il blog di chiarafarigu

venerdì 6 agosto 2021

#Tokio2020. Il 10° oro profuma di Sardegna: Filippo #Tortu trascina l’Italia nella storica staffetta 4×100

 Ci ha impiegato qualche frazione di secondo per capire di aver tagliato il traguardo per primo. E quando ha realizzato che il suo sprint finale, nella staffetta 4×100, valeva la 10^ medaglia d’oro per l’Italia, Filippo #Tortu è scoppiato in lacrime.

Un pianto liberatorio che lo ha ripagato della delusione di qualche giorno prima quando è stato eliminato nella semifinale dei 100 metri, con i 200, la sua  specialità. Quella che lo aveva catapultato ufficialmente nella leggenda dell’atletica quando al meeting di Madrid del 2018 riuscì, primo tra gli italiani e terzo atleta bianco di sempre a correre i 100 metri sotto i 10 secondi (9”99).

La sua finale l’ha vinta oggi Filippo, trascinando  i suoi compagni di squadra,  Lorenzo Patta (il più giovane dei 4, sardo doc di Oristano), Marcell Jacobs ed Eseosa Desalu in una staffetta che resterà nella storia, chiudendo in 37”50, davanti alla Gran Bretagna, battuta per un solo secondo, e al Canada.

Pippo, come viene affettuosamente chiamato in famiglia è milanese di nascita ma fiero delle sue origini sarde che ha ereditato dal babbo Salvino, originario di Tempio Pausania, a sua volta velocista di un certo prestigio, che gli ha trasmesso l’amore per l’atletica e la fierezza di appartenere alla ‘madre-terra’.

Mi sento un sardo a tutti gli effetti”, ebbe a dire Pippo durante un’intervista. Un sardo tiene sempre alla propria terra, sempre e ovunque, io non mi sono mai sentito lombardo, con grande dispiacere di mia madre che prima o poi dovrà farsene una ragione”.

Già, la mamma. Incontrata da Salvino a Roma, ai tempi dell’Università. Un amore nato tra i libri sfociato poi nel matrimonio e la decisione di mettere casa a Carate Brianza, alle porte di Milano. Nella terrazza, in vaso, alcune piante autoctone sarde, per respirare i profumi dell’isola durante tutto l’anno.

I quattro mori nel Dna, come l’atletica che Filippo ha iniziato a praticare a 8 anni, nella Polisportiva Besanese. Nel 2010 si aggiudica il titolo di ragazzo più veloce di Milano, frequentava le scuole medie, ma quella vittoria gli indica la strada: l’atletica sarà la sua ragione di vita.

Allenato da papà Salvino, gli anni a venire saranno pregni di soddisfazioni per il giovane campione: vittorie su vittorie ma anche qualche inciampo. Traumatico quello delle Olimpiadi giovanili, durante le batterie dei 200 metri, quando cadde sulla linea d’arrivo, rompendosi entrambe le braccia e non potendo disputare la finale.

Un infortunio che avrebbe messo ko qualsiasi sportivo. Non lui. Non Pippo Tortu che aveva un sogno da realizzare: battere il record della Freccia del Sud, il mitico Mennea.

Impresa poi realizzata alla grande, con babbo Salvino al suo fianco, sempre.

Oggi la gioia più grande: l’oro. Con i suoi compagni di squadra. ‘Quando ho letto Italia sul tabellone non ci ho capito più niente’, ha commentato a caldo con gli occhi ancora lucidi di pianto e le mani tra i capelli.

Per l’Italia è il 10° oro. E cinque arrivano dall’atletica, la regina delle discipline olimpiche. 38 le medaglie complessive vinte in questa #Olimpiade che sembrava non volesse decollare per il nostro Paese.

‘Non svegliateci mai più, non è possibile: siamo in cima al mondo’, commenta sul suo profilo facebook…

E non è ancora finita. Ad attenderlo ora la gara dei 200 metri. Chissà…

#Tortu  #Olimpiade

Chiara Farigu

*Immagini tratte dal web

mercoledì 4 agosto 2021

4 Agosto2014: quel pasticciaccio chiamato #quota96scuola. Per non dimenticare

 Torna puntuale, come ogni anno, il racconto di uno dei tanti tradimenti della politica italiana verso i suoi cittadini. Nella fattispecie verso 4000 insegnanti noti all’epoca come ‘Docenti Quota96’.

Tradimento, se non il più grave, di certo il più meschino. Perché voluto e scientemente reiterato.

Esattamente sette anni fa. Ero in Sardegna. Preparavo le valigie per far rientro a casa dopo un breve periodo di vacanza.  Ero felice perché stava per finire la mia ‘prigionia lavorativa’.

In #Senato si stava votando l’approvazione del decreto Madia relativo alla Pubblica Amministrazione al cui interno  era stato inserito l’emendamento “Quota96” atto a risolvere l’ingiusta vicenda venutasi a creatare con la riforma previdenziale Fornero che di fatto bloccava la messa in quiescenza di circa 4000 docenti aventi diritto.

Lo stesso provvedimento che cinque giorni prima  era stato  approvato alla #Camera, all’unanimità.

Era quel che si dice ‘cosa fatta’, ‘l’errore fornero’ dopo essere stato riconosciuto come tale, veniva finalmente emendato, sanato. Definitivamente corretto.

Non andò così.

Dopo ore di spasmodica attesa nel primo pomeriggio mi giunge un messaggio che non avrei mai voluto ricevere. In Senato, per mano e per voce della ministra Madia, il governo, con un emendamento soppressivo, stralciava dal decreto quanto era stato approvato qualche giorno prima alla Camera. Ripeto, all’unanimità.

*Immagine emendamento soppressivo firmato Madia

E’ stata, che io ricordi,  la prima e unica volta nella storia d’Italia che un’intera Camera approvasse all’unanimità un emendamento e si rimangiasse il voto dopo pochi giorni con il secondo passaggio dopo la modifica del Senato.

Una vergogna immensa per i quota96 e per il Parlamento.

Una retromarcia inaccettabile. Il governo che sconfessava se stesso. E sempre con la medesima e pretestuosa motivazione che fa fatto da refrain negli anni precedenti:  mancanza di copertura finanziaria.  Niente bollinatura del Mef.

La verità era però un’altra. E noi, quotisti gabbati dal governo, la conosciamo molto bene.

Ci fu allora un vero e proprio regolamento di conti tra l’allora  presidente della Commissione Bilancio Francesco Boccia (che approvò  le risorse necessarie  a copertura del provvedimento) ed il PdC, Renzi, che di fatto si sentì sfidato.

A farne le spese 4.000 disgraziati più le rispettive famiglie, che dopo aver vissuto per cinque giorni  in paradiso,  vennero nuovamente catapultati tra le fiamme dell’inferno.

C’è da dire, a onor del vero, che il carico da 90, oltre a Cottarelli,  lo mise pure Tito Boeri  con diversi articoli su La Repubblica, coi quali dipingeva gli insegnanti come una categoria di privilegiati, sottolineando a ogni piè sospinto che la riforma fornero non ‘s’ha da toccare’. Una crociata la sua che lo porterà dritto dritto a ricoprire la carica di presidente dell’Inps.

Quel 4 agosto il nostro diritto acquisito si  trasformò, tout court, e per volere di #MatteoRenzi in ‘aspettativa di un diritto. Le nostre speranze, di colpo, finite. Volatilizzate. Una pugnalata in mezzo al cuore sarebbe stata meno dolorosa.

Renzi, quella stessa sera  al Tg, cercò di minimizzare l’accaduto sostenendo che l’emendamento stralciato non aveva nulla a che fare con la P.A. e che non c’era da preoccuparsi perché il governo avrebbe fatto un decreto ad hoc per la salvaguardia dei docenti Quota96 entro il mese agosto.
Dimenticò di aggiungere l’anno visto che quel decreto non vide mai la luce.
Nè spiegò in quel tg perché, fatto fuori il pensionamento degli insegnanti (loro sì dipendenti della P.A.)  nel decreto Madia fosse stata inserita ed approdata la norma relativa al pensionamento anticipato dei giornalisti. Passata senza colpo ferire nel silenzio e col favore di quanti avevano così duramente osteggiato l’emendamento salva-Q96.

Quel giorno ho pianto tutte le mie lacrime. Un pianto irrefrenabile, convulso, a singhiozzi. Il mio cellulare squillava all’impazzata.

Improvvisamente mi cercavano tutti. Giornalisti, tivù da me rincorsi a vuoto per due anni, chiedevano un commento a caldo su questo assurdo dietrofront del governo. Ricordo di aver risposto, ancora col groppo in gola, ad una giornalista dell’ Huffington Post e al caporedattore della trasmissione Agorà che mi voleva in studio per la diretta del giorno dopo. Ci andò la mia amica Marta, io avevo il traghetto da prendere.

Indimenticabile quella traversata.

Ho continuato a imprecare, a piangere, a dare pugni sulla parete della cabina fino allo sfinimento.

Mio marito era seriamente preoccupato per me e per la mia salute e malediceva gli autori di tanta sofferenza.

Son passati sette anni da allora. Il dolore si è attenuato, certo, ma non dimentico.

Non voglio dimenticare.

Ricordare questa vergogna del governo Renzi è diventato per me un dovere, un impegno al quale non voglio rinunciare.

Denuncio come e quando posso quel governo che non ha saputo né voluto onorare gli impegni presi. La scuola, e quindi gli insegnanti, ancora una volta venivano trattati come l’ultima ruota del carrozzone P.A. Sebbene la narrativa politica si affannasse a sostenere che fosse la priorità.

Quel che accadde quel 4 agosto fu solo un assaggio del successivo “trattamento ”  riservato dalla politica alla classe docente più vecchia e meno remunerata d’Europa.  Ancora una volta si capì perfettamente quale fosse la concezione per la  scuola ed il rispetto che nutriva per gli insegnanti.

Avvisaglie chiare e pericolose sin d’allora che poi si sono concretizzate con la  #buonascuola, buona sóla per noi che l’abbiamo e la dovremo subire.

Noi Q96 abbiamo combattuto con coraggio e con la forza che ci veniva dalla giustezza della battaglia. Non abbiamo niente da rimproverarci.

Abbiamo lottato con onore.

E stavamo vincendo. A ricacciarci indietro quella la pugnalata alle spalle, a tradimento.

Noi abbiamo conservato intatto l’onore, il #governo no.

No, non voglio dimenticare. E come me i miei 4000 compagni di lotta.

4 agosto 2021

#quota96scuola   #Senato #governo


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