il blog di chiarafarigu

venerdì 3 dicembre 2021

Rapporto Censis: italiani sempre più ansiosi, insicuri, diffidenti, irrazionali. Per 3milioni il covid non esiste

 Estremamente preoccupante quanto realistica l’istantanea scattata dal Censis nel 55° ‘Rapporto sulla situazione sociale del Paese/2021’.

Quei dati, quelle percentuali scritte nero su bianco ci danno la conferma di quanto percepiamo quotidianamente.

Di quello che siamo e stiamo diventando, dopo due anni buoni di pandemia: sempre più ansiosi, insicuri, diffidenti, irrazionali.

Un Paese prigioniero delle sue fragilità, delle sue paure.

 Un Paese dal respiro corto, incapace di fare progetti a lungo termine perché preoccupato di una quotidianità dove l’emergenza sanitaria continua a farla da padrone.

Un Paese deluso dalle istituzioni e sempre più distante dalla politica. Non si reca più alle urne quasi il 30% degli aventi diritto. Una percentuale elevatissima, mai così prima d’ora.

Un Paese dominato dall’irrazionalità, la pandemia, recita il report, ha accentuato il senso di vulnerabilità.

A sentirsi insicuro dal punto di vista di vista sanitario, inteso come assistenza e prestazioni mediche oltre il 40,3% degli italiani, mentre il 33,9% non si sente sicuro rispetto a un’eventuale condizione di non autosufficienza.

Lo spettro della perdita del lavoro è sempre dietro l’angolo, mentre la mancanza di un impiego spinge sempre più i giovani a valicare i confini in cerca di nuove prospettive. Soprattutto al Sud dove la crisi economica morde più forte che altrove. Tanti i piccoli borghi a rischio spopolamento nelle regioni più provate come Sardegna, Basilicata, Calabria.

Stressati, delusi estremamente ansiosi. E anche incattiviti. E diffidenti.

Quasi 3 milioni di persone non credono all’esistenza del Covid, per il 10,9% il vaccino è inutile e inefficace.  Per il 31,4% è un farmaco sperimentale e le persone che si vaccinano fanno da cavie. Per il 12,7% la scienza produce più danni che benefici, per il 19,9% il 5G è uno strumento sofisticato per controllare le persone.

Un capitolo a parte meriterebbero le varie teorie complottiste che proliferano sul web oltre a quelle negazioniste storico-scientifiche: il 5,8% è convinto che la Terra sia piatta e il 10% che l’uomo non sia mai sbarcato sulla Luna.

La teoria dei complotti spesso si intreccia con quella cospirazionista che, secondo il Rapporto, avrebbe contagiato una ben nutrita percentuale di italiani, il 39,9%, incentrata sulla cosiddetta ‘sostituzione etnica’: saranno gli immigrati nel tempo, per volontà di potentati più o meno misteriosi, a sostituire identità e cultura nazionali.

Dati che fanno riflettere. Che sconcertano. Preoccupano.

In quanto conseguenza logica di aspettative soggettive insoddisfatte. Di sogni traditi. Di progetti di vita rimandati sine die. Di speranze, illusioni, auspici andati in fumo. Affossati da una crisi sanitaria ed economica che perdura da troppo tempo sulla cui fine a breve termine  in pochi scommettono.

Dati che ci rimandano un’immagine inquietante del Paese nel quale viviamo.  Inquietante (e pericolosa) forse più della stessa pandemia.

Chiara Farigu

*Immagine web

giovedì 2 dicembre 2021

Covid19. Da Cuba una grande lezione di solidarietà e umanità

 ‘A Cuba si sta scrivendo la storia’. È  quanto sostiene Nicola Fratoianni in un post pubblicato sul suo profilo Fb, dedicato alla pandemia e in particolare ai vaccini Sars-Covid19.

‘Grazie a decenni di investimenti in sanità e ricerca -scrive-  hanno sviluppato 5 vaccini contro il covid: efficaci, sicuri e completamente finanziati con fondi pubblici. E nonostante l’embargo economico.

Le vaccinazioni sono iniziate in estate e oggi circa il 90% della popolazione ha ricevuto la prima dose. I contagi sono in forte calo e i morti tendono a zero.

E sta anche iniziando la produzione e distribuzione in altri paesi che ne hanno chiesto l’utilizzo.

Una grande lezione di solidarietà e umanità. La dimostrazione che è possibile mettere il bene pubblico e la salute collettiva di fronte al profitto dei privati.

Noi invece siamo ancora qui a discutere di terze dosi, mentre di sospendere i brevetti non se ne parla nemmeno’, conclude il leader di Sinistra Italiana. Domandandosi,  speranzoso: E se provassimo ad imparare qualcosa da questo meraviglioso esempio?

Un auspicio più che una domanda. Perché sappiamo bene che da questo ‘meraviglioso esempio’ non impareremo niente così come dalla pandemia non ne stiamo uscendo migliori.

Che il cuore di Cuba fosse grande lo abbiamo toccato con mano  quando nel pieno della crisi sanitaria, decine di medici cubani, esperti in malattie infettive,  vennero in soccorso dei colleghi italiani allora alle prese con i reparti  di terapie intensive al collasso e  sfiancati dalle complicanze di un virus di cui si sapeva poco e niente. Ma  che mieteva vittime a più non posso.

Furono i primi ad arrivare e a portare solidarietà nelle zone più colpite dal virus. Crema, Bergamo e altre città del Nord Italia.

La parte più bersagliata a inizio pandemia.

Un gesto non solo umanitario ma anche  professionale che fin da allora ci fece capire che dalla pandemia, così come dalla crisi economica che ne è conseguita,  si esce solo se stiamo tutti insieme. In caso contrario non ne usciremo mai, ammonisce spesso Papa Giovanni. L’unico, tra i potenti della terra, a rivendicare l’esigenza di un’economia dal volto umano e a chiedere ai colossi della finanza di condonare i debiti contratti dagli Stati contro l’interesse dei loro popoli, così come l’unico, o quasi a chiedere seppur ‘in nome di Dio’ di liberalizzare i brevetti. Così che possano essere a disposizione di tutti i popoli, in special modo di quelli più poveri.

La liberalizzazione dei brevetti a Cuba  va in questa direzione.  Che ancora un volta fa da apripista. 

La variante Omicron sudafricana (e le prossime che prepotentemente cercheranno di ‘bucare’ le terze, quarte, quinte e chissà quante altre dosi iniettate nel cosiddetto mondo opulento) ne sono la prova provata.

Domandarsi cosa aspettiamo ancora non necessita risposte. Ma atti concreti. In caso contrario, non ne usciremo mai.

Chiara Farigu

*Immagine web

mercoledì 10 novembre 2021

L’unica parte del Paese che continua a crescere? Gli italiani nel mondo: il 3% in più nell’ultimo anno

 Che l’Italia non sia un paese per giovani lo si scrive e lo si denuncia da tempo. Basta guardarsi attorno. Non servono dati e statistiche per confermare quanto è evidente nelle nostre case, nelle nostre città da nord a sud, isole comprese: si espatria sempre più.

Non c’è Regione che possa dirsi fuori da questa inarrestabile emorragia che sta decimando la nostra gioventù. E non solo.

L’impennata si è avuta soprattutto al Sud, ma neppure il Centronord è stato risparmiato da quel che viene definito ‘inverno demografico’.

Oltre due milioni di residenti hanno lasciato l’Italia in poco meno di 20 anni, per trasferirsi altrove. La metà sono giovani fino ai 34 anni, quasi un quinto i laureati.

Neanche la pandemia è riuscita a fermare il flusso oltreconfine: sono infatti più di 109mila i connazionali che hanno privilegiato altre nuove destinazioni europee. ‘Una presenza di valore inestimabile’ ha sottolineato il presidente Mattarella alla sedicesima edizione del ‘Rapporto italiani nel mondo della Fondazione Migrantes’, presentato ieri a Roma.

Un flusso ininterrotto di cervelli ma anche di manodopera sia maschile che femminile, molte le coppie con figli al seguito,  che si va ad aggiungere al triste primato delle ‘culle vuote’ che anno dopo anno registra numeri in continua crescita.

Una perdita inestimabile per il nostro Paese.

Secondo gli ultimi dati Istat per ogni 100 residenti che muoiono ne nascono solo 67. Dieci anni fa erano 96: il ricambio naturale più basso in oltre un secolo.

Dati questi che sommati all’inarrestabile flusso migratorio mettono a repentaglio il futuro del nostro Paese.

Molti, troppi i borghi sparsi nella penisola, ma più numerosi al Sud, a rischio spopolamento.

L’unica Italia che cresce, stando al report della Fondazione Migrantes, sembra essere quella che mette radici oltre confine, senza fare più ritorno in terra natia.

Le motivazioni sempre le stesse.

Mancanza di lavoro in primis. Ma non solo. Carenza di servizi, collegamenti insufficienti e a prezzi esorbitanti tra Nord e Sud e soprattutto tra isole e resto d’Italia,  degrado socio-culturale, abbandono scolastico, criminalità, fanno dire sempre più spesso ai nostri giovani ‘Italia mia ti lascio, io vado via’.

Via, in cerca di nuove opportunità. Per vivere un presente ma soprattutto un futuro più sostenibile. Quello che a casa loro non trovano.

Per miopia politica o incompetenza. O tutte e due.

Chiara Farigu

*Immagine Pixabay

domenica 7 novembre 2021

Valeria Fabrizi, stella delle stelle di ‘Ballando’: elegante, raffinata, infinitamente brava

 È la prima a stupirsi per questa ritrovata notorietà e per l’affetto che il pubblico le sta tributando. Notorietà e affetto che, diciamolo subito, si merita tutto. Perché lei, Valeria Fabrizi, 85 anni portati divinamente, sa ancora regalare emozioni e far breccia nel cuore di chi guarda.

Chi segue il programma ‘Ballando con le stelle’ aspetta con trepidazione che Carolyn Smith annunci il suo nome e quello di Giordano Filippo, il suo maestro e coreografo, per godersi alcuni minuti di vero spettacolo. Elegante, raffinata, infinitamente brava. Una gran bella persona.

Le sue performance raccontano ogni volta momenti della sua vita, fatti di grandi gioie ma anche di sofferenza, di solitudine e di assenze ‘da consumare giorno dopo giorno’, sottolinea con gli occhi lucidi.

L’assenza più grande, suo marito Tata Giacobetti, che le manca come l’aria. Un vuoto incolmabile per quell’uomo che riuscì a conquistarla con la sua innata eleganza da gentiluomo. ‘E pensare che all’inizio mi era pure antipatico’, ha ricordato.

Poi successe un fatto che le fece capire che era quello giusto.

Facevano entrambi teatro. Una sera lui le dette un passaggio per raggiungere la località nella quale dovevano esibirsi. Si fece molto tardi,  decisero pertanto di pernottare. Nell’hotel però c’era una sola camera disponibile e per giunta un letto matrimoniale. ‘Tranquilla, io dormo sul divano’, la rassicurò Tata. Il giorno dopo lei chiese come avesse dormito quasi scusandosi per aver avuto la meglio su quel letto. ‘Non ho chiuso occhio, ti ho guardata dormire, eri bellissima’.

Da allora non si sono più lasciati, sino al 1988, quando Tata morì in seguito ad un infarto.

Un ricordo struggente che l’accompagna in tutto quel fa. Comprese le sue esibizioni nel palco più luccicante della tv fatte di passi di danza ma soprattutto di forti emozioni.

Il pubblico la ripaga con altrettanto calore, catapultandola al primo posto tra i concorrenti, a dispetto di qualche passo incerto e qualche titubanza che solo un occhio esperto più cogliere.

Una carriera artistica di tutto rispetto la sua anche se, sottolinea con orgoglio, il ruolo più bello e più intenso che abbia avuto l’onore di interpretare è quello di mamma.

Chiara Farigu 

*Immagine Ansa

sabato 30 ottobre 2021

Torna l’ora solare: avremo un’ora in più di sonno e un'ora in meno di luce

 Il passaggio dall’ora legale a quella solare avverrà stanotte 30 ottobre quando le lancette del nostro orologio torneranno indietro regalandoci un’ora in più di sonno. Il nuovo orario resterà in vigore sino all’ultima settimana di marzo 2022: l’ora legale tornerà nella notte tra sabato 26 e domenica 27 marzo 2022.

Ancora tu, ma non dovevamo vederci più? si domandano molti alla vigilia dell’ennesimo cambiamento. Che fine ha fatto la proposta dell’Unione Europea di mantenere l’ora legale 365 giorni l’anno per tutti gli Stati membri a partire dal 2021?

Il dibattito che ne scaturì non trovò tutti d’accordo. Anzi. Si verificò una vera e propria spaccatura tra i Paesi cosiddetti mediterranei, favorevoli al mantenimento dell’ora legale, e i Paesi del Nord, per nulla entusiasti della proposta europea vista la differente alternanza luce-buio che li caratterizza.

L’arrivo della pandemia ha fatto il resto, mettendo in soffitta la tematica di non facile soluzione. Optare per la libertà di scelta nei Paesi membri significherebbe avere due orari ufficiali applicati a macchia di leopardo con tutto il caos che ne verrebbe fuori.

In attesa di ulteriori e definitive modifiche dell’Unione europea, da domani si torna alla ‘normalità’. Si dorme un’ora in più ma al contempo si perde un’ora in più di luce.

Secondo i dati degli esperti del settore, nei sette mesi di ora legale abbiamo risparmiato 450 milioni di kWh in termini di minori consumi, con un risparmio economico di circa 105 milioni di euro.

Un gioco che vale la candela, sostengono.

Non solo. Risparmiare energia significa anche “risparmiare” l’ambiente dal momento che  l’ora legale evita di immettere nell’atmosfera italiana, nel tempo della sua durata, almeno 300mila tonnellate di anidride carbonica.

Ideata da Benjamin Franklin nel 1784,  inizialmente l’idea di approfittare della luce solare per allungare la giornata non piacque. E non se riparlò sino al 1907. Quando il britannico Willet propose e attuò I “British  Summur Time” a partire dal 1916.

Poi seguirono a ruota altri paesi europei, già entrati nell’ottica del risparmio energetico.

 In Italia fu introdotta nel 1916.  Per essere nuovamente abbandonata, dopo qualche breve esperienza,  per oltre un cinquantennio.  Occorrerà infatti aspettare il 1966, anno in cui entrerà in vigore definitamente.

Inizialmente, per quasi due decenni per il periodo   maggio-settembre, poi dal 1996 con la modalità odierna. In linea col calendario comune adottato in tutta Europa.

Rimane però l’incognita: sarà davvero l’ultima volta?

Chiara Farigu

mercoledì 27 ottobre 2021

Il ritorno di Imma Tataranni. Una partenza col botto per ‘il sostituto procuratore’ più famoso della tv

 Complimenti per il pigiama’, azzarda ironico il diretto superiore additando l’eccentrico completino indossato dal ‘sostituto procuratore‘ più famoso della tv per la rentrée in prima serata dell’attesa seconda stagione.

 

Lei, Imma Tataranni, non si scompone manco un po’ e risponde con una delle sue faccette più eloquenti di qualsiasi parola capaci al contempo di riprendersi la scena, stracciando, a botta di auditel, la concorrenza che arranca faticosamente in cerca di visibilità.

 

Un ritorno col botto dunque. Con oltre 5 milioni di telespettatori, pari al 24, 7% di share per Vanessa Scalea, protagonista indiscussa di una delle fiction più amate di mamma Rai.

 

Nata dalla penna di Mariolina Venezia, il personaggio è di quelli che ami a prima botta. Controcorrente, scorbutica e spigolosa come la sua Matera che fa da cornice alle sue indagini che puntualmente porta a termine, consegnando i colpevoli alla giustizia. Precisa e puntigliosa sino allo sfinimento nel suo lavoro, indifesa e casinista nella vita privata.

 

Un mix che piace. Che coinvolge ed emoziona. Come gli ingredienti della serie, sapientemente amalgamati dagli autori: sprazzi di vita contadina, tradizioni popolari retaggio di un passato alle prese con la voglia di vivere una modernità che stenta ad affermarsi, sentimenti vecchi e nuovi che a volte sfociano in reati, il bene che trionfa sul male.

Su tutto e tutti  c’è lei, Imma Tataranni, con le sue bizze, le sue diverse e numerose rughe di espressione, le scarpe scomode che fanno male ai piedi, la sua ruvidezza spicciola nel trattare con la gente, la sua profonda umanità.

Una serie imperdibile.

Chiara Farigu

sabato 16 ottobre 2021

Roma, manifestazione antifascista. Landini: ‘Questa piazza parla a tutto il Paese. Dalla solidarietà ora si passi all’azione concreta’’

 Non ci sta Maurizio Landini a vedersi etichettare la manifestazione di Piazza San Giovanni come ‘manifestazione di parte’ perché è di tutti: ‘qui oggi difendiamo la democrazia’, scandisce con tono deciso, rimandando al mittente, vale a dire al segretario della Lega il commento ingeneroso fatto qualche ora prima.

Una settimana fa il vile attacco alla sede della Cgil da parte di alcuni esponenti di Forza Nuova e attivisti no-vax, oggi la risposta unitaria dei sindacati per ribadire con fermezza: ‘No ai fascismi e alla violenza, sì al lavoro alla sicurezza e ai diritti’.

Sono arrivati da tutta Italia per manifestare vicinanza e solidarietà, ‘siamo 200mila’- dicono orgogliosamente alcuni vertici sindacali, mentre la questura, come spesso succede quando si fa una stima delle presenze, parla di 50mila.

Non è questione di numeri, quanto di far sentire a Roma come in altre piazze di altre città che ‘l’attacco alla Cgil, l’attacco al sindacato è in realtà un attacco alla dignità del lavoro di tutto il Paese. E noi siamo qui non per difendere qualcuno ma per difendere la democrazia e per estenderla’, ribadisce Landini, aggiungendo che ‘C’è un primo atto che chiediamo che il governo faccia, con l’appoggio di tutto il Parlamento: le forze che si richiamano al fascismo e usano atti violenti devono essere sciolte. Dalla solidarietà si deve passare all’azione concreta’.

Oltre ai cittadini comuni, molte le adesioni da parte di associazioni, partiti e movimenti. In piazza, come avevano annunciato fin da subito, Enrico Letta, Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, Nicola Fratoianni e molti sindaci con le loro fasce tricolore.

Assenti invece, come peraltro avevano annunciato i vertici del centrodestra piuttosto contrariati del fatto che la manifestazione venisse organizzata nel giorno del silenzio elettorale prima dei ballottaggi.

Un’occasione mancata per loro, l’ennesima.   A conferma, qualora ce ne fosse bisogno, che quella richiesta di ‘pacificazione’ avanzata solo qualche giorno fa, è stata una delle tante boutade evaporatosi subito dopo.

Chiara Farigu

*Immagine Ansa

giovedì 14 ottobre 2021

Alitalia, si chiude un’era: dopo 75 anni, oggi l’ultimo volo

 Alitalia, si chiude un’era: dopo 75 anni, oggi l’ultimo volo

Mi rattrista apprendere che oggi si conclude l’avventura di Alitalia. E ancor di più mi rattrista che l’ultimo volo in programma sia l’ Az 01586 in partenza da Cagliari-Elmas alla volta di Roma-Fiumicino.

Elmas Fiumicino (e viceversa), la mia tratta. Per oltre 40, insieme alla Tirrenia (giunta anch’essa al termine) è stata il trait-d’union con la mia isola.

Quanti sogni, quante aspettative in quei 40 minuti scarsi di volo.

Quanti patemi d’animo quando il maestrale soffiava di brutto o i temporali non davano tregua.
Quanti ritardi quanti rinvii quanti voli cancellati per i motivi più svariati.

Quante maledizioni quando il servizio lasciava a desiderare.

Ma quanta gioia ogni volta nel sentire la voce del comandante di turno che, nel ringraziare per aver scelto la compagnia di bandiera italiana, annunciava l’imminente atterraggio in Terra madre.

E quanti incontri al check in, squadre di calciatori in partenza o in arrivo, giornalisti, personaggi dello spettacolo.

Ricordo, seduto una fila davanti a me, Edoardo Bennato in ritorno da un tour nell’isola. Ho fissato per tutto il volo i suoi riccioli nerissimi ma ancor di più i suoi stivaletti di pelle piuttosto consumati.

E mentre lo guardavo canticchiavo mentalmente le sue canzoni. Da sempre l’artista partenopeo e tra i miei cantanti preferiti. Lo vedevo alle prese coi suoi strumenti che manovra con disinvoltura unica mentre canta, passando dalla chitarra all’armonica a bocca, dal bazoo al tamburello legato alla caviglia. Ero ancora nel mondo di Peter Pan quando il capitano ci diede il benvenuto a Fiumicino. ‘Ma come siamo già arrivati’, mi sorpresi a dire, quasi infastidita per dover scendere.

Ci saranno altri voli, altre compagnie, lo so.

Però oggi finisce un’avventura durata ben 75 anni. Il tricolore non svetterà più tra le nuvole.

Ed io non so se in quella tratta sognerò più allo stesso modo.
Chiara Farigu



martedì 5 ottobre 2021

5 ottobre, giornata mondiale degli insegnanti: 24 ore per riflettere sulla professione più nobile e difficile che ci sia

 Anche quest’anno Google  dedica il suo ‘doodle’ alla giornata mondiale degli insegnanti. Uno ‘scarabocchio’ con uno degli ‘attrezzi’ del mestiere per eccellenza: il libro. Una splendida ape regina intenta a sfogliare pagine illustrate dispensatrici di saperi ad una scolaresca vogliosa di apprendere.

Più che un messaggio, un augurio.

Perché dopo quasi due anni trascorsi incollati ad uno schermo, il ritorno al libro, e soprattutto in presenza, non è poi così scontato.

Istituita nel 1994 dall’Unesco, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di conoscenza e patrimonio culturale, la ricorrenza  vuole essere un invito alla riflessione sull’insegnamento, la professione più bella e nobile che ci sia.  Sulle sfide quotidiane e sulle difficoltà, le tante ancora che per diverse ragioni non si riescono o forse non si vogliono abbattere.

Soprattutto ora. Dopo la difficile e delicata ripartenza dopo quasi due anni di chiusura per pandemia da coronavirus. Mai come adesso c’è bisogno di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle difficoltà che gli insegnanti di tutto il mondo hanno dovuto e dovranno affrontare ancora affinché la didattica sia garantita definitivamente  in presenza e non si torni allo spauracchio dell’insegnamento da remoto. Con tutti i pochi pro e tanti contro che abbiamo avuto modo di verificare.

Mai come adesso si avverte la necessità di ristabilire quell’alleanza tra scuola e famiglie. E tra scuola e istituzioni.

Troppo spesso gli insegnanti vengono lasciati soli, ingabbiati nelle strettoie burocratico/amministrative che rubano spazi e tempi alle discipline che sono chiamati a condividere coi loro studenti. In aule spesso fatiscenti e a rischio crolli, con carenza di attrezzature e materiali didattici. Con retribuzioni da terzo mondo e, in barba al futuro che rappresentano, obbligati a stare in cattedra oltre ogni limite.

I più vecchi d’Europa, quelli italiani. E i meno remunerati. Maglia nera da anni il nostro Paese, a ricordarcelo, qualora ce ne fosse bisogno, gli istituti di statistica nei loro report annuali.

Ma sempre prima la scuola, insieme alla sanità, nella hit per le sforbiciate previste dalle revisioni di spesa del bilancio pubblico. Scuola e investimenti. Un ossimoro da sempre. L’incubo di ogni governo. Che promette ma poi non mantiene.

E se mantiene, mai nella giusta direzione.

Basta vedere quanto è stato fatto, o meglio non fatto, in questi due anni di pandemia. Tanti, troppi i bla bla bla, pochissimi i fatti.  Anche il  nuovo anno scolastico è iniziato coi vecchi stramaledetti  problemi di sempre.

Perché la scuola, e tanto meno il benessere degli insegnanti, non è mai la priorità. Se non a parole,  in campagna elettorale o nelle promesse dei governi quando si insediano. Ma puntualmente, il nulla di fatto.

Per poi scoprirne nuovamente il valore, l’essenza,  come è successo nel periodo dell’emergenza pandemica. Quando ad occuparsi di alunni e studenti sono state chiamate in causa le famiglie. E’ stato allora, dopo decenni di assoluta indifferenza che si è riscoperto il valore della scuola. Inteso come luogo di formazione e ancor più di socializzazione.

Punto di riferimento indispensabile per la società intera.

Sono stati mesi difficili. Nei quali i docenti si sono dovuti inventare una nuova modalità di insegnamento servendosi della tecnologia per non lasciare indietro e abbandonati a se stessi alunni e studenti di ogni ordine e grado. Non dimentichiamo che per molti di loro, quando i bollettini medici contavano giornalmente migliaia di morti, l’unica voce amica arrivava da quello schermo.

Ma ora, fortunatamente, il peggio è passato e si guarda al presente. Con le tante, troppe difficoltà ancora presenti e da risolvere. Come la presenza in cattedra degli insegnanti.

C’è carenza di insegnanti. In Italia e nel mondo. Soprattutto nelle zone periferiche, in quelle disagiate e nelle aree rurali o remote. E nelle zone di guerra. Secondo le Nazioni Unite sarebbe necessario reperire circa 70 milioni di nuovi insegnanti entro il 2030 per ‘colmare il bisogno di educatori e garantire a tutti l’accesso alla conoscenza, uno dei diritti fondamentali dell’uomo’. Nel mondo, stima l’Onu sono oltre 264 milioni i bambini e i ragazzi non scolarizzati, soprattutto in Africa.

E’ emergenza. Già da adesso. E lo sarà sempre più, se non si corre a ripari.

Abbiamo ventiquattro ore per riflettere. Ma soprattutto per fare.

Insegnanti al centro della ripresa della formazione ‘, è questo il tema che l’Unesco dedica alla giornata di oggi, 5 ottobre. Per realizzarlo c’è bisogno di tutti. Nessuno escluso

Chiara Farigu


domenica 3 ottobre 2021

Iannacone ripropone la storia dello scultore non vedente. Ed è di nuovo magia

 In certi programmi televisivi spesso ci si imbatte per caso. Ma quando si viene ‘rapiti’ sceglierli diviene poi un obbligo. Oltre che un piacere.

‘Cosa ci faccio qui’, condotto e diretto da un ineguagliabile Domenico Iannacone, è uno di questi.
Il giornalista salentino è un vero Maestro del racconto. Nessuno come lui riesce a scavare nei sentimenti umani facendo riemergere ricordi sensazioni e stati d’animo  dei  protagonisti delle sue storie. Persone che spesso vivono ai margini ma non per questo sono meno speciali.  Anzi. Com’è appunto Felice.
La sua storia molti telespettatori la conoscono già. Iannacone la raccontò nella passata edizione. Riascoltarla è come per bambino farsi raccontare nuovamente una fiaba. Con gli stessi toni, le stesse pause, le stesse parole, le stesse immagini.
E sin dalle prime si riaccende la magia.
Lui è Felice Tagliaferri e il bambino che gli sta vicino è suo figlio Alberto. La loro storia sembra uscita da un libro di favole che catturano grandi e piccoli sino alla parola fine.   Gli ingredienti ci sono tutti: l’eroe buono, le traversie della vita,  il bene che trionfa sul male.

E’ anche una storia di sofferenza e di riscatto, di buio profondo e di luce intensa.

 

‘Cosa vorresti come regalo di Natale’, chiede il giornalista al bambino che avrà non più di 10 anni e che senza esitazione alcuna risponde: ‘Che il mio papà possa vedere anche per pochi minuti’. Il suo papà, Felice,  è un uomo davvero fuori dal comune, un artista sorprendente, di quelli che lasciano senza parole.

A 14 anni, colpito da un’atrofia del nervo ottico, malattia che non perdona,  i suoi occhi, nel giro di un anno,  si spengono completamente facendo sprofondare nel buio più nero  sogni e  aspettative di un adolescente che si stava affacciando alla vita.

Chiunque al suo posto avrebbe cominciato a maledire il destino che senza preavviso  lo toglieva dall’esercito dei cosiddetti ‘normali’ per arruolarlo suo malgrado in quello dei ‘disabili’. Non lui, non Vincenzo da sempre sostenitore che ‘la vera disabilità è negli occhi di chi guarda, di chi non comprende che dalle diversità possiamo solo imparare’.

E Vincenzo dalla sua diversità  ha imparato alla grande.

Galeotto fu il suo incontro con il marmo. Al quale dare la forma dei suoi sogni. Rendendo così ogni opera originale e personale.  Le sue creazioni sono infatti sculture non viste, che prima nascono nella sua mente e poi prendono forma attraverso l’uso sapiente delle mani, guidate da incredibili capacità tattili.

Vista e tatto si fondono all’unisono in quelle mani che non sono altro che  mero strumento per  plasmare blocchi di marmo per poi divenire opere uniche nel loro genere.

Veri capolavori capaci di regalare grandi emozioni in chi ha la fortuna di imbattersi in esse.

Come il Cristo ri-velato che Felice ha realizzato dopo aver ‘visto’ quello della Cappella di  Sansevero di Napoli.

Non potendolo toccare, per rendersi conto della maestosità dell’opera, Felice se l’è fatta descrivere, centimetro per centimetro. Descrizione durata oltre tre giorni, racconta Tagliaferri, invitando Iannacone a toccare diversi dettagli del ‘suo’ Cristo come l’ombelico, la coscia o le costole che sono la riproduzione delle sue:  ‘ho usato me stesso per avere un modello sempre disponibile’ ha rivelato prima di sdraiarsi sull’opera. per dar prova alle sue parole.

‘Dal buio possono nascere grandi opere, quando do forma alle cose non so dove finisce la materia e inizia il mio corpo’ , racconta lo scultore, invitando Iannacone a farsi bendare per qualche minuto per immergersi a sua volta nel buio e ‘vedere’ attraverso il tatto il mondo circostante.

Con ‘un nuovo sguardo’. Fatto di sensazioni, emozioni, interiorizzazioni di descrizioni altrui fatte proprie.

Oggi Felice è Scultore, Direttore della “Chiesa dell’Arte” e insegnante d’arte.

Un artista a tutto tondo che si nutre di sogni che poi regala a chi è ancora capace di sognare.

Accanto a lui Alberto.  Gli occhi di suo figlio, una finestra sul mondo. Per continuare a sognare.

 Chiara Farigu 

*Immagine profilo Facebook

La nonna paterna? Una nonna a metà (con poche eccezioni)

  Essere nonne è un dono meraviglioso che la vita riserva a chi ha avuto la gioia di essere prima mamma. E’ come diventare madri una seconda...