il blog di chiarafarigu

domenica 31 luglio 2022

E anche oggi piove sole (cit)…

 E anche oggi piove sole (cit)…

Mi sembra di sentirla mia madre quando, sfinita dalla canicola estiva, cercava refrigerio con quanto le capitava a tiro. Che fosse un cartoncino usato a mo’ di ventaglio, il grembiule tirato su e giù per i lembi, l’acqua del rubinetto per inumidire fronte e nuca.

Se poi alle temperature già di per sé roventi s’aggiungeva su bent’e sobi’, il caldo e umido scirocco, non c’era rimedio alcuno per poterla sfangare.

Ed ecco immancabile quel detto ‘e anche oggi piove sole’ che nessun meteorologo moderno saprebbe spiegare meglio.

Era esasperazione e sopportazione. Ma anche una sorta di litania da ripetere tra vicini di casa o tra parenti in risposta al ‘come stai’, ‘tutto bene’, ci sono novità’ che non esige necessariamente delle risposte in quanto puri e semplici convenevoli tra conoscenti.

A quelle parole seguivano immancabili scuotimenti di testa, braccia rivolte al cielo, mani in cerca dei fazzoletti di lino per asciugare guance intrise di sudore. Sugli occhi un unico desiderio: su ‘bentu estu’. Il maestrale. Coi suoi spifferi freschi e frizzantini, a volte dispettosi ma non per questo meno graditi, per riportare un po’ di frescura ed entusiasmo in quelle giornate soggiogate dall’inedia sino a tarda sera.

Eh, si, proprio come allora, anche oggi piove sole. In questa torrida estate senza fine.

Rovente e anomala. E non solo per il meteo. 

Ci è piovuta addosso tra capo e collo, per la prima volta nella storia repubblicana, una campagna elettorale nervosa e complicata in piena estate. Una campagna del tutti contro tutti per rinnovare il prossimo governo.  Una campagna dove a tener banco, più che i programmi sono le  scissioni, i tradimenti, le ammucchiate e i nuovi partitini che nascono come funghi.

Un clima politico impazzito. Quanto e forse più di quello meteorologico.

In attesa di una sana e vivifica rinfrescata, anche oggi piove sole.

Chiara farigu


giovedì 21 luglio 2022

Elezioni politiche: il 25 settembre si torna al voto

 Il 25 settembre gli italiani sono chiamati al voto per eleggere il nuovo governo: ‘ Il periodo che attraversiamo non consente pause negli interventi necessari a contrastare gli effetti dell’inflazione causata dalla crisi economica, dal costo dell’energia e dei prodotti alimentari’, ha dichiarato il Capo dello Stato poco prima che il Consiglio dei Ministri confermasse la data delle elezioni, durante la conferenza stampa subito dopo lo scioglimento delle Camere.

Mi auguro-ha poi aggiunto- che, se pur nell’intensa e a volte acuta dialettica della campagna elettorale, ci sia da parte di tutti un contributo costruttivo nell’interesse superiore dell’Italia’.

Una raccomandazione, oltre che un auspicio che ha rivolto a tutti i partiti, con voce piuttosto ferma, dopo quanto successo ieri al Senato che ha portato alle dimissioni del governo Draghi.

Ancora oggi gli analisti politici fanno a gara in tv e sulla carta stampata per analizzare i fatti e puntare il dito sui colpevoli del  ‘disastro certo’  al quale inevitabilmente andremo incontro senza più l’ombrello della rassicurante credibilità internazionale che globalmente viene riconosciuta all’ormai ex premier.

E’ questo il refrain più ripetuto letto e ascoltato.

Mentre i partiti politici sono già in campagna elettorale. Al momento tutti contro tutti ma in realtà in cerca di accordi più o meno segreti in vista di nuove alleanze così come impone la famigerata legge elettorale che non si è potuta o meglio mai voluta modificare.

Palpabile la delusione sul volto di Mattarella. Che mai avrebbe immaginato un epilogo così repentino quanto sconcertante, dopo la replica al Senato di Draghi, del governo voluto dallo stesso Presidente insediatosi 18 mesi fa dopo l’altrettante infausta fine del Conte II.

Tre governi, tutti miseramente fatti cadere, hanno caratterizzato questa anomala legislatura. Sciogliere le Camere e indire nuove elezioni, vista l’assenza di prospettive per una nuova maggioranza, ha sottolineato il Capo dello Stato, è lo sbocco più naturale e anche l’ultimo atto soprattutto in momento complicato come questo.

Chiede responsabilità Mattarella, e un contributo costruttivo nell’interesse dell’Italia seppur consapevole che in  questa campagna elettorale nessun partito farà sconti all’altro e anche all’interno degli stessi dove già è cominciata la resa dei conti.

Basta ascoltare le loro interviste per comprendere quanto rovente, ancor più delle infuocate temperature di questa estate allo stremo, sarà il clima elettorale da oggi in poi sino al 25 settembre.

Chiara Farigu

martedì 19 luglio 2022

Trent’anni fa la strage di via D’Amelio. Sestu ricorda Emanuela Loi

 E’ il giorno del ricordo. Di uno dei fatti di cronaca più cruenti  della  storia della nostra Repubblica. Quella di via D’Amelio, una strage annunciata, a 57 giorni esatti dall’altra di Capaci  in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie, il magistrato Francesca Morvillo, e i tre agenti di scorta, Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo.

Il 19 luglio per me è tutti i giorni – sostiene Antonino Vullo, il sesto uomo della scorta del giudice e unico superstite – in via d’Amelio ci vado da solo anche durante l’anno. Ci vado perché ancora il ricordo di quel giorno rimbomba nella mia mente’. Si dice  stanco e amareggiato perché dopo trent’anni ancora non si è giunti ad una verità storica  poiché ‘c’è tanto ‘di occultato’ tra le istituzioni e le commemorazioni per stragi sono vissute più come un atto istituzionale dovuto che col cuore.

Lo stesso senso di amarezza si avverte nelle parole di Maria Claudia Loi, sorella di Emanuela, la poliziotta che in quell’attentato perse la vita.

‘E lei dovrebbe difendere me? Dovrei essere io a difendere lei’.  Fu questa la prima reazione del Giudice Borsellino quando vide per la prima volta la giovanissima agente di polizia sarda in servizio come membro della sua scorta.

Era preoccupato per quelle cinque vite, il Giudice. Non tanto per la sua.

Sapeva di essere già condannato. Era solo una questione di tempo.

Nessuno dei due riuscì a proteggere l’altro.

Cinquantasette giorni dopo la strage di Capaci, un’autobomba con circa 100 chili di tritolo esplode in via D’Amelio uccidendo lui, il Giudice Paolo Borsellino e cinque membri della scorta: Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina,  Claudio Traina e la giovanissima Emanuela.  Una delle prime donne assegnate ad una scorta in Italia e la prima agente donna della Polizia di Stato a perdere la vita in servizio.

Era il 19 luglio del 1992, esattamente 30 anni fa. Una ferita ancora aperta, tante le verità ancora sconosciute da portare a galla. Tanti i depistaggi e i silenzi di chi sa. La mafia, un cancro difficile da estirpare. ‘Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene’, era solito ribadire durante le interviste, ben consapevole che anche il silenzio, l’omertà, il girarsi dall’altra parte, uccide. Ancora più vigliaccamente.

Aveva appena 24 anni Emanuela. Sognava di diventare una maestra e di mettere su famiglia. Poi si fece tentare da un concorso per entrare in Polizia. Si preparò insieme a sua sorella ma solo lei superò tutte le prove col massimo dei voti. Aveva poco più di vent’anni quando dovette lasciare Sestu, cittadina a pochi chilometri da Cagliari dov’era nata e dove risiedeva con la famiglia, per trasferirsi a Trieste e accedere al corso di addestramento della durata di sei mesi.

Non pensava allora che quello sarebbe stato il primo (e l’ultimo)  distacco dai suoi cari e dal suo fidanzato.  Al termine del corso partì infatti per la nuova destinazione, Palermo.  Era anni difficili quelli, gli attentati mafiosi si susseguivano con una violenza inaudita, le forze dell’ordine e della magistratura erano le vittime sacrificali.

Alla famiglia Loi che viveva con crescente preoccupazione la lontananza e la divisa che Emanuela con orgoglio rappresentava, rispondeva: ‘Finché non mi mettono con Borsellino, non corro nessun pericolo. Solo con lui mi possono ammazzare’.

Mai parole furono più profetiche. Il 17 luglio, dal rientro di un periodo di ferie trascorse nella sua Sardegna, fu assegnata proprio a Paolo Borsellino. Diventando una delle prime agenti donne assegnate ad una scorta in Italia.

Il suo compito e quello degli altri quattro agenti era proteggere il Giudice ‘un morto che cammina’, come lui stesso ebbe a definirsi. Era ben consapevole il magistrato di come fosse divenuto l’obiettivo numero 1 di Cosa Nostra e di come non ci fosse scorta capace di evitare una nuova e più cruenta strage dopo quella di Capaci.

A non sapere era solo il quando sarebbe successo. Quel 19 luglio alle ore 16,58, quando si reca in via D’Amelio per salutare l’anziana madre, com’era solito fare. E’ allora che esplode una Fiat 126 parcheggiata poco distante.

Al suo interno circa 100 chili di tritolo. Troppi per quelle vite di cui rimane solo il ricordo. E la rabbia per non avere avuto né lo Stato né altre istituzioni preposte a preservarle. Perché quella di via D’Amelio fu la più annunciata delle stragi. ‘Solo con Borsellino mi possono ammazzare’. Così è stato per Emanuela.

Così è stato per gli altri quattro della scorta.

‘Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri’. Oggi, nel giorno dell’anniversario, tante le commemorazioni  per ricordare quelle vite sacrificate. Ancora senza nome  i mandanti di quella strage.

La Giustizia e la Verità sono ancora lontane da venire.

A Sestu, diverse le iniziative per ricordare la loro concittadina vittima della mafia: un’opera scultorea ed un concerto dove verrà eseguito in prima assoluta un brano musicale composto da Ignazio Perra.

‘Il nostro obiettivo, sottolineano gli organizzatori, è quello di ricordare Emanuela Loi e le vittime innocenti di mafia che hanno tracciato un tragico periodo della storia d’Italia, nonché  le vicissitudini di quei cittadini che ancora oggi lottano quotidianamente in nome di valori fondamentali che sono alla base del nostro vivere civile e democratico’.

Chiara Farigu

giovedì 14 luglio 2022

Governo Draghi al capolinea? Il M5S non partecipa al voto di fiducia

 Tanto tuonò che piovve. Potrebbe essere riassunta così  la crisi politica che si è appena aperta al Senato con il non voto del Movimento cinque stelle (già annunciato ieri dal presidente Conte) al decreto legge Aiuti che comunque incassa la fiducia con 172 voti a favore. Draghi è salito al Colle e solo nelle prossime ore si conosceranno le decisioni che il Capo dello Stato intende mettere in atto.

Le ipotesi in campo sono tante e diverse. Le maratone televisive fanno a gara a chi sciorina quelle più verosimili e praticabili mentre i leader politici dei vari schieramenti lanciano strali contro i pentastellati accusati di irresponsabilità e addirittura di immoralità per aver aperto una crisi di governo con una pandemia non ancora debellata, una guerra in corso e una crisi economica che si taglia col coltello. Dimenticando le due crisi precedenti, avvenute in momenti altrettanto delicati, ma vissute, chissà perché e per come,  con maggior ‘leggerezza’. Anzi con orgoglio da chi le aveva provocate.

Fuori dal coro un’attenta analisi di Stefano Fassina, con un lungo post sul suo profilo Facebook:

"Non va drammatizzata la non partecipazione al voto del M5S al Senato per la conversione del DL Aiuti. Settimana scorsa, alla Camera dei deputati , il M5S ha dato la fiducia al governo e non ha partecipato al voto sulla conversione del Decreto perché non ha avuto risposte su temi decisivi per lavoratori, famiglie e imprese, dal termovalorizzatore al bonus 110%, sui quali non aveva votato il Decreto già in Consiglio dei Ministri. Al Senato, purtroppo, il voto è unico e coerentemente il M5S non sostiene il provvedimento.

Si sarebbe potuto evitare un passaggio così difficile se quanti oggi danno lezioni di senso di responsabilità verso la nazione si fossero ricordati di praticarlo in Consiglio dei Ministri due mesi fa, quando i ministri dell’allora gruppo parlamentare di maggioranza relativa chiesero di non inserire norme in radicale contraddizione con i principi fondativi del loro movimento e totalmente estranee ad un decreto di soccorso all’economia. O dal governo, il senso di responsabilità si fosse messo in atto di fronte alla richiesta di intervenire sul bonus del 110% per evitare il soffocamento di decine di migliaia di imprese.
L’isolamento del M5S e del Presidente Giuseppe Conte nel Palazzo non corrisponde alla realtà fuori. Chi oggi drammatizza punta a finire il M5S sulla strada dell'omologazione o sulla strada dell'irresponsabilità e rafforzare la prospettiva di una larga maggioranza centrista. Sarebbe un’aggravamento della drammatica sfiducia nella nostra democrazia.
Infine, ricordo alla mia metà del campo che, nonostante il ridimensionamento ed i problemi, il M5S porta nell'alleanza progressista la rappresentanza delle periferie sociali".
 
Come andrà a finire lo sapremo solo vivendo, recitava una noto refrain musicale.

Quel che è certo, chiacchiere a parte, è che abbiamo un bisogno impellente di un governo solido, compatto e di politici con P maiuscola. 

Praticamente una chimera...

Chiara Farigu

La nonna paterna? Una nonna a metà (con poche eccezioni)

  Essere nonne è un dono meraviglioso che la vita riserva a chi ha avuto la gioia di essere prima mamma. E’ come diventare madri una seconda...