Sembra una vita fa. Eppure è passato solamente un anno dal quel pomeriggio del 23 gennaio scorso. Del maledetto virus, che sarebbe arrivato da lì a poco a stravolgere le nostre vite non sapevamo ancora nulla. Ero davvero raggiante quel pomeriggio. Andavo a teatro, con un’amica, ‘a fare un pieno di cultura’.
La pièce teatrale, tratta dal dramma di Ibsen ‘Un nemico del popolo’ , si rivelò al di sopra di ogni aspettativa. Non solo per l’intensità della recitazione, per i costumi e le luci, ma per la modernità che trasudava dalle scene messe in atto. Dove potere e corruzione erano fittamente intrecciati nell’eterno conflitto tra bene e male che da sempre attanaglia l’essere umano.
Chissà se lo scrittore norvegese, nel 1882, quando metteva in scena l’opera avrebbe anche lontanamente immaginato che i dubbi di ieri sarebbero stati ancora oggi di una sconvolgente attualità. Vista la corruzione dilagante in ogni settore della nostra società, politica in primis. Avvallata da una rassegnazione dei cittadini che sottostà impotente a ogni tipo di sopruso, di sopraffazione e violazione dei diritti. Che siano pubblici o privati.
La vicenda racconta la storia di due fratelli. Che hanno due visioni opposte della realtà. E naturalmente dell’etica da seguire. Dove nell’una prevale la ricerca della verità, nell’altra l’intrigo per la convenienza personale.
Uno fa il medico, l’altro il sindaco di una cittadina che economicamente si regge grazie agli introiti delle acque termali. Acque che però dopo accurate analisi risultano inquinate da batteri nocivi alla salute della collettività. Il dottore non ha dubbi: denunciare il fatto è sinonimo di etica e responsabilità. La verità prima di tutto. Per tutelare l’interesse pubblico.
Il sindaco però, dopo averne preso atto dichiara inammissibile la scoperta del fratello medico e, in nome di un ipotetico ‘benessere collettivo’, si attiva per insabbiare qualunque notizia a riguardo. Le conseguenze sarebbero devastanti. Gli azionisti coinvolti, la stessa classe politica e la media borghesia da una tale rivelazione ne uscirebbero, come si suol dire, con le pezze al sedere.
Il ‘popolo’, come sempre o quasi accade, è soggiogato da quella ‘maggioranza’ che conta, mentre lui, il dottore con la sua verità viene additato come un nemico, anzi ‘il nemico’. Da tenere a debita distanza. In perfetta e totale solitudine.
Potere, corruzione, conflitto politico e morale, oggi come e più di ieri. Tutto questo e molto altro ancora nel dramma di Ibsen.
Un ricordo riaffiorato oggi, con la speranza e l’auspicio che i teatri ritrovino il loro splendore e ci consentano di farci fare quanto prima nuovamente quel ‘pieno di cultura’ che ci manca davvero tanto.
Chiara Farigu