In certi programmi televisivi spesso ci si imbatte per caso. Ma quando si viene ‘rapiti’ sceglierli diviene poi un obbligo. Oltre che un piacere.
E’ anche una storia di sofferenza e di riscatto, di buio profondo e di luce intensa.
‘Cosa vorresti come regalo di Natale’, chiede il giornalista al bambino che avrà non più di 10 anni e che senza esitazione alcuna risponde: ‘Che il mio papà possa vedere anche per pochi minuti’. Il suo papà, Felice, è un uomo davvero fuori dal comune, un artista sorprendente, di quelli che lasciano senza parole.
A 14 anni, colpito da un’atrofia del nervo ottico, malattia che non perdona, i suoi occhi, nel giro di un anno, si spengono completamente facendo sprofondare nel buio più nero sogni e aspettative di un adolescente che si stava affacciando alla vita.
Chiunque al suo posto avrebbe cominciato a maledire il destino che senza preavviso lo toglieva dall’esercito dei cosiddetti ‘normali’ per arruolarlo suo malgrado in quello dei ‘disabili’. Non lui, non Vincenzo da sempre sostenitore che ‘la vera disabilità è negli occhi di chi guarda, di chi non comprende che dalle diversità possiamo solo imparare’.
E Vincenzo dalla sua diversità ha imparato alla grande.
Galeotto fu il suo incontro con il marmo. Al quale dare la forma dei suoi sogni. Rendendo così ogni opera originale e personale. Le sue creazioni sono infatti sculture non viste, che prima nascono nella sua mente e poi prendono forma attraverso l’uso sapiente delle mani, guidate da incredibili capacità tattili.
Vista e tatto si fondono all’unisono in quelle mani che non sono altro che mero strumento per plasmare blocchi di marmo per poi divenire opere uniche nel loro genere.
Veri capolavori capaci di regalare grandi emozioni in chi ha la fortuna di imbattersi in esse.
Come il Cristo ri-velato che Felice ha realizzato dopo aver ‘visto’ quello della Cappella di Sansevero di Napoli.
Non potendolo toccare, per rendersi conto della maestosità dell’opera, Felice se l’è fatta descrivere, centimetro per centimetro. Descrizione durata oltre tre giorni, racconta Tagliaferri, invitando Iannacone a toccare diversi dettagli del ‘suo’ Cristo come l’ombelico, la coscia o le costole che sono la riproduzione delle sue: ‘ho usato me stesso per avere un modello sempre disponibile’ ha rivelato prima di sdraiarsi sull’opera. per dar prova alle sue parole.
‘Dal buio possono nascere grandi opere, quando do forma alle cose non so dove finisce la materia e inizia il mio corpo’ , racconta lo scultore, invitando Iannacone a farsi bendare per qualche minuto per immergersi a sua volta nel buio e ‘vedere’ attraverso il tatto il mondo circostante.
Con ‘un nuovo sguardo’. Fatto di sensazioni, emozioni, interiorizzazioni di descrizioni altrui fatte proprie.
Oggi Felice è Scultore, Direttore della “Chiesa dell’Arte” e insegnante d’arte.
Un artista a tutto tondo che si nutre di sogni che poi regala a chi è ancora capace di sognare.
Accanto a lui Alberto. Gli occhi di suo figlio, una finestra sul mondo. Per continuare a sognare.
Chiara Farigu
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