il blog di chiarafarigu

domenica 20 dicembre 2020

'Natale in casa Cupiello', imperdibile appuntamento con Sergio Castellitto. Il 22 dicembre su Rai1

 Ci siamo. Dopo settimane di spot pubblicitari in cui il protagonista, con voce roca, domanda ‘ti piace ‘o presepe’ , martedi, su Rai1, in prima serata andrà in onda ‘Natale in casa Cupiello’. Con la trasposizione filmica del capolavoro teatrale del grande Eduardo, la Rai rende omaggio al drammaturgo napoletano in occasione dei 120 anni dalla nascita.

A vestire i panni del protagonista un superlativo Sergio Castellitto, unico non partenopeo del cast diretto da Edoardo De Angelis  che, come ha raccontato in diverse interviste  indossa con umiltà e alla sua maniera perché lungi da lui voler gareggiare con l’immenso Eduardo che è stato e continuerà ad essere inarrivabile. ‘Avrei potuto spaventarmi se avessi osato una comparazione con lui. Ma non mi ha nemmeno sfiorato l’idea e grazie alla complicità con De Angelis ho potuto suggerire quella che si dice una mia ‘versione dei fatti’. Eduardo è  nella storia del nostro teatro come Cechov in quella del teatro russo’.

La storia di Luca Cupiello che riunisce la famiglia per trascorrere sotto lo stesso tetto, dinanzi ad un presepe addobbato di tutto punto la festa più importante e intima dell’anno, potrebbe essere la storia di tutti noi. La famiglia unita col Natale che fa da sfondo. Con i ricordi, le nostalgie, i buoni proponimenti e le aspettative che ognuno di noi si porta appresso come un bagaglio imprescindibile. Ma anche i momenti di sincerità o di riscatto e perché no i rancori mai sopiti che dinanzi a tanta intimità spesso affiorano e feriscono più di una qualunque arma. Il Natale è anche questo, come ci ricorda quello che fa da cornice in casa Cupiello.

Siamo nel 1950 a Napoli. Luca è alle prese con la preparazione del presepe che vive come un vero e proprio rito, contrariamente al resto della famiglia in tutt’altre faccende affaccendate. La figlia Ninuccia ha deciso di mettere fine al suo matrimonio per vivere alla luce del sole l’amore con Vittorio, l’unico uomo che le abbia fatto battere il cuore. Luca non sa che  la figlia ha scritto una lettera in cui svela le sue intenzioni e quando la missiva capita casualmente nelle sue mani, la consegna ingenuamente al genero. Nicolino scopre che la moglie lo tradisce e la serenità del Natale viene distrutta. Luca, morente, ritiene ormai che tutto sia perduto. 

Il suo presepe, però, potrebbe riuscire a salvarlo ancora una volta.

Per scoprire come si svolgono i fatti e come va a finire l’intricata storia della famiglia Cupiello non ci rimane che sintonizzarci su Rai1 martedi pv e viverci appieno questo imperdibile appuntamento

Chiara Farigu

*Immagine tratta dal web

sabato 19 dicembre 2020

Sardegna: il 98% del personale sanitario ha detto sì alla somministrazione del vaccino

E mentre i no-vax i no-mask  e no a prescindere sbraitano contro la dittatura sanitaria e i complotti di vattelapesca per renderci tutti schiavi e senza diritti, dalla Sardegna arriva l’adesione quasi unanime alla campagna vaccinale  con il farmaco Pfizer-BioNTech del personale sanitario.

Il 98% tra medici, infermieri, operatori sociosanitari, dipendenti delle Rsa e volontari ha detto sì al vaccino. Cifre da record, considerato che la somministrazione del farmaco è fortemente consigliata ma non obbligatoria.

Numeri importanti e non certo scontati viste le perplessità, i timori e lo scetticismo che ruotano intorno a questo e agli altri vaccini per debellare il covid19. Parliamo infatti di oltre 37.200 rispetto al totale di 38mila degli aventi diritto, come ribadito dall’Assessorato regionale alla Sanità che oggi trasmetterà i dati al commissario Arcuri. Alla Sardegna per cominciare saranno consegnate 33.800 dosi, con cui potranno essere vaccinate 16.900 persone. Il vaccino va somministrato due volte.

Sarà che la morte e la sofferenza l’hanno vista in faccia e molti l’hanno vissuta sulla loro pelle, sarà che da quasi un anno sono in prima linea, loro gli eroi della prima ondata non hanno dubbi né tentennamenti: solo la scienza potrà mettere la fine a questa pandemia. E se questo vuol dire farsi somministrare il vaccino, sono ancora loro in prima fila a fare da apripista per tornare quanto prima alla vita pre-covid

Chiara Farigu 

giovedì 17 dicembre 2020

Buon compleanno Papa Francesco

 Compie oggi 84 anni Jorge Mario Bergoglio, il papa argentino con sangue piemontese nelle vene, che conquistò tutti , fin dal primo momento, con quel “buonasera quando, appena eletto, si affacciò per la prima volta dalla Loggia delle benedizioni per salutare la folla che aspettava di conoscere il nuovo Pontefice, dopo l’inusuale abdicazione di Ratzinger.

 il Pontefice che ama stare tra la gente come un “sacerdote” per sentirsi più in sintonia coi loro bisogni e le loro sofferenze.

Francesco non ama i momenti celebrativi, men che mai quelli che riguardano la sua persona. Ci ha abituati da fin da subito alla semplicità dei gesti e delle parole. Per lui parlano le opere volte al cambiamento “rivoluzionario” di una Chiesa arroccata in regole stantie che fatica ad adeguarsi ai cambiamenti di usi e costumi di una società in costante evoluzione e inevitabilmente anche delle istituzioni che la compongono.

Ha spalancato porte e finestre per far circolare aria fresca, anche se dopo sette anni, di polvere sotto i tappeti ne rimane un bel po’. Le rivoluzioni, quelle durature, d’altronde richiedono tempo, impegno e volontà e quella coltre polverosa è dura da sradicare. Ma Bergoglio non demorde, tira dritto. Conosce la strada. Sa come arrivare ai cuori della gente. Sempre dalla parte di chi soffre, degli invisibili, degli “scartati”La sua prima uscita da papa fu a Lampedusa per accogliere con un abbraccio quanti scappano da miserie e povertà in cerca di nuove opportunità. E di speranza in un futuro migliore.

Lui, convinto assertore e praticante della misericordia è sulla misericordia che ha improntato un anno di Giubileo volto a “riscoprire il volto giovane e bello della Chiesa, che risplende quando è accogliente, libera, fedele, povera nei mezzi e ricca nell’amore, missionaria”Misericordia e pace, questi i cardini su cui tracciare la via da percorrere. Con grinta, determinazione e molte volte in solitudine.

“Rivoluzionario” perché sincero, coraggioso. Le sue parole, spesso, colpiscono come una clava. Con la quale abbattere tabù e definire certi fenomeni per quello che sono. Storico quel suo scandire in sillabe la parola GE-NO-CI-DIO ricordando lo sterminio degli armeni che fece tanto infuriare Erdogan. E storici rimangono i tanti momenti in cui ha chiesto perdono per gli errori commessi dalla Chiesa e dagli uomini. Fece il giro del mondo l’immagine che lo immortalava mentre faceva il suo ingresso ad Auschwitz, altro luogo di sterminio, in perfetta solitudine. A ricordarci che il perdono non richiede clamore, ma silenzio. Silenzio per riflettere e interrogarsi dov’era finito Dio nei cuori di quegli uomini artefici di tanto orrore.

E senza fanfare si recò nelle zone terremotate quando il silenzio, dopo il clamore iniziale e le passerelle dei politici, cominciava a farla da padrone su quei borghi che gridavano e gridano ancora oggi interventi urgenti atti a riportare la vita di quelle popolazioni giunte ormai allo sfinimento. E ancora in silenzio ama recarsi nelle periferie a portare conforto e beni di prima necessità per i tanti indigenti che vivono ai margini. Porte aperte in molti luoghi del Vaticano adibite a dormitori per i senzatetto e pasti caldi per chi non può permettersi neanche di come sopravvivere.

Dopo Giovanni XXIII, spetta di diritto a Francesco la definizione di “Papa buono”, “Papa della gente”. Talmente popolare da essere amato trasversalmente, anche da chi non è avvezzo a seguire i dettami della Chiesa. Perché in un mondo in cui si parla a vanvera “il Papa dice cose di buon senso, talmente di buon senso che la sua solitudine comincia a essere palpabile”, hanno scritto gli editori di “Rolling Stones” nel dedicargli una copertina della loro rivista.

Forse l’ultimo rimasto a farlo.

Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme’ ha detto di recente riferendosi alla pandemia sanitaria che ha messo in ginocchio il mondo intero. ‘Nella tempesta nessuno si salva da solo’, ha ammonito il Papa puntando il dito contro chi sottovaluta, o peggio si ostina a negare, la tragedia che stiamo vivendo.

Auguri Francesco. Grazie per tutti gli insegnamenti

Chiara Farigu 

martedì 15 dicembre 2020

Sanzione annullata per la prof Dell’Aria accusata di aver criticato Salvini: restituito anche lo stipendio

 Tutto è bene quel che finisce bene, recita il proverbio, anche se ‘quel’ che segue  in verità non sarebbe dovuto proprio iniziare. Ma tant’è.

Siamo a maggio del 2019, venti mesi fa. Alcuni studenti di un liceo di Palermo, in occasione della Giornata della Memoria realizzano un video. In una diapositiva  accostano le leggi razziali introdotte da Mussolini nel 1938 a una foto scattata durante la conferenza stampa di presentazione del Decreto sicurezza del ministro dell’Interno Matteo Salvini.

Quella slide accese diverse polemiche (e fece infuriare gli esponenti del centrodestra che chiesero sanzioni  pesanti) e  si ritorse come un boomerang sulla prof di italiano Rosa Maria Dell’Aria che venne sospesa per 15 giorni dall’Ufficio scolastico provinciale di Palermo. E il suo stipendio, per la durata della sanzione, dimezzato.  

Colpevole dunque la docente, ufficiosamente per aver criticato Salvini, all’epoca dei fatti ministro e fautore del decreto legge sicurezza,  ufficialmente per ‘essere  venuta meno ai doveri di controllo della funzione di docente’.

L’immagine della prof rimbalzò su tutti i media.  Capelli corti e grigi, fisico minuto, in tutte le interviste che si susseguirono non indietreggiò  di un millimetro: ‘Il lavoro non aveva alcuna finalità politica né tendeva a indottrinale gli studenti che hanno lavorato in modo libero, come loro stessi hanno dichiarato agli ispettori arrivati in istituto a fine gennaio, sottolineando la mia imparzialità, la mia integrità e la mia dedizione al lavoro’.

Una via crucis lunga e sofferta quella dell’insegnante palermitana ‘la più grande ferita della mia vota professionale’, così l’ha definita più volte, che si è conclusa ieri.

Il giudice del lavoro, al quale era ricorsa per ottenere giustizia, ha dichiarato illegittima la sanzione disciplinare e il decurtamento dello stipendio per quei 15 giorni di sospensione che le verrà restituito.  Il ricorso era stato presentato dai legali Fabrizio La Rosa e Alessandro Luna: ‘Il giudice ha riconosciuto tutte le ragioni del nostro ricorso. Non solo la docente ha esercitato la libertà di insegnamento nel fornire il materiale didattico, ma non sussiste nemmeno la ‘culpa in vigilando’ sull’operato dei suoi alunni, perché se avesse controllato il contenuto dei loro lavori avrebbe violato la loro libertà di pensiero tutelata dalla Costituzione’.

Una vittoria di civiltà e non solo per  Rosa Maria Dell’Aria. Una vittoria di tutti i docenti. La libertà di insegnamento, ricordiamolo ancora una volta,  è  garantito dalla Costituzione.

Chiara Farigu 

mercoledì 9 dicembre 2020

Scuola. Lezioni sino a luglio per ‘recuperare’? No, grazie. Abbiamo già Da(to)D

 Spararla grossa sulla scuola è senza dubbio il nuovo sport nazionale. Genitori, politici, economisti, psicologi e imprenditori un giorno si e l’altro pure hanno la ricetta pronta su come gestire la didattica in presenza e a distanza, su come valutare studenti e alunni e sempre più spesso su quando e come riaprire e soprattutto, udite udite, sino a quando prolungare l’anno scolastico per far ‘recuperare le lezioni perse’.

Quali sarebbero, di grazia, le lezioni perse, si domandano i docenti se, alla chiusura delle scuole imposta dal DPCM del 3 novembre scorso hanno attivato immediatamente la didattica a distanza? Chi chiede il recupero addirittura fino a luglio e nei giorni comandati, come ha fatto qualche ‘governatore’ o la ministra Micheli o qualche noto economista che ha sempre la ricetta giusta per salvare l’Italia quando però non tocca a lui, non conosce le problematiche della scuola.

Non sa come si svolga la Dad, quale impegno richieda e come  sia stato stravolto l’orario di servizio dei docenti peraltro perennemente connessi tra lezioni, collegi, consigli e riunioni. Questi tuttologi della scuola,  non sanno o meglio fingono di non sapere che il loro orario di lavoro è addirittura raddoppiato e in molti casi triplicato.

Non sanno o fingono di non sapere che non c’è nulla da recuperare se non la credibilità. La loro.  Perché, tolti gli arredi scolastici, e anche su questo ci sarebbe da discutere, poco o nulla è stato fatto per mettere veramente in sicurezza le scuole e garantire la didattica in presenza agli studenti di ogni ordine e grado.

Non sanno o fingono di non sapere che andava fatto quel che gli insegnanti, inascoltati, chiedono da sempre: mettere in sicurezza gli edifici scolastici (nel 53% dei casi manca persino l’agibilità, denuncia il Codacons),  dimezzare il numero di alunni e studenti e raddoppiare quello degli insegnanti.  Con il contemporaneo incremento di autobus, treni e scuolabus  per evitare assembramenti e pericoli di contagi.

Non sanno o fingono di non sapere e, quel è peggio non ascoltano chi la scuola la vive giorno dopo giorno, ovvero insegnanti e studenti.  I primi eternamente esclusi da ogni tavolo di discussione che li riguardi, i secondi mandati allo sbaraglio. Sui quali però poi scaricare manchevolezze e inadeguatezze che vanno rispedite a chi  di dovere.

Come appunto la proposta di prolungare le attività didattiche fino al 30 giugno (la scuola dell’infanzia peraltro opera fino a tale data) e perché no fino alla prima settimana di luglio, come ventilato dalla stessa ministra dell’Istruzione Azzolina. ‘Una proposta che offende la professionalità di tutti gli insegnanti impegnati ormai da mesi nella Didattica a distanza’,  replicano i sindacati del comparto scuola.

Per affrontare situazioni eccezionali, com’è appunto questa pandemia, servono strumenti eccezionali. E non ricette estemporanee  buttate con nonchalance dal tuttologo di turno. Strumenti  da concordare con tutte le parti interessate. Nessuno escluso. Strumenti che al momento però sono solo chimere

Chiara Farigu

martedì 8 dicembre 2020

GB-Covid19, la 90enne Margaret fa da apripista al vaccino Pfizer

 E’ la foto più cliccata del giorno quella che ritrae Margaret Keenan, la novantenne del Regno Unito, prima cittadina a ricevere il vaccino contro il coronarivus.  Un’immagine che sta facendo il giro del mondo e che nel suo piccolo è già storia in questo che è stato ribattezzato il V-Day.

All’arzilla signora, con maglietta natalizia e mascherina d’ordinanza,  alle 6,45 del mattino le è stata somministrata la prima dose Pfizer, la seconda la riceverà fra tre settimane. Si è detta emozionata e privilegiata per aver fatto da apripista in questa che si preannuncia come la più importante e massiccia campagna vaccinale di tutti i tempi.

Il miglior regalo di compleanno per lady Margaret che la prossima settimana compirà 91 anni, ‘potrò finalmente trascorrere del tempo con familiari ed amici nel prossimo anno dopo aver passato gran parte del  2020 in solitudine’, racconta raggiante dopo la prima puntura. ‘E se posso vaccinarmi io a 90 anni, potete farlo anche voi’ aggiunge la Keenan, invitando gli inglesi a seguire il esempio per sconfiggere  definitivamente il virus e tornare alla vita il prima possibile.

Il Regno Unito, come aveva annunciato la scorsa settimana,  diventa così il primo Paese al mondo a somministrare  il vaccino della Pfizer-BioNTech  dopo l’approvazione per un uso diffuso. La priorità, come dichiarato dal ministro della Sanità,  agli anziani delle case di cura e al personale medico.

    La Mhra (l’autorità di regolazione sui farmaci del Regno Unito) ha affermato che il vaccino offre fino al 95% di protezione contro il virus ed è sicuro per le vaccinazioni di massa. La Gran Bretagna ha già ordinato 40 milioni di dosi, sufficienti per vaccinare 20 milioni di persone, con due iniezioni ciascuna.

Chiara Farigu

*Immagine AdnKronos

lunedì 7 dicembre 2020

Un Natale diverso

 'Sarà un Natale diverso, ma non meno autentico',  ha detto il premier Conte dopo aver elencato le misure restrittive per contenere i contagi durante le festività. Un Natale più intimo, meno sfarzoso.

Un Natale fatto di cose genuine, com'era quello dei nostri nonni, dei nostri genitori e, per moti di noi, della nostra infanzia. Quando il consumismo, così come lo intendiamo oggi, ancora non aveva capolino per stravolgere usi e costumi tipici delle tradizioni.

Babbo Natale io l’ho scoperto che ero già grande. Come l’albero che è arrivato dopo. I bambini di un tempo scrivevano la letterina a Gesù Bambino. La si preparava a scuola sotto l’occhio vigile della maestra. Poi, ripiegata accuratamente, la si metteva vicino alla grotta per essere certi che il Bambinello la leggesse.

Le richieste erano semplici, così com’erano semplici quei tempi che sono volati via in un attimo. O almeno così sembra nel ricordo di un’età che non c’è più.

I regali erano davvero quelli utili. Le scarpe nuove o il nuovo cappotto, o qualcosa per la scuola. Indumenti o accessori che sarebbero stati comprati comunque. Ma che impacchettati e fatti trovare la notte di Natale avevano un altro sapore, per noi bambini.

In genere era la befana a esaudire qualche richiesta più frivola. Ma sempre con parsimonia. Perché la calza era in gran parte riempita di frutta secca e qualche dolcetto. E l’immancabile carbone. A futura memoria.

Anche il panettone l’ho scoperto che ero già grande. A casa mia le tradizioni erano altre. Tradizioni che oggi stentano a resistere perché la tv ha omologato tutto, l’arte culinaria e persino i gusti.

Gli amaretti, era questa la specialità della casa. Rigorosamente fatti in casa, ricordo la fragranza che durava giorni e giorni, inconfondibile. E poi i “gueffus” noti come ‘sospiri’, palline di pasta di mandorle aromatizzate con l’anice e confezionate con la carta velina colorata a mo’ di caramelle. Per i più golosi le ‘pabassinas’, le praline a forma di rombo farcite con l’uva passa e impastate con ‘sa saba’, il classico mosto d’uva cotto.
Erano questi i dolci che arricchivano la tavola natalizia e tutto il periodo delle feste. Immancabile anche il torrone di Tonara e il gateau sempre e solo a base di mandorle.

Prelibatezze preparate artigianalmente, in famiglia, con zie e cugine e spesso coi vicini di casa coi quali ci si scambiavano ingredienti e ricette per metterli a punto nel rispetto della tradizione. La mandorla era la regina degli ingredienti, predominava sugli altri, eternamente presente anche nella frutta secca, consumata al naturale o ‘infornata’ o inserita all’interno di un fico secco per esaltarne la fragranza.

Una tradizione che fatica a resistere. Forse non esiste già più. Le famiglie non sono più le stesse, in casa si sta sempre meno, ai fornelli poi, poco o niente.

La pubblicità ha fatto il resto, omologando sapori e saperi.

Mentre ricordo i preparativi di un tempo lontano, il mio sguardo indugia sul cesto posizionato accanto all’albero di natale. Tra torroni, torroncini, arachidi, noci, datteri e barrette di cioccolata di varie marche troneggia prepotente un panettone. Accanto un pandoro, per venire incontro ai gusti di tutti. Di chi adora i canditi e l’uva passa e di chi invece li detesta.

Realizzo in un istante che manca qualcosa. Mi mancano quei tempi in cui avevamo poco ma eravamo felici. Ma allora forse non lo sapevamo. Inevitabilmente, un groppone mi sale in gola. Ma è questione di un attimo. Il Natale è anche questo: tuffarsi nei ricordi per rivivere momenti e affetti sempre presenti.

 Chiara Farigu 



giovedì 3 dicembre 2020

3 dicembre, giornata mondiale delle persone con disabilità. Nella pandemia ancora più fragili


Secondo il Rapporto dell’Organizzazione mondiale per la sanità, il 15% della popolazione di tutto il mondo convive con la disabilità. In Italia sono poco più di tre milioni le persone che soffrono di limitazioni più o meno gravi, limitazioni che impediscono loro di svolgere anche le più semplici attività quotidiane come occuparsi dell’igiene personale o nutrirsi autonomamente.

Fu l’Onu, nel 1981, a proclamare la Giornata internazionale dedicata alle persone con disabilità con lo scopo di promuoverne i diritti e il benessere di quanti si trovano in difficoltà. Partendo proprio dal principio che nessuno, tanto meno chi è svantaggiato, debba essere lasciato indietro.

Non è facile né semplice definire la disabilità, termine oltretutto che si è evoluto nel tempo, passando da pura 'condizione biologica' di chi la possiede a ‘condizione sociale’ intesa come riconoscimento di fondamentali diritti giuridici, quali l’uguaglianza atta a garantire la piena ed effettiva partecipazione alla sfera politica sociale economica e culturale della società.

Nel 2001  la nuova Classificazione internazionale del funzionamento disabilità e salute  dell’Oms ha introdotto l’e­spressione, diventata poi concetto giuridico di  ‘persone con disabilità’, termine adottato successivamente dalla Convenzione dell’Onu  approvata nel 2006, ratificato in Italia nel 2009 con la legge n° 18.

All’art 1 si legge che : ‘Per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri’. La Convenzione pertanto pone l’accento sulla persona, riconoscendo il principio di uguaglianza affinché chi ne è affetto possa godere degli stessi diritti riconosciuti a tutti gli altri.

Un iter lungo e faticoso.  E benché molti passi siano stati fatti dal punto di vista etico-giuridico,  molti altri se ne dovranno fare, le barriere architettoniche, soprattutto quelle mentali, sono dure a morire. La Giornata dedicata alla disabilità vuol essere un momento di confronto e di riflessione verso chi soffre e che, a dispetto di normative e convenzioni, continua a vivere una condizione di subalternità e di disconoscimento dei loro diritti. Accentuati ancor più in quest’ultimo anno dalla pandemia ancora in corso.  L’emergenza sanitaria, ce lo racconta giornalmente la cronaca, ha avuto un impatto devastante sulle persone fragili e con disabilità che stanno pagando un duro prezzo in termini di isolamento mancanza di assistenza e ancor peggio di mortalità.

Ricostruire meglio: verso un mondo post Covid19 inclusivo della disabilità, accessibile e sostenibile’, questo il tema della Giornata. Per riflettere, ma soprattutto per fare, affinché nessuno veramente venga lasciato indietro.

Chiara Farigu



sabato 28 novembre 2020

Maltempo in Sardegna: vittime e dispersi a Bitti


La Sardegna già martoriata da una crisi senza precedenti, ante e ancor più post-covid, sta pagando in queste ore un drammatico bilancio a causa del maltempo che imperversa da ieri notte soprattutto a nord dell'isola.



Nel nuorese il nubifragio ha provocato frane ed allagamenti nei centri abitati. Bitti, il più colpito. Le strade in breve tempo si sono trasformate in veri e propri fiumi e poco fa la Protezione Civile ha confermato il decesso di tre persone. Bilancio ancore provvisorio poiché risultano altre persone disperse. In questo video dell'Eco della Barbagia, le drammatiche immagini:




Il primo cittadino fin dalle prime ore aveva fatto evacuare la parte bassa del paese dove, nel 2013, un altro alluvione aveva provocato la morte di 19 persone.

Sul posto le forze di Polizia, i Vigili del fuoco, la Protezione civile e numerosi civili che lavorano incessantemente per mettere al riparo le persone in difficoltà e gli animali rimasti incustoditi.



A Bitti e comuni limitrofi, i sindaci raccomandano di limitare al minimo essenziale gli spostamenti mentre chi è a rischio, si metta in salvo.

Il maltempo ha violentemente anche l'oristanese e il sud dell'isola. Oggi scuole, parchi e cimiteri chiusi a Cagliari, Olbia, Quartu e in tanti altri comuni della Sardegna.



'Evento catastrofico, tre volte superiore per potenza all'uragano di sette anni fa', ha commentato il presidente della Regione Solinas.

Proclamato lo stato di emergenza.

Chiara Farigu




Una strada allagata a Bitti (fermo immagine da video)

giovedì 26 novembre 2020

'Rita Levi Montalcini', la nuova imperdibile fiction di Rai 1

Dopo i numerosi trailers delle scorse settimane che ne annunciavano la messa in onda, arriva stasera su Rai 1 l’imperdibile  fiction  ‘Rita Levi  Montalcini’.  Uno spaccato di vita, liberamente ispirato, della neurobiologa torinese sugli anni dopo il Nobel, precisa il regista Alberto Negrin.  Una fiction per rendere  omaggio a una donna straordinaria, non una biografia né tantomeno un documentario sulla Professoressa Montalcini.

La bravissima Elena Sofia Ricci, smessi temporaneamente gli abiti da suora della fortunata serie tv ‘Dio ci aiuti’,  vestirà, con molta umiltà e rispetto, come sottolinea nelle interviste, i panni della scienziata della quale rivela in anteprima qualche curiosità circa la sua vita privata. ‘La cosa più emozionante è stata entrare nella sua casa sua. La nipote Piera ci ha permesso di girare alcune scene nella stanza della Professoressa. Sono rimasta molto colpita dalla sua semplicità. Una camera che definirei austera: letto singolo, scrivania, armadio. Microscopio, libri  (compreso il Nuovo dizionario dal piemontese all’italiano)  e  dischi di musica classica’.

La fiction prende spunto da una vicenda di fantasia creata appositamente dagli autori  per mettere in luce la determinazione della scienziata e il suo amore sconfinato per la ricerca. Il laboratorio, le provette, il microscopio, lo studio, tutto il suo mondo. La scienza la sua unica ragione di vita.

Nata a Torino il 22 aprile del 1909, insieme alla gemella Paola, si laurea in medicina ma fin dai primi anni di università si dedica allo studio del sistema nervoso. Studi che non interrompe neanche dopo la proclamazione delle leggi razziali (la sua famiglia era di origine ebrea) e che continuerà privatamente. Nel 1947 si trasferisce negli Stati Uniti per continuare le sue ricerche e insegnare neurobiologia.

Nel 1952 si trasferisce in Brasile per continuare gli esperimenti di culture in vitro che porteranno all’identificazione  del fattore di crescita delle cellule nervose, conosciuto con l’acronimo NGF. Sarà grazie a questa scoperta che nel 1986 riceverà il Premio Nobel.

Nel 1969 rientra in Italia per dirigere l’Istituto di Biologia Cellulare del CNR a Roma; nel 2001 viene nominata senatrice a vita ‘per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo scientifico e sociale’

La Professoressa  Montalcini ha continuato a studiare e a lavorare ininterrottamente sino alla sua morte avvenuta il 30 dicembre del 2012, alla veneranda età di 103 anni. ‘Il cervello, se lo coltivi funziona, era solita ripetere. Se lo lasci andare e lo metti in pensione si indebolisce. La sua plasticità è formidabile. Per questo bisogna continuare a pensare’.

Coraggiosa, determinata, volitiva, credeva fortemente nella forza delle donne:Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la colonna vertebrale delle società’, questa una delle sue celebri frasi.

Donna, scienziata e maestra di vita: ‘Il male assoluto del nostro tempo è di non credere nei valori. Non ha importanza che siano religiosi oppure laici. I giovani devono credere in qualcosa di positivo e la vita merita di essere vissuta solo se crediamo nei valori, perché questi rimangono anche dopo la nostra morte’. Come i suoi, che resteranno nella storia.

Chiara Farigu 


La nonna paterna? Una nonna a metà (con poche eccezioni)

  Essere nonne è un dono meraviglioso che la vita riserva a chi ha avuto la gioia di essere prima mamma. E’ come diventare madri una seconda...