il blog di chiarafarigu

sabato 23 gennaio 2021

‘Un nemico del popolo’, potere e corruzione: ieri come oggi. Teatro, quanto ci manchi!

 Sembra una vita fa. Eppure è passato solamente un anno dal quel pomeriggio del 23 gennaio scorso. Del maledetto virus, che sarebbe arrivato da lì a poco a stravolgere le nostre vite non sapevamo ancora nulla. Ero davvero raggiante quel pomeriggio. Andavo a teatro, con un’amica, ‘a fare un pieno di cultura’.

La pièce teatrale, tratta dal dramma di Ibsen ‘Un nemico del popolo’ , si rivelò al di sopra di ogni aspettativa. Non solo per l’intensità della recitazione, per i costumi e le luci, ma per la modernità che trasudava dalle scene messe in atto. Dove potere e  corruzione erano fittamente intrecciati nell’eterno conflitto tra bene e  male che da sempre attanaglia l’essere umano.

Chissà se lo scrittore norvegese, nel 1882, quando metteva in scena l’opera avrebbe anche lontanamente immaginato che i dubbi di ieri sarebbero stati ancora oggi di una sconvolgente attualità. Vista la corruzione dilagante in ogni settore della nostra società, politica in primis.  Avvallata da una  rassegnazione dei cittadini che sottostà impotente a ogni tipo di sopruso, di sopraffazione e violazione dei diritti. Che siano pubblici o privati.

La vicenda racconta la storia di due fratelli. Che hanno due visioni opposte della realtà. E naturalmente dell’etica da seguire. Dove nell’una prevale la ricerca della verità, nell’altra l’intrigo per la convenienza personale.

Uno fa il medico, l’altro il sindaco di una cittadina che economicamente si regge grazie agli introiti delle acque termali. Acque che però dopo accurate analisi risultano inquinate da batteri nocivi alla salute della collettività. Il dottore non ha dubbi: denunciare il fatto è sinonimo di etica e responsabilità. La verità prima di tutto. Per tutelare l’interesse pubblico.

Il sindaco però, dopo averne preso atto dichiara inammissibile la scoperta del fratello medico e, in nome di un ipotetico ‘benessere collettivo’, si attiva per insabbiare qualunque notizia a riguardo. Le conseguenze sarebbero devastanti.  Gli azionisti coinvolti, la stessa classe politica e la media borghesia da una tale rivelazione ne uscirebbero, come si suol dire,  con le pezze al sedere.

Il ‘popolo’, come sempre o quasi accade, è soggiogato da quella ‘maggioranza’ che conta, mentre lui, il dottore con  la sua verità  viene additato come un nemico, anzi ‘il nemico’. Da tenere a debita distanza. In perfetta e totale solitudine.

Potere, corruzione, conflitto politico e morale, oggi come e più di ieri. Tutto questo e molto altro ancora nel dramma di Ibsen.

Un ricordo riaffiorato oggi, con la speranza e l’auspicio che i teatri ritrovino il loro splendore e ci consentano di farci fare quanto prima nuovamente quel ‘pieno di cultura’ che ci manca davvero tanto.

Chiara Farigu 

mercoledì 20 gennaio 2021

Joe Biden ha giurato. L’America volta pagina

 L’America è tornata, dice Joe Biden nel suo discorso subito dopo il giuramento che lo proclama il 46° presidente degli Stati Uniti. ‘Ha prevalso la democrazia, e ora chiedo a tutti gli americani di aiutarmi nell’unire il Paese’.

Un discorso a braccio, sentito e privo di ogni retorica per ritrovare quell’unità che è stata fagocitata da anni di sovranismo trumpiano e più recentemente dalla pandemia che ha ulteriormente contribuito a differenziare, dividere, emarginare.

Il Covid ha fatto più vittime di quanti americani sono morti nella Seconda Guerra Mondiale, possiamo battere il virus– ha aggiunto Biden- sarò il presidente di tutti gli americani, mi batterò anche per coloro che non mi hanno sostenuto’Unità, ricostruzione, democrazia, queste le parole più volte utilizzate dal 78enne  neo-presidente nella cerimonia d’insediamento. Celebrata nello stesso luogo dove la democrazia, appena due settimane fa, è stata messa a dura prova.

Una cerimonia super blindata tra uno sfavillio di bandiere e un momento di raccoglimento per ricordare le cinque vittime dell’assalto al Capitol-Hill.

Cerimonia impreziosita dalla presenza di tre artisti straordinari a cominciare da una superlativa Lady Gaga che intona l’inno americano, seguono  Jennifer Lopez e Garth Brooks, artisti scelti non a caso ma tutti portatori di valori di pacificazione, integrazione, unificazione, gli stessi valori che Joe Biden intende perseguire durante il suo mandato.

Alle 17,40, ora italiana, gli occhi del mondo sono puntati su Kamala Harris, prima donna vicepresidente e prima donna di colore figlia di immigrati. Una donna che è già entrata a pieno titolo nella Storia, una donna che rappresenta il riscatto per milioni di donne americane e non solo.

Una donna soldato traduce con la lingua dei segni il discorso del neopresidente e della sua vice. Da domani l’America volta pagina.

Un programma ambizioso attende ora  Joe Biden.  Dalla sanità pubblica da estendere ulteriormente alla fasce della popolazione che ancora non ne usufruiscono alla proposta di rendere gratuiti i college per gli studenti meno abbienti.

E poi ambiente, immigrazione, sconfitta del virus, controllo delle armi e politica estera sono gli altri punti del fittissimo programma che ‘il presidente di tutti’ è intenzionato a realizzare nei prossimi quattro anni di permanenza alla casa Bianca.

‘Saremo giudicati da come affronteremo queste sfide’, ha chiosato Biden.

Lui, le sfide, le ha fatte già proprie. Domani ha inizio un nuovo corso

Chiara Farigu

*Immagine tratta da Il Messaggero

martedì 19 gennaio 2021

Senza vincolo di mandato: smettiamola di indignarci a convenienza

 Pensavamo di aver visto tutto in fatto maleducazione e comportamenti scorretti nelle Aule del Parlamento. Non era così. In questi due giorni in cui si è discussa (e per ora risolta) la crisi di governo, i politici hanno dato uno spettacolo indegno come mai prima d’ora. Gesti osceni, risate di scherno indirizzate all’avversario di turno,  accuse e insulti di ogni tipo, persino auspici di morte verso i senatori a vita ‘colpevoli’ di essere presenti per esprimere la volontà di voto. E tutto questo mentre si affannano a ripetere che vogliono il bene del Paese che indegnamente rappresentano. Uno schifo assoluto.

La parola più ricorrente in questa due giorni al cardiopalma: poltrona. Intesa sia come  ‘mercato’ per accaparrarsene una  o mantenere stretta quella già conquistata. Paradossale poi che ad accusare i cosiddetti ‘poltronari’ siano quelli che da decenni non schiodano manco con le bombe.

E qui si torna al punto dolente che ruota intorno al poltronificio tanto evocato e vituperato, ovvero al famigerato ‘senza vincolo di mandato’.

D’accordo. L’assenza di vincolo di mandato è contemplato dalla Costituzione (Art.67) e garantisce agli eletti di svolgere in totale ‘libertà’ la loro funzione parlamentare senza obblighi nei confronti di partiti, programmi elettorali e anche dei cittadini stessi. Senza vincolo di mandato, appunto. Un principio alla base della democrazia, secondo i padri costituenti. Istituito affinché i nostri delegati potessero e possano svolgere le loro funzioni secondo i loro convincimenti, ideali, battaglie politiche senza pressioni o ricatti sempre presenti dietro l’angolo.

Tutto giusto ed encomiabile, però… ‘ogni limite ha una pazienza’, diceva Totò.

Quando i cambi di casacca, guarda caso, sono decine, se non centinaia ad ogni legislatura, difficile credere ad una ‘evoluzione’ politica del parlamentare di turno piuttosto che al sempre presente trasformismo politico, vizietto presente in ogni schieramento politico, di destra sinistra centro e pentastellato che si voglia.

Difficile credere alla buona fede. Impossibile poi se questo cambio è motivato, come sostengono,  per senso di responsabilità o per il bene degli italiani.
Quando mai?

Si riuscirà mai a porre fine a quest’andazzo? A dire:  non ti trovi più a tuo agio nel partito o movimento nel quale sei stato eletto? Bene, tanti saluti e torni a casa. Non entri in un altro gruppo né siedi su un’altra poltrona. Ritorni a casa e chiedi pure scusa per il danno arrecato. Con la testa china. Perché hai deluso chi ha creduto in te.
Invece no. Da bianco diventi nero, da nero verde giallo o rosso o viceversa. Rosso di vergogna, mai.

Ieri, dopo l’accorato appello del premier Conte, si sono palesati i cosiddetti ‘costruttori’ che hanno salvato in extremis il governo. A parti invertite avremmo assistito allo stesso spettacolo. E avremmo ascoltato le stesse accuse, visti gli stessi visi schifati, letto gli stessi commenti ilari sui social.

Delle due l’una: o si elimina l’assenza di vincolo di mandato, modificando la Costituzione (e sarebbe cosa buona e giusta), o la smettiamo di fingerci schifati se poi, chi è stato delegato dai cittadini, vi fa legittimamente ricorso.  Non ci si può indignare a convenienza. Né delegittimare il governo che poi ottiene la fiducia per colpa o grazie al soccorso dei voltagabbana trasformisti responsabili o costruttori che dir si voglia.  Com’è successo nelle legislature passate e come è accaduto ieri al Senato.

Tutto il resto è fuffa

Chiara Farigu 

lunedì 18 gennaio 2021

Liliana Segre: ‘Crisi incomprensibile. Pronta a fare il mio dovere in Senato’

 Non usa mezzi termini Liliana Segre quando afferma che questa crisi è del tutto incomprensibile. Pertanto, nonostante i disagi dovuti all’età (ha compiuto 90 anni lo scorso settembre) e alla pandemia in corso non intende sottrarsi al suo dovere e martedi sarà in Aula a dare la fiducia al governo Conte. E’ lei stessa a dirlo   in un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano:

‘Sì, parto oggi per essere pronta a fare il mio dovere martedì a Palazzo Madama. Contavo di riprendere le mie trasferte a Roma solo una volta vaccinata, ma di fronte a questa situazione ho sentito un richiamo fortissimo, un misto di senso del dovere e di indignazione civile. Ho deciso di dare la mia fiducia al governo. Questa crisi politica improvvisa l’ho trovata del tutto incomprensibile. Non riesco ad accettare che in un tempo così difficile, in cui milioni di italiani stanno facendo enormi sacrifici e guardano con angoscia al futuro, vi siano esponenti politici che non riescono a fare il piccolo sacrificio di mettere un freno a quello che Guicciardini chiamava il particulare’.

All’odio bisogna contrapporre l’amore, sempre. E’ questo il messaggio che la Segre, nominata Senatrice a vita nel gennaio 2018 dal presiedente Mattarella, porta nelle scuole e ovunque sia necessaria la sua testimonianza per mantenere viva la memoria di uno dei periodi più della Storia.

All’io bisogna contrapporre il noi. E’ questo il senso del suo impegno martedi a Palazzo Madama. Per inficiare quel ‘particulare’ che ha dato origine ad una delle crisi di governo più incomprensibile della Storia della Repubblica. Un dovere, sostiene la novantenne senatrice al quale non può e non vuole sottrarsi

Chiara Farigu

*Immagine pixel

Debutto col botto per Mina Settembre, l’assistente sociale dei Quartieri Spagnoli

 Mi ero innamorata di lei fin dalle prime pagine di ‘Troppo freddo per Settembre’, trovato, insieme ad altri libri, sotto l’albero di Natale.  Indomabile, bellissima, determinata, pronta a cacciarsi nei guai, sempre per una buona causa s’intende, Mina è un altro grande personaggio  creato dalla penna di Maurizio de Giovanni, scrittore napoletano di successo i cui libri sono tradotti in tutto il mondo.

L’avevo immaginata diversa per via di quel ‘Problema 2’ descritto magistralmente dall’autore, vale a dire un fisico procace capace di attirare e sedurre all’istante qualsiasi maschio che si rispetti a portata di tiro, in strada, in metropolitana o all’interno del suo stesso studio.  Un problema non da poco per Mina che vuole brillare per la sua intelligenza ed affermarsi per le sue qualità professionali e umane anziché  perdere parte del suo tempo a schivare ‘manimorte’ e sguardi da pesce lesso di uomini incapaci di controllare il livello di testosterone in sua presenza.

L’avevo disegnata nella mia fantasia come la Loren nel conturbante spogliarello di Ieri oggi e domani,  o come la Lollobrigida in  Pane amore e fantasia. Ma la versatile e talentuosa Serena Rossi (indimenticabile nei panni di Mia Martini, non è stata da meno. E gli ascolti le danno ragione. La prima puntata andata in onda ieri sera su Rai ha sbaragliato la concorrenza aggiudicandosi il 22,6% di share, pari ad oltre 5.8000.000 di telespettatori .

Un debutto alla grande, dunque, per la fiction liberamente tratta dai racconti Un giorno di Settembre a Natale e Un telegramma da Settembre dello scrittore napoletano già autore de i Bastardi di Pizzofalcone.

Dodici racconti articolati in sei puntate per raccontare le vicende della spumeggiante assistente sociale che dopo essersi separata dal marito Claudio (Giorgio Pasotti), magistrato col quale giocoforza dovrà interagire e spesso scontrarsi,  torna a casa dall’ingombrante mamma, ovvero il suo ‘Problema 1’ poiché di materno sembra non avere proprio niente. Dispotica, autoritaria, poco prepensa a dividere il suo spazio con la figlia alla quale non perdona il suo stato di separata  e la sua condotta di vita, dedita più agli altri che a sé stessa.  Al punto da far diventare  il Consultorio la sua ragione di vita. Aiutare chi ha bisogno di assistenza, supporto ma anche solo di ascolto dei problemi da condividere per alleggerirne il peso di chi li porta.

E poi nel Consultorio arriva  lui, Domenico ‘chiamami-Mimmo’, come va ripetendo a tutti le pazienti per instaurare un rapporto meno formale, che riaccende pensieri e desideri che  Mina credeva sopiti, dopo la separazione dal marito, in seguito al suo tradimento.

Assistente sociale di professione, Mina si scopre investigatrice a tutto tondo in cerca di indizi per tirare fuori dai guai (spesso è lei a finirci) le persone che ricorrono al suo aiuto. A darle man forte l’attraente ginecologo interpretato da Giuseppe Zeno,  Christane Filangeri e Valentina D’Agostino, nei panni delle  amiche di una vita.

A fare da cornice alle avventure di Mina, Napoli e gli splendidi Quartieri Spagnoli. Tanti gli intrecci che di volta in volta Mina riesce a sciogliere per restituire alla vita persone spesso vittime della criminalità o messe ai margini da eventi dolorosi.

Una serie da vedere

Chiara Farigu

domenica 17 gennaio 2021

Monossido di carbonio: il killer silenzio che uccide senza alcun preavviso. Lanuvio proclama lutto cittadino

 E’ ancora sotto choc la cittadina di Lanuvio dopo la strage  nella casa di riposo Villa dei Diamanti nella quale cinque donne sono morte per una probabile fuga di monossido di carbonio. La Giunta Comunale ha proclamato il lutto cittadino per stringersi intorno al dolore delle famiglie che hanno perso i propri cari. Un bilancio drammatico. Alle  vittime si sommano altre sette persone, tra le quali anche due operatori, ricoverate in ospedale tutte coi sintomi riconducibili a intossicazione di monossido di carbonio.

Gli inquirenti sono al lavoro per capire le dinamiche dei fatti visto che la struttura, come precisa in una nota la giunta comunale, è in possesso dei requisiti previsti dalla legge in termini urbanistici e di ogni altra autorizzazione di competenza comunale. L’edificio peraltro era stato completamente ristrutturato e reso agibile solo quattro anni fa.

Morte nel sonno per gli effetti letali del ‘killer silenzioso’, così viene definito il monossido di carbonio. Un gas velenoso e particolarmente insidioso in quanto inodore, incolore e insapore. Un gas che ogni anno, per svariate motivi, miete vittime inconsapevoli senza alcun preavviso, come purtroppo periodicamente riportano le cronache.

Ma cos’è esattamente il monossido di carbonio?

L’ossido di carbonio (CO) è un inquinante molto insidioso, soprattutto nei luoghi chiusi dove si può accumulare in concentrazioni letali. Tali situazioni sono purtroppo frequenti e innumerevoli sono i casi di avvelenamento e gli incidenti anche mortali imputabili alle stufe o agli scaldabagni difettosi o non controllati. Essendo il CO incolore, insapore, inodore e non irritante, può causare morti accidentali senza che le vittime si rendano conto di quel che sta loro succedendo.

Una volta respirato, il CO si lega all’emoglobina formando un composto che viene chiamato carbossiemoglobina. Questa sostanza, al contrario dell’emoglobina, non è in grado di garantire l’ossigenazione ai tessuti, in particolare al cervello ed al cuore. La morte sopravviene pertanto per asfissia.

I primi sintomi dell’avvelenamento sono l’emicrania e un senso di vertigine, se avvertiti in tempo.

Purtroppo il gas provoca anche sonnolenza e questo impedisce spesso alle vittime di percepire il pericolo e di scongiurarlo aerando il locale. Un killer silenzioso, appunto. Che uccide senza alcun preavviso. Con una predilezione per la stagione invernale. Quando scaldabagno, impianti di riscaldamento, stufe e camini funzionano a pieno regime, e in più, a causa del freddo, le finestre di casa sono spesso chiuse. Anzi sigillate, come quelle più moderne dotate di doppi vetri a prova di qualunque spiffero. Ragion per la quale, i decessi per intossicazione da CO, negli ultimi decenni, siano addirittura in aumento.

Il pericolo incombe quando qualche impianto su citato è difettoso o le canne fumarie risultano essere intasate da qualche ostruzione che impedisce la regolare fuoriuscita dei fumi. Il monossido di carbonio viene infatti liberato nell’ambiente a causa di un processo di combustione incompleta dei combustibili organici (legno, carbone, olio e carburanti vari) provocando intossicazioni più o meno gravi e, qualche volta anche la morte.

Non ci sono dati ufficiali sul numero di vittime che il monossido di carbonio miete in Italia ogni anno, tuttavia sono consistenti anche se variabili: si tratta di centinaia di morti e di migliaia di persone ricoverate in ospedale per intossicazione. Una volta in ospedale la camera iperbarica è il trattamento spesso risolutivo dell’intossicazione da CO.

Che fare per soccorrere una persona intossicata da CO?

Le operazioni da fare sono molto semplici: aprire tutte le finestre per far entrare ossigeno nell’ambiente e portare la persona che ha inalato il gas all’esterno somministrandogli, se possibile, ossigeno ad alta concentrazione. E naturalmente chiamare subito un’ambulanza.

Tuttavia la prevenzione rimane sempre l’arma migliore per scongiurare pericoli. Prevenzione che in questo caso sta a significare corretta manutenzione e corretto funzionamento degli impianti di riscaldamento, assicurando l’adeguata ventilazione dei locali che ospitano gli apparecchi a combustione. Da non trascurare poi la pulitura dei camini e dei condotti di evacuazione dei gas che deve essere eseguita almeno una volta all’anno da operatori qualificati.

Piccoli ma necessari accorgimenti dei quali però ci ricordiamo sempre troppo tardi. Veicolare le giuste informazioni può salvare più di una vita.

Chiara Farigu

sabato 16 gennaio 2021

Covid19. Il nuovo DPCM tra conferme e novità, in vigore dal 16 gennaio

 Ci  (ri)siamo. L’Italia cambia nuovamente colore:  da domenica 17 gennaio ben 9 regioni (Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Puglia, Umbria e Valle D’Aosta) passano in zona arancione, mentre Lombardia Sicilia e la provincia autonoma di Bolzano si tingono di rosso.

Le sei regioni ‘virtuose’, Campania, Sardegna, Basilicata, Toscana, Provincia Autonoma di Trento, Molise, rimangono invece in zona gialla.

Rabbia  del governatore Fontana  che non ci sta e minaccia ricorsi, ritiene ‘una punizione’ la nuova collocazione imposta dall’ ordinanza del ministro Speranza.

Di contro,  il suo omologo siciliano chiede che la sua regione (che il report di monitoraggio del Ministero della Salute collocherebbe in fascia arancione) sia invece  inserita in quella ad alto rischio con le relative misure di contenimento.

A far chiarezza, si fa per dire, su cosa potremo fare o no ci pensa il nuovo DPCM  in vigore da oggi 16 gennaio sino al 5 marzo.

Diverse le novità contenute. A cominciare dalle cosiddette ‘zone bianche’, per ‘le regioni con un livello di rischio basso’ dove ‘si manifesti una incidenza settimanale dei contagi, per tre settimane consecutive, inferiore a 50 casi ogni 100.000 abitanti’.

Per ora una chimera, ma possibile, assicurano gli esperti, se verranno messi in atto comportamenti adeguati. Ovvero utilizzati scrupolosamente i dispositivi medici di sempre (mascherina, distanziamento, igienizzazione mani) ed evitati  assembramenti di ogni tipo.

Nelle regioni gialle e arancioni gli studenti delle scuole superiori da lunedi 18  torneranno a scuola al 50-75% della presenza. Il restante 25-50%, a turno, proseguirà con la didattica a distanza, ordinanze regionali permettendo.

Confermato il coprifuoco dalle ore 22 alle 5 del mattino e l’obbligo di portare sempre e indossare al chiuso, e in presenza di altri, la mascherina.

Confermato anche il divieto di spostamento tra regioni e  il divieto della vendita da asporto per i bar dalle 18. Così come le chiusure di palestre e piscine, cinema e teatri.

Tornano invece le crociere ed è confermata l’apertura dei musei, ma solo nelle regioni gialle e solo nei giorni feriali ‘un primo passo, un segnale di riapertura’, dichiara il ministro Franceschini.

Resta valida la regola che consente di andare a trovare parenti o amici nella regione, se questa è in zona gialla, o nel comune se è in zona arancione o rossa, una sola volta al giorno ad un massimo di due persone (oltre ai minori di 14 anni conviventi).

Previsti ristori per le attività danneggiate dalle nuove misure. Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera a un nuovo scostamento fino a 32 miliardi. La richiesta passa ora al Parlamento: l’Aula della Camera voterà sulla questione mercoledì 20 gennaio.

Intanto sale la tensione e i malumori degli esercenti. Molti dei loro si dicono pronti alla disubbidienza civile e a bypassare le norme imposte mantenendo aperti bar ristoranti palestre e piscine pur nel rispetto delle regole vigenti di distanziamento e igienizzazione. ‘Siamo al collasso, è l’unico modo per far ripartire tutta l’economia in quanto i ristori del Governo non sono sufficienti per cui non possiamo più fare a meno di aprire’, sostiene il promotore di #ioapro, mobilitazione che coinvolge tutto il Paese.

Difficile non comprendere le loro ragioni. Considerato che la pandemia dura da quasi un anno e ancora non si intravede nessuna luce in fondo al tunnel.

Chiara Farigu

Immagine Commons Wikimedia

lunedì 11 gennaio 2021

‘Penso che un sogno così’, Beppe Fiorello porta in tv uno spaccato della sua vita

 Beppe Fiorello torna in tv e ci racconta uno spaccato della sua vita, intrecciando ricordi personali della sua infanzia con eventi della Sicilia e dell’Italia di quegli anni.

‘Penso che un sogno così’, in onda stasera su Rai 1, è un adattamento televisivo dello spettacolo teatrale che ha viaggiato in lungo e largo per tutta la penisola per oltre 300 serate. Protagonista del racconto, suo padre. Che l’attore siciliano ha perso quando aveva 20 anni. Una perdita che lo ha costretto a crescere più velocemente, a fare i conti con le sue paure e la sua timidezza. A camminare con le proprie gambe e ad assumersi le proprie responsabilità.

‘Era un padre molto semplice, simpatico, anche se la simpatia spesso viene letta come una dote leggera. Mi colpiva la sua positività̀, la sua visione della vita: era un possibilista, tutto per lui era possibile, fattibile; sognava molto, per noi e per lui. E poi non solo cantava le canzoni di Modugno, ma gli assomigliava anche fisicamente’.

‘Sono cresciuto a pane e Modugno’ ripete spesso l’artista siciliano, quasi a voler giustificare quell’amore che da sempre lo lega all’indimenticato cantante pugliese. Amore che lo porterà, molti anni dopo, a vestirne i panni in un film a lui dedicato.

Un racconto commovente lo ha definito Fiorello. Accanto a lui Serena Rossi, Pierfrancesco Favino, Eleonora Abbagnale, Paola Turci, Francesca Chillemi e suo fratello Rosario. Col quale mettere in scena ‘qualcosa di molto bello e inedito, un momento davvero intimo’, anticipa l’attore.

Un racconto da non perdere

Chiara Farigu

giovedì 7 gennaio 2021

Si torna a scuola e ‘Che Dio ci aiuti’

 ‘Che Dio ci aiuti’ direbbe la suora della tv ad alunni studenti e docenti che oggi siedono nuovamente sui banchi di scuola. Il rientro dopo la pausa  per le festività per i bambini/e della scuola dell’infanzia e primaria di primo grado e per il 50% degli studenti delle superiori (il restante 50% seguirà, a rotazione, da remoto)dopo il lockdown autunnale. Ma non per tutti visto che i presidenti di regione hanno deciso la riapertura in ordine sparso.

Un rientro voluto fortemente dalla ministra Azzolina a dispetto della curva dei contagi costantemente in picchiata e nonostante il parere contrario della stragrande maggioranza dei docenti che vedono quelle aule tutt’altro che ‘sicure’.

Diciamolo chiaramente. A parte l’acquisto dei banchi monoposto, su cui è stato detto di tutto e di più, e qualche altro strumento per la didattica, nient’altro, o poco o niente è stato fatto in quasi un anno dal primo lockdown nazionale.

Un’occasione sprecata per eliminare le classi pollaio, ristrutturare gli edifici scolastici pericolanti e quelli non ancora a norma. Per assumere in pianta stabile i precari e restituire un minimo di dignità ai docenti partendo da una retribuzione adeguata per il ruolo ricoperto.

Un’occasione sprecata per ridare lustro all’istituzione scolastica vista da sempre, da tutti i governi che si sono succeduti, la palla al piede della Pubblica Amministrazione.

Un’occasione sprecata per riconoscere finalmente alla Scuola e all’Istruzione, coi fatti e non a parole, il ruolo fondamentale a cui è preposta per la formazione dei futuri cittadini.

La scuola è sicura, sostengono, e tanto basta per riaprire i battenti.  Nonostante diversi dati dicano il contrario. Nonostante il ‘prima’ e il ‘dopo’, legato ai trasporti su cui non si è intervenuto se non poco e male, e agli assembramenti davanti ai cancelli d’ingresso e d’uscita.

Non rimane che sperare  che il maledetto virus, se malauguratamente dovesse far capolino dalla porta d’ingresso avanzi dritto, senza colpo ferire, sino alla finestra lasciata semiaperta per la salutare aerazione anti-covid  per poi dissolversi all’aperto.

‘Che Dio ci aiuti’appunto. O se proprio non vogliamo scomodare l’Onnipotente per queste piccole faccende terrene, affidiamoci pure alla sorte o al fattore C. Perché è proprio di gran botta di culo che abbiamo bisogno per mantenere aperte le nostre scuole. Covid permettendo, s’intende.

Rimane l’amarezza nel constatare che ancora una volta abbiamo fallito. Un Paese che non si cura del futuro, non ha futuro. E il futuro sono i giovani a doverlo costruire, se messi però in condizione di farlo. Cominciando proprio dalla Scuola.

Ma questo rimane un sogno. Una chimera

Chiara Farigu

sabato 2 gennaio 2021

Accadde oggi: 61 anni fa se ne andava Fausto Coppi. Il Campionissimo

 Il 2 gennaio di 61 anni fa se ne andava Angelo Fausto Coppi, per tutti il Campionissimo. Nessuno come lui, nella storia del ciclismo. Icona intramontabile di uno sport meraviglioso ma durissimo che ha fatto sognare diverse generazioni e che, ancora oggi, per gli atleti delle due ruote rimane il faro a cui anche solo indegnamente tentare di avvicinarsi.

La sua vita, una leggenda. Destinato quasi certamente a seguire le orme contadine del padre Domenico, il giovane Fausto ha iniziato come garzone di salumeria a Novi Ligure. E’ allora che ha inforcato la sua prima bici, le consegne andavano recapitate nel più breve tempo possibile, un gioco da ragazzi per il futuro campione che su quelle strade volava come un airone.

Leggero, veloce, affidabile.

Sarà suo zio a regalargli una due ruote molto rudimentale, la sua prima bici, amore che durerà fino all’ultimo respiro, esalato a Tortona il 2 gennaio 1960, a soli 41 anni a causa della malaria (non diagnostica in tempo) contratta durante un viaggio in Alto Volta.

La sua prima corsa è datata luglio 1937. Inizio non molto promettente, a metà gara è costretto a ritirarsi poiché una gomma si sgonfia inaspettatamente. Non si arrende, Fausto. Il ciclismo gli è entrato nelle vene, è deciso, sarà quella la sua vita. Nel 1940 vince il Giro d’Italia, la via del successo è ormai tracciata. Ma prima dovrà fare i conti con la seconda guerra mondiale.

Esperienza piuttosto tormentata che lo vede dapprima militare a Tortona e poi prigioniero degli inglesi in Africa, a Capo Bon. Nel ’43 viene internato a Megez el Bab e poi trasferito al campo di concentramento di Blida, nei pressi di Algeri.

Esperienza traumatica dalla quale però esce indenne. Tornato a casa si riappropria della sua vita, mette su famiglia con Bruna Ciampolini (dalla quale avrà la sua prima figlia Marina), e riprende gli allenamenti. Il suo talento non passa inosservato alla Legano che diventa la sua prima squadra da professionista. Seguiranno negli anni la Bianchi, la Carpano, la Tricofilina, la San Pellegrino.

Il carnet delle sue vittorie è vastissimo, praticamente ha vinto tutto e di quel tutto più volte: cinque giri d’Italia, due Tour de France, tre Milano-Sanremo, una Parigi-Roubaix. Ma anche tre Mondiali, due su pista e uno su strada, quattro titoli italiani, cinque giri di Lombardia.

Storica la ‘rivalità’ con l’altra leggenda del ciclismo, Gino Bartali ovvero il ‘Ginettaccio’, com’era noto per il suo carattere fumantino. Rivalità che ha diviso le due accese tifoserie. Mentre loro, Bartali e Coppi, su questa ci hanno giocato a lungo. L’hanno persino cantata durante una puntata de Il Musichiere. Memorabile quella foto che li ritrae mentre si passano la borraccia lasciando nel mistero chi la passa a chi. Due campioni dei quali si è perso lo stampo. Irraggiungibili.

*Immagine tratta dal web

‘Un uomo solo al comando’, così venivano raccontate dai cronisti sportivi le epiche imprese del Campionissimo sulle montagne più dure aspre e impervie che immancabilmente scalava arrivando appunto primo dopo aver distanziato il gruppo degli inseguitori.

La sua vita, una leggenda. Compresa quella privata che non fu da meno. Fece scandalo, nell’Italia post-bellica, ancora molto puritana, la relazione extraconiugale con Giulia Occhini, definita dalla stampa di allora ‘ la Dama Bianca’, a sua volta sposata, donna per quale abbandonò la sua famiglia. Un’unione osteggiata dalle rispettive famiglie, dall’opinione pubblica, dalla tifoseria sportiva e dalla Chiesa. I due finiscono sotto processo e poi condannati: Coppi a due mesi di carcere, la Occhini a tre. Pena che poi verrà sospesa. Il clima sempre più irrespirabile convince i due a trasferirsi all’estero, in Messico si uniscono in matrimonio. Dalla loro unione, nel 1955,  nasce Il figlio Faustino.

Dal 15 settembre del 2018, in occasione del centenario della nascitaCastellania, paesino nell’entroterra alessandrino che gli ha dato i natali, si chiama Coppi-Castellania, ma anche più semplicemente solo Coppi. E’ un borgo-museo dove tutto parla di lui, mito indimenticato e intramontabile.

Chiara Farigu

*Immagine Ansa

La nonna paterna? Una nonna a metà (con poche eccezioni)

  Essere nonne è un dono meraviglioso che la vita riserva a chi ha avuto la gioia di essere prima mamma. E’ come diventare madri una seconda...