il blog di chiarafarigu

giovedì 26 novembre 2020

'Rita Levi Montalcini', la nuova imperdibile fiction di Rai 1

Dopo i numerosi trailers delle scorse settimane che ne annunciavano la messa in onda, arriva stasera su Rai 1 l’imperdibile  fiction  ‘Rita Levi  Montalcini’.  Uno spaccato di vita, liberamente ispirato, della neurobiologa torinese sugli anni dopo il Nobel, precisa il regista Alberto Negrin.  Una fiction per rendere  omaggio a una donna straordinaria, non una biografia né tantomeno un documentario sulla Professoressa Montalcini.

La bravissima Elena Sofia Ricci, smessi temporaneamente gli abiti da suora della fortunata serie tv ‘Dio ci aiuti’,  vestirà, con molta umiltà e rispetto, come sottolinea nelle interviste, i panni della scienziata della quale rivela in anteprima qualche curiosità circa la sua vita privata. ‘La cosa più emozionante è stata entrare nella sua casa sua. La nipote Piera ci ha permesso di girare alcune scene nella stanza della Professoressa. Sono rimasta molto colpita dalla sua semplicità. Una camera che definirei austera: letto singolo, scrivania, armadio. Microscopio, libri  (compreso il Nuovo dizionario dal piemontese all’italiano)  e  dischi di musica classica’.

La fiction prende spunto da una vicenda di fantasia creata appositamente dagli autori  per mettere in luce la determinazione della scienziata e il suo amore sconfinato per la ricerca. Il laboratorio, le provette, il microscopio, lo studio, tutto il suo mondo. La scienza la sua unica ragione di vita.

Nata a Torino il 22 aprile del 1909, insieme alla gemella Paola, si laurea in medicina ma fin dai primi anni di università si dedica allo studio del sistema nervoso. Studi che non interrompe neanche dopo la proclamazione delle leggi razziali (la sua famiglia era di origine ebrea) e che continuerà privatamente. Nel 1947 si trasferisce negli Stati Uniti per continuare le sue ricerche e insegnare neurobiologia.

Nel 1952 si trasferisce in Brasile per continuare gli esperimenti di culture in vitro che porteranno all’identificazione  del fattore di crescita delle cellule nervose, conosciuto con l’acronimo NGF. Sarà grazie a questa scoperta che nel 1986 riceverà il Premio Nobel.

Nel 1969 rientra in Italia per dirigere l’Istituto di Biologia Cellulare del CNR a Roma; nel 2001 viene nominata senatrice a vita ‘per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo scientifico e sociale’

La Professoressa  Montalcini ha continuato a studiare e a lavorare ininterrottamente sino alla sua morte avvenuta il 30 dicembre del 2012, alla veneranda età di 103 anni. ‘Il cervello, se lo coltivi funziona, era solita ripetere. Se lo lasci andare e lo metti in pensione si indebolisce. La sua plasticità è formidabile. Per questo bisogna continuare a pensare’.

Coraggiosa, determinata, volitiva, credeva fortemente nella forza delle donne:Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la colonna vertebrale delle società’, questa una delle sue celebri frasi.

Donna, scienziata e maestra di vita: ‘Il male assoluto del nostro tempo è di non credere nei valori. Non ha importanza che siano religiosi oppure laici. I giovani devono credere in qualcosa di positivo e la vita merita di essere vissuta solo se crediamo nei valori, perché questi rimangono anche dopo la nostra morte’. Come i suoi, che resteranno nella storia.

Chiara Farigu 


mercoledì 25 novembre 2020

Una parola, una storia: Femminicidio

E mentre noi siamo impegnati a incorniciare la nostra foto profilo social con scarpette rosse e simboli vari, altre due donne sono state uccise oggi, nella giornata contro la violenza sulle donne.

Due donne che si vanno ad aggiungere alle 91 ammazzate dall'inizio dell'anno sino al 31 ottobre, come certifica l’ultimo Rapporto Eures.

Una nel ricco e moderno Veneto, l’altra nel profondo e martoriato Sud, in Calabria. Uccise entrambe da chi avrebbe dovuto proteggerle anche a costo della loro vita. A conferma che la violenza non conosce differenze territoriali né socio-economiche  ma sia ‘un fenomeno con radici culturali profonde’, come ha ribadito oggi il premier Conte.

Uccise per ‘motivi passionali’, raccontano i quotidiani nel dare la notizia.  Sentimenti morbosi. Amori malati. Alimentati dalla fiamma del possesso, dei ‘no’ difficili da accettare,  della gelosia morbosa,  scambiati per ‘troppo amore’.

Una mattanza che non accenna a diminuire e che ha visto una recrudescenza di casi proprio durante il lockdown, quando per molte donne le mura domestiche si sono trasformate in carceri da cui uscire pestate a sangue o senza vita.

Una mattanza che per essere spiegata, analizzata, studiata e compresa ha avuto bisogno di un nuovo termine coniato ad hoc per non essere confuso col più generico omicidio, anche se riferito ad una donna: FEMMINICIDIO.

Si dice femminicidio ‘qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l'identità attraverso l'assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte’ recita il dizionario.

Una differenza non da poco. Che necessita di un percorso socio-culturale ancora lungo, ahimè, da definire.

Ieri qualcuno ha lasciato una rossa sulla spiaggia. Il gesto della mano gentile di un uomo per le tante donne che hanno subìto e sono vittime di violenza di mani incapaci di dare amore.  Forse non tutto è perduto, ho pensato, dinanzi a quei petali smossi dalla brezza marina.

Fa male doverlo ammettere. Mi sbagliavo.

Proprio oggi che urliamo a pieni polmoni 'Mai più' è già successo. Nuovamente

Chiara Farigu


lunedì 23 novembre 2020

Censis: peggiora il tenore di vita per 7,6 milioni di italiani

Estremamente preoccupante ma realistico il Rapporto del Censis   la sostenibilità al tempo del primato della salute’, presentato oggi.

Una serie di dati e percentuali che messi nero su bianco ci danno la conferma di quanto percepiamo quotidianamente. Di quello che siamo e stiamo diventando in tempo di pandemia. Dove, a farla ancora da padrone è l’incertezza. Del presente ma ancor più del futuro.

Ben cinque milioni di italiani, recita il report, hanno difficoltà a mettere in tavola un pasto decente, mentre sette milioni e 600 mila hanno avuto un peggioramento del tenore di vita. E se questo non fosse già più che abbastanza, il 60% ritiene che la perdita del lavoro e quindi del reddito sia un evento possibile che lo possa riguardare nel prossimo anno.

E se in un precedente Rapporto il Censis ci aveva classificato come un popolo di ansiosi, insicuri, tendenzialmente delusi dalle istituzioni e anche incattiviti, la pandemia, sottolinea quello odierno,  sta evidenziando una società con molte, troppe diseguaglianze.

Disuguaglianze tra generi (tra uomini e donne ci sono 20 punti di differenza nel tasso di occupazione);  disuguaglianze tra generazioni (tutti i fenomeni di riduzione dell’occupazione colpiscono di più i giovani rispetto ai lavoratori adulti) e disuguaglianze anche nell’accesso al web (circa il  40% di famiglie a basso livello socioeconomico che non ha accesso alla rete).

Dinanzi a queste prospettive non c’è quindi da stupirsi se in testa ai desiderata degli italiani c’è la sostenibilità sociale. Lavoro, sanità, sicurezza, istruzione, welfare per le fasce più deboli, la ricetta per affrontare i contraccolpi di questa pandemia senza precedenti. Le cui conseguenze, senza lo sforzo di tutti i soggetti,  imprese e mercati, ammonisce De Rita, presidente del  Censis, sarà quella di una società ancora più povera impaurita e disuguale

Chiara Farigu


Una parola, una storia : Ricordi

Stamattina sfogliando un vecchio album di foto  sono stata sopraffatta da una marea di ricordi. Ricordi che mi hanno riportata indietro nel tempo quando amavo viaggiare per conoscere posti nuovi e riabbracciare le persone care. Oggi che viaggiare ci è temporaneamente vietato a causa della pandemia, non ci rimane che aprire il cassetto dei ricordi  per riportali in vita attraverso le parole.

Le parole mettono le ali ai desideri.  Ci sono parole che ci coinvolgono più di altre. Che ci appartengono più di altre. Parole che ci scaldano il cuore  e altre che ci fanno soffrire.

Parole che ci fanno riflettere e altre trasgredire. Parole che ci fanno sognare, immaginare, volare.  Parole che accolgono, altre invece che allontanano. Parole che favoriscono il dialogo e altre ancora che impongono silenzi. Parole che abbracciano altre che lasciano indifferenti.

Parole che riportano alla vita, altre che feriscono e peggio ancora uccidono come e più delle stesse armi.

Parole che diventano di ‘moda’ e altre che cadono in disuso.  Parole con le quali dire tutto e il contrario di tutto. Parole che arrivano dritte al cuore e altre alla pancia.  Parole d’onore e bla bla bla.

Parole che fanno viaggiare. Nello spazio e nel tempo. Come questa di oggi ‘ricordi’ , con la quale ha inizio questa  nuova avventura: un viaggio nelle parole per raccontare storie

Chiara Farigu



sabato 21 novembre 2020

Ebbene sì, credo alla 'favoletta' che si muore di covid

Stamattina all’uscita dal supermercato mi sento afferrare per il gomito da una conoscente che non vedevo da tempo. Avevo la mascherina e a passo veloce mi dirigevo verso il parcheggio.

Lei puntandomi il dito mi apostrofa con un ‘non mi dica che pure lei crede alla favoletta del covid?

Naturalmente non mi dà neanche il tempo di rispondere perché comincia subito con la tiritera della ‘dittatura sanitaria’, della mascherina che è solo un bavaglio col quale i politici vogliono toglierci il diritto di parola, che è tutto un complotto e chi più ne ha più ne metta.

Avrei potuto risponderle che ebbene sì, sono una di quelle che crede, come dice lei, alla 'favoletta' del covid. Virus che in questa seconda ondata è tornato più agguerrito che mai e in virtù di questo nessuno può sentirsi al sicuro. Tanto meno io che rientro nella categoria totiana degli 'improduttivi' per giunta con qualche patologia pregressa.

Avrei potuto risponderle che non credo ai complotti e che metto in pratica le misure anti-contagio. Anche se non in maniera maniacale perché a volte basta il buon senso. Come quando durante la passeggiata quotidiana, poiché per chilometri non incontro nessuno, faccio a meno della mascherina, anche se è pronta per l’uso.

Avrei potuto aggiungere che non sono interessata alla differenza dei morti di covid per covid o col covid perché, se un malato oncologico o iperteso o diabetico si becca il maledetto virus e poi muore, il responsabile ultimo è sempre lui, il coronavirus che gli ha dato il colpo di grazia. Perché senza sarebbe campato per chissà quanti anni ancora.

Avrei potuto dirle che da quando mi sono conquistata con le unghie e con i denti il diritto alla pensione mi sono posta l’obiettivo di godermela a lungo. Un po’ per farla in barba a quanti questo diritto me lo hanno fatto sudare e molto perché amo la vita. E se per tutelarmi devo per qualche tempo indossare la mascherina, igienizzare le mani e stare distante da persone che ti alitano baggianate simili, non vedo il problema.

Avrei potuto dirle che più del virus uccide l’ignoranza.

Avrei potuto. Non ho voluto.

E senza proferire parola le ho scostato il braccio che aveva appoggiato sulla macchina. Solo uno sguardo molto eloquente.
Silenzio e indifferenza la miglior risposta.

Nel ripartire non ho potuto fare a meno di osservarla dallo specchietto retrovisore. Stava già puntando un'altra 'vittima' sulla quale sputare la 'favoletta' della dittatura sanitaria la museruola il complotto dei poteri forti ...

Chiara Farigu





martedì 17 novembre 2020

Un compleanno ‘un sacco bello’. I 70 anni di Carlo Verdone

Una faccia di gomma, così definisce la sua Carlo Verdone che oggi festeggia il suo 70esimo compleanno. Una faccia dove scolpire i connotati dei suoi mille personaggi che ha portato poi sugli schermi  come Enzo o Ivano, i protagonisti di ‘Un sacco bello’ e ‘Viaggi di nozze

Personaggi che si è divertito a creare osservando le persone, facendo suoi i tic, i difetti, le megalomanie, le inadeguatezze e le fragilità della gente comune.  Passione, questa, che ha coltivato sin da studente quando, come spesso racconta, faceva il verso ai compagni di classe e agli stessi insegnanti. Forse è proprio sui banchi di scuola che ha capito di avere un’anima comica o sulla spiaggia di Anzio dove, assolti  gli impegni scolastici, si fiondava dalla zia Bettina e lì nella cittadina laziale amava trascorrere le migliori estati della sua gioventù.

Una comicità la sua accompagnata, come accade ai comici di razza, da una vena malinconica. Ipocondriaca. Dovuta, ama scherzare l’attore romano, al fatto che sia nato di venerdi 17 e per giunta nel mese dei morti. Per addolcire quella ‘negatività’, su consiglio della nonna al nome Carlo venne aggiunto quello di Gregorio che nella Roma popolare è associato a ‘sedere’. ‘Chi ha ‘sedere’ è sicuramente fortunato e alla fine credo che l’intuizione di mia nonna mi abbia giovato, fin ad ora, nella vita’, racconta Verdone. E’ indubbio che un pizzico di  ‘sedere’ nella vita non guasta, se poi  si aggiungono capacità, talento, professionalità,  intuito e amore per il proprio lavoro, questo non può che tramutarsi in successo. Quello che l’attore e regista romano si è conquistato fin dagli esordi televisivi di 'Non stop', confermato poi davanti e dietro la macchina da presa in oltre 40 anni di carriera.

L’ ultimo film ‘Si vive una volta sola’, dove veste i panni di un chirurgo, la cui uscita è stata più volte rinviata, a causa delle norme anti-covid, sarebbe dovuto essere il regalo per il 70esimo compleanno. Un rinvio che non preoccupa Verdone che sulla salute non ama scherzare. Così come sulla musica, altra grande passione dell’attore.

Il suo segreto? ‘Ha mantenuto sempre il suo spirito fanciullesco’, racconta in un’intervista Claudia Gerini che, dopo tre film di successo come co-protagonista con Verdone,  sogna ora di poterlo ‘rifare strano’, cinematograficamente parlando,  in un prossimo futuro.

Auguri Carlo!

Chiara Farigu





domenica 15 novembre 2020

‘Non è mai troppo tardi’. Sessant’anni fa la prima lezione del Maestro Manzi

Era il 15 novembre del 1960 quando il maestro Alberto Manzi entrò nelle case degli italiani e da subito divenne uno ‘di famiglia’. Puntuale, ogni sera, grazie ad una lavagna e ad album di fogli montato su un cavalletto, dagli studi di Rai 1, insegnava a milioni di cittadini a leggere e a scrivere.

Il tasso di analfabetismo a quei tempi era molto elevato,  troppi ancora apponevano la croce come firma nei documenti e i più non andavano oltre i dialetti regionali. Un compito arduo per il Maestro che s’apprestava a istruire un’Italia allora in cerca di riscatto sociale e culturale.

Già nel titolo  ‘Non è mai troppo tardi’ l’ambizioso programma che, andato in onda sino  al ’68 contribuì a far  prendere la licenza elementare a oltre un milione e mezzo di uomini e donne. Garbato, paziente e soprattutto determinato a togliere dall’analfabetismo dilagante quante più persone possibili, seppe motivare quell’Italia che guardava con speranza al futuro. E che per farlo necessitava degli strumenti giusti, l’istruzione in primis. La chiave per accedere a tutto al resto.

Prima di cena le famiglie accendevano la tv e seguivano la lezione del Maestro Manzi. Il quale proponeva parole nuove che spiegava con l’ausilio di semplici disegni che tratteggiava velocemente col carboncino sui quei fogli che prendevano forma e vita in quelle case dove timidamente faceva capolino l’istruzione.



‘Ogni parola in più che s’impara contribuisce a renderci liberi’, ripeteva il Maestro. Liberi di pensare con la propria testa, liberi di decidere del proprio destino.  Un antesignano dell’insegnamento moderno. Un innovativo. Riluttante ai metodi educativi del tempo che si basavano essenzialmente sul nozionismo, prediligeva una didattica creativa, interattiva, per aiutare l’individuo a liberarsi dai conformismi e a formarsi una mente critica.

Un antesignano della didattica a distanza. Oltre 500 le lezioni ‘da remoto’ come si dice oggi per la DAD che ha preso il posto della didattica in presenza per motivi sanitari.

Un Maestro con la M maiuscola. Un messaggio che non invecchia il suo. A dispetto dei 60 anni dalla prima lezione andata in onda proprio oggi 15 novembre

Chiara Farigu



martedì 10 novembre 2020

‘Lo sapevamo che i contagi in Sardegna salivano, abbiamo rischiato’, così il capogruppo di FI ai microfoni di Report

Come dimenticare il susseguirsi di ordinanze regionali prima per dare il via libero e poi per chiudere le discoteche nel periodo più caldo e trasgressivo nell’isola, all’epoca covid-free, presa d’assalto da migliaia di turisti in cerca di sballo?

Ordinanze che facevano a pugni con la richiesta per quanti arrivavano via mare o via cielo di munirsi di improbabili passaporti sanitari o quant’altro che ne attestasse l’ estraneità col malefico virus.

Si è passato in pochissimo tempo dal pugno di ferro minacciato e mai reso concreto al  lasciapassare più sfrenato. Con l’apertura delle discoteche più cult, ritrovo di chi ha il portafoglio gonfio e in virtù di questo sa come arrivare ai posti di comando, l’isola sta ora pagando le conseguenze di decisioni politiche scellerate. Prese, come ha dimostrato, confermando quando già si sospettava e purtroppo si sapeva, il servizio di Report mandato in onda ieri sera, che a dettare legge, ancora una volta è stato il dio denaro.

‘Lo sapevamo che i contagi salivano, abbiamo rischiato’, così Angelo Cocciu, capogruppo di Forza Italia nel Consiglio regionale, ai microfoni di Report. Durante l’intervista ha reso noto i retroscena dell'ordinanza che ha lasciato aperti i locali da ballo  fino al 16 agosto, ben dieci giorni di più la decisione di chiuderle da parte del governo: ‘Mi sono arrivate tante telefonate, gestori che ci chiedevano di tirare qualche giorno in più. Billionaire e Phi Beach avevano per esempio contratti stratosferici con dj importanti’.

Parole che fanno rabbrividire. Dichiarazioni fatte a titolo personale, sostiene Ugo Cappellacci, coordinatore di Forza Italia in Sardegna, nel prenderne le distanze.

‘In un mondo normale domani, in Sardegna, si terrebbero le nuove elezioni regionali. Ma non viviamo in un mondo normale’ scrive sul suo profilo Facebook Emiliano Deiana, presidente Anci Sardegna. Aggiungendo che ‘Report ha traslato la problematica. Ha fatto credere che siano i sardi ad aver contagiato il resto d’Italia. Mentre il VIRUS è arrivato sulle ali dei turisti.  Le vere vittime di questo “contesto” malsano sono i sardi e la Sardegna.  Perché nessuno - il Governo in primis - non ha proibito l’invasione di torme di turisti, senza controlli sanitari in ingresso che hanno fatto ammalare primi far tutti i lavoratori sardi del turismo. Venivano, questi, dopo aver fatto il giro d’Europa: da Ibiza a Malta. Per poi sbarcare in Costa e impestare tutto l’impestabile. Report conferma come i sardi siano un inciampo della storia’.

Avete preferito il Billionaire alla nostra salute”, recita uno striscione sulla sede della presidenza della Regione in viale Trento.

Ogni altro commento appare oggi superfluo. Una sola richiesta: si faccia chiarezza e chi ha sbagliato tolga il disturbo. Per il bene della Sardegna e dei Sardi tutti

Chiara Farigu



***Immagine pixabay

lunedì 9 novembre 2020

Da stasera su Rai 1 ‘Gli orologi del diavolo’, serie tv con Beppe Fiorello

Stasera la prima delle quattro puntate de ‘Gli orologi del diavolo’, fiction prodotta da Roberto Sessa, in prima visione su Rai 1, disponibile anche in streaming su Rai Play.

Tratta da una storia realmente accaduta, raccontata nel libro omonimo scritto da Franciosi e Federico Ruffo, vede il ritorno di Beppe Fiorello nelle vesti del protagonista Mario Merani, ovvero Gianfranco Franciosi nella vita reale. Un eroe per caso, come racconta lo stesso Fiorello, il primo civile usato per scopi investigativi in un contesto criminale ‘rimasto incastrato in un ingranaggio enorme’ durato ben quattro anni della sua vita. Un uomo ‘comune’ alle prese con qualcosa più grande di lui ‘io non avrei avuto il suo stesso coraggio’, ammette Beppe.

E’ la storia di un uomo che fino a poco tempo prima conduceva una vita ‘normale’ tranquilla e anche felice. E’ un motorista nautico con un passato nelle gare off-shore attualmente costruttore di barche, almeno fino a che la malavita non si accorge che i gommoni, che corrono più veloci delle motovedette dei carabinieri, potrebbero portare la sua firma. Volendone sapere di più chiede ragguagli ad un amico poliziotto ricevendo la proposta di fare da infiltrato per scoprire cosa e chi si cela dietro il mercato di traffico di droga.

Un ruolo inedito per l’attore siciliano con molti colpi di scena. Al suo fianco Nicole Grimaudo, la moglie che esasperata dai silenzi e dai segreti del marito sempre più coinvolto nell’ingranaggio dal quale non può più tirarsi fuori, metterà fine alla storia d’amore.  Marco conoscerà poi Alessia, interpretata da Claudia Pandolfi e con lei ritroverà la gioia di vivere e la determinazione a portare a compimento il ruolo di infiltrato nel narcotraffico al servizio dello Stato.

Una serie da non perdere.

Chiara Farigu 

domenica 8 novembre 2020

Presidenziali Usa 2020: Joe Biden è il nuovo presidente

Joe Biden, all’anagrafe Joseph Robinette Biden Jr, è il nuovo presidente Usa. La vittoria è giunta nel pomeriggio dopo la conquista della Pennsylvania, che s’aggiunge alla vittoria ottenuta in Nevada e in Arizona, arrivando così a quota 290 grandi elettori.  Ben oltre quindi la quota 270, indispensabile per accedere alla Casa Bianca.

Una vittoria che arriva dopo una campagna elettorale che definire infuocata è un puro eufemismo e dopo giorni caratterizzati da colpi di scena e polemiche ancora in atto.

L’ormai ex presiedente Trump non ci sta e dopo aver rivendicato la sua di vittoria ha denunciato brogli e azioni legali negli Stati che lo hanno visto perdente.

La Commissione elettorale federale ha però smentito tutte le accuse di Trump escludendo qualsiasi forma di pratica fraudolenta.

‘Sarò il presidente di tutti gli americani’ ha dichiarato subito dopo la vittoria Biden, ‘America, sono onorato che tu abbia scelto me per guidare il nostro grande paese. Non tradirò la fiducia che hai riposto in me’.

Biden, 46° presidente Usa ha al suo attivo diversi primati: con i suoi quasi 78 anni (li compirà il 20 novembre) è il presedente più vecchio ma è il più votato di sempre. Nato a Scranton in Pennsylvania nel 1942 da una modesta famiglia di origini irlandesi, ha alle spalle una lunga carriera politica che iniziato da giovanissimo nel ’69 quando viene eletto nel Consigli della sua Contea.

Due anni dopo, all’età di 29 anni, si candida per il Senato come rappresentante dello stato di Delaware. Rimane al Senato fino al 2009, quando verrà scelto dal neo presidente democratico, Barack Obama, come suo vice.

Oggi la sua vittoria più grande e un programma ambizioso da realizzare.

Dalla sanità pubblica da estendere ulteriormente alla fasce della popolazione che ancora non ne usufruiscono alla proposta di rendere gratuiti i college per gli studenti meno abbienti. Ambiente, immigrazione, controllo delle armi e politica estera sono gli altri punti del suo fittissimo programma che ‘il presidente di tutti’ sarà chiamato a realizzare nei prossimi quattro anni di permanenza alla casa Bianca.

Al suo fianco Kamala Harris, 55 anni, già senatrice della California, da oggi vice presidente, la prima donna della Storia degli Stati Uniti.

Chiara Farigu 

La nonna paterna? Una nonna a metà (con poche eccezioni)

  Essere nonne è un dono meraviglioso che la vita riserva a chi ha avuto la gioia di essere prima mamma. E’ come diventare madri una seconda...