il blog di chiarafarigu

lunedì 3 maggio 2021

Dal baule dei ricordi. Storie di vita e di morte

 Avevo partorito da qualche ora il mio secondogenito. Uno scricciolo di bimbo venuto al mondo con 3 giri di cordone ombelicale attorno al collo. Sembrava un piccolo marziano, ricoperto com’era di una melma verdastra e con un orecchio piegato. Ci volle un bel po’ per sentirlo piangere e più di qualche “sculacciata” terapeutica sul suo sederino rugoso. Era evidente che non aveva vissuto il periodo pre-natale in un habitat adeguatamente confortevole.

Non poteva essere altrimenti.

Veniva alla luce dopo una gravidanza a rischio ed un lento ma inarrestabile cambiamento del mio fisico minuto: aumento ponderale smisurato, valori pressori sballati, proteinuria e albuminuria fuori controllo con conseguenti edemi in diverse parti del corpo. I sintomi premonitori della pre-eclampsia c’erano tutti. Ma la giovane età, appena 24 anni, ebbe la meglio su quei segnali che i medici sottovalutarono ma che esplosero violenti  dopo qualche ora dal parto catapultandomi in uno stato comatoso per 48 interminabili ore.

Le mie condizioni erano davvero preoccupanti tanto che in paese si sparse la voce della mia prematura dipartita. Ma i medici dell’Ospedale Civile di Cagliari seppero riscattarsi alla grande e, dopo gli errori precedenti, far fronte alle conseguenti complicanze.

L’eclampsia, conseguenza di una gestosi gravidica portata all’estremo, generalmente culmina con la morte della gestante e/o anche del nascituro, ma è ancora più insidiosa se si manifesta dopo il parto e su donne non primipare. Ed io c’ero dentro con tutte le scarpe. Allo scadere delle 48 ore, con grande sollievo dei medici e ancor di più di mio marito che non si era allontanato un solo istante dal mio capezzale, cominciò il mio ritorno alla vita. Lento, sofferente ma determinato.

Un risveglio, il mio, concomitante col grande boato  che fece tremare le terre del Friuli che causò la morte di oltre 1000 persone e tanta distruzione. Quel sisma fu avvertito in quasi tutta l’Italia centro-settentrionale, fino oltre Roma. Un evento che suscitò un forte impatto sull’opinione pubblica; peraltro fu anche il primo terremoto in cui ‘la diretta’ televisiva portò le immagini del dolore e della distruzione in tutte le case italiane.  Furono 137 i Comuni colpiti dalla scossa. Tremila i feriti. Circa 80mila gli sfollati. Scattò subito la solidarietà. Ai   friulani si aggiunsero tanti giovani arrivati da ogni parte d’Italia per portare sostegno e salvare vite umane.

In ospedale le notizie giungevano filtrate dai parenti in visita.  A quei tempi i telefonini e i dispositivi digitali odierni, le tv commerciali e le pay-tv, non erano neanche contemplati, per il resoconto della tragedia bisognava aspettare i tg della Rai.

Quant’era stridente e doloroso il contrasto tra la sofferenza e la morte,  che arrivava da fuori, con l’atmosfera che si respirava in quel reparto ostetrico dove tutto inneggiava al miracolo della vita.

Le due facce del nostro destino si palesavano in contemporanea con immagini uniche, irripetibili e  reali, seppur drammatiche.

Immagini e sensazioni ancora saldamente impressi nella mente, pronti però a far capolino dinanzi ad un ricordo o ad un evento speciale, come può essere la ricorrenza odierna  data da questo compleanno.

Sembra ieri, ma succedeva esattamente 45 anni fa. Una vita fa

Chiara Farigu 

*Immagine pixabay

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