito ulteriormente a incrementare cattive abitudini alimentari con tutte le conseguenze del caso.

Il World Obesity Day, che ricorre oggi, può e deve rappresentare l’ occasione per porre la dovuta attenzione al tema  poiché spesso l’obesità è alla base di patologie anche gravi come quelle cardiovascolari, le autoimmuni, il cancro e il diabete. Inoltre, evidenziano gli studiosi, le persone obese che contraggono il Covid19, hanno più probabilità di essere ospedalizzate.

‘E’ necessario investire sulle politiche di contrasto all’obesità che non riguardino, però, solo la prevenzione ma anche la creazione di adeguati percorsi di cura e la formazione degli operatori sanitari. A quest’ultimo settore, insieme a quello della ricerca, dovrà essere dedicata particolare attenzione per garantire un risultato concreto in termini di qualità e appropriatezza delle cure’, scrive sul profilo Facebook il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri.  Aggiungendo che l’obesità deve essere considerata una malattia, non solo un fattore di rischio. E che è giunto il momento di liberarsi dallo stigma sociale e clinico che accompagna quanti sono affetti da questa patologia e fare in modo che non vengano penalizzati’.

Penalizzazioni, come troppo spesso ci raccontano i social, che si trasformano in veri e propri atti di bullismo e manifestazioni di discriminazione. Quante le persone obese che si sono viste rifiutare le offerte di lavoro a causa di quei chili di troppo, percepiti come una colpa e non come una patologia.

Una giornata per riflettere, dunque. E possibilmente per affrontare nuove sfide e trovare soluzioni.  I numeri parlano chiaro: è già emergenza.

 Chiara Farigu

 

martedì 2 marzo 2021

Prepariamoci. E’ in arrivo la grande abbuffata sanremese

 Prepariamoci. E’ in arrivo la grande abbuffata sanremese. Da domani, come ci rammenta lo spot countdown di mamma Rai, avrà inizio la  grande kermesse canora, arrivata alla 71esima edizione. E tutti, anche chi giura e spergiura che ‘il festival, io? Ma per favore, non lo guardo da decenni’, una sbirciata finisce per dargliela. Non fosse altro che per parlarne male.

Che piaccia o no, Sanremo è lo specchio della nostra società. A fare da cornice alla musica, l’Italia. C’è davvero tutto, o quasi: la competizione, la leggerezza, l’impegno. Ma anche la rabbia, la provocazione, l’allegria. C’è il bello e il brutto, il buono e il cattivo. Ci siamo noi. Con le nostre contraddizioni. I nostri sentimenti. Le nostre paure.

E’ forse è per questo che Sanremo è sempre Sanremo.

Me li ricordo i Sanremo della mia gioventù.  Quelli sì che erano belli. O forse era bella la mia gioventù. O più probabilmente il ricordo di entrambi, chissà. E’ indubbio che su quel palco, un tempo inondato di fiori (ma che fine hanno fatto quei fiori?) sono nati molti dei nostri miti. Celentano, Lucio Battisti, Gigliola Cinquetti, Al Bano, Lucio Dalla, Zucchero, Vasco Rossi, Eros Ramazzotti, Laura Pausini e persino Bocelli hanno mosso i primi passi lì, tra il profumo inebriante di mimose ranuncoli e rose e gli applausi (a volte i fischi) di quel pubblico in sala che, a detta degli esperti, dicono essere piuttosto esigente.

Le canzoni erano belle, orecchiabili fin da subito. O almeno così le ricordo io. Quante ne ho cantate a squarciagola! Ora non canto quasi più. E non perché non mi piaccia più farlo. E’ che non mi emoziono più come allora. Quando anche un semplice ritornello riusciva a dare la svolta ad un giornata un po’ così. Cambiano i tempi, cambiano le mode, cambia il modo di vivere la musica.

Ma ad essere cambiati cambiati noi. E con noi anche Sanremo, sempre più show e sempre meno gara. Dove i giochi sembrano già fatti così come le polemiche, preparate a tavolino purché se ne parli.

Eppure, nonostante le critiche, questa kermesse riesce a tenere incollati davanti al teleschermo milioni di telespettatori. Sarà così anche quest’anno, dicono i sondaggisti che azzardano, per questa edizione anomala, senza il pubblico in sala, il botto di ascolti.

Chiara Farigu

lunedì 1 marzo 2021

Il generale Figliuolo nuovo Commissario all’emergenza Covid, Draghi rimuove Arcuri

 Sotto accusa da diverse settimane per i ritardi nell’attuazione del piano vaccinale e  il caso dei padiglioni Primule (accantonate perché inutili oltre che eccessivamente costose), Domenico Arcuri paga pegno e viene rimosso dall’incarico.

Sarà il generale Francesco Figliuolo il nuovo commissario straordinario per l’emergenza covid. La nomina è arrivata ‘come un fulmine a ciel sereno’, ha dichiarato il generale, aggiungendo che per lui ‘è una grande attestazione’.

Originario di Potenza, Figliuolo vanta un curriculum piuttosto consistente: tre lauree, in Scienze Politiche, Scienze Strategiche e Scienze Internazionali e diversi Master. Al quale si aggiungono una grande esperienza sul campo, è stato infatti comandante delle Forze armate in Kosovo e comandante del contingente nazionale in Afghanistan e numerose onorificenze.  ‘Metterò tutto me stesso e tutto l’impegno possibile per fronteggiare questa pandemia. Lavorerò per la nostra Patria e i nostri connazionali’, ha commentato a caldo.

Al commissario uscente i ringraziamenti del governo per ‘l’impegno e lo spirito di dedizione con cui ha svolto il compito a lui affidato in un momento di particolare emergenza per il Paese’, come recita la nota di Palazzo Chigi.

Esulta il centrodestra che da giorni chiedeva la testa di Arcuri, reo di tanti, troppi errori commessi sia nelle gestione della campagna vaccinale e sia negli acquisti (tardivi, inadatti e pagati più del dovuto) di molti dispositivi medici come mascherine, camici, visiere, guanti, siringhe e respiratori.

‘Finalmente rimosso l’uomo dei disastri. Bene il cambio di guardia’, ha commentato la leader di FdI.

Al nuovo commissario gli auguri di tutto il governo.

Chiara Farigu

*Immagine Huffpost

domenica 21 febbraio 2021

Larissa, salto da record come mamma Fiona 25 anni prima

 Larissa Iapichino entra di diritto nella storia dell’atletica leggera saltando un clamoroso 6,91 agli Assoluti indoor di Ancona. Un sogno che diventa realtà per la 18enne atleta fiorentina, la miglior prestazione del 2021 che la catapulta di fatto alle Olimpiadi di Tokio.

Il giusto riconoscimento dopo anni di sacrifici, di allenamenti  alternati alle ore di studio  e di svago con i coetanei.

E’ figlia d’arte, Larissa. Anche se orgogliosamente preferisce essere citata non come ‘la figlia di’ ma per quello che  riesce a dimostrare sul campo.

I suoi genitori, due grandi dello sport italiano, la madre, Fiona May, alla quale somiglia come una goccia d’acqua, due volte campionessa mondiale di salto in lungo; il padre, Gianni Iapichino campione di salto con l’asta e successivamente allenatore di Fiona.

La prima grande vittoria per Larissa il 16 luglio scorso, durante il meeting di Savona 2020 quando si aggiudica la seconda prestazione italiana di sempre nel salto in lungo con ben 6,80 metri,  piazzandosi  al secondo posto nella classifica di tutti i tempi, dietro alla madre Fiona.

Ieri un ulteriore exploit: è suo il record mondiale Under 20 indoor, proprio come fece mamma Fiona 25 anni fa, a Valencia.  ‘Sono emozionatissima, è arrivato tutto insieme, in realtà mi sento ancora una cucciola tra le leonesse’, ha commentato a caldo la giovane Iapichino.

E pensare che del salto in lungo Larissa non ne voleva sapere. Per ben otto anni si è dedicata alla ginnastica artistica. L’atletica è arrivata dopo, quasi per caso, nel 2015 quando la mamma l’ha portata a vedere un meeting a Montecarlo. E’ stato subito amore dopo averlo peraltro contrastato a lungo. Un amore che oggi, oltre a ripagarla dei lunghi sacrifici, la colloca  nel gotha del salto in lungo  e le apre le porte per le Olimpiadi.

‘Ancora non ho realizzato quello che ho appena fatto’. Un sogno, dal quale giustamente  non vorrebbe svegliarsi. Almeno per qualche giorno ancora. Poi tornerà sui libri, l’esame di maturità è alle porte e Larissa non intende mancare all’appuntamento.

Intanto oggi si festeggia a casa Iapichino.  Eguagliare una campionessa come mamma Fiona e in aggiunta  strappare il primato alla tedesca Drechsler, non è cosa di tutti i giorni. E’ roba da talenti di classe. E Larissa, col suo talento, farà svettare il tricolore a lungo.

Chiara Farigu

*Immagine tratta dal web

sabato 20 febbraio 2021

20 febbraio. Giornata Nazionale del Personale Sanitario. Mattarella: ‘SSN un patrimonio da preservare’

 Esattamente un anno fa a  Codogno veniva ricoverato il 38enne Mattia Maestri, divenuto, suo malgrado il simbolo di una lunga interminabile e drammatica lista di pazienti positivi al coranavirus.  Il ‘paziente 1’, così fu prontamente ribattezzato dai medici che in quei giorni  si apprestavano a fare la conoscenza del famigerato virus che presto avrebbe sconvolto le nostre vite, limitato le nostre libertà, cancellato migliaia e migliaia di posti di lavoro, messo in ginocchio l’ economia del Paese, provocato la morte di quasi centomila persone.

Una data, il 20 febbraio che ha segnato e continua a segnare le nostre esistenze. Poiché la pandemia sanitaria, e di conseguenza quella economica, è ancora lontana dall’essere sconfitta.

Una data che è diventata una ‘solennità civile’  per onorare il lavoro, l’impegno, la professionalità e il sacrificio degli operatori sanitari e sociosanitari nel corso della pandemia, con la legge del 3 novembre scorso, quando fu istituita la Giornata del Personale Sanitario.

‘Dedichiamo questa Giornata ai caduti per salute di tutti- ha detto il Capo dello Stato- a loro, costantemente in prima linea,  dobbiamo profonda riconoscenza per la professionalità e lo spirito di abnegazione con le quali  fronteggiano l’emergenza pandemica che, a distanza di poco più di un anno dalla sua comparsa, ancora ci affligge. È stato un impegno contrassegnato da difficoltà e sofferenze: moltissimi operatori hanno contratto il virus e tante sono le vittime che abbiamo dovuto piangere tra medici e infermieri’.

Mattarella poi ha rivolto un pensiero al Sistema Nazionale Sanitario che, pur con mille difficoltà sta fronteggiando una prova senza precedenti ‘è un patrimonio da preservare e su cui investire a tutela della nostra collettività’.

Una giornata per riflettere. Un invito ad abbandonare individualismi di ogni genere perché, come ci viene spesso ricordato anche da Papa Francesco ‘dalla crisi pandemica si esce tutti insieme’

 Chiara Farigu

*Immagine tratta dal web

La nonna paterna? Una nonna a metà (con poche eccezioni)

  Essere nonne è un dono meraviglioso che la vita riserva a chi ha avuto la gioia di essere prima mamma. E’ come diventare madri una seconda...