il blog di chiarafarigu

domenica 9 ottobre 2022

La nonna paterna? Una nonna a metà (con poche eccezioni)

 Essere nonne è un dono meraviglioso che la vita riserva a chi ha avuto la gioia di essere prima mamma.

E’ come diventare madri una seconda volta.

Un grande privilegio soprattutto per chi è nonna materna. A differenza di quella paterna che rimane comunque la nonna di riserva, quella di serie B. Alla quale ricorrere se proprio è necessario e se l’altra, quella di seria A, è indisponibile o sta male. Questo nella stragrande maggioranza dei casi.

Poi, come sempre, ci sono le eccezioni. Che come tali devono essere considerate: fatti straordinari e non comuni. Del resto basta guardarsi attorno e vedere come funziona.

E’ stato così anche per me e per i miei figli. Nonostante ci fosse un mare a segnare le distanze, la “nonna” per i miei figli era mia madre, l’altra era “nonna Maria”.

Un dettaglio non indifferente.

Che racconta un rapporto fatto di complicità, di amore incondizionato, di affinità, che è durato sino alla fine e continua tuttora nei ricordi e nelle richieste d’aiuto nei momenti bui. A lei continuiamo a chiedere protezione, sicuri che in qualche modo  possa intercedere per noi.

E’ stato così per me e per i miei figli. Ma anche per le mie amiche e per loro i figli, per le colleghe di lavoro e per i figli delle mamme dei miei piccoli alunni. La nonna materna è sempre lì pronta a intervenire, a supplire, a preparare, ad accompagnare a destra e a manca, a rassettare e a porre una toppa a qualunque situazione si presenti. E’ sempre lì perché la casa di sua figlia è casa sua. E i suoi figli sono anche figli suoi. E’ un fatto naturale. E’ così e basta.

Ed è così per me con i figli dei miei figli. Con poche piccole variazioni sul tema.

E non c’entra niente tutta quella storia che vede nuore e suocere eterne nemiche. Quella è letteratura. E se prima questa era una semplice constatazione basata su fatti e dati empirici, ora ci pensa anche la scienza a stabilire che sì, la nonna materna è più importante di quella paterna. Almeno secondo una ricerca condotta da Jocelyn Cornwell, promossa dalla rivista di psiconanalisi neofreudiana Ifefromme, e dagli studi di Battistelli & Farneti, sempre per la stessa rivista, le nonne materne sono da sempre quelle preferite per una sorta di “continuità emozionale” che si percepisce nella parte materna della famiglia, vale a dire del rapporto madre e figlia che “naturalmente” di trasmette alla prole. Altro fatto non trascurabile in questa scomoda graduatoria che relega la nonna paterna al 2° posto è anche la modalità di cura che la madre adotta col suo bambino, in perfetta sintonia con quello materno.

Insomma, quando si diventa madri, s’instaura un rapporto simbiotico con la propria mamma, rapporto che il bambino percepisce e fa suo. Naturalmente.

Essere nonne paterne, inutile nasconderlo, per quanto meraviglioso possa essere è emotivamente frustrante. Sebbene a stabilire i ruoli sia una legge di natura. Come pare confermare anche  lo studio di cui sopra.

Suggerimenti per uscire da questo circolo vizioso?  Pochi per la verità: sgomitare più che si può per conquistare la pole position di nonna di serie A (con la quasi certezza di uscirne sonoramente sconfitte); mettere al mondo solo ed esclusivamente figlie femmine (anche questo problemino da niente); sperare che la consuocera (ovvero nonna di serie A per diritto divino) risieda dall'altra parte del mondo.

Altrimenti rassegniamoci ad essere nonne a metà …come me e le tante madri di figli maschi. Adorabili, per carità, ma pur sempre maschi.

Chiara Farigu

*Immagine Chiara Farigu

mercoledì 5 ottobre 2022

5 ottobre: giornata mondiale dell’insegnante. Ventiquattr’ore per riflettere ma soprattutto per fare

 Anche quest’anno Google  dedica il suo ‘doodle’ alla giornata mondiale degli insegnanti. Lo ‘scarabocchio’ con i diversi ‘attrezzi’ del mestiere: mappamondo, squadra, matita, microscopio, lavagna e l’immancabile libro, diretti armoniosamente dal Capitano per eccellenza: l’Insegnante.

Più che una dedica, un augurio. Dal momento che il tema per l’evento di quest’anno è la leadership degli insegnanti nella trasformazione dell’istruzione, trasformazione che inizia appunto attraverso la figura che tale ruolo rappresenta, ovvero il docente.

 Istituita nel 1994 dall’Unesco, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di conoscenza e patrimonio culturale, la ricorrenza  vuole essere un invito alla riflessione sull’insegnamento, la professione più bella e nobile che ci sia.  Sulle sfide quotidiane e sulle difficoltà, le tante ancora che per diverse ragioni non si riescono o forse non si vogliono abbattere.

Soprattutto ora. Dopo la difficile e delicata ripartenza dopo oltre due anni di chiusura per pandemia da coronavirus. Mai come adesso c’è bisogno di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle difficoltà che gli insegnanti di tutto il mondo hanno dovuto e dovranno affrontare ancora affinché la didattica sia garantita definitivamente  in presenza e non si torni allo spauracchio dell’insegnamento da remoto. Con tutti i pochi pro e tanti contro che abbiamo avuto modo di verificare.

Mai come adesso si avverte la necessità di ristabilire quell’alleanza tra scuola e famiglie. E tra scuola e istituzioni.

Troppo spesso gli insegnanti vengono lasciati soli, ingabbiati nelle strettoie burocratico/amministrative che rubano spazi e tempi alle discipline che sono chiamati a condividere coi loro studenti. In aule spesso fatiscenti e a rischio crolli, con carenza di attrezzature e materiali didattici. Con retribuzioni da terzo mondo e, in barba al futuro che rappresentano, obbligati a stare in cattedra oltre ogni limite.

I più vecchi d’Europa, quelli italiani. E i meno remunerati. Maglia nera da anni il nostro Paese, a ricordarcelo, qualora ce ne fosse bisogno, i diversi istituti di statistica nei loro report annuali.

Ma sempre prima la scuola, insieme alla sanità, nella hit per le sforbiciate previste dalle revisioni di spesa del bilancio pubblico. Scuola e investimenti. Un ossimoro da sempre. L’incubo di ogni governo. Che sempre promette ma quasi mai poi mantiene.

E se mantiene, mai nella giusta direzione. E necessità.

Basta vedere quanto è stato fatto, o meglio non fatto, in questi due anni di pandemia. Tanti, troppi i bla bla bla, pochissimi i fatti.  Anche il  nuovo anno scolastico è iniziato coi vecchi stramaledetti  problemi di sempre. Alla faccia delle roboanti dichiarazioni fatte dal ministro di turno.

Perché la scuola, e tanto meno il benessere degli insegnanti, non è mai la priorità. Se non a parole,  in campagna elettorale o nelle promesse dei governi quando si insediano. Ma puntualmente, il nulla di fatto.

Per poi scoprirne nuovamente il valore, l’essenza,  come è successo nel periodo dell’emergenza pandemica. Quando ad occuparsi di alunni e studenti sono state chiamate in causa le famiglie. E’ stato allora, dopo decenni di assoluta indifferenza che si è riscoperto il valore della scuola. Inteso come luogo di formazione e ancor più di socializzazione.

Punto di riferimento indispensabile per la società intera.

Sono stati due difficili, quelli appena trascorsi. Nei quali i docenti si sono dovuti inventare una nuova modalità di insegnamento servendosi della tecnologia per non lasciare indietro e abbandonati a se stessi alunni e studenti di ogni ordine e grado. Non dimentichiamo che per molti di loro, quando i bollettini medici contavano giornalmente migliaia di morti, l’unica voce amica arrivava da quello schermo.

Ma ora, fortunatamente, il peggio è passato e si guarda al presente. Con le tante, troppe difficoltà ancora in atto e da risolvere. Come garantire  agli studenti sin dal primo di giorno la presenza in cattedra degli insegnanti. E la messa in sicurezza degli edifici scolastici. Ma anche la valorizzazione della figura professionale dei docenti, intesa come rispetto per il ruolo rivestito che comincia sì da un giusto riconoscimento sociale che non può e non deve prescindere da un’adeguata retribuzione.

Valorizzare la leadership degli insegnanti è giustappunto il tema che Education International, Unesco, Organizzazione internazionale del lavoro e Unicef, sceglie per la ricorrenza 2022.

Un invito specifico ai governi  affinché si  investa nella professione dell’ insegnante, e si rispetti il ruolo che rappresenta, accordandogli la fiducia che merita.  Affiancandolo nell’ascolto e sostenendolo nelle difficoltà. Sgravandolo dalle inutili pastoie burocratiche che tolgono spazio e tempo alla didattica. Soprattutto oggi che l’istruzione è in continua evoluzione e costante trasformazione.  Avendo cura di  retribuirlo adeguatamente. Perché il riconoscimento sociale, nonché il rispetto, ricordiamolo sempre, non può non andare di pari passo con la giusta retribuzione.

Una giornata importante, dunque. Ventiquattro ore per riflettere. Ma soprattutto per fare.

Chiara Farigu

sabato 1 ottobre 2022

Mina Settembre: il ritorno dell’assistente sociale dei Quartieri Spagnoli. Dal 2 ottobre su Rai1

Saranno sei le puntate che Rai1 dedicherà, a partire dal due ottobre, alle avventure dell’assistente sociale del consultorio del Rione Sanità di Napoli.

A vestire i panni dell’intrepida ‘investigatrice’ per caso, la bravissima e versatile Serena Rossi che, la scorsa stagione ha battuto, con la fiction liberamente tratta dai romanzi di Maurizio De Giovanni, ogni record d’ascolto.

Il perché del successo è dovuto in gran parte alla storia della protagonista. Costantemente divisa tra una vita professionale dedita alla tutela e al benessere di chi vive suo malgrado una vita fatta di sofferenze e soprusi e una sfera privata con molti chiaroscuri. E se la prima è vissuta senza tentennamenti, con coraggio e a volte sprezzo delle regole pur di raggiungere l’obiettivo prefissato, la seconda è tutta da scrivere.

Mina, dopo essersi separata dal marito Claudio (Giorgio Pasotti), magistrato col quale giocoforza dovrà interagire e spesso scontrarsi, torna a casa dall’ingombrante mamma, ovvero il suo ‘Problema 1’ poiché di materno sembra non avere proprio niente. Dispotica, autoritaria, poco prepensa a dividere il suo spazio con la figlia alla quale non perdona il suo stato di separata e la sua condotta di vita, dedita più agli altri che a sé stessa.  Al punto da far diventare il Consultorio la sua ragione stessa di vita.

E poi nel Consultorio arriva lui, Domenico ‘chiamami-Mimmo’, come va ripetendo a tutti le pazienti per instaurare un rapporto meno formale, che riaccende pensieri e desideri che la donna credeva sopiti, dopo la separazione dal marito, in seguito al suo tradimento.

Assistente sociale di professione, Mina si scopre investigatrice a tutto tondo in cerca di indizi per tirare fuori dai guai (spesso è lei a finirci) le persone che ricorrono al suo aiuto. A darle man forte l’attraente ginecologo interpretato da Giuseppe Zeno,  Christane Filangeri e Valentina D’Agostino, nei panni delle  amiche di una vita.

In questa seconda stagione al suo fianco Marisa Laurito, nel ruolo ‘ingombrante’ della zia Olga che si presenta in casa sua ‘solo per qualche giorno’ che poi diventa settimana, mesi e chissà se anni.

A fare da cornice alle avventure di Mina, Napoli e gli splendidi Quartieri Spagnoli. Tanti gli intrecci che di volta in volta la spericolata assistente sociale riuscirà a sciogliere per restituire alla vita persone spesso vittime della criminalità o messe ai margini da eventi dolorosi.

Così come diversi e accattivanti si preannunciano gli intrecci che riguarderanno la sfera strettamente privata, dal sentimento che la lega nonostante tutto all’ex marito (al quale forse concederà una seconda chance), al rapporto con le amiche di sempre, soprattutto con Irene che in passato ha avuto una storia sentimentale con suo padre dal quale ha avuto un figlio.

Insomma, una serie tv da non perdere.

La nonna paterna? Una nonna a metà (con poche eccezioni)

  Essere nonne è un dono meraviglioso che la vita riserva a chi ha avuto la gioia di essere prima mamma. E’ come diventare madri una seconda...