il blog di chiarafarigu

domenica 20 settembre 2020

Addio a ROSSANA ROSSANDA, ‘La ragazza del secolo scorso’ che fondò il Manifesto

E’ morta nella sua casa romana Rossana Rossanda. Aveva 96 anni. Nata a Pola il 23 aprile 1924 è stata una giornalista, scrittrice, traduttrice, dirigente del PCI a cavallo degli anni ‘50/60 e cofondatrice de Il Manifesto.

Una passione, la politica, maturata durante gli anni della Resistenza, alla quale partecipò come partigiana. Terminata la guerra si iscrive al Partito Comunista, rivestendo la carica di responsabile della politica culturale. Di temperamento sanguigno e poco incline alla disciplina di partito, al quale non lesinava aspre critiche, nel ’69 con Luigi Pintor, Valentino Parlato e Lucio Magri fonda Il Manifesto, giornale che dirige sino al 2012 e che poi lascia per divergenze con il gruppo redazionale.

Un’altra grande passione, la scrittura. Diversi i libri che portano la sua firma, da La ragazza del secolo scorso al Viaggio Inutile, da Quando si pensava in grande sino all’ultimo del 2018, Questo corpo che mi abita, solo per citarne alcuni tra i più noti. Numerosi poi gli articoli e i saggi pubblicati in giornali e riviste dove trovare testimonianza del suo pensiero di donna, intellettuale e politica e le battaglie a favore dei diritti delle donne.

Arduo per chiunque voglia cimentarsi tratteggiarne un profilo senza incorrere in dimenticanze e grossolane sviste.  La vastità dei ruoli rivestiti, i numerosi  interessi e gli impegni pubblici a cui non si è sottratta sino alla fine ne fanno un personaggio variegato e complesso.

Determinata quanto schiva nella vita privata non amava essere definita un ‘mito’. ‘I miti sono una proiezione altrui, io non c'entro. Mi imbarazza. Non sono onorevolmente inchiodata in una lapide, fuori del mondo e del tempo. Resto alle prese con tutti e due’, replicava a quanti periodicamente la indicavano come tale.

Lei, la ragazza del secolo scorso, continuava a porsi domande. Sulla vita, sul genere umano sui cambiamenti. Per stare al passo coi tempi. Quello passato, vivo nei ricordi e quello attuale. Pieno di contraddizioni e tutto in divenire.

La sua scomparsa, oggi, lascia un grande vuoto nel mondo politico e culturale

Chiara Farigu 

 
*Immagine tratta dal Fatto Quotidiano

sabato 19 settembre 2020

ADDIO A RUTH BADER GINSBURG, LA GIURISTA DI FERRO DELLA SUPREMA CORTE AMERICANA

Era malata da tempo Ruth Bader Ginsburg, la giudice della Suprema Corte Usa deceduta oggi all'età di 87 anni. Un cancro al pancreas che l’aveva portata varie volte in ospedale ma non impedito di continuare la sua attività di giurista e l’impegno a favore dei diritti delle donne. Impegno che ne ha fatto un’icona della sinistra americana.

Era sta nominata alla Suprema Corte da Bill Clinton nel lontano ’93, seconda donna giudice dopo Sandra Day O’Connor, nominata da Ronald Reagan.

Considerata uno dei pilastri dell’ala progressista fra i nove membri, la sua scomparsa, a meno di due mesi dalle elezioni presidenziali apre uno scenario che si preannuncia piuttosto acceso sulla candidatura del nuovo giudice. Trump infatti potrebbe nominare un conservatore come suo successore, spostando in tal modo l’equilibrio della Corte in favore dei conservatori. Eventualità, questa, fonte di preoccupazione per la stessa giurista che prima di morire aveva dettato le sue volontà a una delle sue nipoti: ‘il desiderio maggiore è che non venga sostituita fino a quando non sarà insediato un nuovo presidente’.

‘Era una donna straordinaria, che uno fosse d’accordo  o no con lei, era una donna straordinaria che ha avuto una vita straordinaria. Un titano del diritto’, così ha commentato Trump la notizia della sua scomparsa.

Lascia un grande vuoto la sua morte. Di lei resteranno vive le grandi battaglie a favore dei diritti delle donne. E delle minoranze tutte. I suoi valori e  gli insegnamenti, ispirati sempre al ‘diritto’ da perseguire sempre e comunque.

Chiara Farigu  



*Immagine Ansa

venerdì 18 settembre 2020

LUCA BARBAROSSA, DA CANTAUTORE A SHOWMAN TELEVISIVO

Sarà per quel suo cognome così familiare (lo stesso di mia madre) ma a me Luca Barbarossa come cantautore è sempre piaciuto.

Ne apprezzo il sound, i testi freschi e all'apparenza semplici, mi piace il suo timbro vocale.
Insomma, mi sta simpatico.

Da qualche giorno ho ripreso a sorseggiare il caffè mattutino in sua compagnia. Mi sintonizzo su Rai Radio2 Social Club (il live radiofonico approdato già lo scorso anno in tv) e mi rilasso per qualche minuto.

Però ci sa proprio fare, penso tra la brioche e il cappuccino.  Conduce a braccio, duetta con gli ospiti, sceglie i brani da mandare in onda. Divertente, spigliato, mai banale. E, musicalmente parlando, molto competente.

Simpaticissimi poi i siparietti comici del suo compagno di scorribande musicali Andrea Perrone. Soprattutto quando veste i panni del premier Conte e strascica quelle parole fino a renderle incomprensibili.

Un programma fresco simpatico, molto divertente. Cucito su misura sul conduttore che ne è anche l’autore. E non potrebbe essere altrimenti perché ‘la radio è stato il suo primo amore’, racconta Luca, oggi nelle vesti dello showman televisivo.

Un Barbarossa inedito. Per me una piacevole conferma, per tanti, forse, una scoperta.

Radio2 Social Club è in diretta streaming audio su RaiPlayRadio, sugli account social di Rai Radio2, Facebook, Instagram, Twitter e Telegram (con extra e contenuti speciali) e presto in videostreaming anche su RaiPlay.

In tivù, su Rai2, ogni mattina, dal lunedi al venerdi dalle 8,45 in poi. Tra le voci che si alterneranno ai microfoni nel corso della nuova stagione, Neri Marcorè, Lodo Guenzi de ‘Lo Stato Sociale’ e Martina Catuzzi.

Gli ascoltatori possono interagire direttamente con il programma attraverso Sms e WhatsApp vocali per raccontare storie o semplicemente per giocare con i conduttori e indovinare il titolo della Canzone Spogliata.

Insomma, un programma da non perdere

Chiara Farigu



*Immagine Raiplay

mercoledì 5 agosto 2020

ADDIO A SERGIO ZAVOLI, MAESTRO DELLA COMUNICAZIONE RADIOFONICA E TELEVISIVA

E’ lutto nel mondo del giornalismo per la scomparsa di Sergio Zavoli. Aveva 96 anni. Ravennese di nascita ma cresciuto a Rimini, la sua è una lunga carriera contrassegnata da una molteplicità di incarichi portati avanti con grande professionalità e lungimiranza. Un vero cronista di razza. Un maestro della comunicazione radiofonica e televisiva, così viene ricordato da quanti hanno avuto il privilegio di lavorare al suo fianco.

L’esordio vero e proprio nel 1947 a Radio Rai. Nel ’62 passa alla Rai dove crea e conduce diverse trasmissioni di successo. Porta la sua firma ‘Processo alla tappa’, programma incentrato sul Giro d’Italia.
Inconfondibile la sua voce calda e rassicurante che fa da sottofondo alle immagini sportive e alle inchieste di approfondimento che ama curare nei minimi dettagli. Come ‘Nascita di una dittatura’, inchiesta storica del ’72 divenuta poi un cult.

Molteplici e tutti di prestigio gli incarichi svolti nella sua carriera: condirettore del Telegiornale, direttore del GR1, direttore de ‘Il Mattino’ di Napoli e unico giornalista ad aver vinto per ben due volte il ‘Prix Italia’.

Diviene poi presidente della Rai, carica che riveste dal 1980 al 1986. Giornalista, autore di programmi e scrittore. Nel 1981 pubblica il suo primo libro ‘Socialista di Dio,’ che vince il Premio Bancarella.

Personalità poliedrica, la politica un’altra grande passione. Col partito dei Democratici di Sinistra, viene eletto senatore prima nel 2001, poi nel 2006.

Ma il giornalista che è in lui lo riporta alla conduzione di programma di successo: ‘Viaggio intorno al mondo’; ‘La notte della Repubblica’; ‘Viaggio nel Sud’. Passione che alterna alla scrittura, ‘Romanza’ nel 1987 vince il Premio Basilicata e la prima edizione del Premio dei Premi.

Indimenticabili i suoi reportage, ‘Viaggio nella scuola’, solo uno dei tanti.
Impossibile tenere il passo di tutte le attività svolte. Autore, conduttore, scrittore, dirigente Rai, politico e molto altro ancora. Nel marzo del 2007 l’Università di Tor Vergata gli conferisce la laurea specialistica honoris causa in ‘Editoria comunicazione multimediale e giornalismo“, per lo “straordinario contributo apportato alla causa del giornalismo italiano“.

Nel 2017 fecero scalpore le sue nozze con la giornalista Alessandra Chello di 42 anni più giovane dell’allora 93enne Zavoli. Nozze celebrate nel massimo riserbo, era gelosissimo della sua vita privata, rese pubbliche da alcuni noti siti di gossip.

Oggi la sua scomparsa che lascia un grande vuoto nel mondo del giornalismo. E non solo

Chiara Farigu 
immagine tratta da AdnKronos

lunedì 3 agosto 2020

4 AGOSTO 2014: GIORNO DELLA MEMORIA PER I DOCENTI #QUOTA96SCUOLA

Esattamente sei anni fa. Ero in Sardegna. Preparavo le valigie per il rientro a casa mia, ad Anzio, città dove risiedo e insegnavo. Ero felice perché stava per finire la mia prigionia lavorativa. In Senato si stava votando l’approvazione del decreto Madia relativo alla P.A. e, all’interno dello stesso, vi era l’emendamento “Q.96” atto a risolvere l’ingiusta vicenda approvata alla Camera, all'unanimità, appena cinque giorni prima. 

Poi, subito dopo pranzo, mi giunge un messaggio che mi blocca la digestione. In Senato, per mano e per voce della ministra Madia, il governo, con un emendamento soppressivo, stralcia dal decreto quanto approvato qualche giorno prima alla Camera. 

Una retromarcia inaccettabile. Il governo che sconfessa se stesso. E sempre con la medesima e pretestuosa motivazione della mancanza di copertura finanziaria imposta dal Mef. La verità è un’altra. E noi, quotisti gabbati, la conosciamo molto bene. C’è stato un vero regolamento di conti tra l’allora lettiano Francesco Boccia (che ha approvato e imposto le risorse a copertura) ed il PdC, Renzi, che si è sentito sfidato. 

A farne le spese 4.000 disgraziati più le rispettive famiglie, che per cinque giorni hanno vissuto in paradiso, poi, con un calcio inaspettato ma ben piantato nel didietro, sono stati nuovamente catapultati tra le fiamme dell’inferno. 

C’è da dire, a onor del vero, che il carico da 90 lo ha messo pure Tito Boeri (divenuto poi presidente dell’Inps), con alcuni articoli su La Repubblica, nei quali dipingeva gli insegnanti come dei privilegiati, sottolineando a ogni piè sospinto che la riforma fornero non ‘s’ha da toccare’

 Quel 4 agosto il nostro diritto acquisito si è trasformato, tout court, in ‘aspettativa di un diritto’. Le nostre speranze, di colpo, finite. Volatilizzate.Una pugnalata in mezzo al cuore sarebbe stata meno dolorosa.

Quel giorno ho pianto tutte le mie lacrime. Un pianto irrefrenabile, convulso, a singhiozzi. Il mio cellulare squillava all'impazzata.

Improvvisamente mi cercavano tutti. Giornalisti, tivú da me rincorsi a vuoto per due anni, volevano un commento a caldo su questo assurdo dietrofront del governo. Ricordo di aver risposto, ancora col groppo in gola, ad una giornalista dell’ Huffington Post e al caporedattore della trasmissione Agorà che mi voleva in studio per la diretta del giorno dopo. Ci andò la mia amica Marta, io avevo il traghetto da prendere. Indimenticabile quella traversata. Ho continuato a imprecare, a piangere, a dare pugni sulla parete della cabina fino allo sfinimento.

Mio marito era seriamente preoccupato per me e per la mia salute e malediceva gli autori di tanta sofferenza. Son passati sei anni da allora. Il dolore si è attenuato, certo, ma non dimentico. Non voglio dimenticare. Ricordare questa vergogna del governo Renzi è diventato per me un dovere, un impegno al quale non voglio rinunciare.

Denuncio come e quando posso un governo che non ha onorato gli impegni presi.

Anche perché, l’avremmo dovuto capire da quel giorno, dal 4 agosto scorso, dal “trattamento ” riservato alla classe docente più vecchia e meno remunerata d’Europa, qual era la sua concezione della scuola ed il rispetto che nutriva per gli insegnanti. Avvisaglie chiare e pericolose sin d’allora che poi si sono concretizzate con la sua buona scuola, buona sóla per noi che l’abbiamo e la dovremo subire.

Noi abbiamo combattuto con coraggio e con la forza che ci veniva dalla giustezza della battaglia. Non abbiamo niente da rimproverarci. Abbiamo lottato con onore.
E stavamo vincendo. A ricacciarci indietro quella la pugnalata alle spalle, a tradimento.

Noi abbiamo conservato intatto l’onore, il governo no.

No, non voglio dimenticare. E come me i miei 4000 compagni di lotta.

 4 agosto 2020

Chiara Farigu


http://www.huffingtonpost.it/…/pensioni-quota96-manifestazi…

http://www.meetale.com/…/il_pasticciaccio_br…/14120938353300

C’ERA UNA VOLTA IL PONTE MORANDI. OGGI L’INAUGURAZIONE DEL ‘GENOVA SAN GIORGIO’

Oggi, dopo due anni di lavori no-stop, l’inaugurazione del nuovo ponte ‘Genova San Giorgio’, il viadotto che torna a unire la città da ponente a levante.
 
Due anni fa …
 
C’era una volta il ponte o viadotto Polcevera, meglio noto come ponte Morandi, dal nome dell’ingegnere che lo progettò. Per oltre 60 anni è stato il simbolo di Genova e nodo strategico per il collegamento fra il nord-Italia e il sud della Francia.
 
Quasi due anni fa, esattamente il 14 agosto del 2018, come un fulmine a ciel sereno, il crollo parziale della struttura. Una tragedia immane: 43 morti e quasi 600 sfollati.
 
Una ferita profonda non solo per Genova ma per l’Italia tutta. Le immagini fecero il giro del mondo. Quel camion che si arrestò un secondo prima di precipitare nel vuoto divenne il simbolo della tragedia tra il prima e il dopo.
Sessanta anni di storia e di storie. Sessanta anni di viaggi di piacere e di lavoro. Sessanta anni di unione, di incontri di vita di milioni di italiani. Poi il crollo, il dolore, la morte.

 
La ricerca delle responsabilità, le accuse a chi doveva e non ha fatto i necessari controlli, gli scaricabarile come sempre avviene dinanzi alle tragedie. Le promesse della politica di ricostruire quanto e meglio di prima. Ma soprattutto la determinazione dei genovesi di voltare pagina e guardare al futuro.
 
Poi il nuovo progetto dell’archistar Renzo Piano e i fondi per la ricostruzione. E nello sfondo la magistratura per appurare responsabilità e responsabili.
 
Una lunga storia che fatto e farà parlare ancora molto a lungo.
 
Un anno fa, alle 9,37 la totale demolizione di quel che ne restava. In soli sei secondi l’implosione di sessanta anni di storia, ridotti a ventimila metri cubi di detriti. Centinaia i genovesi appostati fin dal mattino per dare l’ultimo addio a quel simbolo che ora non c’è più.
Da adesso comincia il futuro, titolarono i giornali.
 
Oggi, dopo due anni di lavori no-stop, alle ore 18,30, l’inaugurazione del nuovo ponte ‘Genova San Giorgio’. Alla cerimonia saranno presenti le più alte cariche dello Stato, da Mattarella al premier Conte, dal presidente della regione Toti al sindaco Bucci che è stato anche il commissario delegato alla ricostruzione. Saranno assenti i familiari delle vittime, per loro è previsto un incontro privato col Capo dello stato.
 
La cerimonia inizierà con l’inno nazionale e la lettura dei 43 nomi delle vittime cui seguiranno tre minuti di silenzio. Dopo il taglio del nastro, la benedizione del viadotto da parte del nuovo vescovo monsignor Tacca.
Le frecce tricolori porteranno nel cielo di Genova il vessillo di San Giorgio, la croce rossa in campo bianco simbolo della città. Il tutto, si spera, maltempo permettendo.

Chiara Farigu

Immagine tratta da ligurianotizie.it

venerdì 31 luglio 2020

RICORDANDO RAFFAELE PISU. UN ANNO FA LA SUA SCOMPARSA

Se ne andava, il 31 luglio scorso, all'età di 94 anni Raffaele Pisu, attore di teatro, rivista, televisione e cinema. Era malato da tempo.

Bolognese di nascita, era orgogliosamente fiero delle sue origini sarde. Il padre, un carabiniere di Guspini, cittadina del cagliaritano, dopo aver girato a lungo per servizio, decise di fissare la sua dimora a Bologna dove poi mise famiglia. ‘E’ grazie a lui che io mi ritengo sardo’, amava ripetere nelle sue interviste. Un amore per la Sardegna che ha poi trasmesso anche a sua figlia Barbara che fa la capo infermiere in un ospedale di Cagliari.

Una carriera lunga più di settant'anni, la sua. Intervallata da alti e bassi, come spesso succede agli artisti di razza. Quando si raccontava amava parlare delle sue ‘tre vite’. Caduto nel dimenticatoio per ben due volte, è poi riuscito a risalire la china, più forte di prima. La terza fu quando, dopo una diagnosi medica, gli dissero che stava per morire. Abbandonò tutto e si trasferì nei Caraibi per vivere, pensava, l’ultimo scampolo di vita. Poi la diagnosi infausta si rivelò sbagliata e, ancora una volta, tornò sul set cinematografico di ‘Addio Ceausescu’, diretto da suo figlio Antonio.

La sua vita artistica nasce dapprima in radio. La televisione è arrivata dopo, durante il boom economico, negli anni sessanta. Nel 1961 il primo grande successo con ‘L’amico del giaguaro’ con Gino Bramieri e Marisa Del Frate. Nino Manfredi, Paolo Ferrari, Walter Chiari, Fernandel e Antonella Steni, altri compagni di viaggio della sua lunghissima carriera d’attore; De Sica, Fellini, Monicelli sono alcuni nomi di registi che lo hanno diretto nel cinema.

Uno dei film ai quali era più legato era ‘Italiani brava gente’ di Giuseppe De Santis, girato in gran parte in Russia nel 1962 che a quei tempi però non ebbe il successo che avrebbe meritato.

La comicità, un’altra grande passione. ‘La trottola’ con Corrado e la Mondaini, ‘Vengo anch'io’ con il pupazzo Provolino e ‘Senza rete’ di Enzo Trapani, furono alcuni tra i molti programmi televisivi che gli regalarono grande popolarità.

Poi negli anni ’70 iniziò un periodo buio dal punto di vista artistico. Il telefono non squillava più e gli amici, un tempo tanti, si assottigliavano giorno dopo giorno. Decise di inventarsi una nuova vita. Si trasferì in Sardegna e si ‘scoprì’ gelataio.

A riportarlo in tv Antonio Ricci, nel 1989, quando lo volle in coppia con Ezio Greggio sul banco di ‘Striscia la notizia’. Un successo e la rinascita.


Poi quella diagnosi e la fuga nei Caraibi. Nel 2004 è Paolo Sorrentino che bussa alla sua porta. C’è una parte adatta a lui in ‘Le conseguenze dell’amore’.

Seguiranno altre partecipazioni nei film di Vincenzo Salemme, Ricky Tognazzi e poi di suo figlio Antonio.

Una vita ricca intensa con molti colpi di scena, la sua. ‘Vorrei costruire una barca a remi e arrivare in Sardegna’, ha raccontato in una delle ultime interviste. ‘Vorrei che le mie ceneri venissero disperse nel mare del Poetto’, per un ritorno naturale alle origini.

Ricordarlo oggi, a un anno dalla sua scomparsa, è un modo per farlo rivivere nei nostri cuori. Anche se solo per un giorno


Chiara Farigu 



 

mercoledì 29 luglio 2020

4 ANNI SENZA ANNA MARCHESINI

Son trascorsi già quattro anni  dalla morte di Anna Marchesini, l’anima del Trio con Lopez e Solenghi, suoi compagni d’arte per diversi anni. Anna era la comicità fatta a persona, i suoi personaggi, un mix di  travestimenti, vocine e mossettine esilaranti, sono ancora oggi un cult della risata italiana.

La ricordo sul palco del teatro Parioli durante una puntata del Maurizio Costanzo Show. Con le amiche andai ad assistere alla registrazione di una puntata della trasmissione. Rimasi sorprendentemente stupita dalla sua bellezza. Lei, che per calarsi nei suoi personaggi, indimenticabile la 'signorina Carlo', ricorreva a imbarazzanti parrucche e trucchi inverosimili.

Indossava una gonna aderente abbastanza corta che lasciava intravedere una stacco di coscia da far invidia alla più seducente delle modelle. I suoi capelli nero corvino svolazzavano a destra e a manca assecondando l’onda dei suoi movimenti mentre dava vita ai suoi innumerevoli personaggi.

Ma era durante la pausa per la pubblicità che dava il meglio di sé. Regalando al pubblico brevi chicche ricche di humor per poi tornare, come se nulla fosse, tutta compita al suo posto al suono di ‘in onda’.



La notizia della sua scomparsa mi colpì molto. Ma prima ancora mi colpì la malattia con la quale combatteva da anni che era riuscita a devastare il suo fisico ma non il suo carattere battagliero e fiero.

Una patologia, l’artrite reumatoide, della quale la stragrande maggioranza di noi ne ignorava persino l’esistenza.

Lei ne era divenuta la testimonial, prestando la sua faccia, le sue mani e il suo corpo senza remore e vergogne alcune per farne conoscere gli aspetti più devastanti che l’hanno poi portata alla morte prematuramente.

Invitava a non sottovalutare i sintomi di cambiamento, anche i più piccoli, e a non disdegnare controlli e terapie. Perché è una malattia che non perdona, ripeteva. Anche se non necessariamente sempre letale, rimane uno di quei mali più invalidanti e dolorosi per quanti ne sono affetti.

O meglio per quante ne sono affette. Perché l’artrite reumatoide (malattia infiammatoria autoimmune) pare prediligere proprio il gentil sesso con un rapporto di 4 a 1, attaccando le articolazioni del corpo, mani e piedi per poi attaccare in modo “democratico”, per così dire, tutte le aree articolari, ma in modo “migrante”, così che mentre si attenua l’infiammazione di una parte, ecco che si “accende” quella opposta.

I suoi sintomi provocano dolori fortissimi a causa della rigidità delle parti colpite al punto che anche il più banale dei movimenti risulta compromesso. Le complicanze anchilosanti e degenerative portano ad una invalidità quasi totale.

Anna, in una delle ultime apparizioni televisive era completamente devastata nel corpo. A brillare come sempre la sua anima. E il suo amore per la vita. Che ha difeso con i denti e con le unghie finché ha potuto. Ben sapendo quanto quella lotta fosse impari.

Ci manca la sua comicità surreale e  graffiante allo stesso tempo. Ci manca la sua mimica. Il suo stile. Ci manca lei, Anna

Chiara Farigu 
 



(foto tratta dal sito Annamarchesini.it)

domenica 26 luglio 2020

UN ANNO FA IL DELITTO CERCIELLO. ‘ESSERE MOGLIE DI UN CARABINIERE’: LA STRAZIANTE LETTERA DELLA VEDOVA

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n anno fa l’Italia fu scossa dall'omicidio di Mario Cerciello RegaEra in servizio il vicebrigadiere di Somma Vesuviana  con il collega Andrea Varriale nel quartiere Prati a Roma quando venne accoltellato. 

 Fermati e accusati del suo omicidio due giovani studenti americani, Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjorth che alloggiavano presso l’hotel Meridien di Roma, a pochi passi da via Pietro Cossa, dove fu rinvenuto il cadavere.

Elder, durante l’interrogatorio, confesserà di aver accoltellato Cerciello, facendo cadere così tutte le fantasiose ricostruzioni circolate subite dopo il ritrovamento del corpo che indicavano come  responsabili del delitto due nordafricani. 

Un interrogatorio che fece molto discutere e che avvenne senza la presenza dell’avvocato. Le immagini del diciottenne americano,  bendato e ammanettato, fecero il giro del mondo.

E’ in corso il processo per stabilire modalità e dinamiche dell’omicidio. Molte le ombre su cui far luce. Dall'acquisto di droga con un pusher italiano ai diversi errori che vengono imputati ai due carabinieri da parte della difesa dei due americani. Che quella notte erano in borghese e per giunta disarmati.

Ai funerali del carabiniere la giovane vedova legge fino all'ultimo rigo una lettera struggente.  Poi si lascia andare sopraffatta dal dolore. A stringersi a Rosa Maria una chiesa gremita all'inverosimile. C’è tutta Somma Vesuviana a tributare l’ultimo saluto al vicebrigadiere Cerciello mentre quelle parole arrivano dritte  nei cuori di chi le ascolta.

E’ la stessa lettera che il 13 giugno, solo 43 giorni prima,  le avevano dedicato nel giorno del suo matrimonio. Allora erano parole di auspicio alla vita di coppia che s’apprestava a cominciare con Mario, il ‘suo’ Carabiniere. Mai avrebbe immaginato Rosa Maria, neanche nei peggiori degli incubi, che dopo appena 43 giorni avrebbe dovuto mettere in pratica quelle parole, rilette tutto d’un fiato con la morte del cuore. Dinanzi al suo Mario, per l’ultimo saluto.
Parole struggenti, scaturite da un dialogo immaginario tra un angelo e Dio che stava creando un modello di donna da destinare a moglie di un carabiniere.
Una donna completamente diversa da tutte le altre.
Diversa come, chiede l’angelo?
“Deve essere indipendente, deve possedere le qualità di un padre e di una madre allo stesso tempo. Le daremo un cuore particolarmente forte, capace di sopportare il dolore delle separazioni, di dare amore senza riserve, di offrire energie al marito nei momenti più difficili e di continuare a lottare anche quando è carico di lavoro, è stanco. Una donna dall'aspetto dolce ma che ha la forza di un leone perché deve saper far fronte a tutte le necessità: essere capace di svolgere allegramente le sue mansioni anche se stanca o ammalata, ed essere capace di cambiare casa, abitudini e amicizie spesso e all'improvviso. A lei faremo dono di una lacrima per la gioia, il dolore, la solitudine e la fierezza che solo la moglie di un carabiniere prova ed è dedicata a tutti i quei valori cui suo marito è legato e che lei farà suoi’’.
Parole da brivido. Che rilette a distanza di poco più di un mese dall'altra cerimonia pesano come  macigni. Parole alle quali Rosa Maria, fiera moglie di un carabiniere, anche se per troppo poco tempo, ha fatto già sue. E che continueranno ad accompagnarla nel suo cammino senza più  Mario al suo fianco.
                         Immagine tratta da Adnkronos





venerdì 24 luglio 2020

DIARIO ESTIVO. QUEL PICCOLO PARADISO TERRESTRE CHIAMATO ‘TORRE ASTURA’

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i sono tornata oggi a Torre Astura, impossibile resistere a quell'invito inaspettato ‘mamma, fatti trovare pronta,  ti passo a prendere alle 8’. E’ li, in quella oasi naturale, meravigliosa, a pochi chilometri da Nettuno, sulla via Acciarella che tre anni fa ho fatto pace col mare. Dopo un periodo nero, contrassegnato dalle ingiustizie ‘forneriane’ che lentamente mi stava inghiottendo in una spirale piuttosto buia.

                                       Torre Astura- scatto di Chiara Farigu


Un posto davvero delizioso e ricco di storia. Testimonianze di un passato glorioso oltre che luogo ameno.
Meta turistica giornaliera per chi ama la vacanza a contatto con la natura. Una lunga spiaggia libera, acqua trasparente, una pineta stupenda per il ristoro, i profumi della macchia mediterranea. E il frinire delle cicale, che musica!

Spiaggia raggiungibile via fiume con una barchetta a motore o a piedi, costeggiando il fiume via pineta.

Sconsigliatissima per chi non può fare a meno del bar, del ristorantino e di tutti gli ammennicoli della modernità.

                                    Torre Astura- scatto di Chiara Farigu

Solo pace, sole e mare. E profumi d’altri tempi.

E mentre nuoti o fai la passeggiata ti scopri a scrutare le finestre della torre e a immaginarti affacciato Corradino di Svevia che si ritirò in quella fortezza, dopo la sconfitta di Tagliacozzo, prima che i “signori” del posto lo consegnassero a Carlo D’Angiò, re di Napoli che ne ordinò la decapitazione.

O quando fiancheggi la pineta, descritta persino da Gabriele D'Annunzio come “sovrammirabile opera d'incanto-aracnea”, ti trovi a scrutare le orme lasciate dai turisti poco prima e immagini quelle impresse da Cicerone che proprio lì possedeva una villa dove amava trascorrere parte del suo tempo. “Astura locus quidam amoenus, in mari ipso, qui ab Antio et circejs aspici possit“, scriveva lo scrittore.

Ed è ancora così, come allora. Lo sguardo abbraccia, in quel luogo ameno, i contorni del Circeo e la città di Anzio. In un battito di ciglia.

Chiara Farigu

                                       Torre Astura- scatto di Chiara Farigu




La nonna paterna? Una nonna a metà (con poche eccezioni)

  Essere nonne è un dono meraviglioso che la vita riserva a chi ha avuto la gioia di essere prima mamma. E’ come diventare madri una seconda...