il blog di chiarafarigu

giovedì 15 ottobre 2020

Jole Santelli, morta la presidente della Calabria

Se n’è andata, nella sua abitazione di Cosenza, Jole Santelli, presidente della regione Calabria. Aveva 51 anni. Secondo le prime indiscrezioni a trovarla sarebbe stata la sorella.

Da anni lottava contro un tumore, malattia che affrontava con grinta e grande coraggio perché dinanzi a essa ‘non puoi permetterti di avere paura’, aveva più volte sostenuto nelle sue interviste. Secondi i primi riscontri però, la causa del decesso, non sarebbe conseguenza del cancro ma di un arresto cardiaco in seguito ad un malore.

Era stata eletta nel gennaio 2020, al suo attivo un primato: la prima presidente donna della sua regione. Parlamentare di Forza Italia dal 2001 al 2020, è stata anche sottosegretaria di Stato al Ministero della Giustizia nei governi Berlusconi II e III, nonché sottosegretaria al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali nel governo Letta.

La notizia della sua morte prematura  ha scosso l’intera regione e il mondo della politica. ‘Ci lascia una grande combattente, una leonessa’, questo uno dei messaggi più battuti sui social.

Chiara Farigu 

mercoledì 14 ottobre 2020

Addio a Gianfranco De Laurentiis, volto storico del giornalismo sportivo

Se n'è andato all'età di 81 anni Gianfranco De Laurentiis, volto storico della Rai per oltre 30 anni.

Giornalista a tutto tondo, ha iniziato la sua carriera  al Corriere della Sera per passare, nel 1972, alla televisione. Dribbling, Domenica Sprint, La Giostra del Gol, sono solo alcune delle trasmissioni di maggior successo condotte da De Laurentiis. Dal 1993 al 1994 è stato direttore della Tgs, la testata giornalistica sportiva. 

L'automobilismo, un'altra grande passione, Pole position, dedicato alla Formula Uno, altro programma di successo al suo attivo.

Numerosi i messaggi di cordoglio da parte di colleghi e amici.  Unanime il senso di smarrimento alla notizia della scomparsa e la descrizione che va dal 'grande professionista'  al  'signore del microfono. Un giornalista del servizio pubblico capace di una narrazione puntuale, onesta, sobria, elegante. Un modello, un maestro' .

Se n'è andato un volto storico del giornalismo sportivo italiano, ha commentato il ministro dello sport  Vincenzo Spatafora.

De Laurentiis lascia la moglie Mirella e i figli Paolo e Roberto



* Immagine tratta dal web

martedì 13 ottobre 2020

Divieti e ‘forti raccomandazioni’: queste le regole del nuovo DPCM anti-covid


  • Obbligo di indossare la mascherina ovunque, sempre. Al chiuso, ad eccezione della propria abitazione (‘fortemente raccomandata’ se in presenza di amici e parenti non conviventi) e in i tutti i luoghi all'aperto. Eccezion fatta per chi sta praticando sport come i running, ad esempio, ma non per chi passeggia (a chiarirlo il Viminale, dopo le diverse interpretazioni dei giorni scorsi). Esclusi dall'obbligo anche i bambini al di sotto dei sei anni e quanti soffrono di patologie incompatibili con l’uso della mascherina.

  • Prorogato il divieto di feste da ballo, sia in discoteca che nelle sale, al chiuso e all'aperto. Consentite fiere e congressi nel rispetto delle regole già in vigore. Per le cerimonie civili e religiose, come matrimoni e funerali è permessa la partecipazione di massimo 30 persone.

  • Bar, ristoranti, pizzerie possono restare aperti fino alla mezzanotte. Divieto per i clienti, dopo le 21, di sostare davanti ai suddetti locali, a meno che non garantito il servizio al tavolo. Per la serie, seduti ai tavoli sì, assembrati in piedi no. Consentito il servizio di asporto come nei mesi scorsi.

  • Vietati gli sport amatoriali di contatto, come partite e tornei di calcetto e basket. Consentite le stesse se praticate a livello dilettantistico con società iscritte al Coni e al Comitato paraolimpico, comprese le palestre che dovranno rispettare i protocolli fissati dalle rispettive federazioni. Per le competizioni sportive è consentita la presenza di pubblico, ‘con una percentuale massima di riempimento del 15% rispetto alla capienza totale e comunque non oltre il numero massimo di 1000 spettatori all'aperto e 200 al chiuso. Va garantita la distanza di un metro e la misurazione della febbre all'ingresso.

  • Vietate le gite scolastiche per le classi di ogni ordine e grado, vietati anche i progetti di scambio e i gemellaggi così come le visite guidate e le uscite didattiche. Scongiurato, al momento, il ripristino della didattica a distanza per le scuole superiori, come chiesto da qualche regione. Il NO forte e deciso arriva dalla ministra Azzolina, ‘i protocolli di sicurezza funzionano ha asserito, i focolai in classi sono contenuti’.  La cosiddetta DAD, è bene sottolinearlo ancora una volta, è stata messa in atto 'volontariamente' dagli stessi docenti, quando, a fronte della chiusura delle scuole, si sono inventati le lezioni online per sopperire al nulla didattico del lockdown. Oggi le stesse sarebbero vissute come un fallimento del sistema scolastico e dello stesso governo, incapace di trovare e mettere in atto soluzioni per garantire le lezioni in presenza (come dimezzare il numero di alunni e studenti per classe  e/o alleggerire il sistema dei trasporti, ad esempio).


Il nuovo DPCM, sigla ormai nota a noi italiani in quanto utilizzata per legiferare in tempi di emergenza sanitaria o di ‘dittatura sanitaria’ secondo i detrattori e negazionisti, è stato firmato all'una di notte dal premier Conte e dal ministro della Salute Roberto Speranza e sarà in vigore per un mese a partire da domani 14 ottobre.

La firma è arrivata dopo un lungo vertice telematico con le Regioni che hanno approvato il testo proposto dal governo.

Sui social non mancano commenti e vignette ilari o di completa disapprovazione. Diverse le regole che  si prestano a varie interpretazioni, vedi gli orari di chiusura dei locali o il numero dei partecipanti a cerimonie ed eventi.

Comunque la si pensi, da domani e per 30 giorni dovremo far nostri  divieti e  'forti raccomandazioni' contenuti nell'ultimo, si fa per dire, DPCM. Sperando nella clemenza del virus ...



*Immagine tratta dalla pagina del premier Conte

domenica 11 ottobre 2020

Sì alla pillola dei cinque giorni dopo per le minorenni senza ricetta

A dare il via libera alla vendita  della pillola dei cinque giorni dopo anche per la minorenni  senza l’obbligo di ricetta  l’Aifa, ovvero l’Agenzia italiana del farmaco.

Una decisione destinata sicuramente a far discutere.  Soprattutto in chi vi legge il sospetto o il timore che bypassando la prescrizione medica, possa contribuire ad aumentare il ricorso all'aborto.

Il Movimento per la vita è già sul piede di guerra e bolla la determina 998 dell’otto ottobre scorso come ‘macchina dello scarto umano’.  Una sconfitta  della scienza, della ragione e del buon senso. ‘Uno sgravio per i medici di base che avranno meno da fare, e  per  una sanità che si ‘alleggerisce’ dagli aborti  che  potrebbero essere praticati in epoca gestazionale più avanzata’.

‘E’ uno strumento altamente efficace oltre che etico’, replica l’Aifa.  Efficace perché previene una gravidanza indesiderata dopo un rapporto non protetto (o in caso di fallimento del metodo contraccettivo); etico in quanto consente di evitare ‘momenti critici’ che di solito sono sempre e solo a carico delle ragazze.

Non è un anticoncenzionale da utilizzare regolarità, sottolinea l’Agenzia del farmaco, ma un contraccettivo d’emergenza. La cui efficacia è tanto maggiore quanto più precoce è l’assunzione.  L’efficacia si annulla se viene assunta ad ovulazione avvenuta.  Il suo principio attivo, l’ulipristal acetato, agisce infatti modificando l’attività dell’ormone preposto all’ovoluzione, il progesterone, ritardandola, ma solo se assunto entro 120 ore dal rapporto.

Comunque la si pensi, la determina dell’Aifa farà parlare a lungo. La discussione è appena agli inizi



*Immagine tratta dall'Ansa

Lo struggente amore per la vita di Paolo Palumbo

Raccontare la storia di Paolo senza lasciarsi sopraffare dalla commozione è impresa davvero ardua. Se poi si ha l'aggravante di essere figli della stessa Madre Terra, scivolare nella retorica diventa pressoché inevitabile.

Paolo è la resilienza fatta a persona. Che si ostina a sorridere nonostante gli scossoni ricevuti in sorte.

E Paolo di cazzotti dalla vita ne ha presi davvero tanti. Troppi.

L'Italia Paolo Palumbo lo ha conosciuto durante il festival di Sanremo dello scorso anno. Quando, ospite d’eccezione,  colpisce dritto al cuore il pubblico in sala e ancor più quello davanti ai teleschermi. ‘La mia non è la storia di un ragazzo sfortunato, ma di un ragazzo che non si è arreso. I limiti sono solo dentro di noi. Ricordate che il tempo che abbiamo a disposizione è poco ed è nella mente che ristagnano le disabilità più gravi. Sono un guerriero che lotta ogni giorno, per volare mi bastano gli occhi’, dice attraverso il comunicatore verbale che elabora il suo pensiero grazie al movimento degli occhi.

Un messaggio di speranza rivolto ai tanti giovani che troppo spesso si arrendono dinanzi alle difficoltà.

Lui, il guerriero, le sue ‘difficoltà’ le affronta con la tigna granitica che lo caratterizza e il sorriso sulle labbra. Perché ha un obiettivo da realizzare: battersi per se stesso e per gli altri come lui affetti da sclerosi laterale amiotrofica. Paolo con la ‘bastarda’,  detta anche la ‘stronza’ ci convive da quattro lunghi anni. E’ una patologia terribile la Sla. Colpisce i motoneuroni, ovvero quei neuroni addetti alla trasmissione degli impulsi del cervello verso i muscoli. I quali lentamente si atrofizzano rendendo impossibile anche attività semplici come il linguaggio, la deglutizione e la respirazione.

Detiene un record importante il 22enne oristanese: è il più giovane malato di Sla d’Europa.

Ma questo è ininfluente per un combattente come lui abituato, sostiene, a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno in ogni situazione. Lotta con tutte le sue forze, Paolo. Poche, pochissime quelle fisiche, incommensurabili quelle dello spirito e della mente.

Accanto a lui suo fratello Rosario, gambe e braccia di Paolo. Il suo migliore amico, il confidente. Sempre al suo fianco. Nella quotidianità e nelle battaglie che periodicamente Paolo mette in atto.



Ha un diploma di chef appeso al muro, tante le ricette da sperimentare nel cassetto. Il più ambizioso, regalare a chi come lui, costretto a nutrirsi di pappette omogeneizzate tramite sondini, la gioia di sentire nuovamente il gusto del cibo. Un sogno, il suo, che è diventato progetto a tutti gli effetti ‘il gusto della vita’. Una sorta di tampone che a contatto con le papille gustative sprigiona il sapore dei cibi, dal dolce al salato come da migliore tradizione.

Si tratta di una sintesi chimica di sapori ottenuta tramite processi di cucina molecolare, la cui sperimentazione è attualmente in atto nei Centri Nemo di Milano. E’ quanto  si legge nella sua pagina Facebook seguita da oltre 207mila amici che ogni giorni lo supportano con affetto e attestati di stima ai quali lui, ricambia regalando un sorriso. Sorriso che non ha perso neanche in questi giorni nel suo letto d’ospedale dove ha subito un delicato intervento alla schiena. ‘Siete il mio carburante, vi voglio bene’ e ‘Mai mollare, viva la vita’, questo l’abbraccio di Paolo ai suoi lettori.

Un amore struggente per la vita come pochi, quello di Paolo. Come il suo impegno concreto alla ricerca di una cura per la SLA. Il ricavato della vendita dei tamponi sarà devoluto alla ricerca scientifica nel campo della malattia neurodegenerativa.

Mai arrendersi, la vita è bella, ribadisce Paolo. Lo è ancor di più quando si hanno sogni da realizzare. E lui nel cassetto ne ha davvero tanti

Chiara Farigu 



*Immagini tratte dalla pagina Facebook di Paolo Palumbo

 

venerdì 9 ottobre 2020

Mali, rilasciati gli ostaggi italiani: Padre Pier Luigi Maccalli e Nicola Chiacchio

Liberi.  Finalmente liberi. Padre Pier Luigi Maccalli e Nicola Chiacchio, i due italiani rapiti da un gruppo jihadisti in Mali, sono stati liberati e stanno bene.

A darne notizia una nota della Farnesina, la quale recita che ‘La liberazione  è stata resa possibile grazie al prezioso lavoro del personale dell'Aise e di tutti i competenti apparati dello Stato, unitamente alla importante collaborazione delle autorità maliane. Il buon esito dell'operazione, oltre a mettere in luce la professionalità, le capacità operative e di relazione dell'intelligence, ha evidenziato anche l'eccellente opera investigativa dell'Autorità giudiziaria italiana e il prezioso lavoro svolto dalle donne e degli uomini del ministero degli Affari Esteri e dell'intera Unità di Crisi della Farnesina’.

Liberati anche altri due ostaggi, la cooperante francese Sophie Petronin e l’ex ministro delle Finanze maliano Soumalia Cisse’.

Padre Maccalli, rapito il 17 settembre del 2018 in Niger, è già in volo e sta rientrando in Italia, nella sua  diocesi, Crema che per l’occasione si sta vestendo a festa. Festeggiamenti anche a Madigliano, dove Padre Gigi, come viene chiamato affettuosamente dai suoi fedeli, risiede insieme a suo fratello Walter, anch’egli missionario in Africa.

Al loro arrivo, Maccalli e Chiacchio (di lui si erano perse le tracce un anno fa, era stato rapito mentre viaggiava come turista) saranno ascoltati dai pm della Procura di Roma e dai carabinieri del Ros.  Sulle modalità della liberazione al momento, nessuna informazione se non che gli ostaggi erano nelle mani di bande jihadiste legate ad Al Qaeda passate dal Niger al Mali. Non si hanno conferme circa il pagamento di un riscatto. Anche se è lecito supporlo, viste situazioni analoghe in cui il rilascio è avvenuto in cambio di soldi.

‘Bellissima notizia la liberazione di Padre Maccalli e Nicola Chiacchio’, ha twittato il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini. Soddisfazione per il rilascio anche dal Presidente del Consiglio Conte nel suo profilo facebook

 Chiara Farigu 



*Immagine tratta da Repubblica.it

mercoledì 7 ottobre 2020

La fine di un incubo: Valentina Pitzalis è innocente

Il suo volto per anni è stato il simbolo delle donne vittime di violenza. Violenza subita da chi avrebbe dovuto proteggerla al di sopra di ogni cosa: il suo compagno. Un volto reso irriconoscibile dalle gravi ustioni riportate dal cherosene con il quale l’uomo, dopo averla cosparsa, ha poi appiccato il fuoco con un accendino.

Lei, Valentina Pitzalis, da quell'incendio uscì sfigurata ma viva. Si risvegliò in un letto d’ospedale senza più un volto, con una mano amputata e un’altra gravemente ustionata. Lui, Manuel Piredda, in quel rogo ci ha lasciato la sua di vita.

La vicenda di Valentina fece molto scalpore in quell'aprile del 2011, anno in cui si svolsero i fatti. A dare l’allarme i vicini di casa di una palazzina di Bacu Abis, piccolo borgo a 11 Km da Carbonia, nel Sud-Ovest della Sardegna.

I due protagonisti, entrambi 27enni, dopo aver vissuto un amore tormentato a causa della gelosia di Manuel, si lasciano. Un addio mai accettato dall'uomo. Che con una scusa, come spesso accade, la contatta per via di un documento. Valentina si offre di farglielo avere e glielo porta nella sua abitazione. Al momento di lasciare l’appartamento lui le versa addosso il liquido infiammabile e appicca il fuoco.

“Lui non era un mostro ma ha fatto una cosa mostruosa”, ha sempre dichiarato Valentina. Mai una violenza fisica da parte dell’uomo, solo una gelosia morbosa. Lei ha dovuto rinunciare agli studi e a trovarsi un lavoro. “Un amore malato, autodistruttivo. Me ne sono accorta troppo tardi”, racconta nel libro autobiografico “Nessuno può toglierti il sorriso”.

Con l’uscita del libro Valentina diviene il simbolo della lotta contro il femminicidio. Gira per le scuole, tiene conferenze, è spesso ospite nelle trasmissioni televisive per dire alle donne di non soccombere ma di reagire da subito, fin dal primo schiaffo o forma di violenza psicologica, persino più infida di quella fisica.

Quel libro però non piace ai familiari di Manuel. Ne infanga la memoria sostengono, e lei su quella tragedia ci specula. Addirittura ci guadagna. Valentina non dà peso alle accuse che le vengono mosse. Entra ed esce dagli ospedali per affrontare i numerosi interventi di chirurgia ricostruttiva su quel viso completamente sfigurato. Più di venti nel corso negli anni e altri ne dovrà affrontare ancora.

Una tragedia infinita. Così come le indagini e le cause della morte di Manuel. Morì suicida dopo essersi cosparso di cherosene e dato fuoco. Questo fu diagnosticato all'epoca dei fatti. Anche grazie al ricordo di Valentina che dichiarò che Manuel piangeva al suo fianco e le chiedeva scusa.

La famiglia di lui però non mai ha creduto alla versione dei fatti dei quali è lei unica testimone: Manuel era già morto quando è arrivato il fuoco, è questa l’accusa mossa dalla madre di lui durante un’apposita  conferenza stampa.

Nel 2017 la Procura di Cagliari riapre il caso.

Ma le perizie agli atti escludono ogni segno di violenza prima del rogo.

 Per Valentina è il peggiore degli incubi. In un solo colpo rischia di passare da vittima a carnefice. Non ci sta. “So quello che ho vissuto: io c’ero. Sono sotto attacco mediatico ma nessuno riuscirà a togliermi la voglia combattere”.

Qualche giorno fa, la svolta. Il giudice per le indagini preliminari ha accolto la richiesta di archiviazione presentata dal pm Egidio Ganassi, prosciogliendo la donna e ribadendo che è lei la vittima del piano elaborato dal marito e non viceversa.

‘E’ la fine di un incubo durato tanti, troppi anni’, commenta, finalmente libera. Libera di lasciarsi alle spalle un passato terrificante. Libera di vivere il presente e di progettare un futuro senza doversi guardare continuamente alle spalle.

Libera di tornare a sorridere perché, come scrive la stessa Valentina 'nessuno può toglierti il sorriso'.

Una storia che merita di essere raccontata. Perché, come spesso accade in fatti di cronaca terrificanti come questo, spesso si conoscono persino i dettagli più morbosi della tragedia, ma non l'epilogo. Quello che restituisce la verità: l'innocenza di Valentina.

Chiara Farigu 



*Immagine tratta da Il Fatto Quotidiano

lunedì 5 ottobre 2020

5 ottobre, giornata mondiale dell'insegnante: un'occasione per riflettere. Ma soprattutto per fare

Anche  Google  ha dedicato il suo 'doodle' alla giornata mondiale dell'insegnante. Uno 'scarabocchio' con gli 'attrezzi' del mestiere, passando dal righello al libro di testo, dalla matita alla tavolozza dei colori, per arrivare  al computer, strumento ormai indispensabile per la didattica interattiva.

Ventiquattr'ore per indurre alla riflessione sull'insegnamento, la professione più bella e nobile che ci sia.  Sulle sfide quotidiane e sulle difficoltà, le tante ancora che per diverse ragioni non si riescono o forse non si vogliono abbattere.



Soprattutto ora. Dopo la difficile e delicata ripartenza in seguito ai mesi di chiusura a causa della pandemia da coronavirus. Mai come adesso c'è bisogno di sensibilizzare l'opinione pubblica sulle difficoltà che gli insegnanti di tutto il mondo hanno dovuto e dovranno affrontare ancora affinché la didattica si faccia in presenza e non si torni allo spauracchio dell'insegnamento da remoto. Con tutti i pochi pro e tanti contro che abbiamo avuto modo di verificare.

Mai come adesso si avverte la necessità di ristabilire quell'alleanza tra scuola e famiglie. E tra scuola e istituzioni.


Troppo spesso gli insegnanti vengono lasciati soli, ingabbiati nelle strettoie burocratiche/amministrative che rubano spazi e tempi alle discipline che sono chiamati a condividere coi loro studenti. In aule spesso fatiscenti e a rischio crolli, con carenza di attrezzature e materiali didattici. Con retribuzioni da terzo mondo e, in barba al futuro che rappresentano, obbligati a stare in cattedra oltre ogni limite.

I più vecchi d’Europa, quelli italiani. E i meno remunerati. Maglia nera da anni il nostro Paese, a ricordarcelo, qualora ce ne fosse bisogno, gli istituti di statistica nei loro report annuali.

Ma sempre prima la scuola, insieme alla sanità, nella hit per le sforbiciate previste dalle revisioni di spesa del bilancio pubblico. Scuola e investimenti. Un ossimoro da sempre. L’incubo di ogni governo. Che promette ma poi non mantiene. Perché la scuola, e tanto meno il benessere degli insegnanti, non è mai la priorità. Se non a parole, o in campagna elettorale. Per poi scoprirne nuovamente il valore, l'essenza,  come successo nel periodo dell'emergenza pandemica. Quando ad occuparsi di alunni e studenti sono state chiamate in causa le famiglie.

A dare supporto ai docenti che da remoto nel frattempo si inventavano la 'dad', la didattica a distanza per restare vicini a bambini e giovani che, in quel terribile frangente, stavano perdendo il loro punto di riferimento. Il più importante in assoluto: la scuola. Luogo di formazione e ancor più di socializzazione. Mesi difficili. Fatti di solitudine e di bollettini medici quotidiani in cui si contavano i decessi. Mesi di privazioni, di regole da rispettare. Mesi in cui per molti l'unica voce amica arrivava da quello schermo.

Il peggio è passato e si guarda al presente. Con le tante, troppe difficoltà ancora presenti e da risolvere. Come la presenza in cattedra degli insegnanti.

C’è carenza di insegnanti. In Italia e nel mondo. Soprattutto nelle zone periferiche, in quelle disagiate e nelle aree rurali o remote. E nelle zone di guerra. Secondo le Nazioni Unite sarebbe necessario reperire circa 70 milioni di nuovi insegnanti entro il 2030 per ‘colmare il bisogno di educatori e garantire a tutti l’accesso alla conoscenza, uno dei diritti fondamentali dell’uomo’. Nel mondo, stima l’Onu sono oltre 264 milioni i bambini e i ragazzi non scolarizzati, soprattutto in Africa.

E’ emergenza. Già da adesso. E lo sarà sempre più, se non si corre a ripari.

Ventiquattro ore per riflettere. Ma soprattutto per fare.

'Insegnanti: gestire una crisi e immaginare un altro futuro', è questo il tema che l'Unesco dedica alla giornata di oggi, 5 ottobre. Per realizzarlo c'è bisogno di tutti. Nessuno escluso.

La scuola, lo sappiamo da sempre, appartiene a tutti noi. 

Chiara Farigu 



sabato 3 ottobre 2020

Al mio Nonno speciale. Ovunque egli sia


Come tutti i bambini anche io ho avuto i miei nonni. Quello materno è stato davvero speciale. Almeno io l’ho vissuto come tale. A cominciare dal suo nome, Federico Barbarossa.


Lo ricordo perfettamente. Baffetti alla Hitler come si usava allora, basco sulla testa per coprire la calvizie anteriore, artigiano a tutto tondo. Calzolaio, nello specifico.

Ai suoi tempi il calzolaio non si limitava a risuolare, sostituire tacchi o ricucire qualche strappo.


Lui le faceva le scarpe, nel vero senso del termine. Da cima a fondo. Scarponi per il lavoro nei campi, scarpe per la casa, per uomo  donna e bambini, scarpe eleganti per cerimonia.

La ricordo molto bene la sua bottega, nel cortile della sua casa.

Sulle pareti suole di tutte le misure, tomaie, spago e fili per cucire. E quel banco, al centro, pieno zeppo di attrezzi. Lesine, aghi, punteruoli, martelli, trincetti, raspe, vernici, colle e il piede di ferro sul quale battere, provare, mettere in forma le scarpe da costruire ex novo, da allargare o da sistemare, ancora una volta.



La società del consumismo, dell’usa e getta, non aveva ancora fatto capolino, disfarsi di un paio di scarpe era fuori da ogni immaginazione, allora.

La sua bottega, un luogo di incontro. Per fare quattro chiacchiere, farsi leggere o scrivere la lettera di un figlio partito per fare il militare, chiedere informazioni di ogni tipo.

E chi non poteva pagare, pagava in natura. Coi prodotti dell’orto o animali da allevamento.

Lo ricordo intento a lavorare nella sua bottega.

Mi insegnava i nomi degli attrezzi in italiano e in sardo e rideva quando ne sbagliavo la pronuncia o non ricordavo a cosa servissero.

Si divertiva a inventare storie. Le sue scarpe erano appartenute a principesse regine e principi azzurri. Uno dei quali sarebbe venuto un giorno a chiedere in sposa la sua nipotina, me, che negli ultimi tempi chiamava ‘Mercedina’, il diminutivo di Mercedes, mia madre.

Ricordo la sua mano. Calda e forte quando stringeva la mia.
Sì. E’ stato davvero un nonno speciale.
Il mio pensiero ieri, oggi e ancora domani è per lui. Ovunque egli sia

Chiara Farigu 



*Immagine Pixabay




venerdì 2 ottobre 2020

Catania città blindata per il processo a Salvini

Sabato 3 ottobre è il gran giorno di Matteo Salvini. Quello che lo vedrà comparire dinanzi al tribunale di Catania dinanzi al gup Nunzio Sarpietro per rispondere  dell’accusa di  sequestro di persona, arresto illegale  e abuso d’ufficio.

Ad attenderlo una città blindata e uno spiegamento di forze dell’ordine di oltre 500 uomini tra carabinieri, poliziotti e guardia di finanza. Chiuse strade e piazze adiacenti ai punti nevralgici della città e nelle vicinanze del tribunale, previste manifestazioni a favore dell’ex ministro e contro-cortei della rete ‘Mai con Salvini’.

Duecento tra giornalisti e troupe televisive arrivati anche dall'estero per avere in tempo reale notizie di un processo che molti definiscono ‘farsa’ poiché l’esito è pressoché scontato e tutto finirà in una bolla di sapone. L’udienza, preliminare e a carattere interlocutorio, si svolgerà a porte chiuse.

Lui, il segretario leghista, si concede ai microfoni con la baldanza e la tracotanza di sempre. Forte anche del sostegno dei suoi alleati, Giorgia Meloni e Antonio Tajani che sabato saranno al suo fianco.

I fatti contestati all'ex ministro, com'è noto, risalgono al luglio scorso, esattamente al giorno 25, quando la nave della Marina militare Gregoretti prese a bordo 131 migranti salpati da alcuni gommoni dalla Libia e poi portati in salvo dalle autorità maltesi. Dopo alcune tappe a Lampedusa e Catania, la Gregoretti finì poi  ormeggiata al porto  di Augustain provincia di Siracusa.

La vicenda fu lunga e tormentata. Dopo diversi tira e molla furono fatti sbarcare una donna in stato di gravidanza e 16 minori. Tutti gli altri migranti furono trattenuti a bordo in attesa, questa la motivazione addotta, che l’Unione europea decidesse sulla distribuzione degli altri 116. Solo quando Germania, Francia, Irlanda, Lussemburgo e Portogallo si dichiararono disponibili ad accoglierli furono fatti scendere. Era esattamente il 31 luglio.

Il resto è altrettanto noto. Il tribunale dei ministri di Catania ha chiesto l’autorizzazione a procedere contro Salvini per sequestro di persona, arresto illegale e abuso d’ufficio. Successivamente la Giunta per le Immunità del Senato ha approvato l’autorizzazione al processo che è stata poi confermata dal Senato. Questi i fatti. Questo l’iter seguito che ha portato al processo che avrà inizio domani.

‘Se dovrò andare al processo per difendere il mio Paese, non sarò il primo né l'ultimo e lo farò serenamente’, ha affermato più volte Salvini. ‘Non ritengo che ci sia stato alcun errore, men che meno nessun reato. Ho agito con Conte e con tutto il governo, era nel programma’.

Questa da sempre la linea difensiva dell’ex numero uno del Viminale.

Chiara Farigu 

La nonna paterna? Una nonna a metà (con poche eccezioni)

  Essere nonne è un dono meraviglioso che la vita riserva a chi ha avuto la gioia di essere prima mamma. E’ come diventare madri una seconda...