il blog di chiarafarigu

sabato 22 gennaio 2022

Studente muore schiacciato a 18 anni: era all’ultimo giorno dell’alternanza scuola-lavoro

 Aveva appena diciotto anni Lorenzo, lo studente di Udine schiacciato da una putrella di ferro mentre frequentava il suo ultimo giorno di ‘alternanza scuola-lavoro’ in un’azienda meccanica  di Lauzacco.

Non ci sono parole né lacrime per una morte così assurda. C’è solo sgomento e tanta rabbia per una notizia che paradossalmente non fa più neanche notizia. Perché la sua morte si somma alle altre che quotidianamente avvengono sul lavoro, tre ogni 24 ore, ci dicono le statistiche.

Eppure questa tragedia va oltre. ‘Già è indegna la continua strage di persone sui luoghi di lavoro. Ancora più inammissibile, scrive Nicola Fratoianni, sul suo profilo FB, quella di uno studente. Gli studenti devono stare a scuola, dedicarsi allo studio e alle loro passioni, non a rischiare la vita in fabbrica’.

‘Una morte inaccettabile. Dobbiamo mettere tutto il nostro impegno, come istituzioni, a lavorare con più forza perché episodi come questo non si ripetano più’ ha dichiarato il ministro Bianchi.

Parole già sentite purtroppo tante, troppe volte. Alle quali però non seguono i fatti come le cronache drammaticamente raccontano.

La norma, fortemente voluta dal governo Renzi che la varò all’interno della famigerata #buonascuola fu da subito bocciata dagli studenti: Siamo studenti non operai. No alla sfruttamento gratuito. Riprendiamoci il nostro tempo’,  questo il loro disappunto urlato a più riprese nelle piazze di tutta Italia.

  Bollata anche da analisti e intellettuali come forma di lavoro coatto minorile poiché si presta a notevoli abusi (obbliga gli studenti minorenni a lavorare gratuitamente nelle aziende o in strutture alberghiere), la norma che oggi si chiama  PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento) è stata  successivamente rivista e corretta ma non eliminata come richiesto dai diretti interessati.

Molte le denunce da parti di studenti sfruttati da  aziende e strutture alberghiere presso cui hanno svolto le ore, superando, spesso, di gran lunga quelle previste, e di studentesse che hanno subito violenza fisica. Diversi gli incidenti sui luoghi dello stage. Uno studente di La Spezia subì un grave infortunio a causa del ribaltamento di un muletto che lo schiacciò.

Ieri la morte di Lorenzo. L’ennesima vittima di un sistema che fa acqua da tutte le parti e al quale nessuno sembra essere in grado di porvi rimedio.

Chiara Farigu

lunedì 17 gennaio 2022

Debutto col botto per ‘La sposa’, la nuova fiction di Rai 1 con Serena Rossi

 Ha decisamente sbaragliato la concorrenza la nuova serie tv di Rai 1 ‘La sposa’ che si è imposta, col 26,8% di share sugli altri programmi della serata.

A indossare l’abito nuziale che darà una svolta alla sua vita la versatile Serena Rossi, indimenticata Mina Settembre, regina delle fiction dello scorso anno.

La storia, coprodotta da Rai Fiction e Endemol Shine Italy, si incentra su una figura femminile forte e coraggiosa, una sorta di femminista ante litteram, ambientata negli Anni ’60 che lotta contro pregiudizi e disparità di genere in un’Italia ancora retrograda alle prese coi grandi cambiamenti del dopoguerra. A fare da sfondo alla storia dei protagonisti il contrasto tra i valori ancestrali del mondo contadino e quelli di una parte del Paese più industrializzata, con le sue regole, i suoi ritmi e gli inevitabili cambiamenti sociali e familiari.

Maria è una giovane donna calabrese che accetta, suo malgrado, un matrimonio combinato con un facoltoso possidente del Nord a patto che l’uomo sostenga economicamente la sua famiglia d’origine, la madre e i due fratelli, che rischiano persino lo sfratto poiché impossibilitati a pagarne il canone d’affitto. Lei in cambio dovrà garantire una prole possibilmente numerosa, ovvero nuove forza lavoro per i campi e l’allevamento del bestiame.

Il giorno del matrimonio però Maria scopre che non deve sposare l’anziano Vittorio ma Italo, suo nipote, sul quale, verrà a sapere in seguito, girano strane voci perché ritenuto colpevole della ’morte presunta’ della prima moglie e padre di un bambino, lasciato allo stato brado dopo la scomparsa della donna.

Italo è un uomo distrutto dal dolore che trova conforto nell’alcool  e nei ricordi della moglie Giorgia che custodisce gelosamente.  Per Maria non sarà facile ambientarsi al Nord e far breccia nel cuore del ‘marito’ che, arrovellato nella sua disperazione, non vuol saperne di dividere il suo letto con una sconosciuta, una che ha deciso di vendersi per denaro.

Sarà Paolino, il figlio di Italo, a dare un senso alla nuova vita di Maria. Il bambino che dalla scomparsa della madre  viveva nella stalla e si rifiutava di parlare, poco alla volta vince le sue paure e si lascia conquistare dalla dolcezza della donna. Il piccolo è intelligente, sa leggere e scrivere, Maria lo convince a tornare a scuola ma prima dovrà superare un esame per essere riammesso. Ma sarà soprattutto la sua determinazione e la sua intraprendenza a meritarsi il rispetto che le è dovuto.

Le giornate al Nord sono lunghe. Diversissime dai colori e dal clima della sua Calabria. A spaventare Maria non è il duro lavoro della fattoria quanto i modi rudi della sua nuova ‘famiglia’ e i pregiudizi che avverte negli sguardi di uomini e donne poco inclini a condividere gioie e fatiche con chi non è del posto.

A scombinare le carte, il ritrovamento di un cadavere nel fiume: è il corpo della moglie di Italo.

Tre serate per raccontare gli sviluppi di una trama che fin da subito si è imposta come vincente. Attualissime ancora oggi le tematiche affrontate che vanno dall’emancipazione femminile alla parità di genere, dai diritti delle donne all’uguaglianza dei cittadini che siano del Nord o del Sud o di altre nazionalità.

Chiara Farigu

*Immagine web

mercoledì 12 gennaio 2022

Addio a David Sassoli, presidente del Parlamento europeo e uomo perbene

 Giornalista, politico, europeista convinto, strenuo difensore dei diritti umani ma soprattutto persona perbene. Un uomo buono. È questo il sentire comune che traspare nell’ora del cordoglio per la scomparsa di David Sassoli.

Un coro unanime, un tam tam di commozione e di dolore sincero per questa mancanza che già si avverte e che difficilmente sarà colmato.

Un uomo delle istituzioni. Che ha onorato rispettato e, per quanto potuto, reso migliori. Commovente il discorso di Ursula von der Leyen, rigorosamente in italiano, nel ricordare il Presidente del Parlamento Europeo ‘come paladino della giustizia e della solidarietà, un caro amico. Voleva che l’Europa fosse più unita,  più vicina alla sua gente, più fedele ai nostri valori, questa è la sua eredità ed è così che lo ricorderò’.

Se n’è andato in punta di piedi, fatale la ricaduta da polmonite da legionella che lo aveva colpito qualche mese addietro. Risale al 26 dicembre scorso il ricovero in ospedale per le gravi complicanze dovute a una disfunzione del sistema immunitario.

Una carriera intensa e ricca di successi, la sua.

Arduo volerne tracciare un profilo che la ripercorra per intero.

Il giornalismo, una passione coltivata fin da giovanissimo quand’era studente liceale. Ha lavorato inizialmente per il quotidiano Il Tempo, poi per l’agenzia di stampa Asca. Successivamente è entrato nella redazione romana de Il Giorno. Nel 1992 è arrivata l’assunzione in Rai. Ha seguito per diversi anni gli avvenimenti relativi alla mafia, Tangentopoli e le inchieste sulle stragi italiane.

Sorriso accattivante, profondi occhi blu, voce suadente e modi garbati ne hanno fatto uno dei volti più noti dell’informazione, prima come inviato speciale del Tg1 e successivamente come conduttore del telegiornale nonché dei settimanali di approfondimento Speciale TG1 e TV7.

Amava raccontare in maniera scarna le sue storie. Privilegiava un linguaggio essenziale, privo di fronzoli.

La politica un’altra delle sue passioni. Il 1º luglio 2014 viene eletto Vicepresidente del Parlamento europeo. Nel gennaio 2017 è riconfermato Vicepresidente.

Il 3 luglio 2019 viene eletto Presidente del Parlamento europeo, il settimo italiano a ricoprire la carica. Ruolo che ha ricoperto con impegno, determinazione e grande equilibrio.

Lascia la moglie Alessandra e i figli Livia e Giulio.

‘E’ un giorno triste per l’Europa’ ha detto la von der Leyen. Un giorno triste per tutti noi.

Chiara Farigu

mercoledì 5 gennaio 2022

Il 6 gennaio 1980 veniva ucciso Piersanti Mattarella. Insieme a lui morì anche il sogno di una nuova Sicilia

 Quarantadue anni fa, nel giorno dell’Epifania veniva assassinato, da un commando composto da almeno due uomini, il Presidente della Regione Sicilia, Piersanti Mattarella.

Un omicidio ancora per certi versi senza risposte. Si conoscono i nomi dei mandanti (i più importanti boss di Cosa nostra) ma non del killer che materialmente sparò e uccise l’allora  quarantaquattrenne governatore della Sicilia davanti agli occhi della moglie Irma e dei figli Bernardo e Maria. Stava andando a messa per assistere alla celebrazione dell’Epifania quando fu raggiunto da una grandine di pallottole.

Insieme a lui morì anche il sogno di una nuova Sicilia. Finalmente libera dal giogo della mafia che tutto ordina e tutto gestisce.

Un omicidio immortalato da quell’immagine drammatica che ritrae l’attuale Capo dello Stato, allora professore di diritto, impegnato a togliere il fratello dall’auto nel vano tentativo di prestargli soccorso.

‘Mio nonno viene considerato da tutti una vittima di mafia, ma da quello che sta emergendo dalle indagini più recenti sembra esserci dell’altro. No, non è stata solo Cosa nostra a uccidere Piersanti Mattarella. Dopo 42 anni la mia famiglia ha diritto di conoscere finalmente la verità sull’omicidio di mio nonno. Non abbiamo mai avuto alcuna notizia da parte della Procura di Palermo sullo stato delle indagini. Ora, però, chiediamo verità e giustizia’, ha dichiarato  Piersanti junior, nipote dell’ex presidente in occasione della triste ricorrenza.

Una vicenda giudiziaria lunga e complessa. Con molti risvolti ancora da chiarire.

Nel 2018 la procura di Palermo ha riaperto l’inchiesta sull’omicidio. Nuovi accertamenti e nuovi reperti potrebbero dare risposte alle tante domande ancora senza un perché di un omicidio così efferato.

Un Politico con P maiuscola ma soprattutto scomodo, Piersanti Mattarella.

Aveva il pallino della legalità, della trasparenza e del rigore. Ambiva a liberare quella terra meravigliosa che è la Sicilia dalle logiche mafiose e avviare così un percorso di rinnovamento delle istituzioni. Da qui la riforma della Pubblica Amministrazione a livello regionale e la rivisitazione della procedura degli appalti in campo edilizio.

Un vero schiaffo alle organizzazioni mafiose che in quegli anni ‘avevano acquisito una grossa fetta di potere’, ricorda Piersanti Jr.

Un esempio di impegno politico. Di determinazione e coraggio. Che ha pagato con la vita la volontà di voler fermare lo strapotere mafioso.

Anche quest’anno a causa della pandemia sono stati ridotti gli eventi di commemorazione. Cerimonie sobrie si terranno a Palermo, sul luogo dell’eccidio, ed a Castellammare del Golfo, suo paese natale

Chiara Farigu

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domenica 2 gennaio 2022

Fausto Coppi: il 2 gennaio 1960 se ne andava la leggenda del ciclismo italiano

 Il 2 gennaio di 62 anni fa se ne andava Angelo Fausto Coppi, per tutti il Campionissimo. Nessuno come lui, nella storia del ciclismo. Icona intramontabile di uno sport meraviglioso ma durissimo che ha fatto sognare diverse generazioni e che, ancora oggi, per gli atleti delle due ruote rimane il faro a cui anche solo indegnamente tentare di avvicinarsi.

La sua vita, una leggenda. Destinato quasi certamente a seguire le orme contadine del padre Domenico, il giovane Fausto ha iniziato come garzone di salumeria a Novi Ligure. E’ allora che ha inforcato la sua prima bici, le consegne andavano recapitate nel più breve tempo possibile, un gioco da ragazzi per il futuro campione che su quelle strade volava come un airone.

Leggero, veloce, affidabile.

Sarà suo zio a regalargli una due ruote molto rudimentale, la sua prima bici, amore che durerà fino all’ultimo respiro, esalato a Tortona il 2 gennaio 1960, a soli 41 anni a causa della malaria (non diagnostica in tempo) contratta durante un viaggio in Alto Volta.

La sua prima corsa è datata luglio 1937. Inizio non molto promettente, a metà gara è costretto a ritirarsi poiché una gomma si sgonfia inaspettatamente. Non si arrende, Fausto. Il ciclismo gli è entrato nelle vene, è deciso, sarà quella la sua vita. Nel 1940 vince il Giro d’Italia, la via del successo è ormai tracciata. Ma prima dovrà fare i conti con la seconda guerra mondiale.

Esperienza piuttosto tormentata che lo vede dapprima militare a Tortona e poi prigioniero degli inglesi in Africa, a Capo Bon. Nel ’43 viene internato a Megez el Bab e poi trasferito al campo di concentramento di Blida, nei pressi di Algeri.

Esperienza traumatica dalla quale però esce indenne. Tornato a casa si riappropria della sua vita, mette su famiglia con Bruna Ciampolini (dalla quale avrà la sua prima figlia Marina), e riprende gli allenamenti. Il suo talento non passa inosservato alla Legano che diventa la sua prima squadra da professionista. Seguiranno negli anni la Bianchi, la Carpano, la Tricofilina, la San Pellegrino.

Il carnet delle sue vittorie è vastissimo, praticamente ha vinto tutto e di quel tutto più volte: cinque giri d’Italia, due Tour de France, tre Milano-Sanremo, una Parigi-Roubaix. Ma anche tre Mondiali, due su pista e uno su strada, quattro titoli italiani, cinque giri di Lombardia.

Storica la ‘rivalità’ con l’altra leggenda del ciclismo, Gino Bartali ovvero il ‘Ginettaccio’, com’era noto per il suo carattere fumantino. Rivalità che ha diviso le due accese tifoserie. Mentre loro, Bartali e Coppi, su questa ci hanno giocato a lungo. L’hanno persino cantata durante una puntata de Il Musichiere. Memorabile quella foto che li ritrae mentre si passano la borraccia lasciando nel mistero chi la passa a chi. Due campioni dei quali si è perso lo stampo. Irraggiungibili.

 

*Immagine tratta dal web

‘Un uomo solo al comando’, così venivano raccontate dai cronisti sportivi le epiche imprese del Campionissimo sulle montagne più dure aspre e impervie che immancabilmente scalava arrivando appunto primo dopo aver distanziato il gruppo degli inseguitori.

La sua vita, una leggenda. Compresa quella privata che non fu da meno. Fece scandalo, nell’Italia post-bellica, ancora molto puritana, la relazione extraconiugale con Giulia Occhini, definita dalla stampa di allora ‘ la Dama Bianca’, a sua volta sposata, donna per quale abbandonò la sua famiglia. Un’unione osteggiata dalle rispettive famiglie, dall’opinione pubblica, dalla tifoseria sportiva e dalla Chiesa. I due finiscono sotto processo e poi condannati: Coppi a due mesi di carcere, la Occhini a tre. Pena che poi verrà sospesa. Il clima sempre più irrespirabile convince i due a trasferirsi all’estero, in Messico si uniscono in matrimonio. Dalla loro unione, nel 1955,  nasce Il figlio Faustino.

Dal 15 settembre del 2019, in occasione del centenario della nascitaCastellania, paesino nell’entroterra alessandrino che gli ha dato i natali, si chiama Coppi-Castellania, ma anche più semplicemente solo Coppi. E’ un borgo-museo dove tutto parla di lui, mito indimenticato e intramontabile.

Ed è qui che oggi, in forma strettamente privata, si terrà una messa  in ricordo di Fausto. A causa dell’emergenza covid sono state sospese tutte le attività e iniziative celebrative.

Per quanti l’hanno amato  ‘l’uomo solo al comando’ resterà sempre e solo lui: il Campionissimo

Chiara Farigu

*Immagine Ansa

sabato 1 gennaio 2022

Con ‘Danza con me’ Roberto Bolle apre le danze del nuovo anno e incanta con la bellezza

 Ad aprire le danze del nuovo anno ci ha pensato lui, Roberto Bolle, che ieri sera col suo ‘Danza con me’ ha incantato oltre 3,5 milioni di telespettatori ottenendo un rispettabilissimo 18% di share.

Una carrellata di ospiti, molti i numero uno della danza che hanno condiviso il palco con Bolle che ha dedicato la serata alla regina indiscussa della danza classica Carla Fracci, scomparsa il 27 maggio scorso.

Al suo fianco una versatile Serena Rossi nei panni di co – conduttrice e Lillo che si è cimentato in godibili siparietti comici.

‘Grazie a tutti voi che ci avete seguito. Spero vi siate saziati e affamati al tempo stesso di bellezza’, ha detto Bolle al termine della serata.

La bellezza, è un valore intrinseco della danza. La danza è eleganza, è leggerezza, è leggiadria, è gestualità. È magia. Sogno. Emozione. La danza è intreccio di corpi che volteggiano, è Arte. E tutto questo arriva sotto forma di bellezza anche a chi non non è addentro alla complessità della danza classica.

E lui, l’artista che tutto il mondo ci invidia, incarna e trasmette questa bellezza in ogni suo gesto, in ogni suo movimento, in ogni racconto che precede o segue quei passi che magicamente prendono corpo al ritmo della musica.

Un altro momento di grande bellezza è stata l’esibizione di Frida Bollani, la talentuosa pianista che col suo tocco delicato a soli 16 anni ha incantato più volte i telespettatori italiani.

Una serata vincente. Bella.

Chiara Farigu

giovedì 30 dicembre 2021

Bye bye 2021! Non ti rimpiangeremo (se non per pochi irripetibili eventi)

 Ancora poche ore e potremo archiviare questi lunghi 12 mesi per fare posto al nuovo anno che sgambetta e già pretende attenzioni.

Un 2021 alquanto ingombrante che saluteremo senza troppi rimpianti.

Un anno che si era annunciato come quello della ‘grande speranza’ grazie all’arrivo dei vaccini approvati in tempo record che avrebbero dovuto debellare quel virus letale che tiene in scacco il mondo intero da ben due anni. Speranza che poi, alla luce dei dati recenti, siamo nel mezzo della quarta ondata, si è persa per strada.

Un 2021, come il precedente, trascorso all’insegna della pandemia.

A farla da padrone regole vecchie (lavaggio mani, mascherine, distanziamento) e nuove (doppie triple dosi di vaccino, greenpass, tamponi di ogni tipo per accedere alla vita sociale e perfino per lavorare).

A queste si aggiungeranno le ultime varate in extremis  dal governo che entreranno in vigore a partire dal 10 gennaio prossimo.

La novità più importante riguarda il certificato covid rafforzato (ottenibile solo con la vaccinazione o il certificato di guarigione) la cui obbligatorietà verrà estesa per accedere ad alberghi e strutture ricettive, matrimoni, fiere e servizi di ristorazione all’aperto, impianti sciistici, piscine, centri natatori, sport di squadra, centri benessere all’aperto, centro culturali, centro sociali e ricreativi per le attività all’aperto.

Tanti i cambiamenti in questo secondo anno di pandemia.  A cominciare da un governo nuovo di zecca. Definito dai più ‘governo dei migliori’ (in cosa non è dato sapere) per differenziarlo dal precedente denigrato dagli stessi come ‘governo degli incompetenti’.

E se il 2020 è stato l’anno del ‘ce la faremo, ne usciremo migliori’ questo che volge al termine è l’anno delle contrapposizioni. Tra chi si affida alla scienza e chi la osteggia. Tra chi combatte la pandemia e chi invece la nega.

Un fatto però rimane incontrovertibile, il numero dei decessi: oltre 130mila. 

Tra questi, molti gli addii celebri in questi lunghi 12 mesi. Da Milva a Battiato, da Carla Fracci a Raffaella Carrà. Personaggi che con la loro arte, la loro musica, le loro canzoni sono stati nostri compagni di vita. Così come Gianni Nazzaro, Nicoletta Orsomando, Nino Castelnuovo, Gianpiero Galeazzi, Lina Wertmuller, altri nomi famosi ai quali abbiamo detto addio.

Un ricordo a parte merita Gino Strada,  il medico lombardo scomparso il 13 agosto scorso mentre si trovava in Francia. Fondatore dell’associazione umanitaria Emergency, ha lavorato per gran parte della sua vita in zone di conflitto in giro per il mondo aiutando le persone in difficoltà, dall’Africa al Sudamerica.

Un anno che tra alti (pochi) e bassi (ancora troppi) ci apprestiamo a salutare. Senza rimpianti senza nostalgie. Con un’unica eccezione: la grande abbuffata delle  vittorie sportive in campo europeo e mondiale, dove l’Italia  ha fatto incetta di coppe e medaglie in ogni campo e stabilito nuovi record.

Momenti unici. Irripetibili. 

Un anno che se ne va. Portandosi appresso sogni e speranze. Ci lascia il virus. Che impazza tra vecchie e nuove ondate. Ci lascia vecchie e nuove restrizioni, una campagna vaccinale senza fine, un’economia al collasso da rimettere in piedi. Continuiamo a ripeterci che ‘ce la faremo’ ma con meno convinzione di prima.

Cosa desiderare per l’anno nuovo ormai alle porte? Visti i precedenti, volare bassi con le aspettative sarebbe cosa buona e giusta. In caso contrario non ci rimane che affidarci a Lui, l’Onnipotente. Quello vero s’intende!

Chiara Farigu

*Immagine Pixabay

mercoledì 22 dicembre 2021

Piero Angela, 93 anni e non sentirli

 ‘Se sei curioso, creativo e ti interessi di diversi argomenti, allora stai bene. Funziono meglio adesso, rispetto a trenta anni fa’, risponde Piero Angela a chi gli domanda come ci si sente dinanzi a un compleanno così importante come quello che festeggia oggi: 93 anni.

Curiosità, creatività, conoscenza e interesse che mette sempre a disposizione dei giovani come nel suo ultimo programma ‘Prepararsi al futuro’  che andrà in onda su Rai 3 a partire dal 25 febbraio.

Come nella precedente serie, anche questa è una sorta di dialogo intergenerazionale tra giovani meno giovani  e grandi personaggi di ogni campo: scienziati, economisti, storici, demografi, tecnologi, filosofi coi quali affrontare temi del mondo moderno pensando al futuro.

Le nuove tecnologie sono il filo rosso di questa seconda imperdibile parte, con uno sguardo particolarmente attento all’alfabetizzazione digitale per tutti quei settori della popolazione che ne sono esclusi per motivi economici, territoriali, anagrafici. Una versione digital di quel “Non è mai troppo tardi” con cui Manzi, negli anni ’60, insegnò l’italiano agli italiani attraverso la televisione, precisano i vertici Rai.

Responsabilità preparazione e conoscenza sono stati sempre i pilastri del suo lavoro, ieri e ancor più oggi. Non si può essere approssimativi o superficiali quando si quando si parla di scienza, sottolinea Angela, invitando i giovani alla lettura e allo studio coi quali abbattere ignoranza e pregiudizi.

Su quale sia il segreto della sua longevità fisica e mentale non ha dubbi: buoni geni e tanti interessi. Il cervello è un serbatoio che più lo riempi, più il suo spazio aumenta, è fondamentale mantenerlo costantemente  attivo, così come avere degli hobby e non stancarsi di essere curiosi.

E lui che della curiosità ne ha fatto la ragione stessa della sua vita e della sua lunga e invidiabile carriera,  gli anni non li conta più. Li vive con la leggerezza di sempre, sebbene non manchi qualche acciacco. ‘Penso a me stesso come a un giovanotto, almeno interiormente’, sostiene.

Qualcuno forse osa dubitarne?

Auguri, Maestro!

Chiara Farigu

*Immagine ANSA

sabato 18 dicembre 2021

Graziano Mesina: torna in carcere l’ex primula rossa del banditismo sardo

 La latitanza per Graziano Mesina finisce qui, a Desulo, poco lontano dalla sua Orgosolo a casa di una coppia di amici, ora indagati per favoreggiamento.

Lo avevano cercato per terra per mare e per cielo. E’ stato trovato ieri notte dai  militari del Ros in collaborazione con quelli del Gis e portato a Nuoro in attesa che venga trasferito nel carcere di Badu ‘e Carros dove dovrà scontare 30 anni di reclusione.

Si era reso irreperibile nel luglio del 2020 con un ennesimo colpo di scena, uno dei  tanti che hanno caratterizzato la sua vita da ‘balente’, ma criminale incallito sarebbe il termine più adatto per descrivere i reati commessi  per i quali la Criminalpol lo aveva inserito nell’elenco dei sei latitanti di massima pericolosità.

Eppure nel giugno del 2019 aveva riassaporato la libertà, dopo sei anni di reclusione nel penitenziario di massima sicurezza di Bad’ e Carros. A far scattare l’arresto un’accusa pesante: essere a capo di un’organizzazione di traffico internazionale di droga.

Un colpo di scena, la sua scarcerazione: i giudici della Corte di Appello di Cagliari non avevano mai depositato le motivazioni della sentenza.

Tornava a casa, a Orgoloso. In libertà vigilata con l’obbligo di firma presso la caserma dei CC. e di dimora dalle 22 alle 6 del mattino.

Nel luglio del 2020 un nuovo colpo di scena. La Corte di Cassazione respinge il ricorso presentato dai suoi legali contro la condanna in appello a 30 anni di carcere per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti.

La condanna pertanto diviene definitiva, Grazianeddu deve tornare in carcere. Un duro colpo per l’ex bandito che il carcere lo conosce fin troppo bene. Decide così di darsi alla latitanza.

Dei suoi 78 anni ne ha trascorso ben 40 dietro le sbarre. Uno dei pochi, forse l’unico, ad essere stato in carcere per 4 lunghi decenni. Nel 2004, l’allora Presidente della Repubblica Ciampi gli concesse la grazia. Anche allora fece ritorno nella sua Orgoloso.  Deciso a intraprendere una vita di riscatto umano e sociale dopo aver pagato il conto con la ‘giustizia’.

Passano pochi anni e tutto precipita di nuovo. Su  l’ex ‘primula rossa’ pendono accuse ben più terribili e infamanti di quelle che avevano fatto di lui il bandito sardo (e non solo) più famoso.  Macchiandosi di reati riconducibili a vendette/regolamenti di conti per torti subiti, o ritenute tali, tipiche del codice barbaricino di cui era stato figlio e testimone. Stavolta l’accusa era di essere invischiato in un traffico di droga internazionale ed essere addirittura il capo dell’organizzazione.

Una macchia indelebile. Inaccettabile anche per quanti, nonostante tutto, avevano guardato con una certa indulgenza alla sua travagliata esistenza.

Di Mesina più nessuna traccia da quel 20 luglio del 2020.  C’era chi azzardava che avesse addirittura lasciato l’isola. Nascondersi nel Supramonte, come ai tempi d’oro quando era il latitante più ricercato d’Italia, sostenevano, non è compatibile con i suoi quasi 80 anni. E con il fisico non più agile come un tempo.

Una latitanza misteriosa. Un triste epilogo di una vita che non ha saputo e forse voluto riscattare. Per vivere serenamente almeno l’ultimo scorcio nella sua Orgoloso che lo ha sempre accolto come un figlio da proteggere. Anche da se stesso.

Oggi l’arresto. E un nuovo conto da pagare. L’ultimo di una vita travagliata. Troppo anche per lui che si è sempre trincerato dietro la maschera da ‘balente’.

Chiara Farigu

venerdì 17 dicembre 2021

Buon compleanno Papa Francesco

 Compie oggi 85 anni Jorge Mario Bergoglio, il papa argentino con sangue piemontese nelle vene, che conquistò tutti , fin dal primo momento, con quel “buonasera quando, appena eletto, si affacciò per la prima volta dalla Loggia delle benedizioni per salutare la folla che aspettava di conoscere il nuovo Pontefice, dopo l’inusuale abdicazione di Ratzinger.

 il Pontefice che ama stare tra la gente come un “sacerdote” per sentirsi più in sintonia coi loro bisogni e le loro sofferenze.

Francesco non ama i momenti celebrativi, men che mai quelli che riguardano la sua persona. Ci ha abituati da fin da subito alla semplicità dei gesti e delle parole. Per lui parlano le opere volte al cambiamento “rivoluzionario” di una Chiesa arroccata in regole stantie che fatica ad adeguarsi ai cambiamenti di usi e costumi di una società in costante evoluzione e inevitabilmente anche delle istituzioni che la compongono.

Ha spalancato porte e finestre per far circolare aria fresca, anche se dopo otto anni, di polvere sotto i tappeti ne rimane un bel po’. Le rivoluzioni, quelle durature, d’altronde richiedono tempo, impegno e volontà e quella coltre polverosa è dura da sradicare. Ma Bergoglio non demorde, tira dritto. Conosce la strada. Sa come arrivare ai cuori della gente. Sempre dalla parte di chi soffre, degli invisibili, degli “scartati”La sua prima uscita da papa fu a Lampedusa per accogliere con un abbraccio quanti scappano da miserie e povertà in cerca di nuove opportunità. E di speranza in un futuro migliore.

Lui, convinto assertore e praticante della misericordia è sulla misericordia che ha improntato un anno di Giubileo volto a “riscoprire il volto giovane e bello della Chiesa, che risplende quando è accogliente, libera, fedele, povera nei mezzi e ricca nell’amore, missionaria”Misericordia e pace, questi i cardini su cui tracciare la via da percorrere. Con grinta, determinazione e molte volte in solitudine.

“Rivoluzionario” perché sincero, coraggioso. Le sue parole, spesso, colpiscono come una clava. Con la quale abbattere tabù e definire certi fenomeni per quello che sono. Storico quel suo scandire in sillabe la parola GE-NO-CI-DIO ricordando lo sterminio degli armeni che fece tanto infuriare Erdogan. E storici rimangono i tanti momenti in cui ha chiesto perdono per gli errori commessi dalla Chiesa e dagli uomini. Fece il giro del mondo l’immagine che lo immortalava mentre faceva il suo ingresso ad Auschwitz, altro luogo di sterminio, in perfetta solitudine. A ricordarci che il perdono non richiede clamore, ma silenzio. Silenzio per riflettere e interrogarsi dov’era finito Dio nei cuori di quegli uomini artefici di tanto orrore.

E senza fanfare si recò nelle zone terremotate quando il silenzio, dopo il clamore iniziale e le passerelle dei politici, cominciava a farla da padrone su quei borghi che gridavano e gridano ancora oggi interventi urgenti atti a riportare la vita di quelle popolazioni giunte ormai allo sfinimento. E ancora in silenzio ama recarsi nelle periferie a portare conforto e beni di prima necessità per i tanti indigenti che vivono ai margini. Porte aperte in molti luoghi del Vaticano adibite a dormitori per i senzatetto e pasti caldi per chi non può permettersi neanche di come sopravvivere.

Dopo Giovanni XXIII, spetta di diritto a Francesco la definizione di “Papa buono”, “Papa della gente”. Talmente popolare da essere amato trasversalmente, anche da chi non è avvezzo a seguire i dettami della Chiesa. Perché in un mondo in cui si parla a vanvera “il Papa dice cose di buon senso, talmente di buon senso che la sua solitudine comincia a essere palpabile”, hanno scritto gli editori di “Rolling Stones” nel dedicargli una copertina della loro rivista.

Forse l’ultimo rimasto a farlo.

Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme’ ha detto di recente riferendosi alla pandemia sanitaria che ha messo in ginocchio il mondo intero. ‘Nella tempesta nessuno si salva da solo’, ha ammonito il Papa puntando il dito contro chi sottovaluta, o peggio si ostina a negare, la tragedia che stiamo vivendo.

Auguri Francesco. Grazie per tutti gli insegnamenti

Chiara Farigu

La nonna paterna? Una nonna a metà (con poche eccezioni)

  Essere nonne è un dono meraviglioso che la vita riserva a chi ha avuto la gioia di essere prima mamma. E’ come diventare madri una seconda...